Emergenze onco-ematologiche pediatriche: la sindrome da lisi tumorale. L’importante contributo degli infermieri


Introduzione
La sindrome da lisi tumorale (SLT) è un’alterazione metabolica potenzialmente letale causata dal rilascio massiccio e veloce di componenti cellulari nel flusso sanguigno dopo la rapida lisi di cellule tumorali (SEEGMILLER, LASTER & HOWELL 1963) da cui ne consegue il rilascio di elevati livelli sierici di acido urico (iperuricemia) derivanti dalla degradazione di purine, e squilibri elettrolitici come l’iperpotassiemia, l’iperfosfatemia e l’ipocalcemia (Locatelli, Rossi 2005, Hochberg, Cairo 2008, Cairo et al., 2010).
L’esito di tali alterazioni può progredire sino ad effetti clinici tossici, come aritmie cardiache, insufficienza renale, convulsioni e morte (Cairo, Bishop 2004, Pession et al., 2011a, Will, Tholouli 2011).
La SLT è una emergenza metabolica che in pediatria si può sviluppare nelle malattie ematologiche come nella leucemia linfoblastica acuta (LLA) e nella leucemia mieloide acuta (LMA); (Kedar, Grow & Neiberger 1995, Truong et al., 2007, Montesinos et al., 2008) nei linfomi non-Hodgkin ad alto grado, (Alavi et al., 2006) in particolare i linfomi di Burkitt; (Wossmann et al., 2003) occasionalmente nei tumori solidi, soprattutto se presentano una voluminosa estensione di malattia, tra cui neuroblastoma, epatoblastoma, medulloblastoma, tumori germinali, sarcomi e tumori di Wilms (Kushner et al., 2003, Gemici 2009, Bercovitz, Greffe & Hunger 2010, Bien et al., 2010, Milano et al., 2003).

Incidenza
L’incidenza della SLT sia in età pediatrica che adulta è stimata dal 4,4% al 42% per SLT laboratoristica e dal 5% al 9,8% per SLT clinica (Montesinos et al., 2008, Annemans et al., 2003, Mato et al., 2006, Hande, Garrow 1993).
Incidenza e gravità dipendono dall’estensione di malattia (bulky positivi, infiltrazione degli organi da parte di cellule tumorali, coinvolgimento del midollo osseo, infiltrazione renale); dal potenziale di lisi delle cellule tumorali (alto tasso di proliferazione, chemiosensibilità, intensità iniziale della chemioterapia); dalle caratteristiche del paziente (neuropatia prima della diagnosi, disidratazione o ipovolemia, urine a pH acido, ipotensione) oppure dalla terapia di supporto (presenza di neurotossine, inadeguata idratazione, assunzione di potassio o fosfati per os, eliminazione ritardata dell’acido urico) (Howard, Jones & Pui 2011).
Le manifestazioni cliniche solitamente avvengono da 6 a 72 ore dopo l’inizio del trattamento, incluso la somministrazione di terapia citotossica (Cairo, Bishop 2004, Coiffier et al., 2008), radioterapia (Yamazaki et al., 2004), somministrazione di corticosteroidi (Coutinho et al., 1997, Duzova et al., 2001, McDonnell et al., 2008), somministrazione di metotressato intratecale (Davidson et al., 2004) o aracytin intratecale (Simangan, Kline 2014) oppure dopo infusione di anticorpi monoclonali (es. rituximab) (Sezer et al., 2006, Francescone et al., 2009) Anche se più raramente la SLT si può presentare spontaneamente come conseguenza dell’aumento della lisi delle cellule tumorali (Jasek, Day 1994, Akoz et al., 2007, Gogia et al., 2014).
Le terapie citotossiche che predispongono a sviluppare SLT sono soprattutto i farmaci ciclo-specifici, quali la citarabina, l’etoposide, il cispaltino ed il metotressato (Tosi et al., 2008).

Definizione
I criteri diagnostici più recentemente utilizzati per definire la SLT sono quelli proposti da Cairo et al. (Cairo, Bishop 2004), che classifica la SLT come laboratoristica o clinica (Tabella 1).

Tabella 1 – Definizione di sindrome da Lisi tumorale laboratoristica (Tratto da Pession et al., 2011)

Criterio

Frequenza

Latenza

Standard

Acido urico

98%

24-48 h

≥476 mmol/L (8 mg/dL) o incremento >25% del valore basale

Potassio

73%

6-72 h

≥6.0 mmol/L (6mEq/L) o incremento >25% del valore basale

Fosforo

89%

24-48 h

≥2.1 mmol/L (bambini) or ≥1.45 mmol/L (adulti) o incremento >25% del valore basale

Calcio

89%

24-48 h

≤1.75 mmol/L o incremento >25% del valore basale

La SLT laboratoristica (SLTL) si ha quando è clinicamente silente e viene accertata tramite gli esami di laboratorio, è definita come la presenza di due o più variabili biochimiche (livelli sierici di fosfato, potassio, acido urico e creatinina), si può verificare 3 giorni prima dell’inizio della chemioterapia o 7 giorni dopo la somministrazione di chemioterapia in pazienti con una adeguata idratazione e trattati con farmaci che abbassano il valore dell’acido urico. La SLT clinica (SLTC) è presente quando la SLTL è accompagnata dall’aumento dei livelli sierici di creatinina, convulsioni, aritmie cardiache o morte.
I livelli sierici di calcio non sono inclusi come criterio per stabilire la SLTL dato che l’ipocalcemia non è considerata una diretta conseguenza della SLT ma è associata con gli alti livelli sierici di fosfati (Cairo et al., 2010, Navolanic et al., 2003).

Sequele metaboliche
I tratti distintivi biochimici della SLT sono l’iperpotassiemia, l’iperuricemia e l’iperfosfatemia con conseguente ipocalcemia secondaria. Le sequele cliniche caratteristiche di questi insiemi di alterazioni metaboliche comprendono disturbi gastrointestinali, effetti neuromuscolari, complicanze cardiovascolari, insufficienza renale acuta e morte. I segni e i sintomi che si sviluppano negli specifici squilibri metabolici sono riassunti nella Tabella 2.

Tabella 2 – Segni e Sintomi della sindrome da lisi tumorale (Tratto da Coiffier et al., 2008, Davidson et al., 2004, Held-Warmkessel 2010)

 

Cardiovascolari

Gastrointestinali

Muscoloscheletrici

Neurologici

Altri

IPERPOTASSIEMIA

– Aritmie
– Ipotensione
– Onde T a punta – Complesso QRS largo
– Morte improvvisa

– Nausea / Vomito
– Diarrea
– Anoressia
– Dolore addominale o crampi
– Rumori intestinali iperattivi

– Crampi muscolari
– Debolezza muscolare

– Parestesia
– Paralisi

– Fatigue
– Irritabilità

IPERURICEMIA

– Ipertensione
– Endocarditi

– Nausea / Vomito
– Diarrea
– Anoressia

– Gotta

– Sonnolenza – Letargia
– Malessere
– Convulsioni

– Insufficienza renale acuta
– Edema
– Aumento di peso
– Dolore al fianco
– Ematuria
– Urine torbide

IPERFOSFATEMIA

– Aritmie
– Ipertensione

– Nausea / Vomito
– Diarrea

– Crampi muscolari

– Convulsioni
– Tetania
– Letargia

– Precipitati di fosfato di calcio – Insufficienza renale acuta
– Edema

IPOCALCEMIA

– Ipotensione
– Aritmie ventricolari
– Sincope
– Arresto Cardiaco

– Anoressia
– Diarrea
– Crampi addominali

– Spasmi muscolari
– Crampi muscolar
– Segni positivi di Chvostek e Trousseau

– Parestesia
– Tetania
– Cambiamento dello stato mentale
– Agitazione
– Confusione – Delirio
– Allucinazioni – Convulsioni

– Laringospasmo
– Broncospasmo


Iperpotassiemia

L’iperpotassiemia è spesso la prima e potenzialmente la più grave conseguenza clinica della SLT, solitamente definita moderata quando i valori sierici di potassio sono >6.0 mmol/L e grave o severa quando risultano essere >7.0 mmol/L o sintomatica. Si presenta a partire da 6 a 72 ore dopo l'inizio del trattamento e può essere aggravata da insufficienza renale acuta (Davidson et al., 2004, Flombaum 2000).
L’iperpotassiemia è dovuta al rapido rilascio di contenuti intracellulari dalle cellule tumorali necrotiche nel flusso ematico ed in parte dall'incompleta capacità dei reni di eliminare le enormi quantità di potassio rilasciate dalle cellule tumorali lisate e, se non trattata prontamente, può provocare aritmie potenzialmente letali (Cohen et al., 1980).

Iperuricemia
Si definisce iperuricemia quando il valore sierico di acido urico è ≥476 mmol/L (8.0 mg/dL) o quando si ha un incremento del 25% rispetto il valore basale del paziente e si presenta da 24 a 48 ore dopo l’inizio del trattamento (Pession et al., 2011a, Coiffier et al., 2008). L’iperuricemia è il risultato della ripartizione di grandi quantità di acidi nucleici (catabolismo di purine) dalle cellule necrotiche maligne. Quando la capacità di escrezione del tubulo renale viene meno si sviluppa l’iperuricemia e, in presenza di pH acido, si formano cristalli di acido urico nei tubuli renali che sviluppano insufficienza renale.

Iperfosfatemia e ipocalcemia
Si definisce iperfosfatemia quando i valori sierici di fosforo sono ≥2.1 mmol / L e ipocalcemia quando i valori sierici di calcio sono ≤1,75 mmol / L e si sviluppano da 24 a 48 ore dopo l'inizio della terapia.(Pession et al., 2011a) L’iperfosfatemia è la conseguenza del rilascio di fosfati intracellulari organici ed inorganici nella circolazione a causa della morte cellulare. L’ipocalcemia è una conseguenza diretta dell’iperfosfatemia, con conseguente precipitazione di fosfato di calcio nei tessuti molli (Locatelli, Rossi 2005). L’iperfosfatemia può essere ulteriormente aggravata da insufficienza renale acuta associata alla precipitazione di acido urico o altre complicanze della terapia antitumorale (Vachvanichsanong et al., 1995).
Il trattamento dell’iperfosfatemia consiste nel fornire una idratazione endovenosa abbondante, nel limitare l’assunzione di fosfati sia dalla dieta del paziente che dall’idratazione endovenosa, dall’utilizzo di fosfati e, quando severa, iniziare la dialisi.
Il trattamento dell’ipocalcemia asintomatica non è raccomandato in quanto il fosfato di calcio può sviluppare dei precipitati che possono portare a uropatia ostruttiva, mentre quando diventa una condizione sintomatica è indicato l’utilizzo di calcio gluconato (Howard, Jones & Pui 2011, Jones, Mahmoud & Chesney 1995).

Prevenzione e trattamento
La terapia di supporto è il punto cardine nella prevenzione e nel trattamento della SLT e comprende, nei pazienti considerati a rischio, un’abbondante idratazione endovenosa prima e durante la somministrazione di agenti chemioterapici; un frequente monitoraggio degli elettroliti e dell’acido urico; la somministrazione di allopurinolo o rasburicase e/o altri farmaci per contrastare l’iperpotassiemia; la somministrazione di diuretici in assenza di uropatia ostruttiva (Cairo, Bishop 2004, Coiffier et al., 2008, Tosi et al., 2008, Mughal et al., 2010).
Spesso i casi più critici ed inaspettati con SLT avvengono nei pazienti con tumori non ematologici ai quali viene iniziata una terapia antitumorale priva però di una sufficiente idratazione endovenosa e/o senza uno stretto monitoraggio dato che non si sospetta l’insorgere della SLT (Howard, Jones & Pui 2011).

Idratazione e diuretici
L’obiettivo di somministrare un’abbondante idratazione è quello di aumentare il flusso sanguigno renale e la filtrazione glomerulare, promuovendo così l’escrezione urinaria di acido urico e fosfato potenzialmente pericolosi (Jones, Mahmoud & Chesney 1995, Andreoli et al., 1986). Ad eccezione dei pazienti che presentano segni di disfunzione renale acuta e oliguria l’iper-idratazione deve essere di 2-3 litri/m² al giorno oppure 200 ml/kg al giorno per bambini di peso ≤ 10kg e, in ogni caso, è necessario adattare il volume di liquidi all’età del paziente, alla funzionalità cardiaca e alla diuresi, (Cairo, Bishop 2004, Coiffier et al., 2008, Tosi et al., 2008) con soluzioni saline ipotoniche o isotoniche (Del Toro, Morris & Cairo 2005, Pession et al., 2011b), destrosio al 5% o soluzione fisiologica 0,9%, e comunque sempre prive di potassio (Navolanic et al., 2003).
La diuresi andrebbe monitorata frequentemente e si dovrebbe mantenere in un intervallo compreso tra gli 80 e i 100 ml/m²/ora oppure da 4 a 6 ml/kg/ora per i bambini di peso ≤ 10kg (Cairo, Bishop 2004, Coiffier et al., 2008, Tosi et al., 2008). Per mantenere un’adeguata diuresi possono essere somministrati diuretici dell’ansa o mannitolo tranne nei pazienti con segni di ipovolemia o uropatia ostruttiva (Tosi et al., 2008).

Allopurinolo
L’allopurinolo è un inibitore della xantinossidasi (enzyme xanthine oxidate) in grado di bloccare la trasformazione delle ipoxantine in xantine e delle xantine in acido urico. La solubilità e la clearance renale delle ipoxantine e delle xantine sono ≥10 volte rispetto all’acido urico.(Mughal et al., 2010) L’allopurinolo è in grado di prevenire solo la formazione di nuovo acido urico, diminuendo l’incidenza di uropatia ostruttiva, ma non è efficace nel ridurre quello già presente (Krakoff 1966, Goldman et al., 2001).
In pediatria la dose raccomandata è dai 50 ai 100 mg/m² ogni 8 ore per via orale (max 300 mg/m²/die) oppure 10 mg/kg/die suddivise ogni 8 ore (max 800 mg/die) (Cairo, Bishop 2004).
Sono segnalate reazioni allergiche da deboli a moderate in modo particolare rash cutanei e febbre, (Smalley et al., 2000) sebbene sono state riscontrate reazioni severe di ipersensibilità e altre serie complicanze tra cui vasculiti generalizzate ed epatotossicità. In presenza di rush cutanei o altri segni di reazione allergica è opportuno sospendere la somministrazione del farmaco.
L’allopurinolo riduce la clearance di altri agenti chemioterapici a base di purine tra cui il 6-marcapurinethol e azothiopurine, utilizzate di frequente nella cura delle leucemie, tanto da richiedere una diminuzione delle dosi quando concomitanti con l’assunzione dell’allopurinolo; riduce la clearance delle alte dosi di metotressato a causa della ridotta funzionalità renale di questi pazienti, (Crews et al., 2010) ed è controindicato in combinazione con ciclofosfamide ed altri chemioterapici che causano soppressione del midollo osseo.

Rasburicase
Rasburicase è un enzima denominato urato ossidasi, che trasforma l’acido urico in un altro composto chimico chiamato allantoina. Questa può essere facilmente escreta dai reni nell’urina (è da quattro a cinque volte più solubile dell’acido urico) (Tseitlin 2012, Pui 2002), il che contribuisce a ridurre i livelli di acido urico presenti nel sangue, diminuendo così il carico sui reni e prevenendo eventuali danni. La dose raccomandata è di 0,2 mg per chilogrammo di peso corporeo sia nei bambini sia negli adulti, somministrata come infusione giornaliera per sette giorni al massimo. La durata del trattamento viene adeguata in funzione dei livelli di acido urico nel sangue del paziente e in base al parere del medico. L’infusione deve durare 30 minuti. Rasburicase si presenta sotto forma di polvere e solvente per soluzione per infusione, una volta ricostituita deve essere ulteriormente diluita con 50 cc di soluzione di sodio cloruro 9 mg/ml (0,9%) e somministrata in una via infusionale dedicata con set privo di filtro (European Medicines Agency 2015).
Rasburicase non deve essere usata in pazienti con una deficienza (livelli bassi) di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD) o altri disturbi metabolici che causano anemia emolitica (bassi livelli di emoglobina provocati dalla distruzione anormale dei globuli rossi) (Sonbol et al., 2013).
Quando viene utilizzato rasburicase per il trattamento o la profilassi della SLT l’aggiunta di allopurinolo non è necessaria inoltre ha la potenzialità di ridurre l’efficacia di rasburicase.
Gli effetti indesiderati più comuni (osservati in più di 1-10 pazienti su 100) sono nausea, vomito, mal di testa, febbre e diarrea.
Le reazioni anafilattiche avvengono raramente (<1 % dei pazienti) (Malaguarnera, Giordano & Malaguarnera 2012, Jeha et al., 2005) dopo un singolo ciclo di terapia ma si sviluppano più frequentemente dopo un secondo ciclo terapeutico. Rasburicase genera anticorpi da 1 a 6 settimane dopo la somministrazione iniziale e persistono per oltre un anno. Considerata la seria natura degli eventi anafilattici legati alla somministrazione di rasburicase è opportuno prestare cautela quando si utilizza questo farmaco, in particolar modo nel corso di ripetuti cicli (Allen et al., 2015) Tabella 3.

Tabella 3 – Care plan infermieristico e procedure per bambini e adolescenti che ricevono Rasburicase (Tratto da Sonbol et al., 2013, Li et al., 2015)

1. Valutare il paziente per:
Una storia nota di reazioni anafilattiche, di gravi allergie o asma oppure deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD). Non somministrare rusburicase se presente una di queste condizioni. Somministrare rusburicase in presenza di G6PD mette il paziente a rischio di emolisi e metaemoglobinemia.
2. Utilizzare rasburicase con cautela nei pazienti con una storia di gravi allergie o asma.
3. Sospendere la somministrazione di allopurinolo quando si inizia rasburicase.
4. Assicurarsi che i farmaci e le attrezzature di emergenza siano disponibili prima di iniziare la somministrare di rasburicase; in caso di una reazione allergica:
Ossigeno, Difenidramina Cloridrato, Adrenalina, steroidi.
5. Somministrare Rasburicase 0.20 mg/kg/die attraverso una linea IV dedicata, con set infusionale senza filtro, in più di 30 minuti, una volta ricostituita ed ulteriormente diluita con sodio cloruro 0,9% sino ad ottenere un volume di 50 ml.
6. Rimanere con il paziente durante i primi cinque minuti di somministrazione per valutare possibili reazioni allergiche.
7. Monitorare attentamente il paziente durante la somministrazione di rasburicase per valutare eventuali reazioni allergiche attraverso osservazione, polso, respirazione e pressione sanguigna.
8. Nel caso si sospetti una reazione allergica sospendere l’infusione di rasburicase ed avvisare immediatamente il medico.
9. Possibili effetti indesiderati possono includere:

  1. Comuni (1 persona su 10): febbre; reazione allergica come orticaria o arrossamento;
  2. Non comuni (1 su 100): reazione allergica grave come ipotensione o broncospasmo; diarrea; nausea/vomito; cefalea; emolisi;
  3. Rari (1 su 1000): rinite; starnuti.

10. I campioni di sangue per la misurazione dei livelli di acido urico vanno posizionati immediatamente in ghiaccio per evitare falsi positivi.


Alcalinizzazione

L’alcalinizzazione delle urine mediante l’utilizzo di bicarbonati è stata eliminata da ogni raccomandazione e linee guida per via del rischio correlato alla precipitazione tubulare di cristalli di fosfato di calcio (Pession et al., 2011).

Ruolo dell’infermiere
Gli infermieri di onco-ematologia pediatrica svolgono un ruolo fondamentale nella prevenzione e gestione della SLT. (Li et al., 2015) Essi devono essere in grado, in collaborazione con le altre figure di personale sanitario, di compiere quattro compiti fondamentali:

  • Identificare e valutare i pazienti a rischio di sviluppare la SLT;
  • Monitorare attentamente i segni ed i sintomi della SLT;
  • Attuare tempestivamente gli interventi di profilassi e di trattamento;
  • Fornire un’educazione comprensiva ai giovani pazienti ed ai loro famigliari.

Il primo passo per prevenire l’insorgenza della SLT è quello di identificare, al momento della presa in carico, i pazienti a rischio di sviluppare questa sindrome, nello specifico quelli con patologie comunemente associate a lisi oppure con condizioni cliniche predisponenti, per minimizzarne la severità e le complicanze, così da iniziare tempestivamente i trattamenti preventivi (Coiffier et al., 2008, Mughal et al., 2010).
Se il paziente rientra nelle fasce a rischio (bassa, media o alta) accertarsi che abbia un accesso venoso, meglio se centrale, ben funzionante o, se non presente, reperire il prima possibile un accesso venoso periferico che sia in grado di supportare le velocità infusionali richieste dall’abbondante idratazione che verrà somministrata.

Conoscere e riconoscere eventuali reazioni allergiche dei medicinali somministrati (ad esempio allopurinolo e rasburicase) in modo da intervenire prontamente non somministrando o interrompendo l’infusione del farmaco.
Il bilancio idrico deve essere monitorato frequentemente, ogni 4/8 ore, tenendo conto dell'equilibrio giornaliero di liquidi del paziente, della produzione di urina, delle prove di laboratorio sulla funzionalità renale e fisica prove esame di sovraccarico di liquidi (aumento ponderale, edema, dispnea, distensione venosa della giugulare, rantoli o ritmo di galoppo) (Marsh, Agrawal & Feusner 2014).
Inoltre per valutare la funzionalità renale è opportuno accertare il pH, il colore, l’odore e la chiarezza delle urine e determinare la presenza di globuli rossi ed emoglobina (Held-Warmkessel 2012).

Allo scopo di monitorare al meglio la diuresi (Muslimani et al., 2011) potrebbe essere richiesto il posizionamento di un catetere vescicale, ad esclusione dei pazienti con neutrofili bassi o piastrinopenia per il rischio di sviluppare infezioni o sanguinamenti. Il presidio deve essere rimosso appena le condizioni cliniche lo consentono per prevenire infezioni del tratto urinario associate al catetere (Willson et al., 2009).
In situazioni estremamente critiche o quando gli squilibri elettrolitici continuano e l’insufficienza renale è imminente può essere necessaria la dialisi. Queste sono quando i livelli di potassio sono superiori a 7 mEq/L, i livelli sierici di acido urico sono superiori a 10 mg/dl, oppure i livelli sierici di fosforo sono superiori a 10 mg/dl, insieme all’aumento dei livelli di creatinina ed azotemia (Maloney, Denno 2011).
L’iperpotassiemia è spesso la prima anormalità a cui gli infermieri devono porre attenzione monitorando strettamente i pazienti per gli eventuali problemi cardiaci che si possono sviluppare. Se clinicamente indicato è utile posizionare un monitor cardiaco. Il monitoraggio elettrocardiografico deve essere garantito quando il paziente presenta iperpotassiemia (potassio ≥6 mEq/L) oppure ipocalcemia (calcio sierico <7 mg/dL o calcio ionizzato <1 mmol/L) (Coiffier et al., 2008, Tosi et al., 2008). Solitamente i pazienti manifestano i sintomi e gli effetti cardiaci quando i livelli sierici di potassio sono >6.5 mmol/L (Kaplow 2002).

È di fondamentale importanza il continuo monitoraggio degli effetti collaterali legati alla SLT. Gli infermieri devono aver ben presente sia i valori dei livelli sierici sia i segni e i sintomi di iperuricemia, iperpotassiemia, iperfosfatemia e ipocalcemia, (vedi Tabella 2) essendo a stretto contatto con il paziente riescono a valutarlo costantemente e coglierne ogni minima variazione. Nonostante ciò, le condizioni legate alla sindrome possono precipitare improvvisamente quindi è opportuno istruire anche i pazienti ed i loro famigliari su come valutare un’avvisaglia importante così da avvisare tempestivamente il personale sanitario.
Il monitoraggio degli elettroliti deve cominciare prima dell’avvio del trattamento e successivamente ogni 6-12 ore per l’individuazione precoce della sindrome (Cantril, Haylock 2004, McGraw 2008). Sebbene i sintomi possono verificarsi sino a sette giorni dopo l’inizio del trattamento i pazienti sono a maggior rischio nelle prime 6-48 ore (McGraw 2008).

È opportuno non far assumere cibi con alto contenuto di fosfati comprese bevande gassate, latte, prodotti caseari, carne, uova, pane, pesce, noccioline, pollame, legumi e cereali; oppure con alto contenuto di potassio come banane, arance, pomodori e cioccolato per non incrementare i livelli sierici di questi elettroliti già compromessi dalla lisi tumorale (Cantril, Haylock 2004, Ezzone 1999, King 2008).
Famigliari, caregiver e pazienti (quando l’età lo consente) devono essere informati sugli aspetti che caratterizzano la SLT, in modo chiaro ed appropriato a seconda del livello di apprendimento, senza sottovalutare la complessità clinica e l’impatto emotivo. Questo comprende una breve e semplice definizione della SLT e degli interventi di prevenzione e trattamento. Quando possibile i famigliari devono essere incoraggiati a partecipare attivamente nell’assistenza monitorando segni e sintomi, diuresi, colore delle urine, stato di coscienza (in particolare nei bambini piccoli). 

Educare e facilitare il coinvolgimento del paziente e della sua famiglia fornisce senso di controllo e senso di stima (Truini-Pittman, Rossetto 2002).

Conclusioni
La SLT è caratterizzata da una serie di sequele che, se non trattate prontamente, possono portare alla morte del paziente. Tali alterazioni, oltre ad evidenziarsi negli esami di laboratorio, producono una serie di segni e sintomi che possono essere identificati immediatamente e quindi monitorati costantemente dall’equipe infermieristica, sempre a stretto contatto con il paziente.
Questo lavoro fornisce un quadro generale sulla sindrome e pone in evidenza gli interventi infermieristici specifici da attuare quando ci si trova di fronte ad un bambino o ragazzo che, potenzialmente, può sviluppare una lisi tumorale.
Identificando tempestivamente i segni e i sintomi della SLT ed intervenendo in modo appropriato si può aiutare il paziente a recuperare da questa pericolosa complicanza del trattamento antitumorale.

SINDROME DA LISI TUMORALE: INTERVENTI INFERMIERISTICI

PROBLEMA

INTERVENTO

Rischio di sviluppare SLT

– Identificare i pazienti a rischio

Iniziare prima possibile iperidratazione

– Accertarsi del corretto funzionamento dell'accesso venoso
– Se non presente posizionare CVP del calibro adeguato

Rischio di sovraccarico da iperidratazione

– Valutare bilancio idrico ogni 4/8 ore
– Rilevare peso giornalmente o 2 volte die se opportuno
– Valutare presenza di edema
– Valutare presenza di distensione venosa giugulare

Corretta prescrizione e somministrazione

– Valutare corretto dosaggio, tempo e via ottimale di somministrazione
– Valutare eventuali interazioni con altri farmaci prescritti

Rischio di squilibrio elettrolitico

– Monitorare i parametri biochimici legati alla sindrome
– Monitorare costantemente segni e sintomi

Rischio di disfunzioni cardiologiche

– Monitorare ogni 4 ore i parametri vitali
– Se clinicamente indicato avvalersi dell'ausilio di un monitor cardiaco
– Eseguire elettrocardiogramma

Rischio di insufficienza renale

– Valutare pH, colore, odore e limpidezza delle urine
– Valutare la presenza di globuli rossi ed emoglobina nelle urine
– Valutare per una possibile dialisi
– Preparare il paziente qualora sia indicata la dialisi

Rischio di anuria/oliguria

– Somministrare diuretici come da eventuale prescrizione
– Se ritenuto opportuno posizionare catetere vescicale (CV)
– Valutare per possibili infezioni CV-correlate
– Rimuovere CV non appena le condizioni cliniche lo consentono

Rischio incremento di fosforo e potassio

– Istruire paziente e famigliari ad evitare l'assunzione di cibi con alti contenuti di fosforo o potassio

Possibili reazioni allergiche

– Conoscere e riconoscere tempestivamente le possibili reazioni allergiche dei farmaci (Es. Allopurinolo/Rasburicase)

Paura e ansia

– Fornire supporto emotivo
– Attivare eventuali figure di supporto

 

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Bibliografia

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