INTRODUZIONE
L’esperienza del paziente in ambito oncologico è considerato un parametro di estremo interesse per le organizzazioni sanitarie, poiché rappresenta un indicatore di qualità dei servizi (Ministero della salute, 2013). Gli indicatori relativi agli esiti riportati dai pazienti (patient-reported measures) sono misure riconosciute per la valutazione e lo sviluppo di politiche di miglioramento della qualità dell’assistenza sanitaria, ad integrazione degli indicatori classici di sistema, quali quelli di sicurezza ed efficacia clinica (Saunders e Carter et al., 2016).
L’esperienza del paziente, rappresentando una delle dimensioni della qualità dei servizi sanitari, è stata oggetto di ampi studi in diversi Paesi, come per esempio negli Stati Uniti ed in Inghilterra, dove è stata indagata la soddisfazione del paziente (Tremblay e Roberge et al., 2015; Price e Elliot et al., 2014), la qualità di vita (Easley e Miedema et al., 2016), gli esiti di tipo psicologico , come ansia, depressione, etc (Wolf e Niederhauser et al., 2014), gli esiti di tipo fisico (Foligno e Bravi et al., 2016), la continuità delle cure (Bone e Mc Grath-Lone et al., 2014) e l’ empowerment (Clucas, 2016; El Turabi e Abel et al., 2013).
La comprensione dell’influenza delle caratteristiche socio-demografiche e cliniche dei soggetti rispetto all’esperienza di cura rappresenta un primo passo per conoscere gli elementi che determinano la qualità percepita e lo sviluppo di interventi mirati (Saunders e Abel et al., 2015). Tuttavia, sia l’interpretazione dei risultati sia la definizione delle priorità di azioni di miglioramento possono risultare difficoltose.
Inoltre, sebbene l’esperienza del paziente sia di riconosciuta importanza a livello globale da diversi anni (Institute of Medicine Committee on Quality of Health Care in America, 2001), l’attenzione al tema in Italia è più recente (Ministero della salute, 2013) e quindi ancora poco approfondita; infatti sono ancora limitati gli studi nazionali relativamente alla qualità percepita dall’utenza rispetto al percorso di cura che li vede coinvolti.
La valutazione dell’esperienza del paziente riveste un ruolo chiave anche rispetto alla figura infermieristica per migliorarne l’agire, sia a livello individuale che interprofessionale. Secondo il profilo professionale dell’infermiere istituito dal DM 739 del 1994, infatti, “L’infermiere partecipa all’identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività” e per farlo agisce “sia individualmente sia in collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali”. Il considerare il vissuto del paziente nel percorso di cura si pone anche come obiettivo deontologico; lo stesso Codice Deontologico degli Infermieri (2019) infatti sottolinea come l’infermiere, nel suo rapporto con la persona assistita nel percorso di cura, valorizzi e accolga il contributo della persona, il suo punto di vista e le sue emozioni, informi, coinvolga, educhi e supporti l’interessato, coinvolgendo, con il consenso dell’interessato, le sue figure di riferimento, nonché le altre figure professionali e istituzionali.
OBIETTIVI
L’obiettivo dell’indagine è descrivere l’esperienza del paziente lungo tutto il percorso di cura oncologico e le implicazioni per la figura infermieristica.
MATERIALI E METODI
L’indagine di tipo osservazionale descrittiva trasversale è stata condotta presso i servizi di day hospital e ambulatoriali oncologici degli ospedali di una sola azienda ulss della Regione Veneto.
Sono stati inclusi nel campione i soggetti di età 18 anni, maschi e femmine, con diagnosi confermata di patologia oncologica che hanno effettuato nel periodo di indagine almeno un accesso ai servizi ambulatoriali/day hospital oncologici dei centri considerati.
Sono stati esclusi tutti i soggetti con età < 18 anni, sani, con diagnosi di altre patologie non oncologiche o con patologie oncologiche non confermate, i soggetti che non sono venuti a contatto con i servizi sanitari e i soggetti che non parlavano e non comprendevano la lingua italiana.
La durata complessiva dello studio è stata di 8 mesi, da gennaio a settembre 2018. La raccolta dati sul campo per l’indagine è stata condotta tra maggio ed agosto 2018.
Lo studio ha utilizzato il questionario denominato NC14CORE (National Health Service England, 2014), elaborato in Inghilterra. Non esiste una versione validata in italiano. Per la traduzione, un esperto madrelingua inglese ha tradotto lo strumento dall’inglese all’italiano. Successivamente, per confermare la corretta traduzione e quindi la fedeltà con il questionario originale un altro esperto indipendente l’ha ritradotto dall’italiano all’inglese. Questo strumento d’indagine è stato scelto perché già utilizzato in diversi contesti europei (Inghilterra, Irlanda, Scozia, Irlanda del Nord) e perché esplora l’esperienza del paziente lungo tutto il proprio percorso assistenziale.
Per la somministrazione il ricercatore si è recato nei day hospital tutte le mattine negli orari e nei giorni di apertura, veniva fornita spiegazione a tutti i pazienti che si recavano al servizio sulle finalità dell’indagine e sulle modalità di raccolta dei dati, successivamente veniva raccolto il loro consenso e consegnato il questionario in forma cartacea. Il ricercatore si manteneva disponibile per eventuali richieste di chiarimento. Terminata la compilazione l’utente riconsegnava il questionario al ricercatore.
La prima parte del questionario era composta dai dati demografici: genere, età (suddivisa in fasce), titolo di studio, composizione nucleo familiare, motivo di accesso al servizio, esperienza di precedente ricovero, durata del percorso di cura. E’ stata inoltre richiesta la tipologia di patologia oncologica (tumore primario); i gruppi di tumori sono stati classificati secondo i codici ICD – 10. Nella categoria “altro” sono stati inclusi, oltre a qualsiasi altra diagnosi tumorale diversa da quelle presenti nell’elenco proposto, anche i tumori maligni di sedi indipendenti primitive multiple (cod. C97), tumori maligni di sedi mal definite, tumori secondari e di sedi non specificate (C76-C80).
La seconda parte del questionario era costituita da 69 quesiti a scelta multipla; questa sezione esplorava l’esperienza dei pazienti relativamente a: a) Il rapporto con il medico di medicina generale; b) Gli esami diagnostici; c) La diagnosi; d) La scelta del trattamento; e) L’infermiere esperto di riferimento; f) Supporto per i pazienti; g) Interventi chirurgici; h) I medici ospedalieri (durante il ricovero); i) Gli infermieri (durante il ricovero); l) Cura e trattamento (durante il ricovero); m) Cure a domicilio e supporto; n) Cura presso il day-hospital; o) Appuntamenti ambulatoriali; p) Assistenza del Medico di Medicina Generale; q) Assistenza complessiva.
Per garantire la privacy dei pazienti, ai partecipanti non sono state chieste informazioni che potessero ricondurre al rispondente (nome, cognome, data di nascita, numero SDO); una volta raccolti, a tutti i questionari è stato attribuito un ID numerico progressivo (da 1 a 208) e sono stati inseriti in un database. Il controllo di qualità dell’inserimento dei dati è stato realizzato attraverso la verifica della correttezza dei dati inseriti nel rapporto di 1 ogni 10 questionari. L’analisi dei dati è stata realizzata utilizzando Microsoft Excel Office 365 Microsoft per Windows 2016, per l’inserimento dei dati e per le elaborazioni il software “R” per Microsoft Windows, pacchetto R Commander versione 3.4.4.
In coerenza con la metodologia applicata in altri Paesi quali ad esempio il Regno Unito (National Health Service England, 2016), sono stati utilizzati gli stessi criteri per stabilire quali opzioni di risposta fossero classificate come positive, negative o neutre.
Le elaborazioni dei dati sono state effettuate in relazione a frequenza delle singole variabili, relazione tra coppie di variabili (per lo più con quelle concomitanti), analisi della varianza (ANOVA); è stato utilizzato un test di significatività chi-quadro al fine di stabilire se le differenze tra gruppi di intervistati (es. per genere, età, gruppo tumorale, nucleo familiare, livello di istruzione, motivo di accesso al servizio, esperienza di precedente ricovero, tempo di inizio trattamento) su una particolare domanda fossero statisticamente significative. Il livello di significatività è stato fissato a p<0,05.
Il presente studio fa parte di un’indagine europea autorizzata dal comitato etico del Hospital Distric of Northen Savo (Finlandia) con protocollo 328/2015.
RISULTATI
Sono stati consegnati, nei 4 ospedali, 269 questionari; 208 soggetti hanno dato il loro consenso alla compilazione ed hanno restituito il questionario compilato. Il tasso di risposta è stato dunque del 77%.
Il campione (Tabella 1) è costituito prevalentemente da donne (62,9%), di età compresa tra i 55 e 74 anni (59,4%), con livello d’istruzione di scuola secondaria di primo grado (31,0%); solo il 13,5% possiede un titolo universitario. La maggior parte dei soggetti è pensionato (44,9%) e vive con altre persone (83,9%). Più della metà degli intervistati (59,7%) sono in trattamento da meno di un anno, dato giustificato dal fatto che il 63,8% dichiara di essere in trattamento per una prima diagnosi oncologica. Nell’ultimo anno, il 57,0% dei soggetti è stato sottoposto ad intervento chirurgico, mentre il 67,0% ha avuto un ricovero ordinario. L’85,6% dei soggetti afferisce ai servizi ambulatoriali/DH per essere sottoposto a terapia con farmaci antineoplastici. Il gruppo tumorale più rappresentato è quello mammario (36,0%), seguito dai tumori al tratto gastrointestinale (16,5%) e polmone (9,8%).
Complessivamente i partecipanti hanno valutato positivamente l’esperienza di cura; infatti l’81% ha espresso un livello di apprezzamento buono o superiore.
Tabella 1 – Descrizione del campione partecipante allo studio.
Variabile | N | % |
Età
18-24 25-34 35-44 45-54 55-64 65-74 75-84 85+ NA |
1 2 15 36 59 61 27 1 6 |
0,5 1,0 7,4 17,8 29,2 30,2 13,4 0,5 |
Genere
Uomini Donne NA |
75 127 6 |
37,1 62,9 |
Livello di istruzione
Elementare Media Superiore Università Nessuna NA |
29 62 79 27 3 8 |
14,5 31,0 19,5 13,5 1,5 |
Situazione lavorativa
Pensionato Casalinga Impiegato Professionista Lavoratore in proprio Altro NA |
87 32 33 8 8 26 14 |
44,9 16,5 17,0 4,1 4,1 13,4 |
Composizione nucleo familiare
1 persona (il partecipante) Più persone NA |
29 151 28 |
16,1 83,9 |
Tempo dalla diagnosi
Fino ad un anno 2-5 anni Più di 5 anni NA |
111 49 26 22 |
59,7 26,3 14,0 |
Tipologia di diagnosi
Prima diagnosi Recidiva stesso tumore Ricomparsa nuovo tumore Nessun tumore NA |
127 38 28 6 9 |
63,8 19,1 14,1 3,0 |
Intervento chirurgico negli ultimi 12 mesi
Sì No NA |
114 86 8 |
57,0 43,0 |
Ricovero ordinario negli ultimi 12 mesi
Sì No NA |
134 66 8 |
67,0 33,0 |
Motivo accesso al servizio
Prima visita Controllo Terapia Altro NA |
6 19 173 4 6 |
3,0 9,4 85,6 2,0 |
Tipologia di tumori
Tumore gola e collo Tumore gastrointestinale Tumore cervello Tumore prostata Tumore polmone Tumore pelle Tumore rene Tumore vescica Tumore seno Tumore utero Tumore ovaio Linfoma Tumore pancreas Leucemia Tumore tiroide Altra diagnosi di cancro* NA |
2 27 2 8 16 1 1 2 59 2 6 9 9 3 2 15 44 |
1,2 16,5 1,2 4,9 9,8 0,6 0,6 1,2 36,0 1,2 3,7 5,5 5,5 1,8 1,2 9,1 |
Nota* Altra diagnosi di cancro: tumori secondari, due primari distinti ecc.
Il rapporto con il medico di medicina generale
Ai partecipanti è stato chiesto quante volte abbiano visto il loro medico di medicina generale (MMG) prima di intraprendere il percorso diagnostico terapeutico oncologico. E’ emerso che il 25,0% dei soggetti non ha fatto riferimento al MMG, mentre il 32,7% vi si è recato una sola volta; il 29,8% dei soggetti arruolati ha dichiarato che ha dovuto recarsi dal MMG tra le 2 e le 4 volte ed il 7,2 % 5 o più volte.
Differenze significative si sono osservate rispetto al tempo di inizio trattamento: i soggetti che sono in trattamento dai 2 ai 5 anni tendono a non rivolgersi al MMG, accedendo allo specialista tramite pronto soccorso o privatamente. Si è osservato, inoltre, che una percentuale maggiore di soggetti in trattamento da meno di un anno (26%), rispetto a quelli in trattamento da più tempo (6% e 8%), riferisce di essersi rivolta al MMG 3 o 4 volte prima di intraprendere il percorso diagnostico-terapeutico presso i servizi ambulatoriali/DH (p = 0,017).
Durante l’attesa per l’approfondimento diagnostico, la maggior parte dei soggetti (69,2%) non ha percepito nessun cambiamento nello stato di salute. Dati contrastanti emergono tra i soggetti con tumore gastro-intestinale, ove il 42,0% riferisce un peggioramento dello stato di salute durante l’attesa per la visita specialistica rispetto agli altri gruppi tumorali (p = 0,035).
Nella Tabella 2 sono riassunti i risultati relativi al ricevimento delle informazioni relative a diversi ambiti: gli esami diagnostici, la diagnosi, gli effetti collaterali immediati e tardivi, l’intervento chirurgico. In generale si può affermare che le esperienze meno positive riguardano le informazioni scritte, in termini di comprensibilità o di disponibilità, con valori significativamente minori tra i soggetti di 35-54 anni, con tumore mammario, di genere femminile e sottoposti ad intervento chirurgico.
Tabella 2 – Esperienza del paziente rispetto al ricevimento di informazioni durante le prime fasi del percorso di cura.
Dominio | Modalità di informazione | Contenuto | Valore positivo | Valore negativo | Valore neutro | NA | |||
n | % | n | % | n | % | n | |||
Indagini diagnostiche | Verbale | Scopo indagine | 139 | 69,8 | 43 | 21,6 | 17 | 8,6 | 9 |
Verbale | Modalità esecuzione | 135 | 69,9 | 43 | 22,3 | 15 | 7,8 | 15 | |
Scritta | Prima dell’indagine | 95 | 50,5 | 49 | 26,1 | 44 | 23,4 | 20 | |
Verbale | Risultato dell’indagine | 132 | 69,5 | 54 | 28,4 | 4 | 2,1 | 18 | |
Diagnosi | Scritta | Diagnosi | 92 | 46,0 | 83 | 41,5 | 25 | 12,5 | 8 |
Effetti collaterali | Verbale | Possibili effetti collaterali | 143 | 70,4 | 58 | 28,6 | 2 | 1,0 | 5 |
Scritta | Possibili effetti collaterali | 112 | 55,5 | 78 | 38,6 | 12 | 5,9 | 6 | |
Verbale | Possibili effetti collaterali tardivi | 81 | 40,3 | 101 | 50,2 | 19 | 9,5 | 7 | |
Intervento | Verbale | Modalità esecuzione | 80 | 69,6 | 33 | 28,7 | 2 | 1,7 | 93 |
Scritta | Modalità esecuzione | 40 | 35,1 | 66 | 57,9 | 8 | 7,0 | 94 | |
Verbale | Risultato dell’intervento | 69 | 60,0 | 40 | 34,8 | 6 | 5,2 | 93 |
Gli esami diagnostici
Sebbene la maggior parte dei soggetti (69,8%) riferisca di aver ricevuto spiegazioni dettagliate sullo scopo dell’indagine, il 32,0% dei soggetti con tumore al seno dichiarano di aver ricevuto solo informazioni parziali (p = 0,019).
Rispetto alle spiegazioni sulla modalità d’esecuzione delle indagini, i soggetti affetti da tumore al seno affermano di aver avuto meno spiegazioni dettagliate (p = 0,019). Nello stesso ambito, informazioni scritte facilmente comprensibili sono state ricevute da meno della metà dei soggetti (45,7%).
Spiegazioni dettagliate in merito all’esito dell’indagine sono state ricevute dal 69,5% degli intervistati, mentre il 28,4% riportano spiegazioni parziali o inesistenti.
La diagnosi
L’85,6% dei soggetti riferisce di aver ricevuto la comunicazione della diagnosi dallo specialista in ospedale. Meno della metà (46,0%) ha ricevuto informazioni scritte chiare e comprensibili, mentre il 41,5% riporta difficoltà nella comprensione o mancanza di informazioni. Differenze significative si sono osservate rispetto alle comorbilità e l’età. In particolare, chi non ha comorbilità riferisce un’esperienza più negativa (p = 0,008); d’altra parte i soggetti nella fascia d’età 35-54 anni riportano maggiori difficoltà nella comprensione o la mancanza di informazioni scritte rispetto ai soggetti nelle fasce d’età superiori (p = 0,043).
Alla domanda “Ha compreso le spiegazioni sulla sua diagnosi?” il 71,2% dei soggetti fornisce una risposta affermativa; maggiori difficoltà di comprensione della propria situazione clinica sono state riscontrate tra i soggetti con prima diagnosi (p = 0,031).
La scelta del trattamento
Nella Tabella 3 sono riportati i dati relativi al coinvolgimento del paziente e del medico di medicina generale nelle scelte durante il percorso di cura.
Tabella 3 – Esperienza del paziente rispetto al coinvolgimento (del paziente e del MMG) nel percorso di cura.
Contenuto | Valore positivo | Valore negativo | Valore neutro | N/A | |||
n | % | n | % | n | % | n | |
Alternative di trattamento | 78 | 38,0 | 119 | 58,1 | 8 | 3,9 | 1 |
Discussione opzioni trattamento | 74 | 37,0 | 85 | 42,5 | 41 | 20,5 | 8 |
Considerazione opinione del paziente | 82 | 47,7 | 62 | 36,0 | 28 | 16,3 | 10 |
Livello di coinvolgimento desiderato | 104 | 52,0 | 84 | 42,0 | 12 | 6,0 | 8 |
Informazioni del MMG sulla situazione | 133 | 67,5 | 37 | 18,8 | 27 | 13,7 | 11 |
Supporto percepito dal proprio MMG | 100 | 50,5 | 67 | 33,8 | 31 | 15,7 | 10 |
Rispetto alle alternative di trattamento il 58,1% degli intervistati dichiara di non averne avute; tra questi il 37,0% ha risposto “no, hanno fatto tutto i medici”. Percentuali maggiori di risposte negative sono state evidenziate tra i soggetti con prima diagnosi (p = 0,046) e tra i soggetti che vivono soli (p = 0,011).
In presenza di alternative terapeutiche, l’opinione dei soggetti è stata presa in considerazione solo nel 47,7% dei casi; alla domanda “è stato coinvolto quanto avrebbe voluto nel suo percorso di cura?” il 42% ha risposto negativamente.
Inoltre, la maggior parte dei partecipanti ha dato una risposta positiva rispetto al grado di informazione del proprio MMG sull’andamento delle cure, con un leggero sbilanciamento tra i soggetti senza comorbilità (p = 0,047). Rispetto al supporto percepito da parte del proprio MMG, il 33,8% fornisce una risposta negativa. Maggiori risposte negative si osservano nei soggetti con altre patologie croniche (p = 0,033).
La criticità maggiore relativamente agli effetti collaterali è riconducibile alla carenza di informazioni scritte. Il 38,6% dei rispondenti riporta infatti difficoltà nella comprensione o nell’assenza di informazioni scritte a riguardo. In riferimento ai possibili effetti collaterali tardivi, il 50,2% dei soggetti riscontra parziale o totale mancanza di informazioni a riguardo, con esperienza più negativa tra i soggetti con malattia cronica (p = 0,039).
L’infermiere esperto di riferimento
Ai pazienti è stato altresì chiesto se durante il percorso di cura fosse stato loro assegnato un infermiere esperto di riferimento. L’82% ha risposto negativamente, senza differenze significative per le variabili considerate.
Supporto per i pazienti
Riguardo alla possibilità di supporto da parte di gruppi di auto–mutuo aiuto, le persone di età compresa tra i 35-44 e 45-54 anni sembrano aver ricevuto più informazioni rispetto alle altre fasce d’età (p = 0,003). Rispetto al possibile impatto della malattia sulle attività quotidiane, il 50% dei soggetti ha risposto di aver ricevuto informazioni a riguardo mentre il 23% riferisce di non averne ricevute: la percezione di essere meno informati è emersa nei soggetti sottoposti a precedente intervento chirurgico (p = 0,006).
Ai partecipanti è stato chiesto anche se avessero ricevuto informazioni rispetto ad un possibile sostegno economico o altre agevolazioni di cui avrebbero potuto usufruire. La maggior parte ha risposto negativamente. I soggetti senza comorbilità dimostrano di ricevere meno informazioni sull’argomento (p = 0,032).
Interventi chirurgici
Prima dell’intervento, spiegazioni verbali sono state ricevute dal 69,6% dei soggetti. Il 28,7% riceve informazioni parziali o mancanti, con una differenza significativa nella popolazione di anziani di età superiore a 75 anni, i quali riscontrano maggior necessità di informazioni (p = 0,016). In riferimento alle indicazioni scritte sull’intervento chirurgico, il 57,9 % dei rispondenti riferisce di averle ricevute in modo parziale o nullo. Nello specifico, una proporzione maggiore di soggetti in trattamento da meno di un anno (45%) dichiara di aver ricevuto spiegazioni scritte prima dell’intervento rispetto ai soggetti in trattamento da 2 a 5 anni (12%); la maggioranza tra quelli in trattamento da più di 5 anni (55%), invece, riferisce di non aver ricevuto informazioni scritte circa l’intervento (p = 0,04). Le medesime criticità si rilevano anche tra i soggetti di età superiore a 35 anni. (p = 0,047).
Nella fase del post – intervento, invece, le donne dichiarano di aver ricevuto informazioni parziali o mancanti in proporzione maggiore rispetto agli uomini (p = 0,042).
I medici ospedalieri e gli infermieri (durante il ricovero)
Come indicato nella Tabella 4, i soggetti che hanno avuto almeno un’esperienza di ricovero ordinario nei precedenti 12 mesi sembrerebbero aver avuto relazioni con il personale più positive durante la degenza rispetto a quelle instaurate negli altri setting (es. diagnostica, ambulatoriale); in particolare, la metà dei soggetti ha ricevuto risposte comprensibili dal personale (sia infermieristico sia medico) e aveva fiducia nei confronti dei professionisti che lo hanno assistito; ciononostante, i soggetti che vivevano soli hanno mostrato minore soddisfazione rispetto a questi due aspetti (p = 0,014).
Tabella 4 –Esperienza del paziente rispetto all’interazione con il personale ospedaliero.
Contenuto | Figura | Valore positivo | Valore negativo | Valore neutro | N/A | |||
n | % | n | % | n | % | n | ||
Disponibilità personale sanitario all’informazione | Medico | 103 | 77,4 | 29 | 21,8 | 1 | 0,8 | 75 |
Infermiere | 110 | 82,1 | 18 | 13,4 | 6 | 4,5 | 74 | |
Fiducia nei confronti del personale sanitario | Medico | 99 | 75,0 | 33 | 25,0 | – | – | 76 |
Infermiere | 103 | 66,9 | 51 | 33,1 | – | – | 73 | |
Conversazioni tra personale sanitario davanti al paziente | Medico | 87 | 66,4 | 44 | 33,6 | – | – | 77 |
Infermiere | 98 | 74,8 | 33 | 25,2 | – | – | 77 |
Cura e trattamento durante il ricovero
Gli intervistati hanno affermato di aver assistito a conversazioni tra professionisti come se il paziente non fosse presente, sia tra il personale medico (66,4%) sia tra il personale infermieristico (74,8%).
Cure a domicilio e supporto
Rispetto alle informazioni sulla gestione a domicilio (Tabella 5), solo il 38,9% ha evidenziato un coinvolgimento dei familiari. Una proporzione maggiore di risposte negative si sono osservate tra i soggetti precedentemente sottoposti ad intervento chirurgico (p<0,001).
Assistenza complessiva
La sezione conclusiva del questionario comprende diversi ambiti, quali la percezione di continuità nell’assistenza, la pianificazione del percorso di cura, la percezione complessiva di sentirsi informati.
Alla domanda “I vari professionisti che la seguono, collaborano tra loro per darle insieme la migliore cura?” il 44,2% dei soggetti riporta un’esperienza positiva, il 40,9% negativa. Minore continuità è stata sperimentata da pazienti con tumore alla mammella (p = 0,043), così come dalle donne (p = 0,035). Anche i soggetti che hanno avuto un ricovero pregresso per intervento chirurgico percepiscono una minore collaborazione tra i professionisti rispetto ai soggetti con pregresso ricovero per altre finalità, come esami e indagini, trattamento o altro (p < 0,001).
Rispetto alla pianificazione del percorso di cura (Tabella 5) il 40,4% riferisce di non aver ricevuto un piano di trattamento scritto, all’interno del quale fossero definiti i bisogni da considerare e gli obiettivi da raggiungere attraverso un accordo tra medico e paziente. Sul totale dei rispondenti, i soggetti di età inferiore o uguale a 54 anni affermano di non aver ricevuto proporzionalmente meno piani di trattamento scritti (p = 0,07).
Infine, nonostante in linea generale la percezione complessiva sia quella di sentirsi adeguatamente informati sulla propria situazione (80,8%), rispetto al totale dei rispondenti, i soggetti con meno di 75 anni si sentono meno adeguatamente informati (p = 0,006); inoltre, gli stessi riferiscono più frequentemente rispetto alle altre fasce d’età di sentirsi trattati a volte come un complesso di sintomi piuttosto che come una persona (p = 0,022).
Tabella 5 – Esperienza del paziente rispetto alle informazioni ricevute sul piano di trattamento e gestione domiciliare.
Dominio | Modalità di informazione | Contenuto | Valore positivo | Valore negativo | Valore neutro | N/A | |||
n | % | n | % | n | % | n | |||
Pianificazione di cura | Scritta | Piano di trattamento scritto | 93 | 49,5 | 76 | 40,4 | 19 | 10,1 | 20 |
Dimissione | Verbale | Riferimento post-dimissione | 97 | 75,2 | 24 | 18,6 | 8 | 6,2 | 79 |
Scritta | Gestione a domicilio | 103 | 77,4 | 27 | 20,3 | 3 | 2,3 | 75 | |
– | Informazioni ai familiari per gestione a domicilio | 81 | 38,9 | 39 | 18,7 | 10 | 4,8 | 78 |
DISCUSSIONE
Sebbene i partecipanti abbiano valutato positivamente l’esperienza di cura, l’indagine ha messo in luce importanti aspetti legati all’esperienza del paziente nelle varie fasi del percorso oncologico.
Dal momento del sospetto diagnostico, i pazienti tendenzialmente si rivolgono una sola volta al medico di medicina generale (MMG) con differenze significative tra i soggetti che sono in trattamento da meno di un anno. È importante considerare “il numero di accessi al MMG” come fattore influenzante l’esperienza, come suggerito da alcuni autori (Mendonca e Abel et al., 2016; Lyratzopoulos e Neal et al., 2012). Nello specifico, un riferimento non tempestivo per la valutazione specialistica dopo la presentazione della sintomatologia sembra influenzare negativamente l’esperienza del paziente. Inoltre, il dato dimostra che il 25% dei pazienti non coinvolge il MMG ed appare in linea con altri studi (Abel e Mendonca et al., 2017) che rilevano percentuali simili (29%).
Rispetto al peggioramento percepito del proprio stato di salute durante l’attesa della visita specialistica, i pazienti con tumore gastro-intestinale hanno riportato esperienze peggiori. Non sono disponibili in letteratura fonti che supportano questo dato.
Relativamente all’ambito delle informazioni ricevute, i risultati individuati sono parzialmente in linea con quanto riscontrato da Bone et al. (2014), che evidenzia come le donne riportino esperienze informative peggiori. Nello stesso studio invece emergono più frequentemente esperienze positive tra i soggetti con cancro mammario. Quelli nella fascia d’età 35-54 anni sperimentano maggiori criticità rispetto alle informazioni ricevute in quasi tutti gli ambiti. Alcune criticità rispetto alla comprensione e al ricevimento di informazioni sono percepite anche dai soggetti con età superiore ai 75 anni. Questi risultati sono parzialmente in linea rispetto a quanto sostengono Saunders et al. (2015), ovvero che i giovani e i grandi anziani riferiscono peggiori esperienze rispetto alle informazioni ricevute, soprattutto durante la degenza in ospedale. Secondo lo studio di Bone et al., (2014) ciò potrebbe dipendere dal fatto che i soggetti più giovani potrebbero avere aspettative più elevate in termini di qualità delle cure perché hanno avuto meno esperienza con la struttura ospedaliera rispetto ai pazienti più anziani.
Il 26% dei pazienti hanno riferito non piena comprensione della propria situazione clinica, risultati parzialmente in linea con quelli di Faller et al., 2016, dove il 36,7% dei soggetti riporta necessità di maggiori informazioni rispetto alla propria diagnosi. Inoltre la maggior parte dei pazienti di questo studio ha sperimentato mancanza di informazioni relative ai possibili effetti collaterali futuri. Indagini analoghe svolte in altri Paesi quali il Regno Unito (National Health Service, 2017; National Health Service, 2016) hanno riportato proporzioni maggiori di soggetti ai quali sono stati spiegati correttamente anche possibili effetti collaterali futuri.
Durante la degenza ospedaliera i pazienti sembrerebbero aver sperimentato esperienze positive, con particolare riferimento agli aspetti relazionali e all’ambito dell’informazione, con risultati sovrapponibili per quanto riguarda il rapporto con i medici e gli infermieri. Questi dati sono in linea con altre indagini (National Health Service, 2017; National Health Service, 2016), nelle quali emerge una percezione migliore nel setting ospedaliero rispetto agli altri contesti ed esperienze positive relativamente all’informazione, alla fiducia nei confronti dei professionisti (simile tra infermieri e medici), al verificarsi di conversazioni cliniche di fronte al paziente senza coinvolgerlo.
In questo studio emerge che il 40,4% dei partecipanti non ha ricevuto un piano di cura scritto, in contrasto con quanto riportato da altre indagini (National Health Service, 2017; National Health Service, 2016), in cui è la maggior parte dei soggetti a dichiarare di non averlo ricevuto. Si sottolinea inoltre che in un’analisi a cura della Health and Social Care Analysis Division (2017) è emersa l’esistenza di una relazione significativamente positiva tra “sapere di avere un piano di trattamento” e “avere un’esperienza positiva nel percorso di cura del cancro”: coloro che avevano riferito di aver ricevuto un piano di trattamento, hanno risposto statisticamente in modo più positivo anche in tutti gli altri ambiti, rispetto a quelli che non lo avevano ricevuto.
Dai precedenti risultati si evince l’importanza dell’aspetto informativo nel percorso di cura oncologico. A sostegno di ciò alcuni autori hanno infatti evidenziato come la soddisfazione dei bisogni informativi, soprattutto nelle fasi inziali del percorso oncologico (esami diagnostici, diagnosi, prima dell’intervento) sia fortemente associata alla soddisfazione per la cura e di come una maggiore soddisfazione per la cura del cancro abbia importanti implicazioni per il miglioramento della qualità di vita correlata alla salute e all’ autoefficacia (Tran e Lamprell et al., 2018).
Per quanto riguarda il coinvolgimento del paziente nel proprio percorso, il 42% dei soggetti riferisce limitatezza nella partecipazione e nel coinvolgimento nelle scelte di cura, soprattutto tra quelli con ripresa di malattia o che vivono soli. Risultati analoghi sono stati riscontrati in un altro studio (Health and Social Care Analysis Division, 2017). Diversamente, nel lavoro di Coronado e colleghi (2017) solo alcuni soggetti (18%) riferiscono di non aver avuto l’opportunità di discutere le opzioni di trattamento coni professionisti.
Nella presente indagine non si sono osservate differenze significative per gruppi di tumori o per età, a differenza di quanto evidenziato da alcuni autori (El Turabi e Abel et al., 2013), dove tra l’altro la maggior parte dei soggetti (72%) ha riportato un’esperienza positiva nel processo decisionale condiviso.
Inoltre, in alcuni studi di autori citati in una revisione di Kane et al. (2014) sono emerse alcuni elementi in contrasto con quanto rilevato da questa indagine; nello specifico: secondo Fallowfield (2008) caratteristiche come età, genere, tipologia di cancro, valori e credenze possono influenzare il livello di coinvolgimento nelle scelte terapeutiche; secondo Johnson (2012), infatti, i soggetti più anziani potrebbero essere soggetti a maggiori barriere comunicative ed un livello di conoscenze in ambito sanitario – definito dall’autore come health literacy – più basso; questi fattori potrebbero limitare la partecipazione al processo decisionale condiviso; oltre a ciò, secondo Amalraj e colleghi (2009), i pazienti anziani tenderebbero a coinvolgere di più il loro caregiver nelle decisioni. Se questo da un lato potrebbe favorire la comunicazione, dall’altro alcuni familiari potrebbero assumere un ruolo che può limitare l’autonomia del paziente e quindi l’opportunità per la condivisione del processo decisionale. Nella stessa revisione anche Shepherd e Radina (2012), affermano che anche il tipo di cancro può influenzare il ruolo dei pazienti nel loro processo decisionale di trattamento: i pazienti con tumore al seno, per i quali è disponibile più materiale educativo, tendono a svolgere un ruolo più attivo nel processo decisionale rispetto ai pazienti con altri tipi di cancro.
Rispetto al coinvolgimento del paziente è opportuno ricordare che alcune tipologie di pazienti possono decidere di assumere un ruolo passivo all’interno del percorso di cura (El Turabi e Abel et al., 2013), variabile non presente nello strumento di indagine considerato.
Nella sezione “cura e supporto a domicilio” si è indagato anche il coinvolgimento dei familiari. I risultati emersi non sono in linea con studi precedenti (Department of Health, 2010; National Health Service, 2016, National Health Service, 2017), dove percentuali maggiori di soggetti ha risposto positivamente e non sono emerse differenze tra i soggetti che erano già stati sottoposti precedentemente ad intervento chirurgico.
Nella presente indagine è stato altresì chiesto ai pazienti se fosse stato loro assegnato un infermiere di riferimento, l’82% ha risposto negativamente. Questo è un dato rilevante, poiché alcuni studi (Berglund e Gustaffson et al, 2015; Griffiths e Simon et al, 2013; Health and Social Care Analysis Division, 2017) hanno evidenziato come la presenza di infermieri di riferimento sia associata a maggiore percezione di continuità e di supporto emotivo. Anche nello studio di Tran e colleghi (2018) l’infermiere specialista di riferimento riveste un ruolo importante, in quanto la sua presenza è associata ad una maggiore soddisfazione per la cura e rappresenta il primo punto di riferimento per il paziente e la famiglia, soprattutto per i bisogni informativi.
Dai risultati emerge anche che una parte di soggetti non percepisce continuità tra i professionisti. Analogamente, Easley et al. (2016) sottolineano l’importanza della continuità delle cure e la criticità percepita soprattutto dalle donne con cancro al seno.
Rispetto al supporto percepito dal proprio MMG all’interno del proprio percorso, il 33,8% fornisce una risposta negativa con alcune differenze; infatti, i soggetti affetti da altri tumori maligni in sedi multiple riportano minor coinvolgimento del MMG nel proprio percorso di cura; come riportato da alcuni autori (Aabom e Pfeiffer, 2016), questa tipologia di pazienti sono restii a interagire con il loro MMG perché ritengono o hanno sperimentato che il MMG non abbia familiarità con i trattamenti oncologici o non sia capace di fornire loro suggerimenti.
Sebbene la raccolta dati nelle realtà Venete sia stata condotta prima dell’arrivo della pandemia del virus Sars COV 2, si sono confrontati i dati delle successive analisi svolte in contesti internazionali quali il Regno Unito (National Health Service, 2021): nonostante i tassi di risposta siano diminuiti, i risultati sono rimasti pressoché invariati o leggermente migliorati. Un importante elemento è stato introdotto ed analizzato e riguarda la possibilità per il paziente di ricevere una “second opinion”, ovvero un secondo parere specialistico, prima di poter prendere una decisione riguardo al trattamento. Secondo il decalogo della seconda opinione di AIOM (2019) “è diritto del paziente ma anche del medico condividere la situazione clinica al fine di iniziare il miglior percorso di cura”. Questo è dunque un tema che meriterebbe di essere indagato ed approfondito anche nel contesto sanitario italiano, considerando come fonte primaria del dato proprio l’esperienza del paziente.
CONCLUSIONI
L’assistenza in ambito oncologico è un processo altamente complesso. Visto il numero sempre crescente di assistiti, è indispensabile per i professionisti prendere consapevolezza di quali siano gli aspetti migliorabili considerando il punto di vista del paziente. L’indagine svolta evidenzia infatti molteplici ambiti di miglioramento, tra i quali il livello informativo, il coinvolgimento del paziente nel percorso di cura, la disponibilità di un infermiere di riferimento e la continuità delle cure.
Le criticità evidenziate dalle esperienze dei pazienti suggeriscono grandi ambiti di potenziamento del ruolo dell’infermiere a supporto della persona nell’intero percorso di cura oncologico, partendo dal primo sospetto diagnostico, l’accompagnamento alla diagnosi, il ricovero, le cure ambulatoriali o a domicilio.
Secondo questa logica, oltre all’assistenza, l’infermiere ha il dovere di garantire la responsabilità organizzativa e il coordinamento dei servizi a cui il paziente afferisce, rappresentando un punto di riferimento per il paziente e per la sua famiglia, proponendosi come fulcro della continuità delle cure (infermiere case manager o nurse navigator) e promotore della collaborazione interprofessionale.
Questa visione della figura infermieristica apre la strada a nuovi sviluppi professionali; il vigente contratto del comparto sanità consente di valorizzare la figura dell’infermiere specialista, e l’ambito delle cure oncologiche si presta alla messa in campo di queste competenze distintive. In alcune università italiane infatti stanno nascendo percorsi post base specifici per l’acquisizione e lo sviluppo di competenze utili in ambito oncologico e nei quali risulterebbe utile approfondire in modo particolare il coinvolgimento del paziente.
D’altra parte, il presente studio fornisce una prima fotografia della qualità delle cure percepite dal paziente oncologico e ne conferma l’utilità; le variabili considerate possono, infatti, essere utilizzate per la elaborazione di indicatori per il miglioramento dei processi di erogazione dei servizi (PREM).
I limiti dello studio sono rappresentati dalla numerosità campionaria limitata e dal campione di convenienza che coinvolge i centri di cure oncologiche di una sola Azienda ulss della Regione Veneto. L’aumento della numerosità del campione di pazienti e di strutture sanitarie coinvolte risultano essere ambiti di approfondimento per indagini future; sarebbe inoltre auspicabile indagare le preferenze dei pazienti con strumenti qualitativi come focus group per comprendere in modo più approfondito le motivazioni che portano alla percezione delle cure del paziente.
Inoltre i dati raccolti riflettono una situazione precedente all’avvento, nel 2020, della pandemia del Virus Sars Cov 2, durante la quale si è assistito ad uno sconvolgimento, nonché una mutevolezza continua dello scenario sanitario sia a livello nazionale che internazionale e con esso dei bisogni di salute. Sarebbe dunque interessante ripetere l’indagine ed osservare il fenomeno dell’esperienza di cura del paziente oncologico “ai tempi del Covid 19” , per vedere se la pandemia ha cambiato le esigenze dell’ utenza.
In conclusione questa indagine presenta l’esperienza vissuta dai pazienti oncologici nel complesso del loro percorso di cura in quattro centri ambulatoriali e di day hospital veneti. Essa porta alla luce alcuni aspetti che, si auspica, possano rappresentare degli spunti di miglioramento e rispetto ai quali l’infermiere, con le proprie competenze specifiche, può fare la differenza.
Conflitto di interessi
Tutti gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi. Tutti gli autori dichiarano di aver contribuito alla realizzazione del manoscritto e ne approvano la pubblicazione.
Finanziamenti
Gli autori dichiarano di non aver ottenuto alcun finanziamento e l’assenza di sponsor economici.