INTRODUZIONE
Nell’ultima decade si sono sviluppati in modo crescente a livello internazionale diversi filoni di ricerca sulle cure infermieristiche di scarsa qualità o sub-ottimali, con la finalità di studiare il loro potenziale impatto sulla sicurezza del paziente (Kalisch et al., 2009, Kitson et al., 2013a, Feo e Kitson, 2016, Feo et al., 2018a). Tra i quadri teorici di riferimento che hanno acquisito maggior rilevanza emerge il framework delle Cure Fondamentali – The Fundamentals of Care Framework (FOC, Kitson et al., 2013a) – attorno al quale si è affermata una crescente attenzione negli ultimi dieci anni.
Il termine ‘fundamentals of care’ ha origini nel passato e riflette la centralità dell’erogare cure infermieristiche così come atteso dalle persone assistite quando non hanno la capacità di essere autonome (Feo e Kitson, 2016). Il concetto è stato descritto come quella cura che “implica azioni infermieristiche capaci di rispettare e focalizzarsi sui bisogni fondamentali di una persona per garantire il suo benessere fisico e psicosociale; questi bisogni sono soddisfatti sviluppando una relazione positiva e di fiducia con la persona assistita e la sua famiglia/caregiver” (Feo et al., 2018a). Esiste una differenza tra i concetti di ‘fundamental care’ e ‘fundamentals of care’: con il primo (=assistenza fondamentale) si intende un concetto ampio che racchiude le fasi dell’assistenza infermieristica, dal processo diagnostico, alla pianificazione sino al soddisfacimento dei bisogni essenziali del paziente (Feo et al., 2018a) delineando un modello ideale di assistenza che enfatizza i risultati che l’infermiere persegue. I ‘fundamentals of care’ (=fondamenti dell’assistenza) riflettono, invece, gli elementi che costituiscono l’assistenza infermieristica fondamentale: i bisogni essenziali delle persone – sia dal punto di vista fisico che relazionale e psicosociale – e le azioni infermieristiche necessarie a soddisfarli (Feo et al., 2018a). Quando non vi è un’attenzione adeguata ai FOC, molti aspetti rischiano di essere compromessi, quali la sicurezza e il benessere del paziente (Feo e Kitson, 2016), la comunicazione, la dignità, il rispetto e il supporto emotivo (Feo e Kitson, 2016, Francis, 2013), generando disagio e frustrazione sia nei pazienti che negli infermieri (Feo et al., 2017).
In Italia, il concetto di FOC è stato introdotto sulla base delle influenze internazionali, acquisendo notorietà di recente con il congresso nazionale ANIARTI “Back to Basic in area critica” del 2018 (Palese et al., 2019a). Capire le ragioni e identificare su quali aree investire per ridare valore e dignità a queste cure sono alcune delle sfide più importanti che infermieri clinici, ricercatori, dirigenti e formatori stanno affrontando (Palese et al., 2019a). Obiettivo del presente lavoro è illustrare lo stato dell’arte delle cure fondamentali nel dibattito scientifico internazionale.
MATERIALI E METODI
È stata condotta una revisione narrativa della letteratura (Grant e Booth, 2009) seguendo la metodologia riportata nella ‘Scale for the Assessment of Narrative Review Articles’ (SANRA), che prevede sei fasi: (1) Giustificare l’importanza della revisione; (2) Dichiarare gli scopi specifici o formulare quesiti di ricerca; (3) Descrivere la strategia di ricerca adottata; (4) Attribuire le referenze alle dichiarazioni sintetizzate; (5) Dimostrare un ragionamento scientifico nella discussione; nonché (6) Riportare i dati in modo appropriato (Baethge et al., 2019). Nella prima fase, sono stati formulati i seguenti quesiti di ricerca:
1. Quale è l’origine e lo sviluppo del modello concettuale che sottende ai FOC?
2. Qual è la relazione tra i FOC e gli altri framework teorici rilevanti per l’infermieristica documentati in letteratura?
3. Quali sono le implicazioni applicative dei FOC ad oggi documentate in letteratura rispetto a: (a) modelli di presa in carico, (b) gruppi specifici di pazienti, (c) e misurazione?
La ricerca di letteratura è stata realizzata tra febbraio e aprile 2020 attraverso le banche dati Medline (via PubMed) e Cumulative Index to Nursing and Allied Health Literature (CINAHL) con la seguente stringa di ricerca: (‘Fundamentals of care’ OR ‘Fundamental of care’ OR ‘Fundamental of Care framework’) AND ‘nursing’. Inoltre, è stata realizzata anche una ricerca per autori includendo le due principali autrici, prof. Feo Rebecca e prof. Kitson Alison, dell’Università di Adelaide, Australia, che hanno concettualizzato il framework e costituiscono oggi i punti di riferimento teorici sul tema. Infine, è stato consultato il sito “International Learning Collaborative” (https://intlearningcollab.org) riconosciuto quale network internazionale per lo sviluppo e l’implementazione delle migliori evidenze di ricerca sui FOC.
Ai fini della revisione, sono stati inclusi gli studi: (a) in lingua inglese o italiana, (b) con testo integrale disponibile, (c) condotti con qualunque metodologia di ricerca, (d) sia primari che secondari. Non sono stati imposti limiti temporali rispetto alla data di pubblicazione.
Al termine della ricerca bibliografica, due autori hanno operato la selezione (AP, JL) e ogni dubbio è stato risolto con la consultazione di un terzo ricercatore (MD). I dati principali degli studi inclusi in accordo ai quesiti di ricerca sono stati estratti in un foglio Excel®, analizzati e discussi in gruppo (vedi autori). Infine, i ricercatori hanno elaborato una presentazione narrativa dei risultati articolata in tre macro-aree riguardanti, rispettivamente: (a) il framework teorico e concettuale dei FOC, (b) le relazioni dei FOC con altri framework teorici rilevanti per l’infermieristica, (c) le principali implicazioni per la pratica.
RISULTATI
Il framework dei Fundamentals of Care
Le radici di questo modello risalgono al pensiero di Virginia Henderson che, elaborando la sua definizione di assistenza, univa i bisogni psicosociali del paziente a quelli fisici (Kitson et al., 2013a). Su questo fondamento, Kitson e collaboratori (2013a) hanno messo a punto il primo Fundamentals of Care Template del 2010 che includeva 14 bisogni fondamentali (Kitson et al., 2013a). Lo sviluppo successivo del framework è stato elaborato attraverso processi di consenso in seguito al meeting dell’International Learning Collaborative (ILC) e dell’Health Experiences Institute svoltosi all’Università di Oxford nel 2012. Durante questo incontro, gli stakeholder presenti (clinici, manager, ricercatori, referenti di associazioni di pazienti) hanno discusso sui bisogni di cura fondamentali e sulla relazione infermiere-paziente, identificandoli quali elementi fondanti (Kitson et al., 2013a). Il framework oggi concettualizza il sistema dei fundamentals of care in un modello a cerchi concentrici, in cui la relazione viene posta al centro come elemento indispensabile per un’assistenza infermieristica efficace, che deve essere focalizzata sul paziente e sulla sua conoscenza, da cui derivano fiducia e condivisione; quando la relazione è instaurata, entrambe le parti lavorano insieme nell’ambito del secondo anello, ovvero quello della dimensione integrativa dei bisogni di cura. L’integrazione si realizza per il tramite della ‘relazione stabilita, che è capace di integrare le dimensioni fisiche, psicosociali e relazionali della cura stessa e di promuovere il passaggio dalla dipendenza all’autosufficienza attraverso un appropriato coordinamento degli infermieri, presidiando la qualità dell’esperienza del paziente.
L’infermiere agisce quale facilitatore dell’integrazione di queste dimensioni e, di conseguenza, dello sviluppo di un piano di cura inclusivo di obiettivi educativi per promuovere il recupero e, dove possibile, l’autocura. L’integrazione è auspicata anche tra gli stessi elementi appartenenti alla dimensione fisica, psicosociale e relazionale. La definizione di questi elementi, che costituiscono le cure fondamentali, e la prospettiva da cui essi debbano essere interpretati – paziente o infermiere – sono emersi dallo studio Delphi modificato realizzato con un approccio induttivo e di consenso in più fasi (Feo et al., 2018a). A livello teorico, gli elementi elencati nelle dimensioni ‘fisica’ e ‘psicosociale’ costituiscono i bisogni che la persona assistita sperimenta, e sono pertanto descritti dalla prospettiva del paziente; gli elementi nella dimensione ‘relazionale’ sono invece le azioni che gli infermieri attuano in risposta a questi bisogni, e vengono di conseguenza descritti dalla prospettiva dell’infermiere. Gli autori hanno poi declinato il livello empirico in otto bisogni fisici (ad es., mangiare e bere, riposare e dormire, provare comfort, gestire la terapia) e 12 bisogni psicosociali (ad es., comunicare, essere coinvolti e informati, essere protetti nella privacy, avere la possibilità di scegliere); nove, invece, sono le azioni relazionali messe in atto dall’infermiere che assiste il paziente (ad es., assicurare ascolto attivo, essere presenti e con i pazienti, supportare e coinvolgere familiari e caregiver, lavorare con i pazienti per pianificare, raggiungere e valutare gli obiettivi).
Nella pratica clinica, tutti i bisogni e gli interventi sono cruciali per facilitare le fasi di recupero, limitare gli esiti negativi e garantire esperienze di cura positive per il paziente: per questo, i bisogni dovrebbero essere soddisfatti indipendentemente dalle condizioni cliniche e dal contesto (Feo et al., 2018a). Quest’ultimo, infatti, rappresenta l’ultimo anello del framework per la sua potenziale capacità di influenzare gli esiti e per la necessità conseguente di essere integrato con tutti gli altri elementi del modello per raggiungere il soddisfacimento dei bisogni. Tuttavia, esso non assume un ruolo primario: la relazione che l’infermiere instaura con la persona assistita viene infatti identificata come l’aspetto cruciale del framework, ovvero la reale complessità dell’erogare le cure fondamentali. Infatti, anche se nel contesto possono esserci difficoltà di sistema relative alle risorse, alla cultura, alla leadership, o alle policy quali ad esempio finanziarie, di qualità e sicurezza, di governance o di accreditamento (Kitson et al., 2013a) che stressano gli infermieri tanto da spingerli a prioritizzare alcune attività a dispetto di altre, questo non è il solo motivo per cui le cure fondamentali sono carenti. È la capacità di entrare in sintonia con il paziente che permette in modo prioritario di soddisfare i suoi bisogni di cura fondamentali.
Le scarse risorse infermieristiche, uno sbilanciato skill-mix ed una limitata qualità degli ambienti in cui le cure sono erogate (Feo e Kitson, 2016), possono influenzare la relazione infermiere-paziente, come pure ridurre la visibilità e l’importanza attribuita ai FOC a livello di sistema per una predominanza di modelli biomedici ed efficientisti (Griffiths et al., 2018); va tuttavia segnalato che anche gli stessi infermieri attribuiscono scarsa rilevanza alle cure fondamentali (Feo e Kitson, 2016). Cruciale, inoltre, è il ruolo dei coordinatori e dei dirigenti infermieri, non solo rispetto la loro capacità di trattenere, reclutare e promuovere le competenze infermieristiche attorno a questi nuclei fondamentali, ma soprattutto nel creare un contesto in cui le cure fondamentali hanno valore e sono erogate. La loro capacità di agire sul contesto affinché le cure fondamentali abbiano spazio, assicurando il tempo necessario, costituiscono antecedenti che influenzano i fundamentals care (Conroy, 2018).
Fundamentals of care ed altri framework teorici
‘Person-centred care movement’. Il movimento dei FOC è basato sul concetto della person-centred care (Kitson et al., 2013a), definita dall’Institute of Medicine (2001) come una “cura che rispetta e soddisfa i bisogni, i valori e le preferenze individuali del paziente”. In questo framework l’enfasi è posta sull’esperienza del paziente, sulle cure ricevute e sul suo coinvolgimento nei processi decisionali affinché sia promossa in ogni contesto la sua partecipazione attiva. Questo movimento pone una importante sfida agli operatori, perché li richiama ad essere maggiormente focalizzati sulle persone assistite: incoraggia il passaggio dal tradizionale e passivo ruolo degli assistiti ad uno in cui diventano attivi membri in partnership con gli operatori che erogano le cure. Un elemento centrale del person-centred care è proprio la gestione dei fundamentals of care needs. Per assicurare un completo coinvolgimento nelle cure degli assistiti è necessario raggiungere una profonda comprensione dei loro bisogni e valori.
Compassionate care. Un’altra area di confronto è quella con il concetto di compassionate care, focalizzata primariamente sugli attributi morali degli infermieri e sulla loro capacità di stabilire una relazione di significato con i pazienti (Feo et al., 2018b). Quando la letteratura definisce il concetto di ‘Compassionate care’, prevalentemente introdotto e documentato in Inghilterra, gli ambiti di studio riguardano la pratica infermieristica e la formazione. Esistono diverse definizioni di compassionate care che si riferiscono ad una capacità di esprimere una cura competente, abile, basata su valori, che rispetta la dignità individuale dei pazienti, che richiede il più altro livello di professionalità e si basa sul concetto di empatia, rispetto e dignità (Feo et al., 2018b). In altre parole, è centrale in questo concetto come le persone ricevono le cure infermieristiche e questo richiede alcune competenze degli infermieri che possono essere misurate in comportamenti molto semplici, quali sedersi vicino, introdurre sé stessi, essere autentici e – non banale per alcuni contesti – pronunciare bene il nome dell’assistito (Aspinall et al., 2020).
I coordinatori e i dirigenti infermieri hanno un ruolo importante nel promuovere le compassionate care, come peraltro le cure fondamentali, agendo quali promotori di riflessione e dialogo sulle cure infermieristiche; riconoscendo e dando valore ai risultati raggiunti dagli assistiti; creando spazi concreti di lavoro in cui sia possibile per gli infermieri clinici agire le compassionate care (Feo et al., 2018b).
Unfinished Nursing Care. Negli ultimi anni, numerosi ricercatori hanno analizzato gli errori di omissione, ovvero quella serie di interventi richiesti dai pazienti che vengono in parte o totalmente omessi o posticipati, definiti in diversi modi: missed nursing care, rationing of nursing care, care left undone, o compromised nursing care (Palese et al., 2019a; Palese et al., 2019b), e che rientrano nel concetto più ampio di “cure non portate a termine” o unfinished care (Jones et al., 2015). Ad una prima analisi, i due movimenti (fundamentals of care vs. unfinished nursing care) sembrano comporre due facce della stessa medaglia: da un lato le unfinished nursing care sono focalizzate sulle carenze nelle cure (van Achterberg, 2012), per comprenderne le cause e misurarne la frequenza; dall’altra, i fundamentals of care mirano a comprendere come migliorare le esperienze di cura degli assistiti basandosi su un quadro concettuale che valorizza la centralità della relazione infermiere-paziente e gli interventi infermieristici come processi interattivi fondati su di essa (Feo et al., 2018a). Pertanto, queste due linee sembrano mirate nel primo caso a rilevare i fallimenti delle cure infermieristiche nel tentativo di individuare strategie per prevenire le complicanze; nel secondo, a descrivere sistematicamente gli interventi infermieristici efficaci che massimizzano il benessere degli assistiti (van Achterberg, 2012). In altre parole, la seconda linea di ricerca, come espresso dalle stesse autrici (Feo e Kitson, 2016), non rileva che ‘cosa non va’ ma è finalizzata a individuare e testare strategie che influenzino gli esiti degli assistiti attraverso il positivo contributo dei fundamentals of care. Pur evidente un differente orientamento concettuale, queste due linee di ricerca nutrono una potenziale area di convergenza attorno ai bisogni fondamentali, definiti da un lato attraverso il framework dei fundamentals of care (Kitson et al., 2013a,) e dall’altro nell’uso di strumenti validati (es. Sist et al., 2017) che cercano di misurare le cure mancate (Avallin et al., 2020).
Implicazioni pratiche per i fundamentals of care
Implementare i FOC con modelli di presa in carico. Il ‘primary nursing’ può essere considerato facilitante la piena attuazione del framework dei FOC: il modello assistenziale è stato sviluppato negli anni 60 negli USA (Marram et al., 1979) e diffuso in molti Paesi, tra cui l’Italia (Magon e Suardi, 2013), e prevede l’assegnazione della responsabilità dell’assistenza del paziente ad un singolo infermiere incaricato a tale scopo e che rimane il punto di riferimento per l’intero percorso di cura. L’infermiere Primary Nurse: (a) valuta i bisogni; (b) identifica il piano di assistenza in base ai problemi attuali e potenziali; (c) definisce le priorità; ed (e) attua un piano individualizzato di dimissione (Manthey, 2012). Di conseguenza, la pianificazione e l’organizzazione delle cure infermieristiche si realizzano primariamente nella relazione tra assistito e infermiere: si tratta infatti di un modello fondato su un approccio patient-centered che supporta la professionalità e l’autonomia degli infermieri, aumentando le loro opportunità di presa di decisione. L’elemento core del modello consiste nel fatto che gli infermieri sono guidati nelle attività e nelle decisioni assistenziali dai reali bisogni degli assistiti a loro affidati piuttosto che adeguarsi a specifiche attività delineate dall’organizzazione strutturale nella quale agiscono (Mattila et al., 2014). Il modello assistenziale primary nursing ha infatti la potenzialità di migliorare gli esiti non solo sul paziente, ma anche sugli infermieri e sull’organizzazione (Dal Molin et al., 2018).
Anche l’Intentional Rounding, inteso come un accertamento regolare e sistematico del paziente a intervalli di tempo predefiniti (Bartley 2011) è stato indicato per la sua capacità di soddisfare maggiormente i bisogni di cura fondamentali degli assistiti (Kitson et al., 2013a) attraverso un’organizzazione del lavoro che prevede visite generalmente ogni ora durante le quali lo staff supervisiona lo stato clinico, effettua attività programmate e soddisfa i bisogni come dolore, posizionamento, eliminazione, comfort, alimentazione e idratazione. L’elemento che valorizza questo modello di organizzazione del lavoro è la necessità core, come peraltro nel framework dei FOC, di una relazione di fiducia e confidenza basata su una comunicazione aperta e frequente affinché i bisogni possano essere espressi liberamente dai pazienti ad ogni ‘giro di controllo’ (Ryan et al., 2018). Con questo modello, infatti, oltre ad aumentare la soddisfazione del paziente e dei bisogni di cura fondamentali, i professionisti possono presidiare anche le caratteristiche dell’ambiente che minacciano la sicurezza ed attuare più rapidamente interventi preventivi (Fitzsimons et al., 2011).
Più recentemente, in Irlanda è stato sviluppato il Carefull Nursing Phylosophy and Professional Practice (Meehan et al., 2018) per contrastare l’erosione e le mancanze nei fundamentals of care. Il modello stimola un ruolo centrale del nursing nella struttura del servizio ospedaliero e sanitario, al fine di stressare ed emergere i valori infermieristici e incorporarli nell’organizzazione del lavoro con l’obiettivo di promuovere l’eccellenza nella pratica infermieristica. La sua applicazione ha generato un aumento della percezione degli infermieri di controllo della loro pratica e del grado di aderenza agli standard di buona documentazione; non solo, la sua implementazione valutata con metodi qualitativi, ha documentato una maggiore visibilità della componente infermieristica, una maggiore attenzione all’accertamento dei bisogni degli assistiti ed un aumento del tempo dedicato per stare con i pazienti, tutti elementi che prevengono l’erosione dei fundamentals of care (Meehan et al., 2018).
Declinare i FOC su gruppi specifici di pazienti. I fundamentals of care non riflettono ‘pacchetti di interventi’ (package of care) ma la capacità di personalizzare un set di interventi basati sulle migliori evidenze ad un particolare paziente in un particolare momento. Come gli infermieri costruiscono questa capacità di assicurare ai pazienti interventi adattati, piuttosto che la semplice applicazione di protocolli e linee guida rimane un aspetto che costituisce il cuore e un’area di ricerca molto sfidante. Per questo è diventato importante esplorare la percezione dei pazienti rispetto ai fundamentals of care di cui vi sono diversi esempi documentati in letteratura. I pazienti con neoplasia, ad esempio, riconoscono e riferiscono i propri bisogni fondamentali, identificando esperienze positive (in cui i bisogni sono stati rispettati) e negative (in cui non vi è stata erogata la cura richiesta). Le esperienze negative possono ridurre la capacità di ripresa degli assistiti e gli infermieri devono riflettere come questi incidenti possono minacciare la qualità delle cure: in accordo ai pazienti, la relazione con gli operatori è tuttavia l’elemento più importante capace di mediare la capacità di intercettare e soddisfare i bisogni (Muntlin Athlin et al., 2018). Ricordi ‘vividi’ e a volte ‘angoscianti’ sulle cure fondamentali sono stati riferiti anche dai pazienti affetti da ictus: per ogni bisogno fisico (es. eliminazione, mangiare e bere) i pazienti hanno riferito le implicazioni psicosociali ed emotive (umiliazione, angoscia, mancanza di dignità, recupero, fiducia) collegate alla relazione con gli operatori. I tratti comuni delle esperienze positive esprimono invece la capacità degli infermieri di considerare le dimensioni fisiche, psicosociali e relazionali in modo integrato e coordinato intorno alle esigenze particolari dei pazienti, assicurandone il coinvolgimento e il sostegno a ritrovare integrità personale e senso di sé. La profonda perturbazione biografica e la perdita di sé non appaiono legati solo alla malattia quanto piuttosto all’interruzione dell’autonomia nelle attività fondamentali della vita (Kitson et al., 2013b). Anche nel contesto delle persone affette da Alzheimer, i bisogni fondamentali sono stati recentemente studiati rispetto a come un approccio basato sui FOC possa aiutare gli infermieri a comprendere i comportamenti di resistenza alle cure infermieristiche (Rey et al., 2020).
Misurare e rilevare i FOC. Uno degli aspetti enfatizzato in letteratura riguarda la metrica e come intercettare nei nursing minimum data set (NMDS) disponibili della pratica assistenziale gli elementi dei fundamentals of care. Teoricamente, se la documentazione infermieristica fosse basata su un minimum data set che riflette i bisogni di cura fondamentali, sarebbe molto facile individuare gli ambiti presidiati e quelli sui quali è necessario intervenire. Tuttavia, come recentemente emerso nella revisione di Muntlin Athlin (2018) che ha incluso 20 studi sviluppati prevalentemente nelle case di riposo e negli ospedali, solo 11 dei 14 elementi o bisogni che compongono il primo embrionale framework delle cure fondamentali (Kitson et al., 2013a) sono regolarmente identificati nei minimum data set disponibili. Di questi, sono prevalentemente documentati la sicurezza, la prevenzione, la somministrazione dei farmaci, il comfort, l’alimentazione e l’idratazione. Il comfort, ad esempio, è spesso identificato e misurato come ‘gestione del dolore’; gli aspetti legati al sonno ed al riposo sono stati inclusi in NMDS di prima generazione della fine degli anni ‘90 e trascurati successivamente, considerazione valida anche per la dignità, che è un aspetto importante ma difficile da trasformare in un elemento misurabile con regolarità da parte degli infermieri (Muntlin Athlin, 2018). Anche la reazione con gli infermieri è un aspetto poco presente: va tuttavia segnalato che è molto complesso misurare gli aspetti legati alla relazione e questo riflette una lacuna su cui è necessario potenziare gli sforzi di ricerca. Simili risultati sono stati riportati anche in una recente revisione sistematica che ha sintetizzato gli studi disponibili sugli interventi infermieristici per i bisogni fondamentali di nutrizione, eliminazione, mobilità e igiene (Richards et al., 2018). La maggior parte degli studi inclusi riportava esiti misurati attraverso parametri fisiologici, trascurando il punto di vista del paziente (ad es., la qualità di vita percepita, l’esperienza vissuta).
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
Il processo culturale, scientifico, ed anche applicativo dei fundamentals of care interessa ormai tutto il mondo; riflette un percorso scientifico e culturale che progressivamente ha affinato il costrutto attraverso processi prevalenti di consenso in cui infermieri con diversi ruoli possono e sono chiamati a contribuire. In questa direzione, i FOC sono un processo interessante, unico, una sorta di ‘movimento’, che non si preoccupa di misurare le lacune dell’infermieristica (da cui tuttavia parte) ma si impegna piuttosto a promuoverne e massimizzarne l’efficacia. Sullo sfondo, il movimento pare contrastare l’idea o ‘senso comune’ che abbiamo sulle cure fondamentali, ovvero come quell’insieme di atti, tecniche o procedure che richiedono una limitata competenza generata da un breve training: proprio perché di solito appartengono al repertorio delle abilità di autocura, queste attività di self-care non sono considerate con la stessa importanza di altre (Feo et al., 2019). Le conseguenze di questa percezione sono molto importanti perché i fundamentals of care sono costantemente svalutati e de-enfatizzati rispetto alla loro reale complessità, nonché alle competenze associate.
Una possibile causa della scarsa attenzione ai FOC risiede nella formazione. La costruzione degli ordinamenti didattici, ma anche il modo con cui oggi viene costruita, appresa e poi consolidata la competenza infermieristica, attribuisce scarso valore agli elementi inclusi nei fundamentals of care, come fossero alla base di tutte le attività, da apprendere al primo anno per poi procedere verso qualcosa di più complesso. Non solo, i processi di apprendimento clinici sono orientati prevalentemente agli aspetti tecnici piuttosto che al lavoro di caring (Palese et al., 2019a): rimanendo nell’alveo delle attività semplici, non c’è motivo di enfatizzare questi aspetti nei curriculum degli studi e la continua mancanza di valorizzazione perpetua l’idea di fondo che si tratti di compiti semplici. Questi messaggi impliciti (chiamati anche hidden curriculum) stimolano gli studenti a dedicare poco tempo e studio all’apprendimento di questi aspetti per il loro (presunto) scarso valore. Anche i termini utilizzati, ad esempio ‘cure di base’ e ‘assistenza di base’, esprimono un significato che rispecchia la bassa prioritizzazione rispetto ad altre attività come ad esempio la somministrazione della terapia. Ne consegue una scarsa rilevanza attribuita alla sorveglianza ed alla cura dei bisogni fondamentali, una sottostima della complessità di questi bisogni e un progressivo allontanamento dagli stessi. Diversamente, il framework dei FOC (Kitson et al., 2013a) ritiene con forza che questi bisogni richiedono ragionamento clinico, conoscenza specializzata e competenze.
Per erogare un’assistenza fondamentale di qualità, sono richieste competenze complesse che fanno riferimento in primis alle abilità relazionali ma anche di integrazione, coordinamento, supervisione, nonché di coinvolgimento della persona assistita.
Questo non appare tuttavia sufficiente: il sistema intero nei suoi organismi di policy deve promuovere un contesto facilitante la promozione e il sostegno dei bisogni di cura fondamentali. Ciò potrebbe tradursi anche nella rilevazione sistematica dei FOC attraverso sistemi di misura appropriati che consentano di tracciare gli elementi ad oggi più presidiati ed aiutare ad individuare i punti di fragilità del sistema infermieristico.
Oltre alla misurazione, è importante anche costruire un dialogo professionale e scientifico sulle cure fondamentali: rintracciando i tanti buoni esempi in cui i fundamentals of care sono valorizzati dall’organizzazione per individuare i fattori facilitanti; considerandoli nell’agenda professionale e scientifica delle priorità per dare un impulso importante alla ricerca; studiandoli attraverso metodologie robuste che consentano di misurare l’effetto delle cure infermieristiche sugli esiti dei pazienti in modo inequivocabile (Richards et al., 2018) e con il coinvolgimento alle persone assistite al fine di compiere appieno il loro profondo significato che è quello di stringere una forte relazione con loro.
Limiti dello studio
In questa sede abbiamo sintetizzato il ricco dibattito della letteratura senza la pretesa di rappresentarlo nella sua complessità. L’approccio narrativo utilizzato riflette il principale limite di questa revisione. In particolare, con l’obiettivo di fornire una visione ampia del fenomeno delle cure fondamentali seguendo un metodo quanto più possibile inclusivo, tipico della revisione narrativa, (a) non abbiamo fornito una descrizione dettagliata del processo di selezione che risulta, pertanto, poco riproducibile, (b) gli studi inclusi non sono stati sottoposti a valutazione qualitativa, e (c) l’analisi è stata effettuata con un approccio tematico stabilito a priori dai ricercatori (Grant e Booth, 2009). Nella sintesi, abbiamo inoltre utilizzato alcune parole in lingua inglese (es. fundamentals of care) per evitare traduzioni che necessiterebbero inevitabilmente di processi adeguati di validazione.
Conflitto di interessi
Si dichiara l’assenza di conflitto di interessi.
Finanziamenti
Gli autori dichiarano di non aver ottenuto alcun finanziamento e che lo studio non ha alcuno sponsor economico.