RIASSUNTO
Introduzione La qualità di vita (QoL) è un costrutto molto utilizzato nella ricerca in ambito biomedico che entra in stretta relazione con la disciplina infermieristica. Lo scopo di questa revisione narrativa è analizzare le conoscenze disponibili in letteratura riguardo all’evoluzione, alla teorizzazione e all’applicazione in ambito clinico del costrutto di qualità di vita, ponendo particolare attenzione alla pratica clinica infermieristica.
Materiali e metodi E’ stata condotta una revisione della letteratura sulle principali banche dati biomediche, infermieristiche, sociologiche e psicologiche.
Risultati La qualità di vita è un costrutto multidimensionale, soggettivo e dinamico, che può migliorare la pratica clinica infermieristica, agevolando il professionista nell’attuazione dei piani di assistenza individuali.
Conclusioni La valutazione infermieristica della qualità di vita, anche se presenta ancora diversi ostacoli all’applicazione in ambito clinico, è di estrema utilità non solo per la ricerca ma anche per la pratica clinica infermieristica.
Parole chiave: qualità di vita, infermieristica, ricerca infermieristica clinica, approccio basato sul paziente
Nursing assessment of the quality of life and its application in clinical setting: a narrative review
ABSTRACT
Introduction The construct of quality of life (QoL) is widely used in biomedical research and comes into close relationship with nursing discipline. The aim of this narrative review is to analyse the literature about the evolution, theory and application of QoL in the clinical setting with particular attention to nursing practice.
Methods A review of the literature through main biomedical, nursing, sociology and psychology databases was carried out.
Results The QoL is a multidimensional, subjective and dynamic construct, which can improve nursing clinical practice and facilitate the professionals in the setting of individual care plans.
Conclusions The nursing assessment of QoL, although several obstacles in the clinical application, is useful both for research and nursing clinical practice.
Keywords: quality of life, nursing, clinical nursing research, patient-centred care
INTRODUZIONE
Dagli anni settanta a oggi, è cresciuta in maniera esponenziale l’attenzione che viene posta nei confronti della qualità di vita (QoL) non solo nei campi della sociologia, della psicologia, del giornalismo e della politica ma anche nel settore medico e infermieristico. Le banche dati scientifiche, infatti, nel corso degli ultimi trent’anni hanno visto il moltiplicarsi delle pubblicazioni inerenti all’argomento (Barcaccia B, et al., 2013).
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel 1995, ha fornito una definizione secondo cui la qualità di vita è “la percezione che ciascun individuo ha della propria posizione nella vita, nel contesto culturale e nel sistema di valori nel quale è inserito in relazione ai propri obiettivi, aspettative, standard e interessi” (WHOQOL, 1995). La qualità di vita è un concetto pensato per comprendere diversi aspetti dell’esistenza tra cui la sfera emotiva, la funzionalità fisica, cognitiva e sociale e il benessere spirituale (Carr AJ, et al., 1996); a oggi, è ampiamente utilizzata in campo medico e sanitario e presenta diverse applicazioni nella ricerca clinica, anche nel settore infermieristico (Higginson IJ, et al., 2001).
Scopo di questa revisione della letteratura è di analizzare le conoscenze disponibili riguardo al costrutto di qualità di vita, alla sua evoluzione e applicazione nell’ambito della pratica clinica infermieristica.
MATERIALI E METODI
Nella presente revisione sono stati raccolti e analizzati articoli pubblicati sulle principali banche dati biomediche, infermieristiche, psicologiche e sociologiche quali PubMed e CINAHL, PsycINFO e Sociological Abstract e sulla rivista PsychOpen, ad accesso libero.
La ricerca bibliografica è stata condotta il 12 dicembre 2014 tramite interrogazione con strategia di ricerca per termini MeSH e Subheadings delle banche dati biomediche PubMed, CINAHL utilizzando le seguenti parole chiave: quality of life, quality of life concept, nursing, patient-centred care, well-being e sociological theory. Le parole sono state combinate tra loro utilizzando l’operatore booleano “AND” e sono stati impostati dei filtri per ottenere la maggiore specificità possibile nelle citazioni risultanti.
Al termine della ricerca è stata operata una selezione delle citazioni da parte di due autori in modo indipendente, dopo lettura di titolo e abstract. Si è quindi proceduto alla lettura integrale e all’analisi e sintesi in tabelle sinottiche.
Per la revisione sono stati inclusi:
- i documenti e gli articoli in lingua italiana, inglese o spagnola;
- gli articoli con testo integrale (full-text).
Non sono stati imposti limiti temporali relativi alla tipologia o all’anno di pubblicazione.
RISULTATI
Tramite la ricerca bibliografica sulle banche dati sono stati trovati 6.635 risultati (PubMed: 4.079 risultati; CINAHL: 220 risultati; PsycINFO: 2.251 risultati; PsycOPEN: 61 risultati; Sociological Abstract: 24 risultati); sono stati considerati solo quelli in lingua inglese, italiana e spagnola (5.950 risultati). Dopo la rimozione degli articoli duplicati, non pertinenti, non utili ai fini dello studio e quelli focalizzati su una patologia troppo specifica, sono stati valutati per l’eleggibilità 51 articoli. Di questi, sono stati esclusi 27 articoli di cui non era disponibile il testo integrale (full-text).
Sono stati inclusi nella revisione 24 documenti. E’ stata identificata un’ulteriore pubblicazione inerente alla realtà socioeconomica italiana tramite l’uso di Google Scholar.
L’analisi dei documenti ha permesso di individuare quattro variabili fondamentali:
- evoluzione del costrutto di qualità di vita;
- caratteristiche del costrutto;
- applicazione in ambito clinico e infermieristico;
- qualità di vita e tecnologia.
I concetti espressi in questi documenti in relazione alle variabili individuate sono sintetizzati in appendice a pagina e89.
Evoluzione del costrutto di qualità di vita
La qualità di vita non è un concetto nuovo (Mandzuk LL, et al., 2005). Già Aristotele, riconosceva l’importanza della “buona vita” nella Etica Nicomachea (Pennacchini M, et al., 2011; Sirgy MJ, et al., 2006; Anderson KL, et al., 1999). Il concetto di qualità di vita è poi rintracciabile negli scritti dei filosofi esistenzialisti Kierkegaard, Sartre, Maslow, Frankl e Antonovsky quando si riferiscono allo stato interiore della vita di ciascuno (Mandzuk LL, et al., 2005). Le prime analisi e osservazioni riguardo alla qualità di vita vennero eseguite nel XIX secolo in relazione alla questione operaia e alla consapevolezza della disagiata e disperata condizione economico-sociale degli operai (Velardi G, 2008).
Nel Novecento, l’espressione “qualità di vita” compare nella letteratura sociopolitica degli anni cinquanta, utilizzata come concetto di critica sociale e culturale (Barcaccia B, et al., 2013). La diffusione massiccia dell’espressione comincia però a seguito della seconda guerra mondiale quando, negli Stati Uniti, i progressi determinati dalla crescita economica e dal miglioramento delle condizioni di vita delle persone inducono un aumento delle aspettative della popolazione riguardo alla soddisfazione, al benessere e alla realizzazione psicologica (Mandzuk LL, et al., 2005). In questo contesto, il termine “qualità di vita” è utilizzato per descrivere gli effetti del benessere materiale sulle vite delle persone, la crescita economica e industriale e la difesa del “mondo libero” (Carr AJ, et al., 1996; Mandzuk LL, et al., 2005). Il primo utilizzo del concetto in un contesto pubblico è avvenuto con il discorso del presidente americano Lyndon Johnson del 1964, in cui egli affermava che la sua politica si sarebbe basata su obiettivi valutabili solo in termini di qualità di vita. Da quel momento, il concetto ha cominciato a diffondersi capillarmente, diventando quasi una sorta di luogo comune in scritti, discorsi e programmi (Barcaccia B, et al., 2013; Mandzuk LL, et al., 2005).
La consapevolezza che il benessere e lo sviluppo sociale non possano essere il risultato della crescita dell’economia e del prodotto interno lordo (PIL) è evidenziata dagli studi condotti negli Stati Uniti fin dagli anni cinquanta da psicologi e sociologi e dalle considerazioni critiche degli stessi economisti (Velardi G, 2008).
In campo medico, la qualità di vita compare per la prima volta nel 1966 in un editoriale di Elkington che sosteneva che le nuove tecniche che si stavano affermando in quel periodo (trattamenti di dialisi cronica e trapianti d’organo) si accompagnavano a domande per il medico relative alla qualità di vita del paziente. Dal momento del suo esordio in medicina, la concezione della qualità di vita e l’uso che se n’è fatto nella clinica ha subìto delle notevoli trasformazioni. Negli anni settanta il costrutto era utilizzato per valutare la qualità del tempo che si otteneva dall’allungamento della vita derivato dall’applicazione di nuove procedure diagnostico-terapeutiche e per giustificare l’esecuzione dei test diagnostici prenatali e delle interruzioni di gravidanza. Negli anni ottanta il concetto di qualità di vita veniva visto come una guida per la presa di decisione riguardo ai casi in cui limitare i trattamenti o per la giusta allocazione delle risorse in campo medico. Nell’ultimo decennio del secolo scorso è cominciato lo sviluppo delle misure sulla qualità di vita (Pennacchini M, et al., 2011).
Senza dubbio, dagli anni settanta, il numero di pubblicazioni riguardanti la qualità di vita è cresciuto esponenzialmente (Barcaccia B, et al., 2013). La ragione è che l’aumento dell’aspettativa di vita derivato dalle nuove terapie mediche e dall’introduzione di tecnologie diagnostico-terapeutiche sempre più moderne ha comportato una prognosi favorevole per molte malattie: vi è dunque un aumento degli individui con patologie croniche e la necessità di valutare gli interventi assistenziali in base all’impatto che la malattia ha sulla vita e il benessere del paziente, spostando l’attenzione dalla quantità della vita, intesa come longevità, alla qualità di vita nelle sue molteplici sfaccettature (Barcaccia B, et al., 2013; Nicolucci A, 2006; Moons P, 2004; Moons P, 2004). Infine, la qualità di vita è utilizzata per comparare gli effetti delle cure, gli esiti, per esaminare il rapporto costo-beneficio e come parametro di valutazione per le diverse opzioni di trattamento (Moons P, 2004; Hendry F, 2004).
Caratteristiche del costrutto
La letteratura è concorde nel definire la qualità di vita come un costrutto multidimensionale costituito da componenti fisiche, psicologiche, sociali e ambientali (Theofilou P, 2013) ed è influenzata da fattori personali e dalle loro interazioni (Cummins RA, 2005; Barcaccia B, et al., 2013); non comprende solo aspetti relazionati alla salute, intesa come assenza di malattia, ma tutti gli aspetti della vita delle persone (Hacker ED, 2010). E’ generalmente condiviso che le dimensioni fondamentali della qualità di vita sono essenzialmente tre (Molin C, et al., 1995):
- fisica: la salute e il funzionamento dell’individuo, i sintomi della malattia e il loro impatto sullo svolgimento delle normali attività quotidiane;
- psicologica: il benessere emotivo, la spiritualità, la realizzazione e soddisfazione personale, l’ansia, la depressione e le funzioni cognitive;
- sociale: riguarda il supporto e i ruoli sociali, l’amicizia, le relazioni interpersonali, familiari e il senso di appartenenza (Mandzuk LL, et al., 2005; Nicolucci A, 2006).
La qualità di vita è un fenomeno soggettivo e individuale (Higginson IJ, et al., 2001; Anderson KL, et al., 1999; WHOQOL, 1995). Infatti, la percezione della qualità di vita è influenzata dalla cultura e dalla spiritualità dei soggetti (Mandzuk LL, et al., 2005). La dimensione culturale è certamente un fattore che ha una grande influenza sulle variazioni della percezione di salute e di malattia, sulle interpretazioni dei sintomi, del significato della qualità di vita e delle aspettative di cura (Barcaccia B, et al., 2013). Il sistema di valori, le priorità e l’importanza che le persone danno a determinati aspetti della loro vita hanno effetti sulla concezione soggettiva della qualità di vita (Carr AJ, et al., 2001, b).
Anche i fattori oggettivi quali l’alloggio, le finanze e l’istruzione possono svolgere un ruolo, seppure marginale, nella percezione della qualità di vita (Mandzuk LL, et al., 2005). Come infatti già esplicitato, nel corso della storia, sono stati riconosciuti i limiti presentati dall’equivalenza “qualità di vita sta a benessere economico”; l’aumento del reddito e della ricchezza porta con sé un aumento della felicità umana ma solo fino a un certo punto, oltre al quale la felicità stessa tende a diminuire (Blasi E, et al., 2012).
La soggettività è evidenziata dal “paradosso della disabilità”: soggetti che hanno gravi problemi di salute, con sintomi che incidono sulla funzionalità e sulla capacità di svolgere le attività di vita quotidiana o affetti da patologie potenzialmente gravi, potrebbero riferire una qualità di vita non inferiore alla media o, addirittura, riportare una qualità di vita soggettiva pari o migliore a quella degli individui considerati sani. Di fatto, la qualità di vita spesso non è definita in base a misure oggettive di malattia ma in base al confronto fra la valutazione del proprio stato di salute e uno stato di salute soggettivamente ideale (Higginson IJ, et al., 2001; Carr AJ, et al., 2001, b; Barcaccia B, et al., 2013).
Secondo diversi studiosi, è presente un legame fra la percezione soggettiva della qualità di vita, le esperienze precedenti e le aspettative sul futuro, specialmente per quanto riguarda determinati trattamenti. I sociologi e gli psicologi contemporanei sostengono che la qualità di vita dipenda dalle aspirazioni o dalle aspettative nella vita degli individui e da come esse siano soddisfatte (Anderson KL, et al., 1999): se un particolare obiettivo risulta non essere più raggiungibile, per motivazioni differenti, l’individuo potrebbe sostituirlo con uno più realizzabile, alterando le aspettative per fare fronte al cambiamento nelle circostanze e mantenere il senso individuale sulla propria qualità di vita (Hendry F, 2004). Dunque, i valori e le priorità cambierebbero in risposta alle circostanze e all’esperienza, come una malattia cronica o qualcosa che espone al rischio di morte e l’invecchiamento (Carr AJ, et al., 2001, b). Per questo motivo, dunque, la qualità di vita è dinamica e in continua evoluzione, sottoposta a revisioni da parte del soggetto, modificata dagli sviluppi che si verificano nel corso della vita (Hendry F, 2004; Plummer M, et al., 2009; Hendry F, 2004).
Applicazione della qualità di vita in ambito clinico e infermieristico
La letteratura dimostra l’utilità della rilevazione della qualità di vita in ambito clinico, soprattutto alla luce del fatto che negli ultimi anni si è manifestata fortemente la necessità di discostarsi da un approccio assistenziale puramente biomedico e muoversi verso un’assistenza multidisciplinare e olistica che superi la mera misurazione di parametri fisici oggettivi (Barcaccia B, et al., 2013): la qualità di vita si configura come un concetto chiave che fornisce un linguaggio comune e significativo per i diversi professionisti della sanità (King CR, et al., 2002). Misurare la qualità di vita diventa un valido tentativo di andare oltre ai dati quantificabili e di concentrare maggiormente l’attenzione sui bisogni di ciascuna persona (Pennacchini M, et al., 2011) promuovendo così un approccio che implica, per gli infermieri che pianificano le cure, la presa in considerazione di tutti gli aspetti della vita di un individuo piuttosto che il concentrarsi strettamente sulle questioni di salute (Northway R, et al., 2003).
La qualità di vita è presente nella storia dell’infer-mieristica ed emerge negli scritti di alcune importanti teoriche del nursing quali Peplau, Rogers, Leininger e King. Secondo Rizzo Parse, si tratta di una percezione soggettiva e globale delle esperienze vissute in un determinato momento della vita e, nei suoi scritti, dichiara esplicitamente che l’obiettivo dell’intera professione infermieristica è individuabile nella qualità di vita (Plummer M, et al., 2009).
La valutazione della qualità di vita da parte dell’infermiere in ambito clinico può essere un modo per implementare la comunicazione terapeutica e fare percepire all’assistito un interesse nei suoi confronti e rispetto alla situazione che sta vivendo (Hagelin CL, et al., 2007). Inoltre, diversi studi dimostrano che i dati raccolti sulla qualità di vita possono dare importanti informazioni ai professionisti riguardo a come la persona sta affrontando una fase particolare della vita e quali dimensioni richiedono una particolare attenzione in termini di sostegno o necessitano di interventi specifici. Questo metodo, dunque, consente interazioni più significative tra infermieri e assistiti, può responsabilizzare il paziente nel processo decisionale autonomo e permettere un allineamento degli interventi assistenziali con quelle dimensioni che il paziente stesso ritiene più importanti, facilitando così il professionista nella stesura di una pianificazione assistenziale migliore e più rapida (Starkweather A, 2010; Hagelin CL, et al., 2007).
All’interno del processo di cura, la rilevazione della qualità di vita, alla luce delle sue caratteristiche intrinseche, dovrebbe essere effettuata più volte e sistematicamente. La frequenza della valutazione dovrebbe essere adattata in funzione alle condizioni di ogni persona, agli obiettivi dell’assistenza infermieristica e al contesto clinico. E’ comunque necessario monitorare nel tempo l’evoluzione della percezione soggettiva della qualità di vita dell’assistito al fine di garantire la continuità delle cure (Starkweather A, 2010). Inoltre, per l’infermiere che lavora nel campo della salute e delle malattie croniche, la valutazione ripetuta è necessaria, affiancata anche a una conoscenza delle aspettative dell’assistito tale da consentirgli di agire su di esse; l’obiettivo dev’essere quello di influire sulle aspettative, adattandole alla situazione corrente al fine di promuovere la salute. Un soggetto le cui aspettative di qualità di vita vengono disattese potrebbe adottare atteggiamenti negativi che compromettono ulteriormente il suo benessere (Carr AJ, et al., 2001, a), come la scarsa aderenza al regime terapeutico, una bassa accettazione delle raccomandazioni mediche e delle modifiche allo stile di vita o la mancata partecipazione agli appuntamenti di richiamo (follow up) (Nicolucci A, 2006; Carr AJ, et al., 2001, a).
Nonostante siano noti gli effetti positivi che la valutazione della qualità di vita può avere sull’attività infermieristica, l’applicazione routinaria della stessa in ambito clinico stenta ad affermarsi (Nicolucci A, 2006). Le indagini sulla qualità di vita, infatti, costituiscono un carico professionale che spesso richiede molto tempo (Molin C, et al., 1995). Alcuni strumenti esistenti e validati richiedono personale qualificato per somministrarli e tempistiche eccessivamente dilatate, fino a 20-30 minuti per l’intera compilazione (Higginson IJ, et al., 2001). Questa lunghezza e complessità può essere vista come un problema per i pazienti e gli operatori: la somministrazione ad assistiti stanchi o fisicamente compromessi potrebbe accentuare la loro condizione di malessere (Hagelin CL, et al., 2007). Inoltre, sono richieste anche risorse e tempi dedicati all’interpretazione del questionario perché si possano fornire rapidamente un punteggio e i risultati (Varricchio CG, et al., 2010).
Ulteriori barriere nella valutazione della qualità di vita sono le situazioni in cui la comunicazione con il paziente è difficoltosa (Hagelin CL, et al., 2007) o in cui la somministrazione può essere vista come un’invasione della privacy dei soggetti (Molin C, et al., 1995). Un altro ostacolo determinante per la rilevazione della qualità di vita nelle unità operative è la scarsa conoscenza dell’utilità del costrutto che è ancora emergente e necessita ancora di tempo per diffondersi (Nicolucci A, 2006). Dall’altra parte, l’introduzione delle misure sulla qualità di vita all’interno dell’ambito clinico implica la necessità per gli operatori sanitari di cambiare la loro pratica assistenziale: il cambiamento può essere percepito come una sorta di minaccia, soprattutto se il personale non si sente adeguatamente preparato e teme di poter essere giudicato in modo negativo (Nicolucci A, 2006). Gli atteggiamenti degli infermieri e le loro attitudini nei confronti della qualità di vita sono elementi che influenzano i comportamenti in relazione all’uso degli strumenti nella pratica (Hagelin CL, et al., 2007). Dunque, in questo senso sono fondamentali dei programmi di formazione ad hoc: in ambito clinico, il personale infermieristico spesso non è formato per l’utilizzo di strumenti di valutazione della qualità di vita, dato che nei percorsi di laurea e post universitari non viene ancora dedicata attenzione all’indagine della qualità di vita e all’importanza e alle implicazioni che questa può avere sia sull’assistenza sia sul processo di cure degli assistiti (Higginson IJ, et al., 2001).
Qualità di vita e tecnologia
Alcune delle difficoltà relative alla raccolta dei dati riguardanti la qualità di vita possono essere facilmente superate grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie che hanno anche le potenzialità per semplificare le fasi di interpretazione ed elaborazione dei dati (Higginson IJ, et al., 2001). Sono anche utili nelle fasi di follow up, per effettuare registrazioni in tempi diversi e per monitorare l’evoluzione delle percezioni riferite dall’assistito. Le nuove tecnologie consentono la rilevazione anche in luoghi differenti, come al domicilio. Possono inoltre prevedere l’utilizzo di notifiche che indichino ai compilatori la necessità di fornire risposte a tutte le domande del questionario, garantendo così la completezza dei dati e agevolando nella compilazione anche le persone con un basso grado di alfabetizzazione o con difficoltà visive ove prevista un’impostazione di lettura automatica (Hacker ED, 2010). L’utilizzo del Computerized Adaptive Testing (CAT) permetterebbe di diminuire la lunghezza dei questionari, grazie all’indirizzamento a una domanda successiva nei casi in cui la compilazione di un certo item fosse superflua (Theofilou P, 2013).
Ciononostante, le nuove tecnologie presentano alcune difficoltà di gestione. Innanzitutto, hanno costi elevati iniziali. In secondo luogo, vi è la necessità di confermare l’affidabilità dello strumento validato in formato cartaceo a seguito della digitalizzazione. Alcuni utenti inoltre potrebbero avere difficoltà nell’utilizzo di apparecchi tecnologici o potrebbero essere restii a inserire i propri dati sensibili in piattaforme online. Infine, potrebbero sopraggiungere problemi tecnici e di connessione che comprometterebbero la raccolta dei dati (Hacker, 2010).
DISCUSSIONE
La qualità di vita è riconosciuta come uno degli obiettivi fondamentali dell’assistenza infermieristica (Plummer M, et al., 2009) e appare in grado di migliorare la comunicazione tra assistito e professionista (Varricchio CG, et al., 2010) contribuendo così a creare una relazione terapeutica più autentica; questo può permettere una pianificazione che sia in accordo con gli obiettivi che l’assistito si pone, che tenga conto degli aspetti della vita percepiti come importanti e delle sue esperienze. Può inoltre responsabilizzare il paziente e aiutarlo, tramite l’educazione, nel processo decisionale autonomo (Starkweather A, 2010). Per queste ragioni, dunque, è possibile affermare che l’integrazione della qualità di vita all’interno della pratica clinica può essere vista come un mezzo per ottenere risultati più soddisfacenti in relazione all’assistenza infermieristica comportando una migliore e più rapida gestione della sintomatologia manifestata, una più profonda comprensione delle sofferenze e delle situazioni di vita vissute dagli assistiti e diventando perciò un valido aiuto per il personale infermieristico, poiché, nel momento in cui si rende necessario formulare piani d’assistenza, questi saranno stesi con maggiore rapidità e certamente più precisi (Hagelin CL, et al., 2007). Conoscere e valutare la qualità di vita dei pazienti, specialmente in particolari aree assistenziali, come l’ambito delle cure palliative e del fine vita, è una necessità che trova giustificazione nel codice deontologico della professione infermieristica, poiché all’infermiere è chiesta la tutela della volontà dell’assistito stesso qualora gli interventi proposti non siano in accordo con la sua concezione di qualità di vita (IPASVI, 2009).
Ciononostante, l’applicazione in ambito clinico presenta alcuni ostacoli quali, per esempio, l’eccessiva lunghezza dei questionari che risultano poco applicabili nella realtà clinica (Higginson IJ, et al., 2001; Hagelin CL, et al., 2007; Varricchio CG, et al., 2010).
CONCLUSIONI
La qualità di vita e la sua rilevazione in ambito clinico può avere grandi potenzialità ma, a tutt’oggi, presenta evidenti criticità da superare che impediscono la sua affermazione. Essa è utile nell’assistenza routinaria e nell’accertamento della funzionalità globale degli assistiti svolta quotidianamente dal personale infermieristico, che potrebbe trarne numerosi vantaggi nella pratica clinica (Mandzuk LL, et al., 2005; Mandzuk LL, et al., 2005; Starkweather A, 2010). Sarebbe quindi utile concentrare l’attenzione delle ricerche future sulla validazione di strumenti brevi e ugualmente validi per l’applicazione clinica e implementare l’utilizzo delle nuove tecnologie disponibili. Queste ultime, infatti, pur presentando alcuni limiti legati ai costi e alla gestione informatica, si sono dimostrate utili nella raccolta ed elaborazione dei dati sulla qualità di vita (Hacker ED, 2010). Infine, i percorsi di formazione accademici e di aggiornamento continuo dovrebbero porre maggiore attenzione a questo costrutto emergente, formare sull’utilità e sull’impatto che ha nel processo di cure, preparare gli infermieri all’utilizzo degli strumenti e incoraggiarli nella loro applicazione clinica, in modo tale da superare, almeno in parte, le barriere culturali ancora presenti (Higginson IJ, et al., 2001).