Il rispetto della dignità umana durante le attività infermieristiche: revisione della letteratura


Significato e analisi storico-concettuale della dignità umana
Dignità è un termine molto usato. Alcuni autori lo considerano vago e astratto, per altri invece è complesso e multi-valente in quanto oggetto di differenti discipline: dal pensiero religioso a quello filosofico, dai diritti umani alla giustizia sociale, dall'arte alla letteratura, dall'etica al diritto (Baillie, 2009; Gallagher et al., 2012; Griffin-Heslin, 2005; Jacobson, 2007; McSherry, 2010; Nordenfelt, 2003; Wainwright, Gallagher, 2008; Whitehead, Wheeler, 2008).

Un'ulteriore considerazione vede la dignità umana come un concetto semanticamente ‘denso’, dal momento che reca in sé il massimo dell'universale e del particolare (Viafora, Gaiani, 2015). È universale in quanto è un valore proprio dell'individuo che non necessita dell'altrui riconoscimento e non può essere perso (Viafora, Gaiani, 2015). È particolare in quanto ogni individuo possiede la propria personale percezione della dignità, una sorta di immagine di sé che, in quanto tale, può essere violata o persa, ma anche risarcita e recuperata (Viafora, Gaiani, 2015).

Dignità deriva dal termine latino dignitas, che significa l'essere degno e meritevole di qualcosa; in seconda istanza assume i significati di carica e posizione, in quanto per il proprio merito si può ottenere un incarico, oppure di stima e prestigio, nel caso in cui si ottenga il rispetto altrui (Castiglioni & Mariotti, 1996; Ferri et al., 2015; Coventry, 2006). Il corrispettivo aggettivo dignus è calco del termine greco ἂξιος [àxios]; quest'ultimo, oltre ai significati di degno, valoroso e meritevole, porta in sé anche quello di assioma; nell'accezione filosofico e matematica l'assioma è una condizione data che prescinde da ulteriori dimostrazioni (Rocci, 1943).

Il termine si è evoluto e arricchito di significati nel corso della storia. Nella dottrina giudaico-cristiana la dignità è considerata una qualità posseduta dall'uomo in quanto creato ad immagine e somiglianza di Dio; questo speciale statuto la rende un valore innato, sacro e incondizionato riconosciuto a tutta l'umanità (Jacobson, 2007; Coventry, 2006). L'idea di dignità nel mondo classico deriva da una società gerarchicamente intesa: infatti è una qualità conferita al singolo in relazione al gruppo sociale di appartenenza (Jacobson, 2007), ma da questa scala di merito vengono esclusi donne e schiavi (Pols, 2013). La stessa dinamica si ritrova in tutte le società nelle quali i successi ottenuti nei campi di battaglia sono il modo indiscutibile per affermare agli occhi della collettività la virtù della classe sociale di appartenenza (Pols, 2013). Durante il Rinascimento la dignità si lega alla facoltà dell'uomo di esercitare la propria volontà di scelta, per cui diventa un necessario attributo dell'individuo alla ricerca dell'autodeterminazione (Jacobson, 2007).

Nell'Illuminismo emerge la moderna concezione kantiana in cui la dignità diventa un valore appartenente a tutti gli esseri umani per la loro intrinseca razionalità (Jacobson, 2007; Wainwright, Gallagher, 2008). L'Ottocento, segnato dalle guerre di indipendenza dei popoli, porta ad emblema il motto della Rivoluzione Francese “Liberté, Égalité, Fraternité”, che coniuga la dignità alla conquista collettiva della libertà (Coventry, 2006). A metà del XIX secolo la dignità diventa la guida dei movimenti dei lavoratori che rivendicano l'uguaglianza sociale (Gallagher et al., 2012). Il XX secolo declina la dignità tra i diritti umani fondamentali attraverso la produzione di carte e trattati promossi da associazioni internazionali non governative o dagli stessi Stati (Gallagher et al., 2012; Jacobson, 2007).

A livello mondiale il maggior esempio è la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, proclamata nel 1948 dalla neonata Organizzazione delle Nazioni Unite (Jacobson, 2007). Essa inizia con il famoso preambolo sulla dignità: “Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo (…)”; al quale segue il primo articolo: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”.

Oggi la dignità è un valore fondante le costituzioni di molti Stati (Jacobson, 2007): per esempio l’art. 3 della nostra Costituzione Italiana (1947): “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
In ambito sanitario esiste una fiorente letteratura riguardante la dignità: si stimano 1.200 libri e più di 11.000 articoli pubblicati in lingua inglese dagli anni Settanta ad oggi (Jacobson, 2007). La dignità delle cure non fa riferimento solamente alla più conosciuta dignità riguardante i diritti umani, bensì ad una dignità portatrice di una maggiore sensibilità dal momento che si rivolge alle persone malate. All'inizio le ricerche si sono interessate solo al contesto delle cure palliative e del fine vita (dignity palliative care, dignity in end-of-life, death dignity, dying with dignity), più tardi hanno coinvolto pazienti vulnerabili come anziani (dignity elderly, dignity dementia), malati psichiatrici e poveri.

Ancora oggi si è poco ricercato nel campo della dignità del paziente ospedalizzato (patient dignity) coinvolto nelle attività di cure ordinarie (Coventry, 2006; Jacobson, 2007; Nordenfelt, 2003; Whitehead, Wheeler, 2008).
Tuttavia dagli anni Novanta si è avvertita la necessità di riscoprire, anche da parte degli stessi operatori sanitari, il tema della dignità del paziente ospedalizzato, fin da sempre aspetto centrale dell'assistenza (Chochinov, 2007; McSherry, 2010; Whitehead, Wheeler, 2008).

I codici deontologici di molte nazioni, tra cui Regno Unito, Spagna, Stati Uniti, Canada, Australia, Brasile, richiamano l'infermiere all'obbligo di promuovere le condizioni affinché la dignità del paziente venga realizzata e mantenuta (Baillie, 2009; Baillie et al., 2010; Gallagher et al., 2012; Jacobson, 2007; Lin, et al., 2012; Matiti et al., 2008; Shotton, Seedhouse, 1998; Whitehead, Wheeler, 2008). Anche l'Italia è fra questi: l'art. 3 del Codice Deontologico vigente (Federazione Nazionale Collegi Ipasvi, 2009) recita: “La responsabilità dell'infermiere consiste nell’assistere, nel curare e nel prendersi cura della persona nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità dell'individuo”.
Si ricorda inoltre che il Codice del Consiglio Internazionale degli Infermieri (ICN, 2012) dichiara che “Il rispetto dei diritti dell’uomo, compresi i diritti culturali, il diritto alla vita, alla scelta, alla dignità e a essere trattati con rispetto, fanno parte integrante dell’assistenza infermieristica”.

La dignità umana nelle attività di cura e assistenza
La persona ospedalizzata diventa un paziente, spesso un individuo spogliato della propria identità: allontanato da tutto ciò che abitualmente compie e lo circonda, dalla famiglia alla casa, dal lavoro alle relazioni, inserito in un contesto dove le sue necessità si confrontano con i bisogni degli altri utenti e con le esigenze lavorative, l’individuo passa in secondo piano.
In questa particolare situazione di dipendenza e fragilità, la dignità della persona rischia di essere minacciata per varie ragioni: la mancanza di sensibilità, il dover rispettare una certa tempistica sulle attività da compiere, la ripetitività di manovre consuete, le scarsità di risorse umane e materiali, il dover dare priorità a certe attività piuttosto che ad altre.
L’infermiere è il professionista sanitario che più si confronta con il paziente nella sua presa in carico, quindi è anche colui che rischia maggiormente di non rispettarlo, ledendone in tal modo la dignità.
Questo studio si propone di ricercare nella letteratura il punto di vista dei pazienti sul rispetto della loro dignità durante le pratiche assistenziali, concludendo con una serie di indicazioni pratiche utili alla professione, al fine di implementare un'assistenza più competente e sensibile.

Il rispetto della dignità: cosa dice la letteratura
Il rispetto della dignità è un bisogno di ogni paziente in tutte le fasi di cura (Ferri et al., 2015). Gli operatori sanitari che potenzialmente possono accrescere o violare la dignità dei pazienti sono soprattutto gli infermieri (Withehead, Wheeler, 2008).
Sebbene sia ampiamente riconosciuta la rilevanza della dignità nei percorsi di cura, limitate sono le ricerche che analizzano se la dignità venga realmente rispettata nella pratica clinica quotidiana e ancora pochi sono gli studi condotti su pazienti adulti ospedalizzati (Baillie, 2009; Ferri et al., 2015; Lohne et al., 2010; Matiti, Trorey, 2008).

Molteplici invece sono le ricerche condotte su pazienti anziani e nell'ambito dei malati nella fase finale della vita (Anderberg et al., 2007; Bagheri et al., 2012; Baillie, 2009; Lundqvist & Nilstun, 2007; Östlund et al., 2012; Whitehead, Wheeler, 2008), mentre pochi studi hanno per oggetto i bambini (Baillie, 2009; Lundqvist, Nilstun, 2007), oppure i portatori di malattie croniche frequenti come l'insufficienza cardiaca e il diabete (Bagheri et al., 2012; Delmar et al., 2006). Altrettanto limitati gli studi su adolescenti (Nayeri et al., 2011), persone affette da sclerosi multipla (Lohne et al., 2010) o da danni cerebrali (Slettebø et al., 2009).
Gli studi analizzano singoli aspetti della dignità dei pazienti, mentre quasi nessuno esamina il loro punto di vista nella sua completezza (Matiti, Trorey, 2008) o espone chiare evidenze a supporto delle attività di assistenza (Östlund et al., 2012).

La dignità è il nucleo dell'assistenza infermieristica (Baillie, 2009; Baillie, Ilott, 2010; Lin et al., 2012; Matiti, Trorey, 2008; Whitehead, Wheeler, 2008).
Gli infermieri sono responsabili della salvaguardia della dignità dei pazienti (Lin et al., 2012) e talvolta non rispettano standard sufficienti per mantenerla (Ferri at al., 2015; Whitehead, Wheeler, 2008).
Attitudini, percezioni individuali, abilità personali e contesto culturale influenzano la sensibilità con cui gli operatori percepiscono i bisogni dei pazienti e quindi ne mantengono la dignità (Bagheri et al., 2012; Lin et al., 2012; Whitehead, Wheeler, 2008). Talora gli infermieri eseguono pratiche che ledono la dignità nonostante siano attenti a preservarla (Whitehead, Wheeler, 2008).

Maggiore è la dignità percepita dai pazienti, migliore risulta essere l'adesione terapeutica (Ferri et al., 2015; Nayeri at al., 2012), la percezione del ricovero (Lin et al., 2012) e la tolleranza al malessere (Ferri et al., 2015). Al contrario la distruzione della dignità riduce la salute fisica dei pazienti e il loro benessere mentale (Bagheri et al., 2012). Sebbene tutti i pazienti generalmente dichiarino di essere soddisfatti del livello di assistenza ricevuta, molti descrivono varie aree nelle quali viene meno il rispetto della loro dignità, in quanto i loro bisogni vengono disattesi (Matiti, Trorey, 2008; Webster, Bryan, 2008).

La dignità è sempre fortemente connessa al rispetto della privacy e dell'autonomia personali (Anderberg et al., 2008; Bagheri et al., 2012; Baillie 2008, 2009; Baillie, Ilott, 2010; Delmar et al., 2006; Ferri at al., 2015; Lin et al., 2012; Lundqvist, Nilstun, 2007; Matiti, Trorey, 2008; Nåden, Sæteren, 2006; Nayeri at al., 2012; Östlund et al., 2012; Prideaux, 2010; Shanahan, 2011; Slettebø et al., 2009; Webster, Bryan, 2008; Whitehead, Wheeler, 2008).

Per quanto riguarda la privacy l'impatto degli altri pazienti sulla dignità non è stato quasi indagato (Baillie, 2009). Ci sono pochissimi studi che prendono in esame come i reparti con degenti misti per sesso rappresentino motivo di disagio e imbarazzo a causa della possibile esposizione del proprio corpo a pazienti di sesso opposto; ciò è percepito maggiormente dalle donne (Baillie, 2008). La maggioranza dei pazienti esprime una forte preferenza per le camere singole (Baillie, 2009; Whitehead, Wheeler, 2008).

L'ospedalizzazione implica un'inevitabile regressione dell'autonomia e comporta il dover richiedere aiuto per i bisogni più elementari (Ferri et al., 2015): questo induce i pazienti ad aggiustare la loro percezione di dignità in un costante percorso di accettazione di sé e di adattamento delle loro abilità, supportati dagli infermieri (Baillie, 2009).

È dovere professionale promuovere la dignità attraverso un ambiente pulito e favorente la privacy, le politiche di gestione dei posti letto e il comportamento del personale, il quale deve essere: professionale, rassicurante, disponibile, amichevole, rispettoso, consentendo il giusto controllo mentre garantisce una certa autonomia al paziente (Baillie, 2009).
Essere correttamente informati è fondamentale per molti pazienti (Anderberg et al., 2008; Bagheri et al., 2012; Baillie, 2009; Baillie, Ilott, 2010; Ferri et al., 2015; Lin et al., 2012; Lundqvist, Nilstun, 2007; Matiti, Trorey, 2008; Nayeri at al., 2012; Östlund et al., 2012; Prideaux, 2010; Records, Wilson, 2011; Slettebø et al., 2009; Webster, Bryan, 2008).

Tuttavia varia molto da paziente a paziente la quantità di informazione ritenuta necessaria, pertanto sarebbe utile stabilire linee guida in accordo con i medici (Matiti, Trorey, 2008).
Emerge la necessità di praticare un'assistenza comprensiva e sensibile per quanto riguarda la gestione delle cure igieniche e dell'incontinenza, attraverso un corretto impiego degli ausili ed una risposta rapida e competente (Dean, 2012; Logan, 2012). Chiedere a intervalli regolari se i pazienti necessitano di aiuto per defecare e promuovere lo sviluppo di tecniche per la continenza sono al momento le indicazioni migliori da seguire (Dean, 2012; Logan, 2012).

È suggerito che infermieri dello stesso genere del paziente pratichino l'igiene personale, offrire un accompagnatore, nel senso di una persona scelta dal paziente (chaperone), dove possibile, e chiedere sempre il consenso al paziente prima di effettuare una procedura (Baillie, 2009; Matiti, Trorey, 2008; Prideaux, 2010).

Nei pazienti pediatrici, per mantenere la dignità è necessario rendere i genitori partecipi alle attività di cura, educandoli sulle stesse, e sostenere il loro rapporto con i figli (Lundqvist, Nilstun, 2007). La dignità nei piccoli pazienti viene a mancare quando: sono costretti a protestare con parole, gesti e pianti; nei casi in cui gli infermieri si dimostrano poco sensibili; infine quando i genitori, cercando di compiacere l'equipe, non li proteggono (Lundqvist, Nilstun, 2007).
Attento deve essere l'approccio con il paziente adolescente, in quanto ogni sforzo atto a favorire la salute che trascura le sue opinioni è destinato ad essere disatteso (Nayeri et al., 2011). Per i ragazzi il sanitario che li rispetta deve: bussare alla porta e presentarsi; prestare subito aiuto se lo richiedono; lasciarli soli quando lo desiderano; fornire precise risposte ai loro dubbi ed essere sensibile quando provano dolore (Nayeri et al., 2011).

Le donne che attendono il parto, emotivamente fragili perché avvertono il peso della responsabilità della nuova vita che a breve da loro dipenderà, si sentono trattate con dignità se si implementano le loro abilità di madre (Records, Wilson, 2011). Inoltre risulta per queste fondamentale essere supportate nella scelta tra il taglio cesareo o il parto per via naturale e la modalità di gestione del dolore (Records, Wilson, 2011).

La letteratura riscontra un'evidente discriminazione nei confronti delle ragazze-madri (SmithBattle, 2013). Tra i comportamenti che queste annoverano come lesivi della loro dignità ci sono gli atteggiamenti dei sanitari che parlano con le loro madri anziché con loro stesse, che manifestano sorpresa nel vedere il neonato pulito e ben assistito, che attuano una sorveglianza eccessiva (SmithBattle, 2013).

Il paziente chirurgico è molto vulnerabile, dovendo affrontare un intervento che lede la sua integrità fisica e, talvolta, funzionale (Baillie, Ilott, 2010). La consueta pratica di far rimuovere vestiti e oggetti personali viola la dignità del paziente (Baillie, Ilott, 2010). Quindi è auspicabile: non chiedere di togliersi i vestiti prima del dovuto; disporre di intimo usa e getta che si può tagliare appena prima dell'operazione; rimuovere la dentiera quando il paziente è sedato, poco prima di essere intubato, e riposizionarla appena possibile; rimuovere i gioielli solo se interferiscono con la procedura; informare anticipatamente il paziente della necessità di rimuovere la parrucca (Baillie, Ilott, 2010). È importante coinvolgere il paziente nella conversazione, finché cosciente, evitare l'inutile esposizione del corpo e l'ingresso di personale non autorizzato (Baillie, Ilott, 2010).

I pazienti affetti da malattie croniche avvertono la progressiva riduzione delle abilità personali, per cui si sentono trattati con dignità quando vengono incrementate le strategie di coping individuali; al contrario la loro dignità è violata quando il personale è compassionevole e interferisce troppo con le capacità individuali (Bagheri et al., 2012; Delmar et al., 2006; Slettebø et al., 2009). I pazienti affetti da sclerosi multipla, per la peculiare progressione della patologia, hanno un punto di vista che li accomuna: dignità significa rispetto e mantenimento dell'integrità (Lohne et al., 2010).

I malati di cancro, per il protrarsi del percorso clinico, subiscono cambiamenti del corpo, che risulta così indebolito; per questo necessitano di essere affermati, riconosciuti come persone affinché venga preservata la loro dignità (Nåden, Sæteren, 2006). Sul versante interiore, necessitano di una aperta e sensibile comunicazione, allo scopo di far emergere le questioni esistenziali e spirituali (Nåden, Sæteren, 2006). Ciò che contribuisce a conservare la dignità dei pazienti nella fase di fine vita sono la rassicurazione psicologica, il conforto spirituale o religioso, il mantenimento della speranza e l'elaborazione del lutto (Östlund et al., 2012). Inoltre per questi pazienti è d'aiuto focalizzarsi sul presente e sui problemi immediati, senza soffermarsi eccessivamente a pensare alla morte, così come proseguire le precedenti attività di vita, ove possibile, e di essere sostenuti dai propri cari (Östlund et al., 2012).

Per i pazienti anziani è importante mantenere il controllo su alcuni aspetti della vita quotidiana, ad esempio avere un proprio spazio, mantenere gli oggetti personali o decidere che abiti indossare, sentirsi al sicuro e ricevere un'assistenza individualizzata in linea con le personali esigenze (Anderberg et al., 2007; Webster, Bryan, 2008). È necessario attuare il giusto bilanciamento tra il rispetto della libertà personale e il dovere legale di proteggere la sicurezza del paziente incapace quando si decide di attuare forme di limitazione del movimento (Moyalan, 2009; Shanahan, 2011). Sono raccomandate specifica formazione e sviluppo delle sensibilità individuali per permettere agli infermieri di valutare i potenziali rischi e benefici delle azioni di contenimento e garantire un'assistenza che non privi dignità al paziente (Moyalan, 2009; Shanahan, 2011).
Nello specifico delle cure psichiatriche l'analisi di Lakeman (2012) fa emergere come in alcune strutture ancora oggi persistano tenacemente pratiche che ledono la dignità dei pazienti, nonostante siano incompatibili con il piano terapeutico e non scientificamente supportate.

È doveroso ricordare i molti pazienti privi della capacità di giudizio. La presente analisi, considerando il punto di vista dei pazienti, gli escluderebbe. Nonostante ciò si accoglie la revisione di Fullbrook (2007), la quale individua nel best interest of this person il principio guida per prendere le decisioni.
Si avverte l'esigenza di ulteriori studi qualitativi comprensivi di ogni aspetto della dignità dei pazienti, così da ampliare la conoscenza dei fattori che la caratterizzano, in modo da fornire evidenze a supporto dell'attività assistenziale, rispettando i bisogni dei pazienti senza dover interferire con le esigenze della pratica clinica (Anderberg et al., 2007; Lohne et al., 2010; Matiti, Trorey, 2008; Östlund et al., 2012; Whitehead, Wheeler, 2008).

Conclusioni
Nel mondo della sanità e soprattutto nell’infermieristica si registra nell'ultimo ventennio un'aumentata consapevolezza dell'importanza di preservare la dignità del paziente (Whitehead, Wheeler, 2008).
È importante considerare l'assistenza infermieristica composta da due componenti inscindibili fra loro: quella soggettiva di valutazione del paziente e quella oggettiva relativa alle attività da eseguire (Matiti, Trorey, 2008). La dignità del paziente è parte della componente soggettiva dell'assistenza e la rende umana: infatti un infermiere che guarda il paziente senza considerarne la dignità lo priva del suo essere individuo umano, lo tratta come fosse un oggetto (Matiti, Trorey, 2008).
L'essere infermiere implica l'essere custode e garante dei diritti umani, primo su tutti il rispetto della dignità umana. Ogni pratica deve essere preceduta e sostenuta dalla riflessione su cosa sia più giusto fare e su come meglio attuarlo, aprendosi in un confronto sempre nuovo con il paziente e considerando le molteplici possibilità che la scienza e le tecnologie offrono, al fine di garantire un'assistenza competente e sensibile.
 

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