Accesso alle cure e gender bias: una revisione a metodo misto


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Riassunto

Introduzione
Essere uomo o donna ha un impatto significativo sulla salute, a causa delle differenze sia biologiche che di genere. La salute della donna è, ad oggi, una questione di interesse globale, perché, in molte società, si tratta di gruppi svantaggiati da una discriminazione radicata in fattori socioculturali. L’obiettivo della revisione è di descrivere le disuguaglianze nell’accesso alle cure da parte delle donne.

Materiali e metodi
Revisione sistematica a metodo misto della letteratura (MMSR) condotta attraverso la consultazione delle banche dati PubMed, Embase, Scopus e Cochrane.

Risultati
La selezione degli articoli ha portato all’acquisizione finale di 6 studi quantitativi e 7 qualitativi. I dati sono stati suddivisi in base alle aree geografiche di provenienza. Molti dei fattori barriera che ostacolano l’accesso alle cure delle donne sono risultati comuni a tutte le aree indagate, tra questi una conoscenza limitata della salute femminile, lo stigma sociale, la mancanza di fondi e le credenze tradizionali.

Conclusioni
Nonostante vi sia un progressivo miglioramento nella gestione dei problemi di salute delle donne, permangono grandi disuguaglianze soprattutto nei Paesi in via di sviluppo e tra le donne immigrate. Conoscere i temi spirituali e sociali che permeano culture diverse può aiutare gli operatori a collegare la cultura ai diversi comportamenti adottati dalle donne in ambito sanitario, al fine di garantire un’assistenza equa ed efficace abbattendo il «gender bias».

Parole chiave: Gender Bias, donne, cultura, accesso alle cure.

Health system access and gender bias: a mixed method review

ABSTRACT
Introduction
Being a man or a woman has a significant impact on health, due to both biological and gender differences. Women’s health is, to date, a matter of global interest, because, in many societies, they represent a disadvantaged group characterized by a discrimination that is rooted in sociocultural factors. The aim of this study is to describe inequalities in women’s access to healthcare.

Methods
Mixed methods systematic review (MMSR) conducted through the consultation of PubMed, Embase, Scopus and Cochrane databases.

Results
The selection of the articles led to the final acquisition of 6 quantitative studies and 7 qualitative studies. Data have been divided by geographical areas. Many of the barrier factors that hinder women’s access to healthcare were found to be common in all studied areas, such as limited knowledge of women’s health, social stigma, lack of funds and traditional beliefs.

Conclusions
Although the World is slowly adapting to address women’s health problems, inequalities persist, especially in developing countries and among immigrant women. The knowledge of spiritual and social themes that characterize different cultures can help practitioners to link culture to different behaviours adopted by women in health care, in order to ensure effective care and break down Gender Bias.

Key words: Gender Bias, Women, Culture, Health Care Access.


INTRODUZIONE
Essere uomo o donna ha un evidente impatto sulla salute, a causa delle relative differenze sia biologiche, che di genere. La salute delle donne è, ad oggi, una questione di interesse globale, perché, in molte società, si evidenziano discriminazioni radicate in fattori socioculturali. Allarmanti i dati WHO (World Health Organization) 2018, che sottolineano come i soggetti di sesso femminile manifestino una maggiore vulnerabilità all’HIV/AIDS (WHO, 2018). Secondo le stime UNAIDS, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa della lotta all’AIDS, al mondo le persone affette dall’HIV sono 36,7 milioni (dati 2016): di queste, più della metà (18,6 milioni) sono donne. La distribuzione geografica, però, non è omogenea. Sempre secondo UNAIDS il 58% delle donne affette da HIV vive nei Paesi dell’Africa Subsahariana: oltre 4 milioni solamente in Sudafrica, che risulta la realtà con la concentrazione maggiore.
La stessa WHO illustra i principali fattori socioculturali che impediscono alla donna di beneficiare di servizi sanitari di qualità e di raggiungere il miglior livello possibile di salute:

  • rapporti di potere ineguali tra uomini e donne;
  • norme sociali che riducono l’istruzione e le opportunità di lavoro retribuito;
  • un’attenzione esclusiva ai ruoli riproduttivi;
  • esperienza potenziale o effettiva di violenza fisica, sessuale ed emotiva.

La salute delle donne nella vita quotidiana è, da sempre, un tema poco discusso, considerato un “tabù”. Storicamente, senza la possibilità di un confronto, molto spesso le figure femminili hanno evitato di chiedere aiuto e sono ricorse all’utilizzo di metodi poco sicuri (WHO, 2018).
La salute delle donne nella vita quotidiana è, da sempre, un tema poco discusso, considerato un “tabù”. Storicamente, senza la possibilità di un confronto, molto spesso le figure femminili hanno evitato di chiedere aiuto e sono ricorse all’utilizzo di metodi poco sicuri (WHO, 2018).
L’adolescenza e la giovane età adulta dovrebbe essere un periodo di buona salute generale con tassi di mortalità contenuti. Eppure, nelle Regioni in via di sviluppo, le complicanze legate alla gravidanza e al parto, così come le infezioni trasmesse per via sessuale, continuano a gravare pesantemente sulle vite di ragazze adolescenti e giovani donne. Ciò è dovuto non solo a Sistemi Sanitari che non sono in grado di rispondere alle esigenze della popolazione, ma anche alle questioni di genere (United Nations, 2015).
La discriminazione inizia infatti dall’infanzia: l’accompagnamento e l’educazione nei primi anni di vita sono essenziali per la formazione socioculturale. Molte bambine, diventate adulte, non sono in grado di inserirsi proficuamente nella società: l’UNICEF (Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia) porta ad esempio il fenomeno delle bimbe fantasma, che non vengono registrate all’anagrafe, risultando così prive di diritti (a partire dalla scolarizzazione e l’accesso alle cure), delle spose fanciulle, costrette al matrimonio con uomini più anziani, cui devono completa sottomissione, fino all’esclusione dall’istruzione per stereotipi sui ruoli di maschi e femmine, secondo i quali “le donne devono dedicarsi a casa e famiglia” (UNICEF , 2017).
La parità di genere, che si riferisce alla visione secondo la quale gli uomini e le donne dovrebbero ricevere pari trattamento e non dovrebbero mai essere discriminati, a meno che non ci sia una valida ragione biologica per un trattamento diverso, è il quinto goal dell’Agenda 2030, un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Arrivare alla piena uguaglianza tra i generi, dando maggior potere e responsabilità alle donne, non è un obiettivo facilmente raggiungibile perché, anche nei Paesi dove per legge non ci sono differenze tra i sessi, in realtà il bilanciamento della presenza delle donne nella vita economica e sociale non è ancora stato raggiunto (World Economy Forum, 2018).
Il genere si riferisce a una caratteristica personale costruita dalla società, che comprende norme, regole e relazioni tra gruppi di “uomini” e “donne”. Si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e opportunità che ogni società considera appropriate per un maschio e per una femmina, per un uomo e per una donna. Il genere dunque interagisce, ma, nel contempo, differisce, dalle categorie binarie determinate dal sesso (WHO – Department of Gender, Women and Health, 2011).
Il “Gender Bias” può essere definito come un effetto di distorsione legato al genere, rappresenta l’insieme di azioni o pensieri guidati da pregiudizi basati sulla percezione di genere, secondo cui le donne non sono uguali agli uomini in quanto a diritti e dignità. (European Institute for Gender Equality, 2019). L’obiettivo dello studio è di descrivere i fattori che ostacolano l’accesso alle cure da parte delle donne attraverso una revisione sistematica a metodo misto.

METODI E STRUMENTI
La revisione sistematica a metodo misto della letteratura è stata condotta attraverso l’utilizzo delle seguenti banche dati: PubMed, Embase, Scopus e Cochrane a scopo di consultazione. Le revisioni sistematiche a metodo misto (MMSR) uniscono i risultati ottenuti sia da studi di natura quantitativa che qualitativa, rappresentando un’importante innovazione per i ricercatori impegnati nella disamina di prove di efficacia in ambito sanitario (Lizarondo, et al., 2017). La revisione è stata condotta seguendo “Preferred Reporting Items for Systematic Reviews and Meta Analyses: the PRISMA statement” (Moher & Liberati, 2009).
Sono stati presi in considerazione studi osservazionali trasversali, osservazionali longitudinali prospettici, osservazionali retrospettivi e studi di natura qualitativa. La selezione ha escluso studi sviluppati su singolo caso. Non sono stati posti dei limiti alla durata del follow up descritta dalle pubblicazioni. Sono state incluse pubblicazioni in lingua italiana, inglese, francese e spagnola pubblicate dal 2003 al 2018.
La valutazione critica della qualità degli studi inclusi è stata effettuata attraverso le checklists Joanna Briggs Institute Critical Appraisal Tools (JBI , 2019)
specifiche per i vari disegni di studio analizzati. Per la valutazione della qualità del reporting sono stati utilizzati STROBE Statement (STrengthening the Reporting of Observational studies in Epidemiology) (Von Elm, et al., 2008) per gli studi di natura osservazionale (quantitativi) e lo strumento COREQ Checklist (COnsolidated criteria for REporting Qualitative research) (Tong & Sainsbury, 2007) per gli studi di natura qualitativa.
La strategia di ricerca si è avvalsa della formulazione del PICO framework (Tabella 1) per esplicitare Popolazione, Intervento e Outcome (Richardson, et al., 1995).

POPULATION Donne di qualsiasi età e nazionalità.
INTERVENTION Background socio-culturale, Gender Bias.
COMPARISON //
OUTCOME Frequenza/modalità di accesso alle cure.

Tabella 1 PICO frame-work.

Gli studi ottenuti dalla ricerca sulle banche dati, per essere inclusi nella revisione, sono stati valutati da due soggetti indipendenti (AC e CG). Qualora ci fossero state delle differenze di valutazione, era prevista la valutazione da parte di un terzo collaboratore. In riferimento agli obiettivi prefissati, dalla ricerca effettuata sono stati individuati 742 articoli iniziali. Eliminando i doppi gli articoli risultavano 420. Ad una lettura degli abstract sono stati esclusi 385 studi. Dalla lettura dei 35 articoli in full text solo 13 sono risultati pertinenti al quesito di ricerca (Tabella 2).

Tabella 2 Tavole sinottiche.

Titolo: Barriers and facilitators to the implementation of antenatal syphilis screening and treatment for the prevention of congenital syphilis in the Democratic Republic of Congo and Zambia: results of qualitative formative research
Autore e anno Obiettivo e metodo dello studio Caratteristiche dei partecipanti Intervento Risultati
Dalau Nkamba, Musaku Mwenechanya, Arlette Mavila Kilonga.

(2017)

– Obiettivo:

Identificare le barriere socioculturali che influiscono sullo screening e trattamento prenatale.

 

– Disegno:

Ricerca qualitativa,

 

– Periodo:

Da luglio a settembre 2015.

– Numero:

112 individui

 

– Caratteristiche:

Il 44% degli operatori sanitari totali erano donne, a Lusaka (Zambia) la maggior parte erano donne e a Kinshasa (RDC) la maggioranza era di sesso maschile. Ostetriche e infermieri rappresentavano il 78% dei sanitari addetti alla cura prenatale a Kinshasa e il 31% a Lusaka.

 

– Modalità di somministrazione dell’intervento:

Interviste e focus group durata tra 40 e 60 minuti.

 

– Risultati:

1- A livello del sistema le barriere riscontrate sono: vincoli strutturali, frammentazione del sistema sanitario, scarsa accessibilità delle.

2- Tra gli operatori sanitari: mancanza di conoscenza e formazione sull’evoluzione delle migliori pratiche.

3- Per le donne incinta: mancanza di conoscenze sulla sifilide, sulle conseguenze e sul trattamento, stigma.

 

Titolo: Challenges faced by older women in Botswana in accessing services that address sexual and reproductive health, and family planning needs.
Autore e anno Obiettivo e metodo dello studio Caratteristiche dei partecipanti Intervento Risultati
Ama NO, Ngome .

(2013)

– Obiettivo:

 

Esplorare le sfide delle donne anziane provenienti dal Botswana nell’accedere ai servizi che affrontano le esigenze di salute sessuale e riproduttiva e pianificazione familiare

 

Disegno:

 

Studio qualitativo.

 

Periodo:

 

Da Febbraio a Ottobre 2011.

– Numero:

 

454 donne.

 

 

Caratteristiche:

 

La maggior parte delle donne partecipanti non ha ricevuto alcuna istruzione, è sposata e disoccupata non in cerca di lavoro.

 

 

 

Modalità di somministrazione dell’intervento:

 

Questionario creato con metodo misto, partecipazione volontaria.

– Risultati:

 

Lo studio ha rivelato che il

Gli ostacoli all’accesso ai servizi SRH e FP sono stati riscontrati tra l’analfabetismo, la mancanza di istruzione, i vincoli finanziari, la percezione che i pianificatori sanitari limitassero l’SRH ai servizi prenatali e ostetrici, una riluttanza culturale a discutere di SRH.

 

 

 

 

Titolo: Qualitative study of barriers to cervical cancer screening among Nigerian women.
Autore e anno Obiettivo e metodo dello studio Caratteristiche dei partecipanti Intervento Risultati
Fatima Isa Modibbo, Eileen Dareng, Patience Bamisaye,Elima Jedy-Agba, Ayodele Adewole (2015) – Obiettivo:

 

Esplorare gli ostacoli allo screening del cancro del collo dell’utero.

 

Disegno:

 

Studio qualitativo.

 

Periodo:

 

Da Agosto a Ottobre 2014.

 

– Numero:

 

49 donne.

 

 

Caratteristiche:

 

Donne cristiane e musulmane, senza diagnosi di cancro. La maggior parte delle partecipantiè sposata e lavora.

 

 

Modalità di somministrazione dell’intervento:

 

Focus Group.

 

– Risultati:

 

Le partecipanti hanno menzionato gli obblighi religiosi e culturali della modestia, il genere di fornitori di assistenza sanitaria, la paura di divulgazione dei risultati, la mancanza di consapevolezza, la discriminazione negli ospedali e la necessità dell’approvazione del marito come ostacoli allo screening.

 

Titolo: The lived experiences of rural women diagnosed with the human immunodeficiency virus in the antenatal period.
Autore e anno Obiettivo e metodo dello studio Caratteristiche dei partecipanti Intervento Risultati
Genevieve Marion Fords, Talitha Crowley, Anita S van der Merwe

(2017)

– Obiettivo:

 

Esplorare le esperienze vissute da donne con diagnosi di HIV

 

Disegno:

 

Studio qualitativo.

 

Periodo:

 

Da Gennaio a Giugno 2015.

– Numero:

 

10 donne.

 

 

Caratteristiche:

 

Tutte le partecipanti hanno ricevuto la diagnosi di HIV per la prima volta durante il periodo di gravidanza. Le partecipanti provengono da varie comunità rurali eccetto due che vivono nella città.

Modalità di somministrazione dell’intervento:

 

Interviste di 30-60 minuti, registrate e trascritte testualmente.

 

– Risultati:

Quattro temi hanno costituito la struttura essenziale del fenomeno oggetto di indagine: 1- una realtà che colpisce in modo crudo 2- una solitudine che fa male, 3- la speranza di un domani fratturata 4- il sostegno di pochi.

 

 

 

 

Titolo: The lived experiences of rural women diagnosed with the human immunodeficiency virus in the antenatal period.
Autore e anno Obiettivo e metodo dello studio Caratteristiche dei partecipanti Intervento Risultati
Abdi A.Gele, Liv Elin Torheim, Kjell Sverre Pettersen, Bernadette Kumar. (2015) – Obiettivo:

Esplorare le conoscenze sul diabete da parte delle donne Somale immigrate

Numero:

1030 donne somale immigrate.

 

Modalità di somministrazione dell’intervento:

Interviste non strutturate.

 

– Risultati:

Le partecipanti allo studio avevano una buona conoscenza del diabete e dei fattori di rischio. Nonostante il tempo e le risorse economiche possono essere delle barriere all’attività fisica molte donne hanno riportato l’assenza di palestre “gender-exclusive”

 

 

Titolo: “It’s not easy to acknowledge that I’m ill”: a qualitative investigation into the health seeking behavior of rural Palestinian women.
Autore e anno Obiettivo e metodo dello studio Caratteristiche dei partecipanti Intervento Risultati
Linda Majaj, Majed Nassar, Manuela De Allegri.

(2013)

– Obiettivo:

 

Indagare i comportamenti riguardanti la salute delle donne che vivono nei territori rurali palestinesi occupati

 

Disegno:

 

Studio qualitativo

 

Periodo:

 

Da Maggio a Giugno 2010.

– Numero:

 

30 donne.

 

 

Caratteristiche:

 

Come la maggior parte della popolazione palestinese, tutte le donne erano arabe e musulmane. Il livello di istruzione degli intervistati variava considerevolmente.

 

 

 

 

Modalità di somministrazione dell’intervento:

 

Sono state condotte 30 interviste individuali semi-strutturate con le donne.

 

 

– Risultati:

I risultati di questo studio indicano che le donne residenti i oPt ritardano la ricerca di cure professionali, il loro comportamento è il risultato dell’interazione di diversi fattori: il loro ruolo socio-culturale di genere; le loro conoscenze; accessibilità finanziaria e accessibilità geografica; le loro percezioni sulla qualità dell’assistenza e i loro bisogni di salute percepiti.

 

 

Non è stato rilevato alcun grado di disaccordo tra i due valutatori (AC; CG) nella definizione degli articoli da includersi.
Gli articoli selezionati e valutati attraverso lo strumento Joanna Briggs Critical Appraisal Tools sono risultati di elevata qualità, con un minimo di 7 items positivi per quanto riguarda gli studi qualitativi
(Lockwood & Munn, 2015) e un minimo di 5 items positivi per gli studi quantitativi (Moola, et al., 2017). Anche l’utilizzo delle checklists per l’analisi di reporting degli articoli ha avuto esiti positivi, con un minimo di 19 items positivi per quanto riguarda lo strumento COREQ (articoli qualitativi) e 17 per lo strumento STROBE (articoli quantitativi).

Titolo: Knowledge, attitudes, practices and perceived risk of cervical cancer among Kenyan women.
Autore e anno Obiettivo e metodo dello studio Caratteristiche dei partecipanti Intervento Risultati
Staci L Sudenga, MPH, Anne F Rositch.

(2013)

– Obiettivo:

 

Descrivere le conoscenze e il rischio del cancro cervicale percepito dalle donne Keniane.

 

 

-Disegno:

 

Studio trasversale.

 

 

Periodo:

Da giugno ad agosto 2007.

– Numero:

 

488 donne.

 

 

Caratteristiche:

La maggior parte delle partecipanti era sposata, con figli e con isctruzione secondaria/superiore

 

 

 

Modalità di somministrazione dell’intervento:

 

Intervista e questionario.

– Risultati:

 

Le donne sottoposte a screening tendono ad essere più anziane, più istruite e con redditi mensili più elevati.

Le donne che non erano mai state sottoposte a screening per il cancro del collo dell’utero citano la paura, la mancanza di fondi e la mancanza di conoscenza del cancro cervicale come ostacoli allo screening.

 

Titolo: Breast Cancer Knowledge Assessment in Female Chinese Immigrants in New York.
Autore e anno Obiettivo e metodo dello studio Caratteristiche dei partecipanti Intervento Risultati
Wei-Ti Chen.

(2004)

– Obiettivo:

 

Esaminare le relazioni tra il livello di cultura, l’accesso alla salute, le credenze sanitarie, le pratiche sanitarie e la conoscenza del rischio di cancro al seno da parte di donne cinesi.

 

Disegno:

 

Studio trasversale descrittivo.

 

Periodo:

Da Luglio a Novembre 2001.

– Numero:

 

2098 donne.

 

 

Modalità di somministrazione dell’intervento:

 

Questionario multilingue.

– Risultati:

 

L’età, lo stato civile, il lavoro, il reddito familiare e l’assicurazione sanitaria, ma non il livello di istruzione,sono significativamente correlati alla tendenza di sottoporsi a screening della cervice.

 

 

 

 

 

Titolo: Factors of Breast Cancer Screening Among Korean Immigrants in the United States.
Autore e anno Obiettivo e metodo dello studio Caratteristiche dei partecipanti Intervento Risultati
Eunice E. Lee, Louis F. Fogg, Georgia R. Sadler. (2006) – Obiettivo:

 

Valutare i tassi di screening del cancro al seno

 

Disegno:

 

Studio trasversale.

 

Periodo:

 

Da Dicembre 2003 a Marzo 2004.

– Numero:

 

189 donne Coreane immigrate(KA).

 

 

Caratteristiche:

 

La maggior parte partecipanti sono sposate, casalinghe e di religione cristiana.

 

 

 

Modalità di somministrazione dell’intervento:

 

Indagine telefonica.

 

– Risultati:

 

Il 78% del campione totale di donne riferisce di non aver mai eseguito una mammografia nella sua vita, solo poco più della metà ha mai esaminato il seno.

 

 

 

 

Titolo: Pathways of cervical cancer screening among Chinese women.
Autore e anno Obiettivo e metodo dello studio Caratteristiche dei partecipanti Intervento Risultati
Grace X Ma, Min Qi Wang, Xiang S Ma, Steven E Shive, Yin Tan.

(2013)

– Obiettivo:

 

Individuare i fattori che contribuiscono allo screening del cancro cervicale tra le donne cinesi americane

 

Disegno:

 

Studio trasversale.

 

Periodo:

 

Da Gennaio a Giugno 2015.

– Numero:

 

573 donne cinesi americane.

 

 

Modalità di somministrazione dell’intervento:

 

Un questionario multilingue.

 

– Risultati:

 

L’età e lo stato civile sno significativamente correlate allo stato di screening. Più donne disoccupate hanno riferito di non essere mai state sottoposte a screening rispetto alle donne impiegate. L’istruzione non è significativamente correlata allo stato di screening.

 

.

 

Titolo: Beliefs and attitudes about breast cancer and screening practices among Arab women living in Qatar.

 

Autore e anno Obiettivo e metodo dello studio Caratteristiche dei partecipanti Intervento Risultati
Tam Truong Donnelly, Al-Hareth Al Khater.

(2013)

– Obiettivo:

 

Indagare credenze, atteggiamenti e pratiche sullo screening al tumore del seno di donne arabe in Qatar.

 

Disegno:

 

Studio trasversale.

 

Periodo:

 

Da Marzo a Luglio 2011.

– Numero:

 

1063 donne.

 

 

Caratteristiche:

 

La popolazione dello studio è abbastanza omogenea in termini di stato civile (78,9% sposate), religione (98,2% musulmane) e area di residenza (88,7% nelle aree urbane).

Modalità di somministrazione dell’intervento:

 

Interviste con quetsionario strutturato.

– Risultati:

 

Un livello di istruzione superiore del partecipante o del marito del partecipante è significativamente correlato a uno stato di salute buono-eccellente percepito e alla convinzione che il cancro si possa prevenire La maggior parte delle partecipanti ha affermato che preferebbe consultare medici e altri operatori sanitari donne;

 

 

RISULTATI
gravidanza, e stia ricevendo un trattamento antiretrovirale. Purtroppo, però, persistono ancora numerose barriere che ostacolano l’adesione da parte delle donne agli screening prenatali. Questi ostacoli sono riscontrabili a livello del sistema (vincoli strutturali, scarsa accessibilità), a livello degli operatori sanitari (mancanza di conoscenza e aggiornamento) e a livello delle donne in gravidanza (mancanza di conoscenze, vergogna e stigma) (Nkamba, et al., 2017).
I risultati sono stati aggregati in base all’area geografica, poiché diversi sono i fattori socio culturali che li caratterizzano.

Africa Subsahariana
Dagli articoli analizzati, si evince come in Sud Africa un numero sempre crescente di donne si stia sottoponendo al test per il virus dell’immunodeficienza acquisita (HIV) durante la gravidanza, e stia ricevendo un trattamento antiretrovirale. Purtroppo, però, persistono ancora numerose barriere che ostacolano l’adesione da parte delle donne agli screening prenatali. Questi ostacoli sono riscontrabili a livello del sistema (vincoli strutturali, scarsa accessibilità), a livello degli operatori sanitari (mancanza di conoscenza e aggiornamento) e a livello delle donne in gravidanza (mancanza di conoscenze, vergogna e stigma) (Nkamba, et al., 2017).

Titolo: Individual, Provider, and System Risk Factors for Breast and Cervical Cancer Screening Among Underserved Black, Latina, and Arab Women.
Autore e anno Obiettivo e metodo dello studio Caratteristiche dei partecipanti Intervento Risultati
LeeAnne Roman, Cristian Meghea, Sabrina Ford.

(2014)

– Obiettivo:

Esaminare le associazioni tra l’aderenza allo screening del carcinoma mammario e del collo dell’utero e i fattori di rischio concomitanti nei tre gruppi razziali/etnici.

 

Disegno:

 

Studio osservazionale descrittivo

 

Periodo:

 

Da Gennaio 2011 ad Aprile 2012

– Numero:

 

514 donne.

 

 

Caratteristiche:

 

Il 20% delle donne nere, il 62% delle latine e il 39% delle donne arabe non avevano un’assicurazione sanitaria.

 

 

 

 

 

 

Modalità di somministrazione dell’intervento:

 

Questionario di base durante visita a domicilio.

– Risultati:

 

Per le donne nere, il grado di alfabetizzazione è stato associato a alla predisposizione a sottoporsi a clinico della mammella, mammografia PapTest.

Per le donne Latine e Arabe la mancanza di raccomandazioni medicheera significativamente associata a una riduzione delle probabilità di CBE, mammografia e Pap test.

 

 

ì

 

Titolo: Structural community factors and sub-optimal engagement in HIV care among low-income women in the Deep South of the US.
Autore e anno Obiettivo e metodo dello studio Caratteristiche dei partecipanti Intervento Risultati
Melonie Walcott, Mirjam-Colette Kempf (2016) – Obiettivo:

 

Questo studio descrive i modi in cui la povertà e altri fattori strutturali creano un ambiente a rischio per un controllo ottimale nella cura dell’HIV tra le donne a basso reddito.

 

Disegno:

 

Studio qualitativo.

 

Periodo:

 

Da Gennaio a Giugno 2015.

– Numero:

 

46 donne.

 

 

Caratteristiche:

 

La maggior parte delle donne che vivono con l’HIV sono afro-americane (89%), disoccupate (88%).

 

 

Modalità di somministrazione dell’intervento:

 

Colloquio approfondito e Focus Group.

– Risultati:

 

I risultati hanno suggerito che i fattori strutturali della comunità come la povertà, le scarse opportunità di lavoro, l’accesso limitato alle risorse sanitarie, lo stigma, le difficoltà di trasporto e l’accesso alle sostanze illecite, possono influenzare la loro capacità diimpegnarsi nella cura dell’HIV.

 

 

 

 

Per quanto riguarda le donne diagnosticate con HIV, sono stati individuati 4 argomenti chiave che accomunano le diverse esperienze vissute: 1-Una realtà che colpisce in modo crudo, molte donne infatti sono convinte di non essere a rischio di contrarre HIV, in quanto hanno un solo partner. 2-Una solitudine che fa male, in quanto durante la loro gravidanza e, per molti anni dopo il parto, hanno accusato la colpa, la
paura, la crudeltà di stigmatizzazione, stereotipi e giudizi che le hanno portate a evitare qualsiasi relazione. 3-Il supporto di pochi, è infatti molto radicato il pensiero che le donne sieropositive siano promiscue e questo porta molti mariti a diffidare delle mogli. “Quando ho ricevuto i risultati ho detto a mio marito di essere sieropositiva. Da allora ha iniziato a trattarmi diversamente, non mangia più a casa e non mi parla, a fine mese non mi dà i soldi. Sono convinta che sia a causa dei risultati, è per questo che mi tratta così” 4- L’incertezza del proprio futuro (Marion Fords & Crowley, 2017) [studio qualitativo].
L’Africa orientale ha inoltre uno dei più alti tassi di incidenza e mortalità per cancro della cervice uterina nel mondo. Le differenze sulla conoscenza dell’importanza dello screening come mezzo di prevenzione, possono essere prevalentemente attribuibili al credo. Le donne africane cristiane risultano più informate e consapevoli rispetto alle donne musulmane. Una delle credenze più comuni fra queste ultime è che il cancro del collo dell’utero possa derivare dalla magia. Molte donne musulmane credono inoltre che alcune pratiche quali l’utilizzo di carta igienica o stoffa come assorbenti durante i periodi mestruali e l’inserimento di erbe in vagina, possano causare il cancro del collo dell’utero. Negli studi analizzati sono state identificate ulteriori barriere allo screening, in particolare le partecipanti hanno menzionato più frequentemente gli obblighi religiosi e culturali della riservatezza, la paura della divulgazione dei risultati, la mancanza di consapevolezza data soprattutto dalla priorità dell’istruzione maschile rispetto a quella femminile, la discriminazione negli ospedali, la necessità dell’approvazione del marito e il genere potenzialmente maschile degli erogatori delle prestazioni sanitarie (Modibbo, et al., 2016) [studio qualitativo], (Ama & Ngome, 2014) [studio qualitativo] (Sudenga & Rositch, 2013).

Popolazione asiatica immigrata negli Stati Uniti
E’ innanzitutto importante mettere in evidenza il fatto che le donne asiatiche immigrate in America, abbiano i più bassi tassi di screening e diagnosi precoce tra tutti i gruppi etnici.
Le variabili indipendenti dell’età, dello stato civile, dell’istruzione, dello stato occupazionale, degli anni passati negli Stati Uniti e lo stato di salute sono direttamente correlati al fatto di aver ricevuto o meno un esame clinico del seno (CBE). In particolare, le donne con più di 12 anni di istruzione hanno più probabilità di aver effettuato una CBE rispetto a chi ha solo un’istruzione secondaria di primo grado o inferiore. Le donne coreane-americane sposate hanno il doppio della probabilità di aver mai effettuato una CBE (OR = 2.172, IC 95% 1.028, 4.586) e più di sei volte la probabilità di aver mai esaminato autonomamente il seno (OR = 6.667, IC 95% 3.208, 13.855) (Lee & Fogg, 2006) (Ma, et al., 2013). Un altro studio, realizzato con la partecipazione di 135 donne cinesi immigrate a New York, ha riscontrato come un buon livello di integrazione non sia correlato ad un allontanamento dalle proprie credenze, soprattutto nel campo della salute e della medicina tradizionale cinese. Le statistiche descrittive mostrano che una netta maggioranza (82%) delle donne cinesi intervistate riteneva che le malattie fossero causate da uno squilibrio di Ying e Yang. L’87% delle partecipanti ha riferito che avrebbe utilizzato metodi combinati (quindi sia medicina occidentale sia orientale) per trattare un’eventuale malattia (Chen & Bakken, 2004).

Medio Oriente – Territori Palestinesi e Qatar
Negli ultimi anni diversi autori hanno attirato l’attenzione sulle condizioni di salute delle persone che vivono nei Territori Palestinesi occupati. Hanno descritto il deterioramento delle condizioni di vita della popolazione palestinese, che influenzano sia il loro benessere che il loro stato di salute. Nonostante questo, la stragrande maggioranza delle donne ha giudicato il proprio stato di salute come “buono”. Hanno però riportato un certo ritardo nella ricerca di cure professionali in caso di malattia, in quanto, per condizioni comuni come infezioni del tratto urinario, affaticamento e influenza, preferiscono ricorrere all’autocura, attraverso l’utilizzo di rimedi erboristici tradizionali (olio d’oliva, prezzemolo, aglio, tisane…). In questi Paesi è ancora molto radicato lo stereotipo della donna casalinga e custode dei figli e della famiglia, dunque l’autocura è spesso determinata dal fatto che abbiano poco tempo da dedicare a loro stesse. “Sono madre di sette figli, mi sono sposata molto giovane… Sono in una condizione costante di fatigue e sono anemica, ma non c’è molto che io possa fare. Se avessi bisogno di andare dal medico non ci sarebbe nessuno che potrebbe prendersi cura dei miei figli e mio marito lavora tutto il giorno…” (Villaggio 1, non educata, casalinga, 40 anni). Inoltre nel descrivere il loro stato di salute, tutte le donne hanno citato “Alhamdulillah”, un’espressione araba che indica “Grazie a Dio”, anche se soffrono di vari disturbi. Le loro dichiarazioni hanno rivelato che piuttosto che articolare un giudizio sincero sul proprio stato di salute, preferiscono rispondere all’aspettativa sociale di non discutere pubblicamente le loro malattie. La maggior parte delle donne ha anche giustificato il ritardo nella ricerca di cure professionali puntando il dito contro le norme socioculturali prevalenti nei villaggi. Non ci si aspetta che le donne discutano della loro malattia, o visitino un dottore senza aver prima tentato di risolvere il problema da sole. Inoltre, hanno un ruolo fondamentale anche la paura di scoprire un cancro, il disagio delle procedure di screening invasive e la mancanza di incoraggiamento reciproco da parte delle altre donne (Majaj, et al., 2013) [studio qualitativo] (Donnelly & Al Khater, 2013).

USA
L’infezione da HIV continua a rappresentare un problema importante per la salute pubblica negli Stati Uniti. Nonostante la diminuzione dei tassi di incidenza dell’HIV, le donne (≥ 13 anni di età) rappresentano circa il 25% dei casi di AIDS, rispetto al 7% nel 1985. Diversi studi hanno dimostrato che le donne hanno meno probabilità di dedicarsi alla cura dell’HIV, tendono a presentarsi per la cura tardivamente e hanno tassi di mortalità più elevati rispetto agli uomini. Persistono inoltre disparità socioeconomiche e razziali/etniche per quanto riguarda la modalità e frequenza di accesso alle cure. Le donne afroamericane presentano minori accessi alle cure, esiti sanitari peggiori e un tasso di infezione da HIV circa 20 volte superiore a quello delle donne caucasiche, spesso a causa di tassi di povertà più alti, che sfociano in una mancanza di assicurazione sanitaria e in stili di vita rischiosi. “Tutto gira intorno ai soldi e a quello che siamo disposte a fare per prenderci cura della nostra famiglia. Quando i soldi non ci sono o non sono abbastanza dobbiamo fare il possibile per provvedere alla nostra famiglia, anche se questo include il doversi vendere a qualche uomo per strada” (Edda, 44 anni, donna afroamericana) (Walcott & Kempf, 2015) [studio qualitativo]. I risultati evidenziano che mentre solo l’8% delle donne afroamericane e il 9% delle donne arabe ha segnalato difficoltà nell’accesso all’assistenza sanitaria, nelle donne latine questa percentuale è del 20%. Le donne latine hanno inoltre meno probabilità di aver mai eseguito un esame clinico adeguato al seno (48%), una mammografia (50%) e un Pap test (68%), rispetto alle donne afroamericane (61%, 62% e 83%) e arabe (64%, 66% e il 71%). In tutte e tre le etnie i diversi comportamenti in ambito sanitario sono riconducibili ad una bassa alfabetizzazione sanitaria e da una mancanza di indicazione da parte del medico. (Roman & Meghea, 2014).

DISCUSSIONE
Come emerge da questa revisione, nonostante a livello globale ci si stia lentamente adattando per affrontare i problemi di salute delle donne, permangono comunque grandi disuguaglianze, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo e tra le donne immigrate.
È provato che le donne durante tutto l’arco della loro vita hanno spesso maggiori esigenze di assistenza sanitaria rispetto agli uomini, ma, a causa di disuguaglianze economiche, hanno sovente una minore capacità di pagare per i servizi richiesti. Nelle Regioni in via di sviluppo, le complicanze legate alla gravidanza e al parto, così come le infezioni trasmesse per via sessuale, continuano a gravare pesantemente sulle vite di ragazze adolescenti e giovani donne. La parità di genere, ovvero la visione che uomini e donne devono ricevere pari trattamento senza mai essere discriminati, e l’abbattimento del cosiddetto “Gender Bias”, rappresentano il quinto goal dell’Agenda Mondiale ONU 2030 (Manandhar, et al., 2018).
Molti dei fattori barriera che ostacolano l’accesso alle cure da parte delle donne sono risultati essere comuni a tutte le aree indagate. Tra questi troviamo innanzitutto la mancanza di conoscenza, dovuta sia al fatto che ancora oggi la salute femminile venga percepita come qualcosa di cui vergognarsi e di cui non parlare, sia al fatto che in molti Paesi, in particolar modo dell’Africa subsahariana, si dia priorità all’istruzione dei maschi rispetto a quella delle femmine; l’analfabetismo, in molti casi alla base della mancanza di conoscenza, è infatti un problema ancora molto diffuso e importante (Sudenga & Rositch, 2013), (Modibbo, et al., 2016), (Ama & Ngome, 2014), (Walcott & Kempf, 2015).
Lo stigma è un altro tema ricorrente, è evidente soprattutto nei confronti delle donne con infezione da HIV e altre malattie sessualmente trasmissibili. Spesso questo stigma conduce ad uno stato di solitudine forzata, in quanto i pregiudizi della società portano le donne con queste diagnosi a evitare qualsiasi tipo di relazione; di conseguenza, anche la ricerca di aiuto viene frenata a causa della vergogna e della paura del giudizio (Nkamba, et al., 2017), (Marion Fords & Crowley, 2017).
Come emerge anche dalla revisione “Cervical Cancer Screening Among Arab Women in the United States”, i valori religiosi e socioculturali della privacy, della modestia e della verginità hanno un impatto molto significativo e risultano essere le barriere principali all’effettuazione di un PAP test, tanto che una partecipante ha affermato: “Vorrei che mi assicurassero che il mio imene non sarà rotto durante la procedura. Questa è la paura di fondo per molte di noi…” (Abboud & De Penning, 2017).
In relazione all’estrema povertà delle famiglie, soprattutto nei Paesi i via di sviluppo, in molte realtà le donne sono ancora limitate esclusivamente alla cura della casa e dei figli, senza la possibilità di realizzazione in ambito lavorativo. Questo le porta ad essere dipendenti dai mariti e quindi al potersi sottoporre a controlli e visite solo ed esclusivamente in seguito alla loro approvazione.
Le donne residenti nei territori palestinesi occupati hanno espresso la mancanza della cultura dello screening nella loro società: sono “prima di tutto madri e mogli”, quindi spesso si ritrovano a fare affidamento a metodi erboristici tradizionali di autocura, perché non hanno tempo per recarsi dal dottore (Majaj, et al., 2013).
Questa barriera all’accesso alle cure è risultata di particolare rilevanza anche nella revisione di Sharizi, emerge infatti che la maggior parte delle donne riconoscono come priorità assoluta i bisogni della famiglia rispetto ai propri. (Shirazi & Bloom, 2013). È importante però sottolineare che lo stato civile, soprattutto tra le donne asiatiche immigrate negli USA, rappresenta un fattore predisponente all’esecuzione o meno di screening del cancro al seno. I risultati hanno infatti dimostrato che le donne sposate hanno il doppio della probabilità di eseguire un esame clinico del seno e più di sei volte la probabilità di eseguire un’auto-palpazione rispetto
alle donne non sposate (Lee & Fogg, 2006).
Oltre alla difficoltà dell’accesso alle cure, anche mantenere uno stile di vita sano non è spesso così facile e scontato. Un esempio è rappresentato dalle donne somale immigrate in Norvegia. Per loro infatti risulta particolarmente difficile svolgere attività fisica per via della mancanza di palestre “gender exclusive”, che siano quindi in linea con la loro cultura (Gele, et al., 2015).

CONCLUSIONI
Al fine di garantire un’assistenza sanitaria equa ed efficace, come si evince dai risultati e come già si sottolineava nella revisione di Miller (Miller, 1995), è molto importante che gli operatori sanitari siano consapevoli delle esistenti convinzioni culturali e religiose che possono influire sui comportamenti delle donne in ambito sanitario e sul loro accesso alle cure. È proprio in questa ottica che si inserisce quello che oggi definiamo nursing transculturale, il quale prende in considerazione l’analisi di diverse culture in rapporto alle pratiche di assistenza connesse allo stato di salute e malattia, alle credenze e ai valori, con lo scopo di fornire alle persone assistenza infermieristica efficace e significativa, in linea con i loro valori culturali ed il contesto. Alla base di questa teoria troviamo il concetto della diversità: culture diverse infatti percepiscono, conoscono e praticano l’assistenza in modi diversi (Leininger, 1979).
Ogni cultura presenta una serie di credenze differenti sul significato della salute e sui comportamenti da adottare per prevenire e affrontare la malattia. La medicina, la preghiera e i rituali spesso forniscono soluzioni culturali a problemi di ansia, dando un senso di padronanza della situazione e aumentando il senso di benessere. Non è raro, ad esempio, per quanto riguarda le donne incinte, in alcune culture, affidarsi a rituali magici e guaritori tradizionali per avere la certezza che tutto andrà bene.
È necessario sviluppare un’assistenza infermieristica culturalmente congruente, ovvero fornire un’assistenza significativa e consona alle diverse credenze culturali e ai diversi modi di vivere. Da un punto di vista professionale, l’assistenza culturalmente congruente si riferisce all’utilizzo nella pratica clinica di “emic”, ovvero l’apprendimento dei sistemi di conoscenze popolari o di assistenza sanitaria tradizionale a carattere locale, integrata con “etic”, ossia l’insieme di conoscenze professionali dell’operatore (Leininger, 1999).
Nell’ambito della salute femminile, la conoscenza dei temi spirituali che permeano culture diverse può aiutare gli operatori a collegare la cultura ai diversi comportamenti adottati dalle donne in ambito sanitario, al fine di garantire un’assistenza equa ed efficace abbattendo il “Gender Bias”.
Qualora il background socio-culturale della paziente e il tipo di assistenza sanitaria proposta fossero in disaccordo, è proprio nell’infermiere da ricercare il “mediatore” atto a risolvere i conflitti e assicurare così una presa in carico totale e olistica (Miller, 1995).

Conflitto di interessi
Si dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

Finanziamenti
Gli autori dichiarano di non aver ottenuto alcun finanziamento e che lo studio non ha alcuno sponsor economico.

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