RIASSUNTO
Introduzione La terminologia infermieristica standardizzata (SNT) favorisce la descrizione, la documentazione e la misurazione dell’assistenza infermieristica promuovendone la visibilità. Nessuno studio ha descritto il grado di diffusione e di impiego delle SNT in Italia. Obiettivo dello studio è descrivere se e quale terminologia standardizzata viene usata nelle sedi universitarie e nei setting clinico assistenziali italiani.
Materiali e metodi È stata condotta un’indagine trasversale che ha coinvolto 145 centri sul territorio nazionale. I dati sono stati raccolti con due questionari, rivolti rispettivamente alle sedi del Corso di laurea in infermieristica (CdLI) e alle Direzioni delle professioni sanitarie (DPS).
Risultati L’impiego di almeno una terminologia standardizzata è stato riportato dall’87% (N=56) dei Corsi di laurea in infermieristica e dal 46% (N=28) delle Direzioni delle professioni sanitarie. La terminologia più utilizzata è stata: NANDA-I nel 92% dei CdLI (N=51) e nel 71% delle DPS (N=20); NOC nel 67% dei CdLI (N=38) e nel 53% delle DPS (N=15); NIC nel 67% dei CdLI (N=38) e nel 53% delle DPS (N=15); ICNP nel 14% dei CdLI (N=8) e nel 5% delle DPS (N=2). I centri formativi e quelli clinico-assistenziali che usano le SNT hanno riportato una pluralità di approcci, di modelli teorici, di modelli organizzativi e sistemi di documentazione infermieristica.
Conclusioni Il grado di diffusione e di impiego delle SNT in Italia non è inferiore a quello riportato da altri contesti sia Europei sia Nord-americani. La diffusione di linee generali di indirizzo per l’impiego delle SNT in Italia potrebbe favorire l’adozione di un linguaggio comune e la disponibilità di informazioni importanti per una migliore qualità dell’assistenza e sicurezza dei cittadini. Sono necessari studi ulteriori per identificare le difficoltà nell’uso delle SNT e per valutare l’efficacia di interventi educativi e/o organizzativi volti a sostenerne l’impiego.
Parole chiave: terminologie infermieristiche standardizzate, formazione infermieristica, esercizio professionale infermieristico, documentazione sanitaria, indagine trasversale
Standardized nursing terminologies in nursing education and clinical practice: an Italian survey
ABSTRACT
Introduction Standardized Nursing Terminologies (SNTs) support the description, documentation, and measurement of nursing care, promoting its visibility. No previous studies described SNTs’ dissemination and utilization in Italy. The aim of the study is to describe SNTs used by nurses in Italian educational and clinical settings.
Methods A cross-sectional survey was conducted involving 145 centres across the country. Data were collected by two questionnaires developed for this study: one for educational settings and one for clinical settings.
Results The utilization of at least one SNT was reported by the 87% (N=56) of Nursing Degree Directors and by the 46% (N=28) of the Health Professions Directors. The most used SNTs were: NANDA-I (92%, N=51 Nursing Degrees; 71%, N=20 Hospital Directions), NOC (67%, N=38 Nursing Degrees; 50%, N=15 Hospital Directions), NIC (67%, N=38 Nursing Degrees; 53%, N=15 Hospital Directions), and ICNP (14%, N=8 Nursing Degrees; 5%, N=2 Hospital Directions). A plurality of approaches, theoretical models, organizational models and documentation systems emerged from the educational and clinical settings where SNTs are used.
Conclusion The dissemination of SNTs in Italy is not less than those described in other countries both in Europe and in North America. Guidelines for the SNTs’ implementation at national level could encourage the use of a common language and the availability of vital information to ensure the quality of nursing care and the patients’ safety. Future research is needed to assess barriers for the SNTs’ implementation across the country, and to evaluate the effectiveness of educational and/or organizational interventions aimed to promote the use of SNTs.
Keywords: nursing standardized terminologies, nursing education, nursing clinical practice, healthcare documentation, cross-sectional survey
INTRODUZIONE
Già dall’inizio del secolo scorso si è cercato di definire il contributo dell’assistenza infermieristica nell’ambito delle scienze della salute. Per raggiungere questo obiettivo, da un lato sono state formulate teorie che cercavano di chiarire la natura dell’assistenza infermieristica e il suo campo di applicazione, dall’altro sono state sviluppate terminologie standardizzate per descrivere la pratica infermieristica (Fawcett, 1984, 2005; Meleis, 2005; Ausili, 2010, 2011; Ausili et al., 2013; Wilkinson, 2013; Johnson, 2014).
L’esigenza di standardizzare i linguaggi infermieristici (SNL, Standardized Nursing Languages) è stata ampiamente discussa nella letteratura infermieristica negli ultimi 35 anni (Pesut, 2006; Muller Staub et al., 2007; Anderson et al., 2009). Oggi esiste un elevato grado di accordo nell’affermare che i dati utili per descrivere questi fenomeni sono i dati demografici (demographic data), i dati di contesto (setting data) e i dati specifici sull’assistenza infermieristica (nursing care data; Werley et al., 1988). Questi ultimi sono quelli derivanti dalla documentazione infermieristica e in particolare da alcuni momenti precisi del processo decisionale dell’infermiere (Thoroddsen et al., 2007). Secondo quanto riportato dall’International Nursing Minimum Data Set Program (Werley HH et al., 1988) questi includono i fenomeni infermieristici (nursing phenomena/nursing diagnoses), i risultati infermieristici (nursing outcomes) e gli interventi infermieristici (nursing interventions) e costituiscono il cuore dei dati specifici dell’assistenza (nursing care data).
Nonostante sia condivisa la necessità di avere a disposizione alcuni dati per lo sviluppo infermieristico sia scientifico sia professionale, tali informazioni sono difficilmente reperibili nella documentazione assistenziale (ICN, 2009). Una delle ragioni di questa difficoltà è la notevole disomogeneità nel linguaggio utilizzato per descrivere questi tre aspetti cruciali della pratica professionale (Sansoni et al., 2006; Sansoni, 2010; Ausili, 2013; Rigon et al., 2016). A partire dagli anni ‘70 del secolo scorso, in considerazione di questa difficoltà e della necessità di definire i fenomeni di interesse disciplinare, un ampio filone della ricerca infermieristica si è concentrato sullo sviluppo, sull’utilizzo e sull’aggiornamento di terminologie infermieristiche standardizzate al fine di esprimere in modo omogeneo, documentare e misurare i fenomeni di interesse infermieristico (Ackley, 2017; Ausili, 2010, 2013b; Sanson, 2017).
Nella letteratura internazionale, le terminologie infermieristiche standardizzate (SNT) di cui si trova traccia sono numerose (Muller-Staub, 2009) e l’American Nurses Association (ANA, 2012) ne riconosce 12 a supporto della pratica clinica: Clinical Care Classification (CCC); International Classification for Nursing Practice (ICNP, 2015); North American Nursing Diagnosis Association International (Herdman TH et al., 2013); Nursing Outcomes Classification (Moorhead et al., 2013); Omaha System (Martin, 2005); Perioperative Nursing Data Set (PNDS); ABC Codes; Nursing Minimum Data Set (NMDS); Nursing Management Minimum Data Set (NMMDS); Logical Observation Identifiers Names and Codes (LOINC); Systematized Nomenclature of Medicine-Clinical Terms (SNOMEd-CT).
Lo studio di Thoroddsen et al. (2012) sottolinea che in 16 paesi europei è in uso anche l’International Classification of Functions (ICF) e il Valbefinnande, Integrited, Prevention, Sakerhet (VIPS in inglese Well-being, Integrity, Prevention, Security); l’autore Witiek (2004) segnala che in Europa si utilizza anche l’European Nursing Pathways.
L’American Nurses Association, inoltre, delle 12 SNT ne riconosce 5 che integrano le diagnosi infermieristiche con risultati sensibili all’assistenza infermieristica e agli interventi infermieristici: le classificazioni NANDA-I/NOC/NIC (NNN); l’ICNP; l’Omaha System; la CCC e il PNDS.
La revisione sistematica di Sanson (2017) sottolinea la capacità predittiva della diagnosi infermieristica sugli esiti del paziente (mortalità, qualità di vita ) e sull’organizzazione (durata della degenza, quantità di assistenza, costi ospedalieri e disposizioni alla dimissione). Inoltre un approccio basato sulla diagnosi infermieristica sembra migliorare la qualità del sonno, la qualità della vita e il controllo della glicemia del paziente.
In Italia, pur non esistendo un accordo su una specifica terminologia per descrivere e documentare l’assistenza infermieristica, i principali contributi scientifici descrivono l’adozione di alcune terminologie standardizzate riconosciute a livello internazionale. Nello specifico gli studi si concentrano sull’adozione delle classificazioni NANDA-I; NOC; NIC ed ICNP nella formazione, nell’esercizio professionale e nella ricerca (Palese et al., 2009; Lunney, 2010; Zampieron et al., 2011; Ausili et al., 2012a, 2012b; Colombo et al., 2012; Virgoletti et al., 2012; Ausili, 2013b; Badon et al., 2014; Johnson et al., 2014; Di Giacomo et al., 2016 Rigon et al., 2016; Gulanick et al., 2016; Macchi et al., 2016; Nebuloni, 2017; Wilkinson et al., 2017).
Queste fonti riportano che l’impiego della terminologia standardizzata consente anche di sostenere gli infermieri nell’intero processo assistenziale, valutare i risultati e i costi dell’assistenza, documentare sistematicamente la pratica infermieristica, elaborare i protocolli assistenziali, identificare i livelli di complessità, stabilire la composizione del team, ridurre il gap tra teoria e pratica, corroborare i contenuti del settore scientifico disciplinare delle scienze infermieristiche, fornire i dati per studiare l’assistenza infermieristica, dare visibilità e peso al contributo dell’assistenza infermieristica nel processo di cura, stabilire uno standard di comportamento professionale, facilitare l’insegnamento del ragionamento clinico agli studenti e ai neo laureati.
Tuttavia, dalla letteratura emerge che non sono disponibili dati sufficienti per descrivere il grado di diffusione e di impiego di terminologia standardizzata sul territorio nazionale. Questo rende necessario progettare ulteriori studi sulla diffusione della terminologia infermieristica standardizzata in Italia allo scopo di delineare futuri interventi volti a promuoverne l’impiego nei contesti formativi e clinici.
L’obiettivo dello studio è descrivere lo stato dell’arte sull’impiego di una terminologia standardizzata in Italia in ambito formativo e clinico-assistenziale così da poter sviluppare politiche e strategie efficaci per misurare l’impatto dell’assistenza infermieristica e i suoi risultati all’interno del processo di cura.
Obiettivo
L’obiettivo primario è descrivere se e quali terminologie standardizzate sono applicate nelle sedi formative e nei setting clinico-assistenziali italiani. Sono obiettivi secondari:
- conoscere i modelli teorici infermieristici e i modelli organizzativi impiegati in ambito formativo e clinico-assistenziale italiano;
- conoscere la tipologia di documentazione dell’assistenza infermieristica (cartacea, informatizzata, mista) impiegata in ambito formativo e clinico-assistenziale italiano.
MATERIALI E METODI
Disegno dello studio
È stata effettuata una cross sectional survey, tra il 16 febbraio 2015 e il 28 febbraio 2016, somministrando ai partecipanti un questionario ideato specificatamente per raggiungere gli scopi dello studio.
Popolazione
L’indagine ha coinvolto i direttori/coordinatori delle sedi dei Corsi di laurea in infermieristica per quanto riguarda l’ambito formativo e i direttori/dirigenti infermieristici delle Strutture sanitarie pubbliche o private italiane per quanto riguarda l’ambito clinico assistenziale.
I nominativi e i contatti dei soggetti interessati all’indagine sono stati messi a disposizione dalla Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI.
Criteri di inclusione
Per quanto riguarda l’ambito formativo sono stati inclusi: i direttori/coordinatori delle sedi dei CdLI in numero di uno per ogni sede formativa. Per quanto riguarda l’ambito clinico sono stati inclusi: i direttori/dirigenti della Direzione delle professioni sanitarie di Aziende sanitarie pubbliche e private.
Criteri di esclusione
Sono stati esclusi dallo studio i soggetti che:
- non avevano firmato il consenso a partecipare all’indagine;
- avevano compilato in modo incompleto il questionario;
- avevano caratteristiche non rispondenti ai criteri di inclusione definiti.
Campione
Il campionamento è stato di tipo propositivo e volontario. Gli interessati sono stati raggiunti tramite la mailing list della Federazione Nazionale Collegi IPASVI. Inoltre in occasioni di incontri, convegni o congressi, i partecipanti che rispondevano ai criteri di inclusione sono stati invitati a compilare una versione cartacea del questionario.
Strumenti
E’ stato utilizzato un questionario online e cartaceo sviluppato dal gruppo di lavoro TeSI-IPASVI della Federazione Nazionale Collegi IPASVI.
Il questionario è stato elaborato in due versioni: una per le sedi dei Corsi di laurea in infermieristica (CdLI) composto da 11 punti; una per le sedi delle Direzioni professioni sanitarie (DPS) composto da 14 punti.
Il numero di domande nella versione per le DPS è superiore poiché si è voluto indagare anche il modello assistenziale organizzativo adottato nelle unità operative cliniche, in quanto la letteratura indica che alcuni modelli sono più funzionali di altri per l’impiego delle SNT.
I due questionari prendono in esame alcune caratteristiche generali delle strutture per l’identificazione della sede o dell’azienda che partecipa all’indagine così da poter escludere eventuali risposte multiple e rendere disponibili i contatti dei partecipanti per eventuali successivi approfondimenti. Gli aspetti presi in esame e i termini impiegati nel questionario sono stati scelti con lo scopo di poter essere impiegati su tutto il territorio nazionale tenendo conto delle possibili differenze strutturali, culturali e sociali nelle sedi coinvolte. I modelli teorici e i modelli organizzativi scelti per orientare la pratica infermieristica sono stati inclusi tra le variabili in studio, in considerazione della loro stretta relazione con l’impiego di una terminologia infermieristica standardizzata (Ausili, 2010; Rigon, 2017). I modelli considerati all’interno del questionario sono stati ricavati da antologie internazionali e da fonti italiane originali, lasciando comunque la possibilità ai rispondenti di indicare riferimenti teorici non inclusi nelle scelte a risposta multipla. Per valutare la chiarezza e l’applicabilità del questionario, è stato fatto un pre test somministrando il questionario a 11 professionisti (4 del Nord Italia, 3 del Centro e 4 del Sud) che avevano caratteristiche analoghe a quelle del campione in studio. I professionisti coinvolti nel pre test hanno valutato positivamente i punti presi in esame e non hanno suggerito modifiche.
Raccolta dei dati
Il questionario è stato reso disponibile nel sito della Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI ed è stato gestito dal gruppo di lavoro TeSI-IPASVI. Allo scopo di raggiungere tutti i soggetti interessati dallo svolgimento di questa indagine, è stata inviata un’email ai direttori/coordinatori delle sedi di Corso di laurea e ai direttori/dirigenti delle Direzioni infermieristiche delle professioni sanitarie invitandoli alla compilazione online del questionario. Per garantire un’alta partecipazione, sono stati effettuati ulteriori solleciti e successivamente i questionari sono stati proposti in forma cartacea in occasione di alcuni eventi residenziali.
Analisi dei dati
Ai fini della corretta individuazione dei soggetti aventi titolo a rispondere, è stata considerata quale unità statistica ciascuna sede di corso di laurea e ogni singola azienda sanitaria. Ognuna di queste unità poteva rispondere a un solo questionario e in sede di analisi è stato effettuato un controllo della qualità dei dati così da eliminare eventuali ridondanze. I dati sono stati raccolti a livello informatico ed elaborati attraverso l’impiego di un foglio di calcolo. Sono state descritte le caratteristiche del campione e analizzate le frequenze assolute e le percentuali per le variabili in studio. Le stesse analisi descrittive svolte sul campione complessivo sono state effettuate per provenienza geografica (Nord, Centro, Sud) e per ambito di esercizio (formativo e clinico-assistenziale).
Aspetti etici
La riservatezza delle informazioni è stata tutelata in tutte le fasi del processo di ricerca in ottemperanza alla normativa vigente e alle raccomandazioni sulle buone pratiche nella conduzione della ricerca. I questionari sono stati accompagnati da un’esaustiva descrizione dello scopo dello studio e dalla spiegazione della modalità di utilizzo dei dati ricavati. La risposta ai questionari è stata considerata come espressione di consenso informato alla partecipazione alla presente indagine.
RISULTATI
Complessivamente hanno aderito all’indagine 145 centri nel territorio nazionale includendo sia le sedi dei Corsi di laurea in infermieristica (questionari ricevuti=74; questionari completi=64; questionari incompleti=10) sia le Direzioni delle professioni sanitarie aziendali (questionari ricevuti=71; questionari completi=60; questionari incompleti=11).
Per quanto riguarda le sezioni di Corso di laurea in infermieristica (CdLI), le risposte sono pervenute da 12 regioni italiane e da 41 province. Per quanto riguarda le Direzioni delle professioni sanitarie (DPS), hanno partecipato complessivamente 13 regioni e 34 province. La distribuzione dei centri partecipanti per area geografica è mostrata nella tabella 1.
L’impiego di almeno una terminologia infermieristica standardizzata è stato riportato dall’87% (N=56) dei Corsi di laurea in infermieristica e dal 46% (N=28) delle Direzioni delle professioni sanitarie (occorre precisare che complessivamente 32 DPS hanno dichiarato di utilizzare una terminologia standardizzata, ma 4 di queste sono state escluse in quanto non hanno risposto alla domanda 3 nella quale veniva chiesto di specificare quale terminologia sono soliti usare). Chi non utilizzava una terminologia standardizzata al momento dell’indagine (N=8 per sedi di CdLI; N=28 per le DPS) ha riferito di avere intenzione di impiegarla nel successivo triennio nel 50% (N= 4) dei casi per quanto riguarda i CdLI, e nel 70% (N=19) dei casi per quanto riguarda le DPS.
La scelta di non utilizzare una terminologia infermieristica standardizzata (e di non volerlo fare nel prossimo triennio) è stata riportata da un esiguo numero di centri (CdLI, N=4; DPS, N=5). La motivazione riportata dai CdLI che non intendono utilizzare una SNT, è che tali terminologie sono ritenute utili ma non applicabili nel contesto specifico (N=4). Nelle DPS i motivi per cui le terminologie sono state ritenute non applicabili sono:
- fattori interni alla professione infermieristica (per esempio resistenza al cambiamento, formazione inadeguata, demotivazione, N=2);
- fattori esterni alla professione infermieristica (per esempio resistenza al cambiamento da parte dell’amministrazione o di altri professionisti, costi per la formazione, N=1);
- fattori sia interni sia esterni alla professione infermieristica (N=1).
Un unico partecipante ha riferito di non utilizzare una terminologia standardizzata poiché non ritenuta utile.
Sulla scelta della terminologia (nel questionario era possibile indicare più di una risposta) emerge che le principali terminologie infermieristiche utilizzate nei CdLI sono state: NANDA-I (92%), NOC (67%), NIC (67%), ICNP (14%). All’interno delle DPS sono state: NANDA-I (71%), NOC (53%), NIC, (53%) ICNP (5%). Per maggiori dettagli si fa riferimento alla tabella 2.
Il 62% (N=35) delle sedi CdLI che ha adottato una terminologia infermieristica standardizzata (N=56) riferisce di utilizzarla all’interno di tutte le attività didattiche relative alle discipline infermieristiche, il 30% (N=17) all’interno di qualche singolo insegnamento (Figura 1).
Il 30% delle sedi partecipanti (N=17) utilizza una terminologia standardizzata anche in attività di laboratorio/esercitazione, di tirocinio e in attività seminariali; un ulteriore 30% (N=17) la impiega in attività di esercitazione e di tirocinio ma non prevede l’uso in attività seminariali o di approfondimento, mentre una piccola parte dei partecipanti (N=4) impiega la terminologia in attività di esercitazione e di approfondimento ma non ne prevede l’utilizzo nelle attività di tirocinio.
Considerando l’utilizzo trasversale nei tre anni di Corso di laurea i dati dell’indagine sottolineano che 46 sedi (82%) utilizzano le terminologie standardizzate nell’intero triennio, 4 sedi al primo e secondo anno e una sede al primo e terzo anno, ma non al secondo.
Per quanto concerne lo svolgimento delle prove d’esame, il 78% delle sedi coinvolte nell’indagine (N=44) utilizza una terminologia infermieristica standardizzata in almeno una prova tra esame di tirocinio del primo, secondo e terzo anno o esame abilitante. Il 50% delle stesse sedi, la adotta in tutte le tipologie di esame sopra indicate. Il 6% (N=10) ha riportato di non usare una SNT in nessuna sede di tirocinio clinico.
Il 35% dei CdLI ritiene che la terminologia infermieristica standardizzata sia impiegata tra l’1% e il 20% delle Unità Operative; il 27% che sia usata in oltre il 40% delle sedi di tirocinio, mentre il 6% riferisce che in nessuna sede di tirocinio clinico è utilizzata una SNT.
L’86% delle 64 sedi partecipanti indipendentemente dall’uso di una terminologia standardizzata impiega uno strumento cartaceo per far pianificare o documentare l’assistenza infermieristica agli studenti nell’ambito delle attività di tirocinio clinico; il 14% (N=9) riferisce invece l’impiego di uno strumento informatico sviluppato dal personale infermieristico e/o informatico della struttura (N=5), o da software–house esterne (N=2); due strutture non hanno specificato lo strumento utilizzato.
Il 78% (N=44) delle 56 sedi di CdLI, che utilizzano almeno una terminologia standardizzata, documenta tutte le fasi del processo di assistenza infermieristica all’interno di strumenti cartacei o informatici; il restante 22% (N=12) ne documenta solo alcune fasi (per esempio diagnosi infermieristica o intervento infermieristico).
Nel totale dei 64 centri partecipanti (prendendo cioè in esame tutti i centri indipendentemente dall’uso della terminologia standardizzata), il 29% (N=19) ha dichiarato di utilizzare 5 o più teorie infermieristiche di riferimento nell’ambito delle attività didattiche del CdLI, in particolare 14 sedi (21%) utilizzano due teorie infermieristiche di riferimento all’interno del corso, il 32% (N=22) impiega un unico modello teorico di riferimento, mentre un solo rispondente dichiara di non utilizzare alcuna teoria infermieristica all’interno delle attività didattiche del corso di laurea.
Nella Figura 2 sono descritti i modelli infermieristici maggiormente utilizzati dai partecipanti.
Tra le sedi che hanno dichiarato di usare una o più classificazioni del gruppo NNN (N=51), i modelli teorici adottati sono Gordon (78%) seguita in misura minore da Henderson (12%) e infine Carpenito (10%). Tra le sedi che hanno dichiarato di usare l’ICNP (N=8) le teorie più utilizzate sono state: Cantarelli (N=5) e il Modello assistenziale dei processi umani (N=5).
Delle 60 DPS rispondenti, 28 hanno dichiarato di utilizzare una terminologia infermieristica standardizzata (Tabella 2 e Figura 3).
Il 53% (N=15) dei 28 DPS che utilizzano una terminologia standardizzata non ha segnalato all’interno di quali aree cliniche la terminologia è stata introdotta. Il 36% (N=10) ha riportato il suo utilizzo in più di un’area clinica (per esempio cure primarie, area medica, chirurgica, critica, salute mentale, area materno-infantile); tre strutture hanno dichiarato di utilizzarla in una sola area clinica (area medica).
Prendendo in esame tutte le 60 strutture che hanno risposto, il 33% (N=20) afferma di utilizzare uno strumento cartaceo per documentare l’assistenza infermieristica, il 25% (N=15) un sistema informatico e il 38% (N=23) sia strumenti cartacei sia informatizzati; due strutture dichiarano di non usare strumenti per documentare l’assistenza infermieristica.
Delle 38 strutture che hanno riferito di utilizzare un sistema informatizzato integrale o misto, il 13% (N=5) afferma di aver adottato un software sviluppato da personale infermieristico e informatico interno all’azienda; il 43% (N=16) un sistema sviluppato da una software-house esterna, successivamente modificato e adattato da personale infermieristico aziendale. Il 39% (N=15) asserisce di utilizzare in modo integrale il software fornito da un’azienda informatica; 2 strutture non hanno fornito specifiche a riguardo.
All’interno di questi sistemi di documentazione, il 31% (N=19) del campione complessivo dichiara di documentare tutte le fasi del processo di assistenza infermieristica; tutti gli altri affermano di documentare alcune fasi del processo di assistenza infermieristica. Dei 60 centri, il 18% (N=11) ha affermato di utilizzare più di un modello teorico infermieristico nella documentazione infermieristica. Complessivamente, i modelli teorici più utilizzati all’interno delle DPS sono: Henderson (36%), Gordon (35%), Cantarelli (25%) e Orem (8%; Figura 4).
Tra le strutture che hanno riferito di utilizzare almeno una delle tassonomie NNN, le teorie infermieristiche più utilizzate sono Gordon (N=11), Henderson (N=9) e Cantarelli (N=4).
Le due aziende che hanno riferito di utilizzare l’ICNP impiegano le teorie di Henderson (N=1) e Gordon (N=1).
I modelli organizzativi più utilizzati dal campione complessivo (N=60) sono risultati quello per settori (51%) e quello funzionale (29%) e a seguire in misura minore altri modelli quali le piccole équipe, il primary nursing e il case management. Il 68% delle DPS ha riferito di adottare documenti standard: piani di assistenza multidisciplinari (N=15), piani di assistenza infermieristica (N=31), protocolli e procedure (N=32).
DISCUSSIONE
Questo studio (promosso dalla Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI) è il primo in Italia a descrivere l’impiego di terminologie infermieristiche standardizzate nella formazione infermieristica e nell’esercizio professionale. Considerata la scarsità di informazioni sull’utilizzo delle SNT nel contesto italiano, lo studio colma una lacuna di conoscenza importante e può fornire utili indicazioni per la formazione, l’organizzazione, l’esercizio della pratica professionale e la ricerca futura.
Complessivamente, i risultati mostrano che le terminologie infermieristiche standardizzate sono diffuse sul territorio nazionale sia nella formazione infermieristica sia nell’esercizio professionale. In linea con le raccomandazioni internazionali che ormai risalgono ai primi anni novanta del secolo scorso (Clark et al., 1992, Hogston, 1997, Wake et al., 1993) sembra emergere un investimento della professione infermieristica in Italia nell’insegnamento e nell’impiego delle terminologie infermieristiche standardizzate allo scopo di documentare la pratica clinica con un linguaggio comune.
L’impiego di terminologie infermieristiche standardizzate nella formazione è risultato elevato (87% delle sedi partecipanti). Il dato è superiore a quello proveniente da altri contesti internazionali nei quali si suppone che le terminologie infermieristiche siano maggiormente utilizzate, ma di fatto le percentuali di utilizzo riportate in letteratura (comprese tra il 20% e il 40%) sono inferiori a quanto rilevato con questo studio (Bartz et al., 2011; Kautz et al., 2006; Keenan et al., 2001; Lunney, 2006). Questo dato, in accordo con gli studi disponibili (Thoroddsen et al., 2012), sottolinea che le SNT sono ritenute utili nella formazione infermieristica universitaria per insegnare la pianificazione dell’assistenza e per sostenere lo sviluppo di una precisa identità scientifico disciplinare negli studenti infermieri.
I risultati di questo studio mostrano che nella pratica professionale l’impiego di SNT è inferiore rispetto al contesto formativo (46% del campione).
Non sorprende rilevare un impiego più contenuto delle SNT nella pratica clinica poiché numerosi studi hanno messo in luce come il processo di introduzione di una terminologia infermieristica standardizzata nei contesti clinici-operativi sia complesso, oneroso e richieda la rimozione di barriere interne ed esterne alla professione infermieristica (Allred et al., 2004; Bartz et al., 2006; Kautz et al., 2006; Kilanska et al., 2016; Laukvik et al., 2015; Millar, 2016; Nogueira et al., 2015; Ostensen et al., 2016; Whitley et al., 1996; Thoroddsen et al., 2012). Tuttavia, in accordo con la letteratura disponibile (Hou et al., 2016; Millar, 2016; Peres et al., 2016), è proprio all’interno della pratica clinica operativa che l’impiego delle SNT può offrire i maggiori contributi per la visibilità della professione infermieristica e per la sicurezza degli assistiti, favorendo anche lo sviluppo di politiche sanitarie efficaci (Coenen et al., 2012; Muller-Staub et al., 2006; Saranto et al., 2014; Strudwick et al., 2016).
In linea generale, i risultati fin qui discussi mostrano che l’impiego di terminologie infermieristiche standardizzate si sta diffondendo in Italia sia in ambito formativo sia operativo, seppur con un diverso grado di sviluppo. Tuttavia, i dati raccolti in merito a quali terminologie e come queste sono utilizzate all’interno delle sedi CdLI e delle DPS mostrano un panorama estremamente disomogeneo. Tra le otto terminologie infermieristiche standardizzate riportate dai partecipanti quelle le maggiormente utilizzate sono state le classificazioni NANDA-I, NOC, NIC e, in misura minore, l’International Classification for Nursing Practice, sia nel contesto formativo sia in quello operativo. Questo dato non sorprende se si considera l’ampia letteratura disponibile nel contesto italiano sulle tassonomie NNN (Badon et al., 2015; Di Giacomo et al., 2016; Gulanick e Myers, 2016; Hinkle et al., 2017; Nebuloni, 2017; Wilkinson et al., 2017) e la più recente attività del Centro Italiano Accreditato per la Ricerca e lo Sviluppo dell’ICNP, promosso dall’Università La Sapienza e la Consociazione Nazionale delle Associazioni Infermieri (CNAI; Marucci et al., 2015). Ciononostante, l’impiego di queste SNT appare molto diversificato nella formazione infermieristica e nella pratica clinica.
Infatti, dai risultati di questo studio emerge che nella formazione infermieristica le SNT sono spesso impiegate solo in alcune attività didattiche previste nel triennio e in pochi casi (30%; N=17) trovano riscontro nelle attività di tirocinio. Inoltre, non tutte le fasi del processo di assistenza infermieristica sono affrontate attraverso l’impiego di un linguaggio standardizzato. In particolare, il 22% dei rispondenti impiega la terminologia solo per la definizione della diagnosi infermieristica o per la definizione dell’intervento infermieristico. Infine, le SNT sono spesso impiegate con una varietà di modelli teorici di riferimento. Da un lato, tale disomogeneità non stupisce in quanto sia le tassonomie NNN sia l’ICNP documentano differenti momenti del processo assistenziale infermieristico (diagnosi, risultati e interventi) ed entrambe sono applicabili con differenti approcci teorici (Gordon, 2009; Sansoni et al., 2006; Strudwick et al., 2016). Dall’altro, questo riscontro rende evidente che in Italia non esiste un accordo sull’impiego di un quadro teorico di riferimento e/o di una terminologia infermieristica standardizzata per descrivere, all’interno e all’esterno della professione, il contenuto proprio delle scienze infermieristiche.
In egual misura, un quadro disomogeneo emerge sul fronte dell’esercizio professionale così come riferito dalle DPS partecipanti allo studio. Infatti le percentuali di aree cliniche e di unità operative presso cui è in uso una terminologia standardizzata variano molto da struttura a struttura e anche in questo caso in pochi contesti (30%, N=19) è documentato l’intero processo di assistenza infermieristica attraverso l’impiego di una SNT. Inoltre, a una varietà di modelli teorici di riferimento è da aggiungere la variabilità dei modelli organizzativi e dei sistemi di documentazione (cartaceo, software esterno, software interno, software esterno modificato), che rendono ancor più complessa la documentazione sistematica e la misurazione dell’assistenza infermieristica. Da un lato tale pluralità di approccio e di pensiero, da un lato, può essere letta come una ricchezza scientifica e culturale di cui gli infermieri italiani dispongono nel fornire le migliori risposte alle persone assistite. Dall’altro, in accordo con numerose fonti (Coenen et al., 2010; Peres et al., 2015), questa disomogeneità costituisce anche una delle maggiori barriere alla documentazione sistematica, misurazione e riconoscimento del contributo infermieristico per la salute dei cittadini. Un certo grado di accordo e di indirizzo potrebbe infatti fornire nel tempo dati di vitale importanza per gli infermieri impegnati nello sviluppo di strategie e politiche sanitarie a livello provinciale, regionale e nazionale.
Limiti
I principali limiti dello studio sono il tasso di rispondenti e la limitata numerosità campionaria complessiva che non consentono di escludere distorsioni nella descrizione del fenomeno. Si stima che abbia aderito circa il 35% delle sedi di Corso di laurea in infermieristica e circa il 25% delle DPS presenti sul territorio nazionale. Inoltre, il campionamento di convenienza e la natura propositiva della partecipazione allo studio potrebbero rappresentare un bias di selezione dei centri partecipanti. Infine, la natura self-report dell’indagine e le differenti modalità (cartacea e online) di somministrazione del questionario rappresentano un ulteriore limite di questa indagine. Tuttavia, la distribuzione geografica dei partecipanti e il coinvolgimento sia dei CdLI sia delle DPS sono punti di forza di questo studio, specie a fronte della mancanza di informazioni in letteratura sull’impiego delle SNT nel contesto italiano.
Nella stesura dei questionari utilizzati per la ricerca, gli autori si sono confrontati in merito all’opportunità di inserire tra le teoriche di riferimento Carpenito, tenuto conto del fatto che il cosiddetto modello bifocale di Carpenito non è ufficialmente riconosciuto quale teorica, ma è molto utilizzato, soprattutto nell’ambito dei Corsi di Laurea. Si è ritenuto che la sua esclusione potesse limitare la rappresentazione delle realtà, per tale motivazione gli autori hanno concordato sul mantenimento dell’autrice all’interno dei questionari.
CONCLUSIONI
Le terminologie infermieristiche standardizzate contribuiscono alla descrizione, documentazione, misurazione e valorizzazione, anche economica, della pratica infermieristica. Esse possono trovare utili applicazioni in ambito clinico, organizzativo, formativo e nella partecipazione degli infermieri alle politiche sanitarie, in risposta ai bisogni di assistenza dei cittadini italiani.
In Italia si osserva un grado di sviluppo e di impiego di terminologie infermieristiche standardizzate che non è inferiore a quello di numerosi Paesi sia in Europa sia nel contesto Nord-americano. Sembrano tuttavia necessari sforzi ulteriori per l’introduzione delle SNT all’interno di sistemi di documentazione elettronica nei contesti clinici e assistenziali. Nell’uso delle terminologie infermieristiche standardizzate si riscontrano inoltre disomogeneità di approcci, metodi e strumenti che potrebbero essere mediate dalla condivisione di alcune linee generali di indirizzo per l’utilizzo delle SNT nei contesti formativi e assistenziali italiani.
In considerazione di questi risultati, la Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI ha prodotto, e pubblicato unitamente a questo documento, una presa di posizione a sostegno dell’impiego consapevole delle terminologie infermieristiche più accreditate a livello nazionale e internazionale nei contesti clinico organizzativi e formativi italiani.
Approcci, terminologie e sistemi che siano in grado di garantire interoperabilità e comparabilità delle informazioni inerenti l’assistenza infermieristica sono infatti di vitale importanza per la futura disponibilità di dati utili a descrivere l’assistenza infermieristica e a fornire adeguate risposte alle necessità della popolazione.
Futuri studi sono necessari per: descrivere le barriere all’utilizzo delle SNT nel contesto italiano; sviluppare e valutare l’efficacia di interventi educativi e organizzativi volti a favorire l’impiego delle SNT nel contesto italiano; identificare i fattori clinici, organizzativi, gestionali e strutturali che favoriscono l’impiego delle SNT nei contesti clinico assistenziali; valutare gli esiti associati alla pratica infermieristica e in particolare all’uso di SNT nei contesti clinici; sostenere la valorizzazione economica dell’apporto infermieristico in funzione dei dati raccolti attraverso SNT valide e riconosciute a livello internazionale; sviluppare sistemi di documentazione informatizzata che, nella tutela della pluralità riscontrata, consentano l’utilizzo di informazioni vitali per lo sviluppo dell’esercizio professionale e della ricerca infermieristica in Italia ed, in ultima istanza, per la qualità dell’assistenza fornita ai cittadini.
Ringraziamenti
Gli autori ringraziano la Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI per aver promosso lo studio e sostenuto, non solo finanziariamente, le attività del gruppo di lavoro TeSI-IPASVI.
I dati raccolti sono di proprietà della Federazione Nazionale Collegi IPASVI che ne disporrà l’utilizzo e la diffusione in funzione degli scopi istituzionali.
Si ringraziano Patrizia Di Giacomo e Orietta Meneghetti per la collaborazione nella stesura del protocollo dello studio e Michela Casella, Sabrina Contini, Claudio De Pieri, Marilena Guindani, Fiorella Fabrizio, Paolo Motta e per la costruzione del questionario impiegato nella ricerca. Si ringrazia Massimo Silvestrini per il supporto informatico e tutta la Segreteria della FNC-IPASVI per la preziosa collaborazione. Infine si ringraziano sentitamente tutti i centri (Sedi di CdLI e DPS) che hanno aderito all’indagine fornendo informazioni di estrema rilevanza per lo sviluppo dell’assistenza infermieristica in Italia.