INTRODUZIONE
L’OMS evidenzia che circa 800.000 persone muoiono ogni anno per suicidio; negli ultimi 45 anni il tasso di suicidi è cresciuto del 65%. Si stima inoltre un continuo incremento del carico globale di malattia secondario a condotte suicidarie che passerà dall’1.8% del 1998 al 2.4% entro il 2020 (WHO, 2019).
Gli atti suicidari costituiscono perciò un serio problema di sanità pubblica a livello mondiale, anche alla luce delle conseguenze che, in termini economici, ammontano a miliardi di Euro (CDC, 2019) senza dimenticare le ricadute di natura clinica ed etico-deontologica per tutti i professionisti coinvolti.
Questi dati evidenziano la dimensione del problema e la necessità di farvi fronte con valide strategie preventive motivo per cui, nel 2014, l’OMS ha pubblicato il primo rapporto “Preventing Suicide: a global imperative”, volto ad accrescere la consapevolezza del problema e ad incoraggiare e sostenere i paesi a sviluppare o rafforzare strategie globali di prevenzione del suicidio (WHO, 2014).
Anche nel panorama italiano il problema è molto presente con un trend leggermente decrescente, ma sempre molto rilevante nel corso degli anni che nel 2015 si attesta su un tasso pari a 6.5 eventi ogni 100.000 abitanti (ISTAT, 2017).
Inoltre, in riferimento al solo contesto ospedaliero, il quinto rapporto ministeriale sugli eventi sentinella, lo conferma al secondo posto tra tutti gli eventi segnalati (Ministero della Salute, 2015).
Ogni individuo può sviluppare pensieri di morte, che in certi casi si traducono in condotte suicidarie. La letteratura internazionale suggerisce tuttavia che i soggetti affetti da disturbi mentali siano maggiormente esposti al problema (Hunt & Bickley et al., 2013) e in particolare, la diagnosi di schizofrenia e il disturbo depressivo maggiore, che pare associarsi al rischio di suicidio approssimativamente 20 volte di più rispetto alla popolazione non affetta da tale disturbo (Lonnqvist, 2008; Lyons & Price et al., 2000).
Il quadro delineato pone in evidenza dunque la necessità, per i professionisti e le organizzazioni sanitarie, di una piena comprensione del problema e la conseguente implementazione di validi interventi preventivi.
Il suicidio è un fenomeno complesso e dunque di difficile inquadramento poiché numerosi sono i fattori che concorrono al suo verificarsi. In considerazione di ciò, la valutazione del rischio, in particolare nei setting psichiatrici, richiede una risposta di natura multidimensionale (Gramaglia & Feggi et al., 2016; RNAO, 2009) nell’ambito della quale la valutazione infermieristica al momento della presa in carico è mirata alla ricerca di predittivi e specifici fattori di rischio. La valutazione di questi aspetti può aiutare l’infermiere a inquadrare i soggetti maggiormente a rischio e conseguentemente a mettere in atto interventi assistenziali mirati a ridurre la probabilità che le condotte suicidarie possano essere sviluppate.
Il principio essenziale sul quale si deve fondare la valutazione da parte del professionista è la comprensione delle principali condizioni personali, interpersonali e sociali, proprie di ogni individuo. L’utilizzo di un valido strumento di screening in grado di supportare l’infermiere nella valutazione del rischio in questa fase del percorso assistenziale è dunque altamente raccomandata (Cutcliffe & Barker, 2004; RNAO, 2009).
A tal proposito la “Nurses’ Global Assessment of Suicide Risk (NGASR)”, creata da Cutcliffe & Barker nel 2004 in Canada, e successivamente testata in diversi paesi (Kozel & Grieser et al., 2016; Van Veen & van Weeghel et al., 2015; Chen & Ye et al., 2011; Shin & Shin et al., 2012; Façanha & Santos et al., 2016) è stata inserita nella raccomandazione della “Registered Nurses Association of Ontario” (RNAO, 2009) quale strumento adeguato alla valutazione del rischio suicidario.
Nel 2019 la NGASR è stata sottoposta ad un processo di validazione preliminare anche nel nostro Paese (Ferrara & Terzoni et al., 2019) confermando le sue ottime proprietà psicometriche in termini di validità e affidabilità; gli autori hanno inoltre suggerito l’opportunità di completare il percorso di validazione studiando anche la validità predittiva della NGASR-ita, ovvero la capacità dello strumento di identificare i soggetti a rischio di suicidio in ospedale e in particolare all’interno di un Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura che come sottolineato in letteratura, rappresenta uno dei setting maggiormente a rischio (Awenat & Peters et al., 2018).
L’obiettivo di questo studio era di completare il processo di validazione della versione italiana della Nurses Global Assessment of Suicidal Risk (NGASR-ita) indagando la sua validità predittiva nella valutazione del rischio suicidario in pazienti ricoverati all’interno del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura.
METODI E STRUMENTI
È stato condotto uno studio osservazionale prospettico; sono stati arruolati in modo consecutivo i soggetti con età ≥18 anni, ricoverati, per qualsiasi causa, presso il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura dell’ospedale San Paolo di Milano.
I soggetti sono stati arruolati a prescindere dalla diagnosi e dalla tipologia di ricovero. Sono stati esclusi solo coloro che al momento dell’accettazione in reparto erano sottoposti a contenzione fisica. La NGASR-ita è stata compilata per la valutazione del rischio suicidario da parte del personale infermieristico in turno entro 2 ore dal momento del ricovero.
L’outcome primario dello studio, ovvero il tentato suicidio definibile come un comportamento autolesivo associato ad un intento di morte (Turecki & Brent, 2016) (escludendo dunque comportamenti autolesionistici di natura dimostrativa o provocatoria) è stato sistematicamente riportato nella documentazione sanitaria da parte dell’equipe medico-infermieristica del reparto e successivamente esportato in un file separato da parte dei responsabili dello studio per lo svolgimento delle analisi statistiche.
La raccolta dati è avvenuta dall’1 ottobre 2017 al 30 novembre 2018, arco temporale ritenuto adeguato al fine di ottenere una dimensione campionaria sovrapponibile a quella di studi precedenti sulla stessa tematica.
Lo strumento
La versione italiana della scala (NGASR-ita) è composta dai 15 items dello strumento originale che indagano la sfera psicosociale e quella patologica della persona: tutti gli items prevedono una riposta dicotomica, cinque di questi (item 1,4,7,9,12) attribuiscono un punteggio di 3 se presente la situazione/caratteristica descritta, 0 se assente; i restanti 10 items hanno come punteggio 1 se presente la situazione, 0 in caso contrario. Il punteggio complessivo che esprime il livello globale di rischio, varia dunque da 0 a 25 (Tabella 1).
Considerazioni statistiche
Per quanto riguarda le statistiche descrittive sono state calcolate frequenze, indici di posizione e dispersione (scelti in base alla normalità dei dati, verificata con il test di Kolmogorov-Smirnov).
I livelli di rischio sono stati valutati utilizzando i criteri definiti dagli autori della scala; sensibilità (sens), specificità (spec), valore predittivo positivo (vpp) e valore predittivo negativo (vpn) sono stati calcolati al fine di indagare la predittività dello strumento ovvero la sua capacità di predire l’evoluzione del fenomeno oggetto di studio.
La sensibilità è definita come la proporzione di veri positivi, ovvero di pazienti considerati a rischio tra tutti quelli che hanno poi presentato il comportamento suicidario; la specificità è definita come la proporzione di veri negativi, ovvero di soggetti con test negativo tra tutti quelli che poi non hanno presentato comportamenti suicidari.
Il valore predittivo positivo è la proporzione di soggetti che hanno presentato condotte suicidarie tra tutti quelli che sono risultati a rischio mentre il valore predittivo negativo è la proporzione di soggetti che non hanno presentato comportamenti suicidari tra tutti quelli che sono risultati non a rischio al test (Tabella 2).
La curva ROC, costruita considerando tutti i possibili valori del test, esprime la proporzione di veri positivi e la proporzione di falsi positivi (potere discriminante del test).
L’area sotto la curva (AUC) è una misura di accuratezza che esprime la proporzione di soggetti correttamente classificati dallo strumento: AUC compreso tra 0.5 e 0.7 indica un test con bassa accuratezza; AUC compreso tra 0.71 e 0.90 indica un test con moderata accuratezza; ACU compreso tra 0.91 e 1 indica un test con elevata accuratezza; ACU =1 indica un test perfetto. (Swets JA, 1988).
Il test di Kruskal-Wallis è stato utilizzato per indagare se le diverse categorie diagnostiche presentassero differenze significative nei punteggi della NGASR. Per tutte le analisi, la soglia di significatività è stata fissata al 5%. L’ analisi dei dati è stata eseguita attraverso il software SAS 9.
Considerazioni etiche
Lo studio è stato condotto previa autorizzazione della Direzione Strategica aziendale, del direttore e del coordinatore infermieristico dell’unità operativa sede dello studio.
Gli autori della versione italiana della scala hanno espresso parere favorevole alla conduzione del progetto.
I dati sono stati raccolti garantendo la riservatezza dei pazienti nel rispetto dei principi della Dichiarazione di Helsinki e della normativa vigente sulla tutela della privacy. È stata ottenuta l’autorizzazione del comitato etico aziendale.
Tabella 1. La versione italiana della Nurses’ Global Assessment Suicide Risk (NGASR-ita) | |
Item | Score |
1. Presenza/impatto della mancanza di speranza | 3 |
2. Evento stressante recente, per esempio perdita del lavoro, preoccupazioni finanziarie, pendenze giudiziarie | 1 |
3. Allucinazioni uditive/convinzioni persecutorie | 1 |
4. Evidenza di depressione/perdita d’interesse o perdita di piacere | 3 |
5. Ritiro sociale | 1 |
6. Verbalizzazione di intenzionalità suicidaria | 1 |
7. Evidenza di una progettualità suicidaria | 3 |
8. Storia familiare di disturbi psichiatrici gravi o di suicidio | 1 |
9. Lutto recente o interruzione di relazioni affettive | 3 |
10. Anamnesi positiva per disturbi psicotici | 1 |
11. Vedova/vedovo | 1 |
12. Pregresso tentativo di suicidio | 3 |
13. Storia di privazioni socio-economiche | 1 |
14. Storia di alcolismo e/o abuso di alcool | 1 |
15. Presenza di malattia terminale | 1 |
Livello di rischio:
≤ 5 livello 4 – livello di rischio basso 6 <score≤8 livello 3 – livello di rischio medio 9 <score≤11 livello 2 – livello di rischio alto score ≥12 livello 1 – livello di rischio molto alto |
RISULTATI
Cento trentuno soggetti ricoverati nel periodo di studio hanno soddisfatto i criteri di inclusione e sono stati valutati dal personale infermieristico con la NGASR-ita al momento dell’ingresso in reparto, o entro le prime 2 ore.
L’età media era di 36±5 anni; la diagnosi di base prevalente era il Disturbo Psicotico (n=47), seguita dal Disturbo Borderline di Personalità (n=25), Disturbo Bipolare (n=24) e Disturbo Depressivo Maggiore (n=21); meno rappresentati erano i quadri di Disturbo d’ansia (n=6) e Disturbo della Condotta Alimentare (DCA) (n=4); 4 soggetti non avevano una diagnosi di base al momento del ricovero.
Evento Si | Evento No | |
Test + | a | b |
Test – | c | d |
|
Tabella 2: Calcolo di sensibilità, specificità, valore predittivo positivo e valore predittivo negativo.
Secondo i criteri definiti dagli autori originali, 34 soggetti su 131 (25.95%) avevano, al momento della valutazione iniziale, un rischio suicidario di livello medio o superiore (Tabella 3); di questi, 11 erano affetti rispettivamente da Disturbo Depressivo Maggiore e Disturbo Bipolare, 8 da Disturbo Psicotico; il confronto tra le varie categorie diagnostiche ha evidenziato che i soggetti affetti da Disturbo Depressivo Maggiore erano il gruppo con il rapporto più alto di soggetti a rischio medio o superiore, seguiti da quelli affetti da disturbo Bipolare (p=0.02) (Tabella 4).
Livello di rischio | n. |
Basso | 97 |
Medio | 19 |
Alto | 12 |
Molto alto | 3 |
Tabella 3: Rischio suicidario valutato al momento del ricovero.
Diagnosi | n | Rischio suicidario medio o superiore (n/%) | p |
Disturbo psicotico | 47 | 8 (17.02) |
0.02 |
Disturbo borderline di personalità | 25 | 3 (12.0) | |
Disturbo bipolare | 24 | 11 (45.83) | |
Disturbo depressivo maggiore | 21 | 11 (52.38) | |
Disturbo d’ansia | 6 | 1 (16.67) | |
Disturbo del comportamento alimentare | 4 | 0 (0) | |
Nessuna diagnosi | 4 | 0 (0) |
Tabella 4: Soggetti a rischio e diagnosi di base.
Riguardo alla predittività della scala, dei 131 soggetti valutati 10 (7.63%) hanno presentato gravi comportamenti autolesionistici durante la degenza inquadrabili come tentati suicidi; di questi, 9 hanno presentato al momento della valutazione iniziale un livello di rischio suicidario medio o superiore (sensibilità= 90.0%); la specificità della NGASR-ita è pari a 78.51% (95 soggetti ritenuti a rischio basso sul totale dei 121 che non hanno manifestato comportamenti autolesionistici) mentre 95 dei 97 soggetti ritenuti a basso rischio di suicidio non hanno poi manifestato alcun tipo di comportamento autolesionistico (vpn= 97.94%). Infine, 8 soggetti sui 34 classificati a rischio hanno poi manifestato una condotta gravemente autolesiva (vpp=23.53%). La curva di ROC ha evidenziato un’AUC pari 0.793 (Figura 1).
Figura 1. Predittività della NGASR-ita – Curva ROC.
Per quanto riguarda la diagnosi di base dei soggetti che hanno presentato condotte suicidarie, 5 erano affetti da Disturbo Depressivo Maggiore, 3 da Disturbo Psicotico, 2 da Disturbo Bipolare.
DISCUSSIONE
I risultati emersi riguardo la validità predittiva della scala sono indubbiamente interessanti; infatti dei 10 soggetti che hanno presentato comportamenti autolesionistici durante la degenza, ben 9 erano stati effettivamente inquadrati come soggetti a “livello di rischio medio o superiore” a dimostrazione dell’elevata sensibilità dello strumento.
Gli alti valori di specificità (78.51%) e valore predittivo negativo (97.94%) ottenuti dalla NGASR-ita permettono da un lato di identificare una grossa percentuale di “veri negativi” ovvero coloro che effettivamente non presenteranno condotte suicidarie, dall’altro di inquadrare correttamente come “non a rischio” la quasi totalità dei soggetti che non hai poi commesso condotte autolesive.
La curva ROC conferma la buona capacità della scala di distinguere i pazienti a rischio dagli altri. Tale curva rappresenta graficamente la sensibilità e la specificità; una scala perfetta, ossia in grado di distinguere sempre i pazienti a rischio dagli altri, avrebbe un’area sottesa dalla curva pari a 1 (100% sensibilità e 100% specificità).
Tale valore è ovviamente ipotetico, poiché nessuna scala può garantire in ogni situazione la corretta distinzione tra i soggetti a rischio e gli altri. Il valore di 0.793 ottenuto dalla NGASR-ita è da considerarsi soddisfacente in base ai testi di riferimento (Norman & Streiner, 2015) poiché indica che le doti di sensibilità e specificità sono entrambe buone.
La ricaduta clinico-organizzativa di questi risultati risiede evidentemente nella possibilità di orientare maggiori sforzi di natura preventiva verso coloro che sono maggiormente a rischio di commettere l’agito. L’unico parametro non soddisfacente è rappresentato dal valore predittivo positivo; il punteggio ottenuto (23.53%) suggerisce la tendenza della scala a sovrastimare il problema inquadrando come a rischio soggetti che poi effettivamente non hanno mostrato una reale o perlomeno immediata intenzione suicidaria o gravemente autolesiva.
L’alta percentuale di soggetti a rischio di commettere gesti suicidari riscontrata nel presente lavoro, è in linea con quanto emerso nello studio di validazione italiana (Ferrara et al, 2019) confermando la rilevanza della problematica in questo panorama e dunque la necessità di farvi fronte con validi strumenti preventivi. Non sorprende neanche il legame con la diagnosi di Disturbo Depressivo Maggiore, dato in linea con la letteratura che inquadra questa categoria diagnostica come quella maggiormente esposta a rischio suicidario (Roca & Amo et al., 2019). Ad oggi l’assenza di lavori che abbiano indagato la predittività della NGASR durante la degenza ospedaliera non rende possibile il confronto con i risultati ottenuti con questa ricerca. Un solo studio si è spinto ad indagare l’utilità dello strumento nell’individuazione precoce dei comportamenti suicidari dopo le dimissioni dal reparto (Van Veen & van Weeghel et al., 2015); ciò può sicuramente rappresentare uno spunto per ulteriori approfondimenti poiché il periodo post dimissione, in assenza di adeguato monitoraggio e supporto esterno, è molto critico.
La persona in tale fase non possiede sempre tutte le risorse e le capacità di coping atte a garantire un’adeguata aderenza terapeutica e ciò la espone al rischio di un rapido peggioramento del quadro clinico. In questa direzione, prendendo spunto da quanto riportato in letteratura internazionale riguardo l’associazione tra ideazione suicidaria e le sempre frequenti riammissioni precoci in ospedale (Morris & Ghose et al., 2018), pare dunque sensato ipotizzare l’utilizzo di questo strumento al momento delle dimissioni dal Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura; ciò al fine di inquadrare i soggetti presentanti ancora significativi livelli di rischio e dunque nei confronti dei quali, nell’ottica della continuità delle cure, orientare un monitoraggio più stretto da parte dell’infermiere che opera a livello territoriale.
Inoltre la NGASR, creata originariamente per la valutazione del rischio in un contesto psichiatrico acuto, in ragione delle sue caratteristiche e proprietà potrebbe rivelarsi utile e dunque essere utilizzata a supporto della valutazione infermieristica anche in contesti differenti, come ad esempio la territorialità ed il Triage in Pronto Soccorso, ma anche le realtà carcerarie estendendolo quindi anche a setting deputati all’assistenza di persone che non hanno una diagnosi di base psichiatrica, ma all’interno delle quali il rischio può essere ugualmente presente.
Il principale limite del presente studio è indubbiamente la ridotta estensione campionaria che rende perciò auspicabile un approfondimento su gruppi più ampi permettendo inoltre sotto analisi stratificate in funzione delle differenze cliniche dei vari pazienti; tuttavia è utile sottolineare che il numero di soggetti arruolati in questo studio è in linea con lavori precedenti (Shin & Shin et al., 2012; Façanha & Santos et al., 2016).
Un ulteriore limite è costituito dal fatto che il numero di eventi effettivamente verificatisi potrebbe rappresentare solo una sottostima della reale dimensione del fenomeno: bisogna infatti tenere in considerazione il fatto che, pur essendo il setting clinico e la popolazione di studio a maggior rischio rispetto ad altre realtà, la presenza ed il monitoraggio continuo da parte di tutta l’equipe di cura nel corso delle 24 ore può contribuire in modo rilevante a ridurre la possibilità che una reale intenzione suicidaria si traduca poi in un gesto concreto.
È inoltre utile sottolineare che l’organizzazione dell’attività medico-infermieristica nel reparto sede dell’indagine prevede l’adozione di molteplici interventi (tra i quali ad esempio la limitazione ai permessi di uscita senza monitoraggio) in grado di ridurre ulteriormente il rischio di mettere in atto comportamenti autolesivi.
L’individuazione dei soggetti a rischio rappresenta il primo fondamentale passaggio di un percorso volto alla prevenzione delle condotte suicidarie; la creazione all’interno di ogni realtà sanitaria di un protocollo di gestione condiviso tra tutti gli attori del processo clinico assistenziale ne è la diretta e logica conseguenza: il protocollo dovrebbe prendere in considerazione molteplici aspetti (Sakinofsky, 2014) quali ad esempio le gestione della sicurezza degli ambienti, la collocazione dei pazienti a maggior rischio, il coinvolgimento della famiglia, senza trascurare l’acquisizione in ogni operatore di adeguati strumenti conoscitivi atti ad affrontare adeguatamente la relazione d’aiuto con la persona.
CONCLUSIONI
L’inquadramento iniziale della persona rappresenta solo il primo passo di un percorso continuo e strutturato, caratterizzato dall’implementazione di interventi multiprofessionali, di natura preventiva e correttiva.
Pur non essendo ad oggi ancora disponibili evidenze esaustive rispetto alle prevenzione della condotta suicidaria, questo lavoro, completando il processo di validazione della versione italiana della NGASR ha messo a disposizione della categoria professionale uno strumento valido e affidabile, in grado di supportare l’infermiere nella complessa valutazione dell’intenzionalità suicidaria.
Conflitto di interessi
Si dichiara l’assenza di conflitto di interessi.
Finanziamenti
Gli autori dichiarano di non aver ottenuto alcun finanziamento e che lo studio non ha alcuno sponsor economico.