INTRODUZIONE
Nell’ambito delle riforme dell’assistenza territoriale previste dalla Missione 6 Salute del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), trovano una collocazione ben definita le Centrali Operative Territoriali (COT). Nei distretti sanitari delle ASL è prevista l’istituzione di una COT ogni 100.000 abitanti, laddove possibile collocata fisicamente all’interno delle Case della Comunità (CdC), le quali hanno come direttiva primaria la gestione del governo delle attività di valutazione multidisciplinare e multidimensionale della persona. La COT nella definizione attribuitagli “svolge una funzione di coordinamento della presa in carico della persona e raccordo tra servizi e professionisti coinvolti nei diversi setting assistenziali” (Ascari et al., 2022). Si tratta di un modello organizzativo distrettuale designato per apportare innovazioni significative nell’erogazione dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria, ponendosi come obiettivo quello di garantire l’accessibilità, la continuità e l’integrazione dei servizi. Le sue funzioni principali vengono ampiamente delineate all’interno del Decreto Ministeriale n. 77 del 23 maggio 2022 (Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale), e comprendono il coordinamento della presa in carico, l’ottimizzazione degli interventi, il tracciamento ed il monitoraggio nelle transizioni di setting (transitional care), il supporto informativo e logistico dei professionisti della rete assistenziale, la raccolta, la gestione ed il monitoraggio dei dati di salute. Per poter svolgere le suddette funzioni, la COT è chiamata ad interagire in maniera diretta con tutti gli attori del servizio sanitario, mantenendo con essi una connessione costante, strutturata ed operativa; i servizi con cui le COT sono chiamate ad interfacciarsi con maggiore frequenza sono le CdC (con la quale è chiamata ad interfacciarsi almeno dal punto di vista funzionale), i servizi di Infermieristica di Famiglia e Comunità (IFeC), il Punto Unico di Accesso (PUA), il Servizio di Assistenza Domiciliare (CAD), le Unità operative ospedaliere e, in base alle disposizioni organizzative aziendali, anche con i Servizi Farmaceutici Ospedalieri/Territoriali, i servizi di Assistenza Protesica, i servizi di Nutrizione Artificiale Domiciliare (NAD), il servizio Emotrasfusionale e di quello dei trasporti ospedalieri. MMG/PLS, operatori dei servizi distrettuali, servizi sociali degli Enti Locali, Prefettura, PUA e altre istituzioni del territorio possono inoltrare segnalazioni alla COT. Si può quindi affermare questa tipologia di servizio emergente è dedicato all’integrazione dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria, ed entra a pieno titolo nel processo di governo della transizione tra setting, della gestione clinica e organizzativa della complessità, nonché del supporto alla comprensione epidemiologica del territorio e della popolazione.
La COT prima, durante e dopo la pandemia COVID-19
Le prime regioni a dotarsi di uno strumento operativo di governo dei percorsi di transizione ospedale-territorio sono state la regione Veneto, con le centrali operative territoriali (COT), e la regione Toscana attraverso le Agenzie di continuità ospedale territorio (ACOT), seguite da Basilicata, Piemonte e Umbria. Il quadro normativo rimane demandato alle iniziative delle singole regioni fino al 2020 quando, con il sopraggiungere della pandemia di COVID-19, viene promulgato il D.L. 34/2020 che all’articolo 1 comma 8 prevede l’avviamento di centrali operative territoriali da parte delle regioni e province autonome in grado di svolgere funzioni di raccordo tra i servizi e con il sistema di emergenza-urgenza (Pesaresi, 2022). Considerato che al momento della promulgazione del D.L. il Paese si trovava nella fase più intensa dell’emergenza sanitaria, alcune regioni tra cui Calabria, Lazio, Puglia, Sardegna Sicilia e Provincia di Trento, hanno attivato modelli organizzativi riconducibili alle COT maggiormente focalizzati sul monitoraggio della circolazione del COVID-19 e la sorveglianza sanitaria dei casi (Enrichens et al., 2022). Al termine dell’emergenza sanitaria le Centrali COVID hanno iniziato un progressivo processo di trasformazione verso il modello di Centrale Operativa Territoriale impostato nel periodo antecedente la pandemia, acquisendo funzioni di raccolta, decodifica e classificazione di tutti i bisogni di salute della popolazione, in linea con le direttive previste all’interno del PNRR e nel DM 77/2022. A seguito della ratifica dei già citati DM 77/2022 e PNRR, l’implementazione delle COT ha iniziato a riguardare tutto il territorio nazionale in maniera omogenea, rientrando tra gli obiettivi della Componente C1 della Missione 6 (M6C1|1.2, Casa come primo luogo di cura) per cui è previsto lo stanziamento di un budget da 280.000.000 di euro, e per cui sono stati previsti degli specifici target da raggiungere, quale ad esempio la realizzazione di 480 COT entro il 2024 (Aquili et al, 2022).
Il processo di transitional care
Il patient flow è un modello organizzativo che trova ormai ampio impiego nelle strutture sanitarie contemporanee, tanto da dover essere considerato un requisito indispensabile per la comprensione delle attività ad ogni livello di assistenza e per il miglioramento della loro funzionalità (Marshall et al., 2005). Analizzando il contenuto delle normative di riferimento in materia, si evince l’intenzione dei legislatori di rendere le COT il punto di riferimento principale per tutti i servizi sociosanitari distribuiti sul territorio, investendole di un ruolo di sovrintendenza di tutte le richieste e le segnalazioni rivolte al sistema sanitario, le quali vengono esaminate ed indirizzate al servizio più idoneo in maniera centralizzata, così da prevenire la frammentazione delle cure e la ridondanza della documentazione clinica, e ottenere una riduzione della dispersività dei processi di presa in carico a cui dovrebbe necessariamente far seguito un incremento della qualità dell’assistenza erogata (Rasa, 2015). Il processo della presa in carico della persona che manifesta specifiche necessità assistenziali all’interno dei nodi della rete dei servizi competenti e delle strutture presenti sul territorio di competenza delle COT, avviene attraverso due specifici “gate”, delineati secondo un processo di segnalazione della richiesta Step Down (dall’ospedale, gate ospedaliero) e Bottom up (dal territorio, gate territoriale). Il target di popolazione interessato dal processo di transitional care riguarda essenzialmente pazienti cronici ad alta complessità e pazienti in dimissione da setting per acuto. A proposito della gestione dei flussi e la relativa scala operativa delle COT, all’interno del Rapporto OASI presentato nel 2023 viene evidenziato che tutte le esperienze prese in esame si articolano su un doppio livello di sviluppo, aziendale e distrettuale. A livello aziendale le COT intercettano tutte le segnalazioni, alcune provenienti anche da attori esterni alla realtà aziendale, e provvedono a raccoglierle e distribuirle nei vari ambiti distrettuali, rivelandosi particolarmente utile nella gestione del flusso step down; al contrario la gestione del flusso bottom up beneficia maggiormente della valenza distrettuale della COT, questo per via della sua natura di collegamento tra i vari servizi del territorio (Dal Ponte et al., 2023).
COT come osservatorio del territorio
Tra le funzioni attribuite alle COT nel D.M. 77/2022 vi è anche quella di raccolta, gestione e monitoraggio dei dati di salute al fine di raccogliere, decodificare e classificare il bisogno dell’utenza. Questa sua peculiare funzione operativa si concretizza attraverso l’analisi della documentazione ricevuta per le segnalazioni, le COT sono in grado di raccogliere e analizzare una serie di dati utili al tracciamento di un profilo demografico ed epidemiologico del territorio in cui sono chiamate ad operare; ne scaturisce che attraverso la misurazione dei bisogni, impiegando specifiche metodologie di analisi (es. Indice case-Mix), è possibile stratificare la popolazione sulla base delle criticità riscontrate (Rossolini, 2022). La necessità di costituire dei nuclei di intelligenza epidemiologica decentralizzati deriva da due fattori principali, che sono l’elevato fabbisogno di attività orientate verso una popolazione sempre più anziana, comorbida e spesso non autosufficiente, e la tendenza verificatasi soprattutto nell’ultimo decennio a procedere ad un accorpamento delle aziende sanitarie, che ha portato inevitabilmente ad un aumento repentino del bacino d’utenza delle ASL e ad una integrazione tra filiere di servizi molto complessa (Ferrara, 2022).
Gli infermieri di centrale
Nelle COT sono previsti 1 Coordinatore/Responsabile, 3-5 infermieri, 1-2 unità di personale di supporto (Enrichens et al., 2022), l’attività infermieristica all’interno delle COT può essere inquadrata all’interno dell’area specialistica salute pubblica, cui viene fatto specifico riferimento all’articolo 1, comma 5 del Decreto Ministeriale 739/94, il quale inoltre all’articolo 1, comma 3, lettera sancisce che “l’infermiere partecipa all’identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività”. A questo si aggiunge quanto delineato all’interno del codice deontologico degli infermieri, nella fattispecie all’articolo 30 (Responsabile nell’organizzazione), per cui “l’Infermiere ai diversi livelli di responsabilità assistenziale, gestionale e formativa, partecipa e contribuisce alle scelte dell’organizzazione, alla definizione dei modelli assistenziali, formativi e organizzativi”, e l’articolo 32 (Partecipazione al governo clinico), per cui “l’Infermiere partecipa al governo clinico, promuove le migliori condizioni di sicurezza della persona assistita, fa propri i percorsi di prevenzione e gestione del rischio, anche infettivo, e aderisce fattivamente alle procedure operative, alle metodologie di analisi degli eventi accaduti e alle modalità di informazione alle persone coinvolte”. Gli infermieri di centrale assumerebbero il ruolo di case manager, figura investita di importanti responsabilità incaricata della gestione dei casi segnalati nella loro totalità, ovvero tenendo conto sia della loro complessità clinica ma anche di eventuali vulnerabilità socio-economiche, per cui si rende necessario il superamento dell’approccio orientato unicamente al disease management (inteso come approccio orientato alla singola patologia). Il personale infermieristico impiegato all’interno delle COT deve quindi possedere specifiche competenze sanitarie, tra tutte quelle per procedere ad un corretto inquadramento nosografico ed epidemiologico delle condizioni di fragilità e/o non autosufficienza nell’anziano, e di utilizzo di strumenti di valutazione ad-hoc. A queste vanno inoltre aggiunte competenze specifiche riguardo la conoscenza di percorsi di intervento proattivo (promozione ed educazione a stili di vita adeguati), conoscenza dei percorsi di intervento domiciliare, residenziale e semiresidenziali, in aggiunta a competenze informatiche per l’utilizzo di apposite piattaforme per l’espletamento di operazioni di gestione e mappatura dei dati di salute.
COT e IFeC
All’interno della determinazione n. G02706 del 28/02/2023 della Regione Lazio viene specificato che “nelle fasi di avvio del nuovo modello erogativo, potranno svilupparsi forme di interdipendenza tra gli interventi dell’IFoC e dell’infermiere COT, a tal punto da considerare queste figure come parte di un insieme unitario capace di assicurare, soprattutto all’inizio del processo di cambiamento, un impatto efficace alla popolazione”. Il riferimento normativo preso in esame è funzionale al consolidamento del principio per cui COT e IFeC sono due servizi strettamente interconnessi tra loro, al punto da poter essere considerati un unico insieme almeno in fase preliminare di implementazione dei due servizi, e che la comunicazione continua è un requisito imprescindibile per poter garantire il buon andamento dell’attività sul territorio.
Il D.M. 77/2022 prevede sei livelli di stratificazione del rischio sulla base dei bisogni socioassistenziali, dalla persona in salute alla persona in fase terminale, passando per diversi gradi di complessità clinico-assistenziale. Considerando la suddetta stratificazione, l’attività degli IFeC è indirizzata verso la presa in carico della popolazione sana e cronico stabile, che si concretizza in interventi di sanità di iniziativa, educazione sanitaria, promozione della salute e prevenzione secondaria; L’area operativa delle COT invece riguarda le fasce di popolazione con cronicità ad alta complessità e pazienti in dimissione da setting per acuto.
Le COT attraverso l’elaborazione di una mappa epidemiologica del territorio, possono fornire importanti informazioni per l’ottimizzazione delle attività degli IFeC, le quali possono essere organizzate sulla base di dati oggettivi che ne possano in qualche modo legittimare l’attuazione ed evitare la dissipazione di risorse per attività non prioritarie per quella specifica popolazione o committenza.
CONCLUSIONI
Le COT sono uno strumento per supportare processi di integrazione tra servizi affinché sia data una risposta ai bisogni di salute dei pazienti assistiti, in particolar modo quelli che presentano situazioni globalmente considerabili complesse, da un punto di vista e sanitario e sociale. I loro elementi fondanti sono rappresentati dalla multidisciplinarietà e dalla multi-professionalità, avvalendosi delle competenze specifiche di diverse figure sanitarie, sociali ed amministrative che sono chiamate ad operare e collaborare in tale ambito, a vario titolo ed in una logica di rete dei servizi.
Per la professione infermieristica quella delle Centrali Operative rappresenta un’opportunità per prendere parte in maniera attiva e autonoma in processi di governo clinico, che prevedono lo svolgimento di attività di carattere analitico per le quali sono richieste competenze di alto profilo, contribuendo a dare corpo a quanto stabilito dal D.M. 739/94 che attribuisce alla figura dell’infermiere lo status di professionista intellettuale. Nella cornice operativa analizzata nel presente articolo emerge che gli infermieri possono e devono espletare pienamente la capacità attribuitagli in via esclusiva di identificazione dei bisogni assistenziali, di pianificazione degli obiettivi e di valutazione dei risultati attraverso la scrupolosa osservanza di protocolli e procedure ben definiti.
Conflitto di interessi
Si dichiara l’assenza di conflitto di interessi.
Finanziamenti
L’autore dichiara di non aver ottenuto alcun finanziamento e che lo studio non ha alcuno sponsor economico.