RIASSUNTO
Introduzione Diversi  studi hanno indagato l’attitudine dei professionisti sanitari  all’acquisizione di valide abilità comunicative utilizzando la  Communication Skills Attitude Scale (CSAS); tuttavia, gli  approfondimenti relativi alla professione infermieristica e al contesto  italiano sono carenti. Lo scopo dello studio è quello di validare in  italiano la CSAS su un campione di studenti di un corso di laurea in  infermieristica e di esplorare le possibili relazioni tra la loro  attitudine a sviluppare adeguate abilità comunicative e le differenti  variabili demografiche.
Materiali e metodi La  scala CSAS è stata tradotta in italiano attraverso il metodo della  traduzione inversa e somministrata a un campione di studenti di due  sezioni di un corso di laurea in infermieristica per valutarne la  validità e l’affidabilità.
Risultati  La scala presenta un ottimo indice di validità del contenuto (96,9%)  oltre a una buona consistenza interna (alfa di Cronbach=0,86). L’analisi  fattoriale ha confermato la presenza delle due sottoscale, la Positive  Attitude Scale (PAS) e la Negative Attitude Scale (NAS), dello strumento  originale. Gli studenti hanno mostrato un’elevata attitudine positiva a  sviluppare labilità comunicative; non sono emerse differenze  significative in relazione alle variabili demografiche indagate.
Conclusioni  La versione italiana della CSAS sembra essere valida e affidabile; il  suo utilizzo è dunque raccomandabile per indagare l’attitudine a  sviluppare abilità comunicative.
Parole chiave: comunicazione, attitudine, personale sanitario, studenti di infermieristica
 
Nursing students’ attitudes toward effective communication skills: Italian validation of the Communication Skills Attitude Scale (CSAS)
ABSTRACT
Introduction  Several studies have investigated students’ attitudes toward effective  communication skills using the Communication Skills Attitude Scale  (CSAS); however, there is a lack of data about the nursing profession  and the Italian context. The aim is to validate the CSAS in Italian on a  sample of nursing students and explore the possible relationship  between attitudes toward effective communication skills and demographic  factors.
Methods The CSAS was  translated in Italian and back-translated and administered to a sample  of nursing students in order to assess its reliability and validity.
Results  The Italian version of CSAS has an excellent content validity index  (CVI=96.9%) and good reliability (Cronbach α=0.86). Factor analysis  confirmed the existence of the two original CSAS subscales: Positive  Attitude Scale (PAS) and Negative Attitude Scale (NAS). The students  showed a higher positive attitude toward improving communication skills.  Demographic characteristics didn’t yield significant differences in PAS  and NAS scores.
Conclusions The  Italian version of CSAS is valid and reliable. Its use is recommended in  order to investigate the healthcare personnel’s attitude toward  improving communication skills.
Keywords: communication, attitude, healthcare personnel, nursing students

 
INTRODUZIONE
La  comunicazione è una componente essenziale del vivere quotidiano; nel  contesto sanitario, all’interno del quale l’impegno professionale è  costantemente volto a collocare la persona al centro del proprio agire,  la comunicazione costituisce un tassello fondamentale nel percorso di  cura e assistenza perché indispensabile a sviluppare e mantenere una  relazione d’aiuto (Stoddart KM, 2012; Tay LH et al., 2011).
La  letteratura suggerisce quanto una comunicazione efficace influenzi il  rapporto di cura sviluppando nel paziente sentimenti di fiducia, di  conforto, di senso del rispetto e contribuendo al miglioramento  dell’aderenza terapeutica e degli esiti clinico assistenziali (Ku TK et  al., 2010; Charlton C et al., 2008).
Al contempo,  una recente indagine condotta dall’ente di accreditamento Joint  Commission (JC, 2015) ha evidenziato quanto, nonostante il miglioramento  dell’efficacia comunicativa rappresenti uno degli obiettivi  internazionali per la sicurezza del paziente, tuttora l’inadeguata  comunicazione rappresenti una delle principali cause profonde di eventi  sentinella − un evento avverso di particolare gravità, potenzialmente  evitabile, che può comportare morte o grave danno al paziente − indice  di bassa qualità delle cure erogate.
La  complessità della relazione che s’instaura tra il professionista  sanitario e la persona assistita rende necessario lo sviluppo di  adeguate competenze comunicative, in particolare da parte  dell’infermiere (Finke E et al., 2008; de Almeida AI et al., 2010;  Kourkouta L et al., 2014); infatti, non può essere sufficiente basarsi  esclusivamente sulla spontaneità e sulle singole abilità e propensioni  del professionista. Questa visione colloca sempre di più la  comunicazione alla base del continuo percorso di crescita e  consolidamento della maturità della professione.
Nonostante  ciò, la letteratura riporta ancora una carenza di adeguate abilità  comunicative negli infermieri (McCabe C, 2004; Siyambalapitiya S et al.,  2007); sulla base della teoria dell’azione ragionata, che sottolinea  quanto ogni comportamento sia influenzato dall’atteggiamento che  l’individuo mostra nei confronti di una certa entità (Fishbein M et al.,  1975), nel corso degli ultimi anni sono stati condotti molti studi  volti a indagare le propensioni dei professionisti sanitari rispetto  alla necessità di acquisire valide abilità comunicative (Shankar P et  al., 2013; Ullah MA et al., 2012; Loureiro E et al., 2011a; Marambe KN  et al., 2012; Laurence B et al., 2012; Busch AK et al., 2015; Molinuevo B  et al., 2011; Lumma-Sellenthin A, 2012) e l’influenza che un percorso  di formazione può avere su tale atteggiamento (Rees C et al., 2003;  Bombeke K et al., 2011; Tiuraniemi J et al., 2011; Koponen J et al.,  2012). In questo senso, uno degli strumenti maggiormente utilizzati a  livello internazionale è la Communication Skills Attitude Scale (CSAS)  (Rees C et al., 2002a) creata nel 2002 e da allora validata in  differenti contesti, in particolare con studenti di medicina (Busch AK  et al., 2015; Molinuevo B et al., 2011; Lumma-Sellenthin A, 2012;  Loureiro E et al., 2011b).
In Italia, l’attuale  formazione accademica pone sempre maggiore enfasi allo sviluppo di  adeguate competenze comunicative (Bagnasco A et al., 2014, 2016),  ritenendolo sempre di più uno degli obiettivi formativi costituenti il core curriculum  di ogni professionista sanitario; ciò è in piena sintonia con i  principi deontologici che rimarcano la centralità e l’imprescindibilità  della comunicazione nell’agire professionale infermieristico (IPASVI,  2009).
Ciononostante, allo stato attuale delle  conoscenze non sono presenti studi che riguardino il panorama italiano  e, in particolare, l’ambito infermieristico. L’utilizzo di uno strumento  quale la CSAS potrebbe consentire anche nel nostro paese la valutazione  dell’attitudine degli infermieri o ancor prima, degli studenti in fase  di formazione, ad acquisire e sviluppare adeguate abilità comunicative;  tuttavia, a oggi non è presente una versione italiana della scala. 
Obiettivo
Questo  studio ha l’obiettivo di presentare la validazione in italiano della  Communication Skills Attitude Scale (CSAS) in un contesto di formazione e  di indagare l’attitudine degli studenti di un corso di laurea in  infermieristica a sviluppare adeguate abilità comunicative ed esplorare  le possibili relazioni con le differenti variabili, come suggerito dalla  letteratura di riferimento.
MATERIALI E METODI
Traduzione inversa
Per  poter tradurre e validare la CSAS in lingua italiana è stata contattata  la professoressa Rees, autrice della scala; dopo avere ottenuto il  consenso e la conferma che nessuna versione italiana esistesse o fosse  in lavorazione, si è proseguito con la traduzione della scala attraverso  il metodo della traduzione inversa (back translation) al fine  di garantire la sovrapponibilità culturale e linguistica dello  strumento. Come previsto dal metodo, la traduzione è stata svolta in due  tempi distinti. Al fine di adattare lo strumento alla popolazione  infermieristica, le voci (item) comprendenti i termini “medico”  o “medicina” (1, 4, 18, 19, 21, 23 e 26) sono state modificate  inserendo rispettivamente i termini “infermiere” e “infermieristica”; la  versione definitiva è stata inviata all’autrice, che ha confermato la  correttezza della traduzione.
Si è quindi  provveduto a valutare la validità di contenuto della scala attraverso il  calcolo dell’indice di validità del contenuto, o Content Validity Index  (CVI), di ogni voce (CVI-I) e della scala nel suo complesso (CVI-S).
Il  CVI-I viene determinato dal calcolo delle valutazioni da parte di un  gruppo di professionisti esperti sulla tematica specifica che valutano  quanto possano essere rilevanti le singole voci di uno strumento, in una  scala da 0 (non rilevante) a 10 (molto rilevante). Il CVI-S viene  calcolato facendo la media della percentuale delle voci classificate  come “rilevanti” (punteggio da 6 a 7) o “molto rilevanti” (punteggio da 8  a 10). La scala è stata somministrata a 6 infermieri tutor del corso di  laurea in infermieristica dell’Università degli Studi di Milano, presso  il polo situato nell’azienda ospedaliera San Paolo. Agli stessi è stato  chiesto di valutare la validità di facciata della scala esprimendo  eventuali dubbi di comprensione sulla sua compilazione e riguardo alla  chiarezza delle voci. 
Lo strumento
La  CSAS è composta da due parti: la prima indaga la sfera anagrafica e  personale del compilatore (età, sesso, anno di corso, nazionalità, prima  lingua parlata, tipo di diploma in possesso e professione di entrambi i  genitori); la seconda parte è costituita da 26 voci suddivise in due  sottoscale, una indicante l’attitudine positiva (Positive Attitude Scale, PAS) e l’altra quella negativa (Negative Attitude Scale,  NAS) a sviluppare abilità comunicative. La sottoscala PAS comprende le  voci numero 4, 5, 7, 9, 10, 12, 14, 16, 18, 21, 22, 23 e 25 mentre la  NAS le voci numero 1, 2, 3, 6, 8, 11, 13, 15, 17, 19, 20, 24 e 26  (Appendice 1 a pag e15).
Le possibili risposte alle voci sono strutturate secondo una scala Likert  che va da 1 (fortemente in disaccordo) a 5 (totalmente d’accordo). Il  punteggio di ciascuna sottoscala può andare da 13 a 65; più il punteggio  è alto, più sono forti gli atteggiamenti positivi o negativi.
Le  due sottoscale PAS e NAS sono state confermate anche in successive  validazioni in altri contesti (Busch AK et al., 2015; Molinuevo B et  al., 2011; Lumma-Sellenthin A, 2012). Solo un limitato numero di  contributi (Ahn S et al., 2009; Loureiro E et al., 2011) ha individuato  sottoscale differenti.
Contesto
E’  stato condotto uno studio di tipo trasversale multicentrico che ha  coinvolto gli studenti appartenenti al I, II e III anno del corso di  laurea in infermieristica dei poli dell’Università degli Studi di Milano  situati presso l’Azienda ospedaliera San Paolo di Milano e l’IRCCS  Istituto Clinico Humanitas di Rozzano. La somministrazione dello  strumento è stata effettuata dal 2 al 13 marzo 2015; gli studenti del I  anno, oltre a non avere ancora svolto alcun periodo di tirocinio clinico  al momento dell’indagine, non avevano ancora seguito le lezioni  teoriche sul processo comunicativo e sulla relazione d’aiuto. La  partecipazione allo studio è avvenuta su base volontaria; i dati sono  stati trattati in modo da garantire l’anonimato nel rispetto della  normativa vigente in Italia e dei principi della dichiarazione di  Helsinki. La somministrazione è stata preceduta dalla presentazione, da  parte dei responsabili, delle finalità del progetto, delle  caratteristiche e della modalità di compilazione dello strumento. 
Analisi statistica
Le analisi sono state condotte attraverso il software Statistical Analysis Software (SAS®);  il coefficiente alfa di Cronbach è stato calcolato per valutare la  consistenza interna della scala. Il test T per campioni indipendenti e  il coefficiente rho (ρ) di Spearman per le variabili non gaussiane sono  stati utilizzati per indagare la differenza nei punteggi PAS e NAS tra  gli studenti con o senza genitori impiegati in ambito sanitario (gli  articoli originali parlavano solo di medici, ma in questa indagine sono  disponibili anche dati su infermieri e altri professionisti sanitari).  Sono state inoltre considerate variabili quali l’età, l’appartenenza a  gruppi etnici diversi da quello italiano, il sesso e il possesso di un  diploma di scuola superiore a indirizzo psicologico/comunicativo. Sono  stati analizzati i risultati in base all’appartenenza al primo anno di  corso o ai successivi, per i motivi esposti in precedenza.
Infine,  è stata condotta un’analisi fattoriale per indagare la struttura  interna della scala e verificare l’esistenza delle due sottoscale  previste nello studio originale (NAS e PAS).
L’analisi  è stata condotta sull’insieme degli studenti delle due sezioni di  corso, poiché tutti gli studenti del II e III anno avevano seguito corsi  che includevano concetti di comunicazione e relazione con il paziente  prima di essere arruolati per questo studio. In entrambi i poli, al  momento di partecipare all’indagine, gli studenti del I anno non avevano  ancora seguito tali corsi. Le esperienze di tirocinio (e quindi le  occasioni di contatto con i pazienti) sono sostanzialmente  sovrapponibili, in termini sia di frequenza e durata sia di tipologia di  reparti coinvolti. 
RISULTATI
Sono  stati arruolati 206 studenti di tutti gli anni del corso di laurea in  Infermieristica (I, II e III), 125 del polo dell’azienda ospedaliera San  Paolo e 81 di quello dell’Istituto Clinico Humanitas.
I  soggetti arruolati (152 femmine e 54 maschi) avevano un’età mediana di  21 anni (differenza interquartile, IQR=20;23, Shapiro-Wilk p<0,05),  in un intervallo compreso tra 19 e 38 anni; 94 studenti appartenevano al  I anno (45,6%), 64 al II (31,1%) e 48 al III (23,3%); 165 studenti  erano in corso (92,2%), 11 erano ripetenti (6,1%) e 3 erano fuori corso  (1,7%); 27 non hanno risposto alla domanda (13,1%).
Il  90,8% degli studenti era di nazionalità italiana; la maggioranza degli  studenti parlava l’italiano come prima lingua (92,7%), 6 lo spagnolo, 4  il filippino, uno il thailandese, uno il cinese, uno l’hindi e uno  l’albanese mentre uno studente non ha risposto.
Il  43,2% aveva una maturità scientifica, il 13,9% una classica; 34 persone  avevano frequentato percorsi formativi in cui il tema della  comunicazione era parte integrante dei corsi curricolari, ovvero scienze  sociali (50%) liceo socio-pedagogico (47,1%) e scienze della  comunicazione (2,9%).
Nei genitori l’attività  impiegatizia è risultata la prevalente (il 26% dei padri e il 35,3%  delle madri); tra i padri con professioni sanitarie, il medico,  l’infermiere e le altre figure sanitarie erano equamente rappresentate  (4 per ciascuna categoria). Tra le madri, erano presenti 13 infermiere, 2  medici e 12 operatori sanitari di altro tipo e, infine, un’educatrice. 
Affidabilità, validità di facciata e di contenuto
I  6 valutatori esperti hanno giudicato positivamente le caratteristiche  di comprensibilità e univocità delle voci della scala e la sua lunghezza  complessiva, una variabile in grado di influenzarne la reale  possibilità di utilizzo.
Dall’analisi delle  risposte fornite la versione italiana della CSAS ha ottenuto un indice  di validità del contenuto pari al 96,9% (ogni voce ha presentato un  CVI-I maggiore del 90%); questo dato, più che soddisfacente, depone a  favore di una buona validità di contenuto dello strumento, attestata  anche dal confronto con la letteratura, che ritiene adeguato un indice  di validità di contenuto pari o superiore al 90% (Burns N et al., 2009).
La  scala ha mostrato un coefficiente alfa di Cronbach pari a 0,86, ovvero  una buona consistenza interna che dimostra l’affidabilità della scala. 
Punteggi CSAS e variabili demografiche
La Positive Attitude Scale  (PAS) ha ottenuto un punteggio medio di 50,7±5,7; considerando che il  III quartile teorico corrisponde a 52 punti, il valore medio dei  punteggi PAS corrisponde a un atteggiamento nettamente positivo.
La Negative Attitude Scale  (NAS) ha ottenuto un punteggio medio di 30,9±5,2, corrispondente a un  atteggiamento negativo poco al di sopra del I quartile, pari a 26, e  nettamente al di sotto della mediana, pari a 39.
A  differenza di quanto indicato in letteratura (Rees C et al., 2002a) non  sono state riscontrate differenze statisticamente significative nei  punteggi ottenuti nelle scale PAS e NAS considerando variabili quali il  sesso, il lavoro del genitore, il possesso di un diploma in un ambito  psicopedagogico o comunicativo, l’etnia (diversa da quella italiana) e  l’appartenenza al primo anno del corso di laurea (Tabella 1).
Non sono state trovate correlazioni significative neppure tra età e punteggi PAS (rho=-0,03, p=0,66). Invece, è risultato significativo il coefficiente di correlazione tra età e NAS (rho=0,21, p=0,031); tuttavia, il dato è stato falsato dalla presenza di molti valori dispersi, come conferma un’analisi di regressione robusta condotta dopo la trasformazione di Blom. Il modello di regressione, tenendo in considerazione tale problematica, non mostra significatività statistica (p=0,29) a fronte di una bontà di adattamento soddisfacente (R2=0,83). In definitiva, quindi, l’età non sembra avere influenzato i punteggi.
Struttura della scala
 Ai fini della validazione, è stata analizzata la struttura interna della  scala allo scopo di verificare l’esistenza delle sottoscale previste  dagli autori originali. In particolare, si voleva controllare la  presenza di due gruppi distinti di domande, corrispondenti  rispettivamente alle sottoscale degli atteggiamenti positivi e negativi.  Il campione è risultato adeguato all’analisi fattoriale  (Kaiser-Meyer-Olkin=0,82, test di Bartlett p>0,05). L’analisi ha  confermato l’esistenza dei due costrutti, come mostrato nella tabella 2,  con carichi fattoriali non sempre altissimi ma ben distinti tra due  fattori predominanti, riconducibili alle due sottoscale PAS e NAS.
Ai fini della validazione, è stata analizzata la struttura interna della  scala allo scopo di verificare l’esistenza delle sottoscale previste  dagli autori originali. In particolare, si voleva controllare la  presenza di due gruppi distinti di domande, corrispondenti  rispettivamente alle sottoscale degli atteggiamenti positivi e negativi.  Il campione è risultato adeguato all’analisi fattoriale  (Kaiser-Meyer-Olkin=0,82, test di Bartlett p>0,05). L’analisi ha  confermato l’esistenza dei due costrutti, come mostrato nella tabella 2,  con carichi fattoriali non sempre altissimi ma ben distinti tra due  fattori predominanti, riconducibili alle due sottoscale PAS e NAS.
Sono  stati ottenuti altri tre fattori, con carichi sulle domande 3, 4, 11 e  21, ma con valori vicinissimi alla soglia di Stevens (in questo caso  0,36), quindi ampiamente superati dai carichi dei due fattori sopra  menzionati. Si ritiene pertanto di poter considerare unicamente i primi  due fattori, che nel complesso spiegano il 63,2% della varianza dei dati  e che corrispondono alle due sottoscale. 
DISCUSSIONE
I  risultati ottenuti mostrano che la scala ha un’adeguata affidabilità  (elevata consistenza interna) e un’ottima validità in ragione  dell’eccellente validità di contenuto e di facciata che la rende  facilmente utilizzabile sia in un contesto accademico sia nella  formazione post base. L’analisi di costrutto ha permesso inoltre di  confermare le due sottoscale PAS e NAS emerse nel lavoro originale e  successivamente riproposte in successive validazioni in altri paesi.  Solo un limitato numero di contributi ha individuato sottoscale  differenti che, tuttavia, almeno da un punto di vista logico, non si  discostano eccessivamente dai concetti di attitudine positiva e negativa  nei confronti dello sviluppo di abilità comunicative.
Rispetto  alle voci costituenti le due sottoscale, è emersa una pressoché totale  sovrapposizione con il lavoro di Rees (Rees C, 2002a, b), fatta  eccezione per le voci “Per essere un buon infermiere devo possedere buone abilità comunicative” e “Sarà  la mia abilità nel superare gli esami a permettermi di continuare il  mio percorso universitario, piuttosto che la mia capacità di comunicare”, che nel nostro studio, contrariamente all’originale, appartenevano rispettivamente alla PAS e alla NAS.
I  risultati di questa indagine possono ritenersi complessivamente  soddisfacenti poiché evidenziano la presenza di un’attitudine positiva a  sviluppare adeguate abilità comunicative tra gli studenti del corso di  laurea in infermieristica. I punteggi medi ottenuti nelle sottoscale PAS  (50,7±5,7) e NAS (30,9±5,2) mostrano un’attitudine positiva decisamente  più forte di quella negativa. Il dato è in accordo con i risultati del  recente lavoro di Busch e colleghi (Busch AK et al., 2015) condotto però  su un campione di studenti di medicina e quindi difficilmente  confrontabile in ragione del diverso percorso formativo dei due profili  accademici. Considerando che solo 3 studenti non hanno restituito la  scala compilata (tasso di rispondenza del 98,6%), i risultati possono  considerarsi una mappatura pressoché completa del campione; se il tasso  di risposta fosse stato inferiore si sarebbe potuto ipotizzare che solo i  soggetti più interessati all’argomento avevano effettivamente  partecipato all’indagine, influenzandone i risultati. L’elevato numero  di questionari restituiti supporta l’ipotesi di una mappatura del  campione a prescindere dal livello di interesse.
Allo  stato attuale delle conoscenze non è possibile fare confronti  approfonditi con lavori simili condotti in altri contesti poiché l’unico  studio che ha incluso studenti di infermieristica (Molinuevo B et al.,  2011) non ha poi esaminato nel dettaglio la differente percezione tra  questi e il resto del campione, composto da studenti di medicina, senza  svolgere alcuna stratificazione e giungere quindi a conclusioni  significative ai fini di un paragone più puntuale.
Contrariamente  a quanto evidenziato in contributi precedenti (Busch AK et al., 2015;  Molinuevo B et al., 2011; Lumma-Sellenthin A, 2012), nel presente lavoro  non sono emerse differenze significative nei punteggi delle sottoscale  PAS e NAS considerando le variabili anagrafiche e personali del campione  (età, sesso, anno di corso, etnia, tipo di diploma in possesso e  professione di entrambi i genitori).
In  particolare, non sono emerse differenze tra gli studenti con genitori  impiegati in ambito sanitario o educativo. Il diverso risultato rispetto  al lavoro originale (Rees C et al., 2002a) deve tenere conto del fatto  che siano ormai passati quasi 14 anni. Gli autori di quest’ultimo  asseriscono che la maggiore attitudine negativa a sviluppare adeguate  abilità comunicative presente nei figli dei professionisti sanitari è da  imputare all’assenza di argomenti riguardanti la comunicazione nei  programmi formativi della laurea in medicina. A distanza di oltre un  decennio, il risultato ottenuto nel presente studio sembra deporre  indirettamente a favore dell’ipotesi di un progressivo cambiamento  culturale anche in altri ambiti del settore sanitario (in questo caso,  non solo la medicina ma anche l’infermieristica e altre professioni).
Il  possesso o meno di diplomi in ambito psicopedagogico o comunicativo non  sembra influenzare l’attitudine a sviluppare adeguate abilità  comunicative; tuttavia, il dato dovrebbe essere rivisto e analizzato su  un campione più ampio, essendo stati pochi i soggetti arruolati in  possesso di pregressi titoli in tale ambito.
L’influenza  della variabile età, presente nel lavoro originale, non è stata  confermata; si deve però tenere in considerazione che lo studio di Rees  (Rees C et al., 2002a) si riferiva a studenti di medicina, un corso di  laurea che dura 6 anni, salvo ripetizioni e situazioni di fuori corso.  L’intervallo di età nel campione originario è dunque più ampio e, di  conseguenza, è più probabile che questo abbia influenzato i punteggi  complessivi.
L’appartenenza al I anno del corso di  laurea genera punteggi superiori rispetto a quelli degli altri anni (II  e III) ma non in misura statisticamente significativa; inoltre,  considerando i valori medi dei punteggi ottenuti, non sembra di  rilevanza pratica. Si deve poi necessariamente considerare il fatto che  l’eventuale influenza di un progetto formativo e di tirocini svolti  durante il II e III anno di corso (esperienze non ancora vissute dallo  studente del I anno al momento dell’indagine) avrebbe dovuto essere  indagata più approfonditamente. Tuttavia, il dato pare in sintonia con  la letteratura che mostra un sostanziale disaccordo rispetto  all’influenza rivestita dal differente anno di corso sull’atteggiamento  dello studente; il lavoro di Ihmeideh e colleghi (Ihmeideh FM et al.,  2010) riporta un punteggio più alto nella PAS negli studenti dell’ultimo  anno rispetto a quello ottenuto negli anni precedenti. Questo dato non  trova accordo in altri lavori che riportano addirittura un aumento  dell’attitudine negativa negli ultimi anni (Harlak H et al., 2008; Busch  AK et al., 2015). 
CONCLUSIONI
Il  lavoro ha confermato la bontà della CSAS nella versione italiana e  dunque la sua reale applicabilità nel panorama del nostro Paese.
L’attitudine  a sviluppare adeguate abilità comunicative può influire sul  comportamento, ovvero tradursi in un diverso impegno verso lo sviluppo e  il consolidamento di abilità comunicative, un elemento imprescindibile  costituente il core curriculum di ogni infermiere e strumento  in grado di permettergli di costruire una valida relazione d’aiuto.  Tuttavia, a oggi la letteratura offre risultati discordanti rispetto  all’influenza di un percorso formativo e di sensibilizzazione  sull’attitudine dello studente a sviluppare adeguate abilità  comunicative; anche alla luce della ridotta estensione campionaria di  questo lavoro e della mancanza di possibilità di effettuare confronti  nel nostro paese, ciò costituisce lo spunto per necessari  approfondimenti futuri, indubbiamente necessari anche nel panorama  italiano per la categoria infermieristica e le altre (Nor N et al.,  2011; Power B et al., 2012).
 
 
			 
		



