Creazione e validazione di una scala di valutazione del distress morale nell’infermiere penitenziario


RIASSUNTO
Introduzione Il distress morale influenza il benessere lavorativo dell’infermiere e si associa spesso a burnout e abbandono del posto di lavoro. Il fenomeno è stato studiato in numerosi contesti, fatta eccezione per quello penitenziario. Lo studio ha l’obiettivo di creare e validare uno strumento per misurare il distress morale negli infermieri penitenziari italiani.
Materiali e metodi Partendo da una scala già validata in altri contesti ne è stata creata una adatta a quello penitenziario (Moral Distress Scale for Correctional nurses, MDS-CN). Dello strumento è stata valutata la validità di contenuto e di facciata; la scala è stata somministrata a 60 infermieri all’interno delle strutture penitenziarie di Bollate, Opera e San Vittore di Milano ed è stata calcolata la sua consistenza interna e la stabilità test-retest.
Risultati La MDS-CN ha presentato un indice di validità di contenuto pari a 0,99; il coefficiente di correlazione di Spearman è risultato pari a 0,99 (p<0,001), l’alfa di Cronbach pari a 0,91. Gli infermieri partecipanti allo studio hanno presentato un valore mediano di distress morale pari a 40,5 su 100. L’esperienza lavorativa carceraria si associa significativamente al fenomeno (OR=4,57, IC95%: 1,45-14,39, p=0,009).
Conclusioni Lo strumento si è dimostrato valido e affidabile nello studio del distress morale negli infermieri penitenziari. I risultati evidenziano la rilevanza del problema e la necessità di ulteriori approfondimenti su campioni più ampi.
Parole chiave: distress morale, infermiere penitenziario, struttura penitenziaria
 


Creation and validation of an assessment scale for moral distress in correctional nurses

ABSTRACT
Background Moral distress could influence nurses’ wellbeing on workplace, and is often associated with burnout and intention to leave. It has been studied in many settings except in the correctional one, for which no specific tools are available. This study aims to create and validate a tool for assessing moral distress among correctional nurses.
Methods The Moral Distress Scale for Correctional nurses (MDS-CN) was created starting from an already validated scale. Face and content validity index (CVI) were assessed. The scale was administered to 60 correctional nurses working in the correctional facilities of Bollate, Opera, and San Vittore (Milan). Internal consistency and test-retest stability were assessed.
Results The scale (MDS-CN) Content Validity Index was 0.99; test-retest reliability and internal consistency were excellent (respectively: rho=0.99, p<0.001; alpha=0.91). The median score of moral distress in the sample was 40.5/100. Working experience in correctional facilities was strongly associated with moral distress (OR=4.57, 95%IC: 1.45-14.39, p=0.009).
Conclusions The MDS-CN is a valid and reliable tool for assessing moral distress among correctional nurses. Results show the relevance of moral distress phenomenon but the study should be repeated on larger samples.
Keywords: moral distress, correctional nurses, correctional facilities


  

Introduzione
Il distress morale è una problematica molto presente tra tutti i professionisti sanitari, ma la letteratura ne evidenzia la diffusione soprattutto in ambito infermieristico (Corley MC, 2002; Whitehead PB et al., 2015).
Il termine “moral distress” (distress morale), introdotto per la prima volta da Jameton nel 1984 (Jameton A, 1984), si riferisce a uno stato di disagio e/o a un disequilibrio psicologico che si presenta quando l’infermiere è consapevole dell’azione moralmente appropriata da intraprendere in una situazione ma si trova impedito a metterla in atto a causa di ostacoli istituzionali quali la mancanza di tempo e di supporto, l’esercizio del potere medico e limiti legali e dovuti a politiche istituzionali (Corley MC, 2002; Negrisolo A et al., 2001).
La sofferenza e il disagio che possono derivare dal distress morale si manifestano con una grossa varietà di sintomi psicologici quali, per esempio, la paura, la frustrazione, il senso di colpa e di impotenza, la perdita di autostima e la depressione, oltre che con sintomi fisici quali l’inappetenza, il pianto, le palpitazioni, la diarrea e la cefalea (Austin W et al., 2005; CNA, 2003; De Villers MJ et al., 2013). Tali aspetti, oltre a influenzare la qualità di vita dell’infermiere, possono chiaramente impattare sulla sua attività professionale, riducendo in modo significativo la qualità delle prestazioni assistenziali (De Villers MJ et al., 2013). Infatti, un vissuto di distress morale può indurre a una compromissione dei valori e del proprio senso del dovere, ingredienti fondamentali dell’integrità morale dell’individuo (Corley MC, 2002). Se protratta nel tempo, questa condizione può avere effetti negativi e duraturi e portare l’infermiere a un distacco emotivo dal proprio lavoro e addirittura a lasciarlo (Borhani F et al., 2014; Hamric et al., 2012). In quest’ottica, alcuni studi recenti hanno dimostrato la relazione esistente tra distress morale e burnout (Austin W et al., 2005; Corley MC, 2002; Dalmolin G et al., 2014; Hamaideh SH, 2014; Lamiani et al., 2017; Rathert C et al., 2016; Whitehead PB et al., 2015).
Considerando che il distress morale è una componente sempre più presente e impattante sull’esperienza professionale dell’infermiere e stante la necessità di sviluppare un valido strumento in grado di misurarne l’intensità e la frequenza, nel 2001 Corley e colleghi hanno creato la Moral Distress Scale (MDS) (Corley MC et al., 2001) per valutare il fenomeno negli infermieri di terapia intensiva. Lo strumento è stato successivamente modificato dalla stessa Corley (Corley MC et al., 2005) e validato in differenti paesi (Barlem ELD et al., 2013; Silén M et al., 2011); Hamric e colleghi (Hamric et al., 2012) hanno prodotto una versione modificata della scala, la MDS-Revised, validata anche nel panorama italiano (Lamiani G et al., 2016), che ha permesso di estendere lo studio della tematica a differenti professioni e ambienti clinici.
Molti sono i contesti clinici in cui può verificarsi il distress morale e un rischio particolarmente alto è presente tra gli infermieri che lavorano in area critica (De Villers MJ et al., 2013; Elpern EH et al., 2005; Hamric AB et al., 2007) e in terapia intensiva neonatale (Cavaliere TA et al., 2010; Sannino P et al., 2015). La dimensione del fenomeno è stata studiata anche nell’ambio psichiatrico (Canciani E et al., 2016; Ohnishi K et al., 2010) e geriatrico (Piers et al., 2012).
A nostra conoscenza, nessuno studio ha ancora esplorato la presenza del distress morale tra gli infermieri che operano in ambito penitenziario, né esistono strumenti creati al fine di studiare il fenomeno in questo contesto. La letteratura suggerisce quanto l’agire infermieristico in strutture penitenziarie sia particolarmente complesso (Flanagan NA, 2006; Massei A et al., 2007; Sasso L et al., 2016; White KLA et al., 2014), in considerazione delle caratteristiche dei pazienti nonché delle variabili strutturali e organizzative della realtà in cui l’infermiere si trova a operare. Tali aspetti rendono l’assistenza infermieristica in carcere decisamente atipica rispetto alle altre realtà di cura (Massei A et al., 2007) e l’infermiere che lavora al suo interno è potenzialmente esposto ad alti livelli di distress morale (Sasso L et al., 2016). Risulta quindi necessario sviluppare uno strumento in grado di rilevare con precisione l’intensità e la frequenza del distress morale negli infermieri penitenziari. 

Obiettivo
L’obiettivo principale di questo studio è la creazione e la validazione preliminare di una scala per la valutazione del distress morale negli infermieri penitenziari (Moral Distress Scale for Correctional nurses, MDS-CN); l’obiettivo secondario è di utilizzare la scala in oggetto per indagare la diffusione del distress morale tra gli infermieri di alcuni penitenziari italiani. 

MATERIALI E METODI
Creazione e validazione dello strumento
Un gruppo di quattro esperti sulla tematica del distress morale e dell’assistenza infermieristica in ambito penitenziario ha analizzato criticamente i due strumenti validati in italiano che hanno studiato il fenomeno, ovvero la Moral Distress Scale-Revised (MDS-R), nella versione italiana (Lamiani G et al., 2016), e la Moral Distress Scale for Psychiatric nurses (MDS-P) (Canciani E et al., 2016).
Dopo aver contattato gli autori e aver ottenuto la loro autorizzazione all’utilizzo delle scale, sono state analizzate le voci di entrambi gli strumenti per individuare quelle rappresentative anche dello specifico contesto penitenziario; sono state ritenute pertinente 26 voci, 7 della scala di Lamiani e colleghi (Lamiani G et al., 2016) e 19 della scala di Canciani e colleghi (Canciani E et al., 2016). Si è quindi proceduto a individuare le situazioni ritenute potenzialmente causa di distress morale per l’infermiere penitenziario attraverso l’analisi degli articoli reperiti tramite una revisione della letteratura condotta sulle principali banche dati (PubMed, CINAHL, Cochrane Library); queste situazioni sono state elaborate dal gruppo di esperti e raggruppate in 11 voci (in Appendice 1).
La scala preliminare, composta da 37 voci, è stata somministrata a cinque infermieri esperti (più di 5 anni di anzianità in ambito penitenziario), operanti negli istituti penitenziari di Opera, Bollate e San Vittore, al fine di valutarne la validità di contenuto e di facciata. A ogni infermiere è stato consegnato un fascicolo cartaceo contenente la definizione di distress morale, l’informativa riguardante lo scopo dello studio e le 37 voci della scala; per ogni voce è stato chiesto di valutare la rilevanza attribuendo un punteggio da 1 (per niente rilevante) a 4 (molto rilevante). Inoltre, ogni infermiere ha avuto la possibilità di riportare, a margine di ogni voce, eventuali considerazioni su aspetti poco chiari, ambigui o che necessitassero di modifiche. Infine, è stata creata una domanda conclusiva per permettere al compilatore di esprimersi rispetto alla lunghezza complessiva e indicare la presenza di ulteriori aspetti del distress morale in ambito penitenziario non considerati dallo strumento proposto. In caso di eventuali modifiche suggerite dagli esperti è stata prevista l’eventuale rivalutazione della validità di facciata e di contenuto.
La Moral Distress Scale for Correctional nurses (MDS-CN), nella sua veste definitiva, è stata poi proposta a tutti gli infermieri operanti nelle tre realtà oggetto di studio ai fini dell’inquadramento del fenomeno: per ogni voce il compilatore doveva indicare se avesse mai vissuto l’esperienza descritta e il livello di distress morale percepito su una scala Likert da 0 (nessun distress) a 5 (massimo distress), già adottata in scale precedentemente elaborate in ambito psichiatrico (Canciani E et al., 2016; Ohnishi K et al., 2010). Il punteggio totale della scala varia da 0 a 100: maggiore è il punteggio, maggiore è il livello di distress morale. 

Analisi dell’affidabilità dello strumento
E’ stato condotto uno studio osservazionale trasversale con campionamento di convenienza. Dopo aver ottenuto l’autorizzazione da parte del servizio infermieristico delle strutture di Opera, San Vittore e Bollate, si è provveduto alla somministrazione della scala: ogni infermiere aderente ha ricevuto un fascicolo cartaceo composto dalla presentazione dello studio con il relativo consenso informato e dallo strumento creato, comprensivo di una parte conclusiva di raccolta di dati sociodemografici e professionali (per esempio, l’intenzione di lasciare il posto di lavoro, la formazione ricevuta, eccetera). I consensi informati e i questionari compilati sono stati raccolti separatamente in due buste, in modo tale da garantire l’anonimato.

Considerazioni etiche
La partecipazione allo studio è avvenuta su base volontaria; i dati sono stati trattati nel rispetto della normativa vigente in Italia e dei principi della dichiarazione di Helsinki. Sono state rispettate le regole del competente Comitato etico, anche se l’iter di approvazione non era richiesto per questo tipo di studio.

Considerazioni statistiche
Per l’elaborazione dei dati è stato utilizzato il software Statistical Package for Social Science (SPSS) nella versione 22. Sono stati calcolati i valori di mediana, i quartili e i range di ogni singola voce e della scala nel suo complesso. Il livello complessivo di distress morale di ogni singolo individuo è stato ottenuto sommando i punteggi di tutte le voci. Punteggi pari o superiori a 3 indicano un livello rilevante di distress morale (Corley MC et al., 2005), Ai fini della valutazione dell’affidabilità dello strumento sono state calcolate la consistenza interna, attraverso il coefficiente alfa di Cronbach, e la stabilità test-retest, tramite il coefficiente rho di Spearman, con una seconda somministrazione della scala a distanza di dieci giorni dalla prima, che ha coinvolto quindici infermieri. Per i coefficienti alfa di Cronbach e rho di Spearman è stato considerato accettabile il valore soglia di 0,80 come da indicazioni dei testi di riferimento (Norman GR et al., 2004). La validità di contenuto è stata analizzata calcolando l’indice di validità di contenuto delle voci (Content Validity Index-Item, CVI-I) e della scala (Content Validity Index-Scale, CVI-S). Per il primo sono stati ritenuti accettabili valori maggiori o uguali a 0,78; per il secondo valori maggiori o uguali a 0,90 (Polit DF et al., 2007; Polit DF et al., 2006). Sono stati utilizzati modelli lineari e logistici multivariati al fine di indagare l’effetto delle variabili studiate dalla scala sul punteggio di distress morale. I dati sono stati trasformati con il metodo di Bloom; la verifica di normalità è stata condotta tramite test di Kolmogorov-Smirnov. La bontà di adattamento dei modelli è stata saggiata con il coefficiente di determinazione (R2) per le equazioni lineari e con il test di Hosmer-Lemeshow per quelle logistiche.

RISULTATI
Validità e affidabilità dello strumento
Secondo il giudizio dei cinque infermieri esperti, 19 voci delle 37 iniziali erano pertinenti ed appropriate (CVI-I≥0,80).
Delle 18 voci che hanno presentato un CVI-I maggiore o uguale a 0,60, due sono state modificate in funzione ai suggerimenti degli esperti:

  • la voce “assecondare il desiderio dei familiari di continuare le cure salvavita anche se ritengo che ciò non sia nel miglior interesse del paziente” è stata modificata in “aderire alle richieste di familiari/avvocati/rappresentanti della persona nel continuare le cure anche se non è nell’interesse del paziente”;
  • la voce “non sentirsi al sicuro rispetto alla propria incolumità personale nell’assistere i pazienti” è stata modificata in: “non sentirsi sempre al sicuro rispetto alla propria incolumità personale nell’assistere i pazienti”.

Dopo aver effettuato le modifiche consigliate, la nuova versione della scala è stata risomministrata agli stessi infermieri.
Le 19 voci risultate pertinenti e appropriate in prima analisi (CVI-I≥0,80, 80%) hanno confermato la loro validità e sono state inserite nello strumento definitivo; la voce modificata “non sentirsi sempre al sicuro rispetto alla propria incolumità personale nell’assistere i pazienti” ha presentato un CVI-I pari a 1 (100%) ed è stata dunque inserita nello strumento definitivo; l’altra voce modificata ha confermato di non essere complessivamente rilevante (CVI-I=0,60), ed è stata scartata. Per tutte le altre voci è stata confermata la non pertinenza (CVI-I≤0,60) e, quindi, sono state scartate.
Lo strumento definitivo (in Appendice 2 a pagina e86), formato da 20 voci, ha presentato un indice di validità di contenuto (CVI-S) pari a 0,99.
Le caratteristiche di comprensibilità e univocità delle voci, oltre alla lunghezza complessiva della scala definitiva, sono state considerate positivamente da tutti gli infermieri. La somministrazione ripetuta a dieci giorni ha confermato la stabilità dello strumento (test-retest: rho=0,99, p<0,001); il coefficiente alfa di Cronbach è risultato pari a 0,91.

Diffusione del distress morale
Sono stati arruolati 60 infermieri (tasso di rispondenza 60,6%), 29 uomini e 31 donne; l’età mediana era di 29 anni (scarto interquartile, IQR: 26;40) senza differenze statisticamente significative tra i due sessi (test di Wilcoxon, p=0,14). L’esperienza lavorativa complessiva mediana era di 4 anni (IQR: 2,5;10), quella in carcere era di 3 anni (IQR: 2;5). Undici soggetti hanno ricevuto una formazione specifica nel campo dell’infermieristica penitenziaria. Il 23,3% ha espresso l’intenzione di abbandonare l’ambiente penitenziario, senza differenze significative rispetto alla struttura (p=0,78), al sesso (p=0,66), all’età (p=0,95) e all’esperienza complessiva (p=0,69); anche l’esperienza nello specifico ambito penitenziario non pare essere associata all’intenzione di abbandonare (p=0,56), tuttavia i 14 soggetti che intendevano abbandonare avevano una maggiore esperienza in ambito penitenziario (mediana, Me=3, intervallo: da 3 a 5,75) rispetto a quelli che non avevano intenzione di abbandonare il lavoro (Me=2, intervallo: da 1,25 a 5). Tra le 11 persone che hanno ricevuto una formazione dedicata all’ambiente penitenziario, una intendeva abbandonare. Il livello mediano di distress morale è risultato pari a 40,5 (intervallo: da 25,5 a 47,5), con un valore minimo pari a 3 e un massimo di 95. Per ogni voce della scala sono stati calcolati la frequenza di presentazione nel campione con punteggi di distress morale maggiori o uguali a 3, la mediana, il primo e il terzo quartile (Tabella 1).Tabella 1. Frequenza di distress morale, mediana, 1° e 3° quartile (Q1, Q3) di ogni voce della scala MDS-CN
In merito al legame tra distress morale e le altre variabili, la regressione logistica ha mostrato un’associazione protettiva tra distress più basso della mediana e l'intenzione di abbandonare (OR=0,11, IC95%: 0,02-0,54, p=0,006, test di Hosmer-Lemeshow, p=0,02).
Nell’analisi multivariata, l’esperienza complessiva non ha mostrato legami statisticamente significativi con il distress morale (p=0,3876), che appare invece legato all’esperienza in carcere (p=0,0199, R2=0,79).
Nello stesso modello statistico è stato studiato anche l’impatto della formazione, che non ha mostrato legami significativi con i punteggi di distress morale.
L’esperienza carceraria è l’unica variabile che influisce sul distress morale, con un’associazione forte e statisticamente significativa (OR=4,57, IC95%: 1,45-14,39, p=0,0094, R2=0,80). 

DISCUSSIONE
La scala creata si è dimostrata valida e affidabile ai fini della valutazione del livello di distress morale negli infermieri penitenziari. In particolare, dal punto di vista della validità di contenuto e di facciata, la scala è apparsa adeguata al contesto di studio; la versione definitiva a 20 voci è stata giudicata positivamente dagli esperti, che non hanno riscontrato dubbi o incertezze in merito alla sua compilazione e hanno confermato la centralità di ogni voce ai fini dello studio del fenomeno, senza il bisogno di ulteriori aggiunte. L’elevato valore del coefficiente rho di Spearman dimostra l’ottima stabilità dello strumento in grado di fornire le stesse risposte a misurazioni ripetute. Il punteggio dell’alfa di Cronbach certifica l’alto grado di correlazione tra le voci della scala e dunque l’eccellente consistenza interna; si noti peraltro che, escludendo le voci una a una, tale valore è sempre rimasto maggiore di 0,89. L’analisi fattoriale, non condotta in questo lavoro in ragione della ridotta estensione campionaria permetterà, nel corso di approfondimenti futuri, di esplorare l’eventuale presenza di differenti costrutti all’interno della scala.
Il livello di distress morale rilevato in questo studio potrebbe considerarsi moderato (Me=40,5/100). Tuttavia, la dimensione del problema va letta alla luce del fatto che gli infermieri in questione hanno un’esperienza lavorativa di pochi anni (Me=4 anni) e ancor più breve nello scenario penitenziario (Me=3 anni). Ciò induce a riflettere su come il livello di distress morale rilevato sia in realtà molto preoccupante poiché raggiunto in breve tempo e potenzialmente in grado di peggiorare all’aumentare dell’anzianità di servizio, in assenza di interventi preventivi. Tutto ciò depone a favore della rilevanza della problematica e della necessità di continuare a esplorarne le caratteristiche.
Per quanto riguarda la scala, tredici voci hanno riportato un valore mediano di distress morale pari o superiore a 3, corrispondente a situazioni percepite come particolarmente stressanti. Ciò permette di inquadrare quelle situazioni favorenti il disagio dell’infermiere sulle quali andare ad agire con maggiore decisione attraverso interventi di molteplice natura. Nello specifico, la voce “lavorare in mancanza di risorse e/o strumenti che garantiscano un’assistenza di qualità” (n° 18) è stata riportata dal 68,3% degli infermieri del campione. Questo risultato sottolinea come, sempre più spesso, gli infermieri siano costretti a lavorare con risorse precarie, sia dal punto di vista del materiale sia a livello economico e logistico, senza tralasciare la carenza di risorse umane (voce n° 12). Va aggiunta la voce n° 14, “lavorare in un contesto che considero inadeguato dal punto di vista strutturale e organizzativo”, identificata dal 51,7% degli infermieri, riferita alle peculiarità strutturali e amministrative tipiche dell’ambiente penitenziario, con cui l’infermiere deve imparare a convivere e che spesso possono contrastare il processo di cura (Massei A et al., 2007).
La voce “lavorare con un medico o un infermiere che a mio parere non è competente” (n° 7) ha riportato il valore mediano di distress più alto ed è stata indicata dal 65% degli infermieri. Questo dato è molto interessante se si ripensa all’alta percentuale di infermieri che ha dichiarato di non aver seguito una specifica formazione prima di prendere servizio in ambiente penitenziario o durante la propria attività in questo contesto. Eppure, l’aver ricevuto una formazione specifica non sembra costituire un fattore protettivo per il professionista rispetto al rischio di sviluppare il distress morale. Tuttavia, la ridotta estensione campionaria e il limitato numero di infermieri che hanno ricevuto una formazione rendono difficile generalizzare questo risultato, ed è anzi probabile che l’aspetto formativo possa concorrere in qualche modo, in sinergia con molti altri fattori, a ridurre i livelli di distress morale; in quest’ottica, sono auspicabili ulteriori approfondimenti. A ogni modo, la formazione in questo ambito può essere considerata come un potenziale cofattore protettivo del rischio di presentare distress morale. Probabilmente, la mancanza di formazione può essere un problema più ampio riguardante anche le altre figure professionali che lavorano in carcere. Da ciò può derivare una ridotta competenza del personale rispetto a quelle che sono le peculiarità e le necessità dell’ambiente penitenziario, che può portare a distress morale.
La voce “svolgere attività che esulano dal mio ruolo infermieristico” (n° 13) è stata riportata dal 59,8% del campione. Questo risultato pone l’accento sulle problematiche tipiche dell’ambiente penitenziario, sulla coesistenza di diversi ruoli che l’infermiere deve ricoprire all’interno di questa realtà (Flanagan NA, 2006; Powell et al., 2010; Sasso L et al., 2016; Weiskopf CS, 2005; White KLA et al., 2014) e di come ciò possa provocare conflitti interiori in grado di determinare alti livelli di distress morale.
Le voci “rispettare regolamenti e norme che ritengo essere in contrasto con la mia etica” (n° 6), “percepire poco riconoscimento e/o scarsa collaborazione da parte del personale di polizia penitenziaria” (n° 10) e “non sentirsi sempre al sicuro rispetto la propria incolumità personale nell’assistere i pazienti” (n° 20) sono stati identificati dal 55% degli infermieri. Le peculiarità dell’aspetto normativo in ambito penitenziario sfociano nella difficoltà a creare una relazione assistenziale con i detenuti, anche dovuta alle limitazioni imposte alla possibilità di comunicare con loro e alla presenza negli stessi di tratti manipolatori (Massei A et al., 2007; Sasso L et al., 2016; Weiskopf CS, 2005). Inoltre, la forte presenza della voce n° 10 evidenzia una situazione di scarsa collaborazione interprofessionale in un contesto in cui infermieri e agenti di polizia penitenziaria lavorano sempre a stretto contatto (Weiskopf CS, 2005). Tale sfiducia e la difficoltà a creare un adeguato rapporto terapeutico con i detenuti possono determinare una percezione di mancata sicurezza personale da parte dell’infermiere durante il proprio agire quotidiano, fenomeno quest’ultimo sempre più oggetto di studio e presente anche in altri contesti clinici (Terzoni S et al., 2015).
I risultati hanno evidenziato che un livello di distress morale più basso della mediana rappresenta un fattore protettivo rispetto all’idea di abbandonare l’attuale posto di lavoro: come previsto, alti livelli di distress morale si associano alla volontà di abbandonare l’impiego, come peraltro già riscontrato in letteratura (Borhani F et al., 2014; Hamric et al., 2012).
Tra gli anni di esperienza complessiva e quelli di lavoro in carcere (anche se pochi, Me=3 anni), i secondi fanno la differenza in termini di sviluppo di distress morale. Il contesto penitenziario appare quindi un ambiente altamente rischioso, dove è frequente vivere situazioni eticamente stressanti che possono portare l’infermiere, entro poco tempo, a sviluppare alti livelli di distress morale, potenziale causa di disagio personale e professionale e, in ultimo, di abbandono della professione.
Questa riflessione è avvalorata dal fatto che la maggioranza del campione ha presentato un’esperienza lavorativa in ambito penitenziario inferiore o uguale ai 3 anni. Il dato suggerisce la presenza di un elevato ricambio delle figure infermieristiche che lavorano in carcere.
Il limite più importante di questo studio è sicuramente rappresentato dalla ridotta estensione campionaria, peraltro confinata a una limitata area geografica del paese. Il processo di validazione non è perciò da considerarsi concluso: sono necessari ulteriori studi, su campioni più ampi e diversificati, per indagare la struttura fattoriale dello strumento e per adattarlo a contesti specifici quali, per esempio, la medicina penitenziaria o le nascenti REMS (residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza). 

CONCLUSIONI
Questo studio ha reso disponibile alla comunità professionale il primo strumento in grado di indagare il distress morale nella popolazione infermieristica penitenziaria italiana, fenomeno presente ma scarsamente esplorato anche a livello internazionale; allo stato attuale, l’unicità del lavoro rende impossibile effettuare confronti, che sono auspicabili in futuro.
La Moral Distress Scale for Correctional nurses (MDS-CN) si è dimostrata valida e affidabile nello studio di un fenomeno in grado di impattare significativamente sul benessere fisico e psicologico dell’infermiere, sulla tendenza all’abbandono e, nell’ottica della qualità delle cure, sull’appropriatezza degli interventi assistenziali. La piena conoscenza della dimensione del distress morale rappresenta il primo passo per poter individuare strategie organizzative in grado di gestire efficacemente o addirittura prevenire il fenomeno.
 

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Appendice 1. Voci aggiuntive della scala MDS-CN riguardanti situazioni ritenute potenzialmente causa di distress morale per l’infermiere penitenziario individuate attraverso la revisione della letteratura

 

Appendice 2. Moral Distress Scale for Correctional nurses (MDS-CN) - 1

Appendice 2. Moral Distress Scale for Correctional nurses (MDS-CN) - 2