INTRODUZIONE
La schizofrenia è considerata la patologia psichiatrica a maggiore carico assistenziale, sia dal punto di vista fisico che psicologico, poiché le compromissioni cognitive e sociali a essa associate determinano nella persona alti livelli di disabilità e dipendenza, per tutta la vita, nei confronti dei caregiver e dei servizi sanitari (Awad & Voruganti, 2008; Owen et al., 2016). Nel corso degli anni, nonostante la presenza a livello territoriale di numerosi servizi afferenti al Dipartimento di Salute Mentale in grado di dare una risposta alla crescente richiesta di aiuto, il progressivo reinserimento sociale delle persone affette da gravi disturbi psichiatrici ha reso sempre più necessario il coinvolgimento della figura del caregiver informale, ossia di colui che, in assenza di un compenso economico, si prende cura nella sua quotidianità di una persona affetta da una patologia cronica (Conti et al., 2017; Shiraishi & Reilly, 2019).
Una prolungata attività di caregiving, fondamentale nel supporto alla persona affetta da disturbo psichico oltre che ai professionisti sanitari, può però incidere in modo significativo sulla vita del caregiver (Awad & Voruganti, 2008; Kizilirmak & Küçük, 2016). La combinazione tra pressioni fisiche, emozionali e sociali, può infatti determinare nel caregiver uno stato di stress-psico fisico e disagio psicologico definito come “Burden”, in grado di comportare ripercussioni importanti sulla sua salute e il suo benessere (Gater et al., 2014).
Numerosi sono gli studi che hanno indagato l’impatto dell’attività di caregiving, evidenziando come i caregiver di persone affette da schizofrenia siano più giovani, con meno probabilità di sposarsi o vivere stabilmente con un partner, con un reddito annuo inferiore e una maggiore perdita di produttività determinata dall’importante lasso di tempo trascorso prendendosi cura dei familiari a scapito del tempo lavoro, rispetto a quanti non devono prendersi cura di un paziente cronico (Huey et al., 2016; Ribé et al., 2018; Hege et al., 2019). Unitamente a ciò, questi presentano maggior probabilità di fumare, di manifestare disturbi del sonno e sintomatologia ansioso-depressiva con un aumento degli accessi ai servizi per la salute mentale con un tasso due volte più elevato rispetto al caregiver di persone affette da altre patologie (Gater et al., 2014; Gupta et al., 2015; Mittendorfer-Rutz et al., 2019; Kamil et al., 2019; Inogbo et al., 2017; Wan & Wong, 2019); anche l’impatto economico non deve essere trascurato: basti pensare che in Italia i costi stimati nel 2015 per l’assistenza medica dei Caregiver di persone schizofreniche sono stati quantificati in 2258 euro/anno rispetto ai 1440 euro dei caregiver di persone con altre malattie croniche e i 617 euro di coloro che non svolgono attività di caregiving (Gupta et al., 2015; Marcellusi et al., 2018).
Il quadro presentato suggerisce la necessità di porre in atto misure volte alla rilevazione e al monitoraggio dei livelli di Burden dei caregiver di persone schizofreniche al fine di identificare i soggetti a rischio nei confronti dei quali implementare opportune strategie di intervento preventive (Gater et al. 2014).
A livello internazionale sono disponibili diversi strumenti atti a valutare il burden del caregiver informale (Levene et al., 1996; Seng et al., 2010; Rofail et al., 2016; Richieri et al., 2011); tra questi la “Perceived Family Burden Scale” (PFBS) è stata oggetto di recente validazione in Italia nel corso di uno studio pilota (Conti et al., 2017) dimostrando ottime doti di validità e affidabilità e proponendosi dunque come strumento utile a supporto del professionista nell’inquadramento del caregiver burden dei soggetti affetti da schizofrenia. L’assenza di approfondimenti sul territorio nazionale e la necessità di una mappatura rispetto alla dimensione del fenomeno sono alla base di questo studio, il cui obiettivo è quantificare il livello di burden in un campione di caregiver di persone schizofreniche residenti in una regione nel Nord Italia (a) e individuare quali caratteristiche socio-demografiche del campione siano associate al rischio di sviluppare burden nel caregiver (b).
METODI E STRUMENTI
Campionamento e raccolta dati
È stato condotto uno studio trasversale multicentrico che ha previsto il coinvolgimento dei Centri Psico Sociali (CPS) delle ASST Santi Paolo e Carlo (presidio San Paolo) di Milano, delle ASST di Crema, Melegnano-Martesana, Cremona e delle associazioni “Itaca” e “La Lente” di Cernusco sul Naviglio (Mi). Il preliminare consenso allo svolgimento dell’indagine è stato richiesto ai coordinatori e responsabili di ogni struttura coinvolta. Sono stati arruolati in modo non randomizzato tutti i caregiver Informali di persone affette da schizofrenia (secondo DSM-5) che nel periodo di studio sono venuti a contatto per qualsiasi motivo con le sedi coinvolte; sono stati esclusi i caregiver con meno di un anno di esperienza, o che prestavano assistenza per meno di 3 ore durante la giornata.
La somministrazione è stata effettuata dal 16 luglio al 28 settembre 2019 dal personale infermieristico, che durante le visite domiciliari o al termine dei periodici incontri di gruppo organizzati presso i CPS o nelle associazioni coinvolte ha presentato lo strumento d’indagine e ottenuto il consenso alla partecipazione allo studio.
Ogni caregiver aderente ha ricevuto un modulo cartaceo contenente la versione italiana della PFBS seguita da una parte tesa a raccogliere informazioni di carattere socio-demografico: genere, età, stato civile, numero figli, possesso di animali domestici, titolo di studio, tipologia di contratto di lavoro; sono state inoltre formulate tre domande legate all’esperienza di caregiving: partecipazione a gruppi familiari e ad attività di supporto, anni di attività come caregiver, frequenza dei sintomi della malattia schizofrenica nei 30 giorni precedenti. Al termine della compilazione, svolta individualmente ed in un luogo appartato dedicato, i documenti sono stati imbustati ed inseriti all’interno di un’urna sigillata posta all’ingresso di ogni struttura.
La partecipazione allo studio è avvenuta su base volontaria; i dati sono stati trattati in modo da garantire l’anonimato nel rispetto della normativa vigente in Italia. Sono stati rispettati i principi della dichiarazione di Helsinki e le regole dei comitati etici locali.
Lo strumento
La versione italiana della PFBS (Conti et al, 2017) indaga due domini (Allegato):
- Burden oggettivo: rappresenta il carico di lavoro reale per il caregiver in relazione alla gravità del disturbo della persona. Vengono elencati 24 comportamenti patologici propri del disturbo schizofrenico per ognuno dei quali il caregiver è invitato ad assegnare un punteggio di 0 oppure 1 in base all’assenza o alla presenza del comportamento nel corso degli ultimi 30 giorni. Il punteggio complessivo di Burden oggettivo è rappresentato dal rapporto percentuale tra il numero di comportamenti presenti e 24 che rappresenta il numero massimo di item e dunque di comportamenti rilevabili.
- Burden soggettivo: esprime l’impatto che i comportamenti manifestati dalla persona hanno sulla vita dei singoli caregiver. Si chiede al caregiver di segnalare quanto ogni comportamento riportato come presente lo “infastidisca” (da 1=per niente a 4=molto), ovvero quanto pesi su routine, lavoro, finanze, relazioni sociali ed ogni altro aspetto di vita. Il punteggio complessivo di Burden soggettivo è dato dal rapporto percentuale tra la somma dei punteggi riportati dal caregiver ed il punteggio soggettivo massimo teorico ottenibile, a sua volta dato ottenuto moltiplicando il numero di comportamenti oggettivi osservati per 4 (corrispondente al massimo livello di fastidio ottenibile da ogni item).
Il livello di Burden Totale (CB) del singolo caregiver Informale si ottiene sommando i punteggi di Burden oggettivo e Burden soggettivo; il massimo livello di CB risulta essere pari a 200, essendo il Burden oggettivo e quello soggettivo espressi su scala percentuale. In accordo con Conti et al. (2019) un cutoff di CB pari a 100 viene classificato come “rilevante”.
Analisi statistiche
Sono state condotte analisi bivariate con il t-test per campioni indipendenti per cercare differenze tra le medie del CB_totale in base alle caratteristiche dicotomiche; per le variabili politomiche è stata utilizzata l’analisi della varianza. La verifica preliminare di normalità è stata condotta con i test di Kolmogorov-Smirnov, Anderson-Darling e Kramer-von Mises. Per tutte le analisi la soglia di significatività è stata fissata al 5%. L’analisi è stata condotta con il software statistico SAS University Edition per MacOS.
RISULTATI
Caratteristiche del campione
Centosei caregiver (Tasso di risposta 58.89%) hanno partecipato allo studio; 69 (65.09%) erano femmine, con un’età media pari a 66 ± 10 anni. Quarantasette soggetti (44.34%) erano sposati o conviventi, 29 (27.36%) erano single, 15 (14.15%) separati o divorziati, 12 (11.32) vedovi/e; 3 vivevano all’interno del nucleo familiare. Ottantacinque avevano figli; di questi, il 51.76% più di uno. Il 29.55% ha inoltre riferito di possedere almeno un animale domestico. Il titolo di studio posseduto era il diploma di istruzione secondaria di secondo grado nel 47.17% (n=50) dei casi, seguito dal diploma di istruzione secondaria di primo grado (29.25%); dei 55 (51.89%) soggetti in età lavorativa, 31 avevano un contratto full-time, 10 erano part-time; 14 erano disoccupati. La partecipazione a gruppi familiari e ad attività di supporto organizzate periodicamente nelle diverse realtà era costante nel 53.77% del campione. L’attività di caregiving durava in media da 19±8 anni (range 2-45) ed era svolta prevalentemente dai genitori (n= 86, 81.13%) della persona affetta da disturbo schizofrenico.
Livelli di burden secondo la PFBS
I caregiver informali hanno espresso un punteggio di CB mediano pari a 116/200, IQR=[103;135] con un Burden Oggettivo mediano di 37, IQR=[26;47] e un burden soggettivo mediano di 79, IQR=[70;87].
Frequenza dei comportamenti patologici secondo la PFBS
Le manifestazioni dei sintomi della malattia nei 30 giorni precedenti lo studio sono state “frequenti” per 50 caregiver, “costantemente presenti” per 26, “poco o saltuariamente presenti” per 30. Sessantatré hanno riportato la presenza di almeno 9 comportamenti patologici propri del disturbo schizofrenico.
La Tabella 1 descrive il numero di caregiver che hanno riportato ogni comportamento da parte della persona assistita negli ultimi 30 giorni; tutti gli item hanno riportato un punteggio mediano > 2, indicatore di un impatto rilevante da parte di ogni manifestazione clinica del disturbo; 7 comportamenti hanno presentato una mediana pari a 4.
Tabella 1. – Frequenza dei comportamenti segnalati e grado di fastidio Me [IQR] | ||
Item | n. di Caregiver che hanno segnalato il comportamento come presente | Livello di fastidio del comportamento
Me [IQR] |
1. Appare spaventato | 33 | 3 [3;4] |
2. Appare triste | 58 | 3 [3;4] |
3. Appare avvilito | 43 | 3 [3;4] |
4. Rifiuta le medicine | 49 | 4 [3;4] |
5. Rifiuta aiuto | 55 | 4 [3;4] |
6. Rifiuta il cibo | 36 | 3 [3;3] |
7. Parla ad alta voce | 53 | 3 [3;4] |
8. Grida | 33 | 3 [3;4] |
9. Rimane a letto | 60 | 3 [3;4] |
10. Parla poco | 46 | 3 [2;4] |
11. Appare trascurato | 46 | 3 [3;4] |
12. Fa discorsi senza senso | 56 | 3 [3;4] |
13. Minaccia di suicidarsi | 14 | 4 [3;4] |
14. Comportamento diffidente | 53 | 3 [3;4] |
15. Usa un linguaggio offensivo | 54 | 3 [3;4] |
16. Minaccia atti violenti | 54 | 4 [3;4] |
17. Lancia oggetti | 47 | 4 [3,5;4] |
18. Molesta altre persone | 47 | 3 [2;4] |
19. Incolpa altre persone | 45 | 3 [3;4] |
20. Autolesionismo | 28 | 4 [4;4] |
21. Ride frequentemente | 16 | 3 [2;3] |
22. Abusa di droghe | 15 | 3 [4;4] |
23. Cammina avanti e indietro senza scopo | 48 | 3 [3;4] |
24. Fuma troppo | 61 | 4 [3;4] |
Me=mediana, IQR=intervallo interquartile |
Livelli di burden e profilo del caregiver
I livelli di burden sono stati posti in relazione con le caratteristiche sociodemografiche dei caregiver (Tabella 2): punteggi significativamente più elevati sono ottenuti da soggetti disoccupati (p=0.02 rispetto a chi lavora con contratto a tempo pieno o parziale) da chi riveste il ruolo di genitore (p<0.001 rispetto a chi non ha figli) e da chi svolge l’attività di caregiving da almeno 5 anni (p<0.01 rispetto ai caregiver con esperienza più breve). Sesso, stato civile, ruolo in famiglia, titolo di studio, possesso di animali domestici e partecipazione a gruppi/attività di sostegno non ha generato differenze significative. Pur non raggiungendo la soglia della significatività statistica (p=0.08) si evidenziano crescenti livelli di burden all’aumentare dell’età del caregiver.
Tabella 1. – CB e variabili socio-demografiche | ||
Caratteristica | Me [IQR] | p-value |
<5 anni caregiving | 110 [85;131] | <0.01 |
≥5 anni caregiving | 123 [112;135] | |
Presenza di figli | 124 [110;129] | <0.001 |
Nessun figlio | 112 [96;130] | |
Disoccupato | 120 [112;135] | <.0.05 |
Lavoratore a tempo parziale | 111 [100;119] | |
Lavoratore a tempo pieno | 105 [90;119] | |
Età caregiver <31 | 111 [96;129] | 0.08 |
Età caregiver 31-40 | 114 [98;130] | |
Età caregiver 41-50 | 116 [103;131] | |
Età caregiver 51-60 | 116 [101;133] | |
Età caregiver 61-70 | 119 [104;133] | |
Età caregiver >70 | 119 [105;134] |
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
L’indagine, condotta su un campione superiore allo studio di validazione (Conti et al., 2017) e di altri studi (Yazici et al., 2016), ha confermato la dimensione del fenomeno con livelli di caregiver burden sovrapponibili. È stato inoltre confermato un basso punteggio di burden oggettivo, conseguenza del basso numero di comportamenti patologici riferiti; il dato è giustificato, almeno in parte, dal fatto che il campione fosse costituito da caregiver di pazienti schizofrenici in fase non acuta e quindi, nonostante la gravità del disturbo, in una situazione ove i sintomi tendono ad essere controllati dalle terapie. Non sorprende l’elevato punteggio di burden soggettivo, peraltro già riportato in letteratura (Awad & Voruganti, 2008), a dimostrazione dell’elevato impatto di ogni singolo comportamento del soggetto malato sul benessere del caregiver.
La relazione tra genere femminile e alti livelli di caregiver burden ipotizzata nel lavoro di Conti et al. (2017) non è stata confermata; il dato è in linea con la letteratura che riporta una sostanziale discordanza rispetto a questa variabile (Vlachantoni et al., 2013; Ricard et al. 1999); è stato invece confermato il legame con la presenza di figli (Hanzawa et al., 2008; Ribè et al., 2017; Peng et al., 2019); pur trovandoci di fronte a un campione con una età avanzata (Me=66) e dunque con una prole solo relativamente giovane, è facile comprendere l’impatto che un’attività di caregiving continuativa possa rivestire sulla capacità dell’individuo di adempiere pienamente ai propri doveri familiari e sul mantenimento della coesione familiare. È confermata anche la relazione diretta con gli anni di caregiving (raggiungendo in questo caso la significatività statistica), a dimostrazione del fatto che trovandoci di fronte a un disturbo cronico, l’impatto progressivo sulla vita dei familiari è costantemente crescente (Ribè et al., 2017; Strunoiu et al., 2019).
Come suggerito dagli autori originali è stata indagata la relazione tra i livelli di burden e alcune variabili del campione non prese in esame nel lavoro di validazione; particolarmente interessante è l’aspetto relativo alla sfera lavorativa: livelli di burden significativamente superiori sono stati ottenuti da coloro che al momento dell’indagine erano disoccupati (con punteggi pressoché identici ai pensionati) seguiti dai soggetti che lavoravano con contratto part-time. Prendersi carico di una persona affetta da schizofrenia richiede spesso la modifica di alcuni aspetti della propria vita lavorativa, che concretamente possono tradursi nella ricerca di offerte di lavoro a tempo parziale o addirittura la rinuncia alla ricerca di una occupazione o il pensionamento anticipato, al fine di poter dedicare il maggior tempo possibile al proprio caro anche se questa scelta può spesso impattare concretamente sull’abbassamento del proprio livello reddituale e sulle proprie disponibilità finanziarie (Sruamsiri, Mori & Mahlich, 2018; Peng et al., 2019; Bademli & Lök, 2020).
Nel presente studio l’assenza di differenze rilevanti rispetto alle altre variabili indagate suggerisce l’impatto negativo dello stare accanto alla persona malata, indipendentemente dal proprio status familiare e dal proprio livello di istruzione. Anche il possesso di animali domestici, che si ipotizzava potesse svolgere un ruolo “protettivo”, in realtà non pare rilevante nella comprensione del fenomeno, probabilmente poiché proprio come per un figlio, il tempo e le attenzioni sottratte al proprio animale costituiscono un ulteriore disagio nel caregiver. Le stesse conclusioni posso essere tratte riguardo l’assenza relazione tra burden del caregiver e partecipazione a gruppi di aiuto: questi possono distintamente essere frequentati da coloro che sono maggiormente sofferenti che però nella stessa situazione possono scegliere di non parteciparvi per mancanza di tempo, forza, utilità percepita.
In ultimo, l’analisi del burden soggettivo ha messo in luce i comportamenti della persona affetta da schizofrenia maggiormente causa di sofferenza nel caregiver: atteggiamenti di rifiuto e scarsa compliance terapeutica (item 4 e 5), minacce o condotte violente di qualsiasi natura (item 13,16,17,20) oltre al tabagismo (item 24) sono tipiche manifestazioni del disturbo con le quali il caregiver, chiamato a gestire in prima persona l’accompagnamento nel percorso terapeutico, deve quotidianamente scontrarsi senza avere sempre gli adeguati strumenti per farvi fronte (Peng et al., 2019) . Per questo motivo i risultati del presente lavoro sostengono le necessità di garantire a questi soggetti un ambiente supportivo tale da consentire la continuità̀ del trattamento e dunque la massima adesione al piano terapeutico stabilito; ciò attraverso la creazione di una solida alleanza terapeutica con l’equipe di cura e la rete di servizi socio-sanitari. Per rispondere a un bisogno che sottintende il riconoscimento della centralità del ruolo della famiglia, pare fondamentale potenziale l’offerta di valide strategie d’intervento familiare in grado di fornire un effettivo supporto tale da ridurre il carico gestionale e psicoemotivo, con conseguente beneficio sulla qualità di vita del caregiver stesso e sugli esiti clinici della persona affetta dal disordine psichiatrico (Bademli & Lök, 2020).
Questo lavoro, a completamento dello studio di Conti et al. (2017), permette di offrire una panoramica verosimile del burden del caregiver della persona affetta da schizofrenia; l’utilità dell’indagine condotta è quella di permettere oggi una maggior conoscenza del fenomeno, punto di partenza per orientare l’attività infermieristica, in particolar modo a livello territoriale, verso il riconoscimento e la conseguente presa in carico dei soggetti più fragili con interventi supportivi e di monitoraggio continuo; il tasso di risposta, risultato inferiore a quello di Conti et al. (2017) non rende possibile conoscere le caratteristiche dei “non responders”; tuttavia anche per l’assenza di ulteriori termini di paragone a livello internazionale, un’aderenza vicina al 60% può ritenersi un risultato soddisfacente; inoltre considerando che il lavoro di Conti, con una adesione più alta aveva ottenuto gli stessi livelli di burden, non vi sono motivi per ipotizzare che le caratteristiche dei “non responders” avrebbero comportato variazioni significative nei punteggi ottenuti.
Bisogna tuttavia evidenziare che il lavoro pur nella sua natura multicentrica è stato condotto in un’area geografica ben definita; le caratteristiche organizzative e strutturali, le risorse umane ed economiche ed in generale le dinamiche nell’area dell’assistenza nel campo domiciliare per pazienti schizofrenici in Lombardia potrebbero differire da quanto presente in altre regioni; ulteriori approfondimenti, sono perciò auspicabili al fine di confermare questi risultati o individuare eventuali discostamenti rispetto a quando emerso e rendere ancor più esaustiva la comprensione del fenomeno all’interno del panorama italiano.
Conflitto di interessi
Si dichiara l’assenza di conflitto di interessi.
Finanziamenti
Gli autori dichiarano di non aver ottenuto alcun finanziamento e che lo studio non ha alcuno sponsor economico.