Malattie reumatiche infantili, insieme si può fare la differenza


Se tutti avanziamo insieme, il successo arriverà da solo. (Henry Ford, industriale americano e fondatore della Ford Motor Company)

Genitori, familiari e medici curanti di bambini affetti da malattie reumatiche trent’anni fa hanno deciso di riunirsi in un’associazione – A.M.R.I. (Associazione Malattie Reumatiche Infantili) per “fare squadra” contro queste patologie croniche il cui impatto sulla qualità della vita dei bambini che ne sono affetti è indubbiamente pesante.
Oggi, grazie all’impegno costante di A.M.R.I. la qualità della vita dei piccoli affetti dalle diverse forme di patologie reumatiche è rapportabile a quella di bambini sani.
Determiniazione e visione hanno permesso di raggiungere risultati importanti. Abbiamo incontrato il Presidente, Gabriele Bona.

Che cosa vuol dire crescere con una malattia reumatica?
Crescere con malattia reumatica significa avere: difficoltà nel movimento, dolore, vivere il confronto con le performance dei pari, paura delle visite di controllo, dei prelievi, delle somministrazioni sottocute. Nell’età adolescenziale vergogna di esternare la propria situazione, mancata accettazione, consapevolezza dei limiti ma anche dei propri punti di forza e incertezza sul futuro.

Essere genitori di un bambino con malattia reumatica…
Essere genitori di un bambino ammalato desta preoccupazione e paura inizialmente per la diagnosi e successivamente per la prognosi. Significa temere gli effetti avversi dei farmaci a breve e lungo termine. Aver paura di non essere in grado di affrontare le domande dei propri figli. Essere preoccupati del loro futuro. Essere per loro un riferimento sempre presente, ma lasciare spazi di autonomia quando l’età lo consente. Riuscire a dare regole nonostante la malattia per la loro crescita. Essere in grado di pensare positivo dando spazio a nuove esperienze di vita, all’apertura agli altri condividendo l’esperienza. Collaborare per la ricerca scientifica per rinforzare la speranza.

In un recente convegno per i 30 anni dell’associazione lei ha parlato di cura emotiva. Quanto peso ha nei risultati del percorso di cura?
La cura emotiva per i bambini e per i loro genitori è fondamentale, senza l’empatia dei professionisti non sarebbe sostenibile lo stress che provocano le malattie croniche. Sentire vicinanza, professionalità, la presenza di qualcuno che si prende carico di tutti gli aspetti che la malattia può coinvolgere è la migliore terapia di supporto. I professionisti sono preparati ad ascoltare i bambini e le loro famiglie, dare risposte non solo per contrastare il dolore, l’effetto del farmaco, ma anche le problematiche di origine psicologica. Saper cogliere l’incapacità di far fronte alla malattia, all’ansia, ai vissuti, permetterà la personalizzazione della cura nei confronti della persona a 360 gradi.

Il messaggio di A.M.R.I. ai professionisti con dare qualità alla vita dei bambini, dei genitori e della loro rete socio-amicale?
Sicuramente tutto quanto emerso precedentemente lo si può affrontare se si uniscono le forze tra persone che vivono la stessa esperienza, l’associazione per questo è un servizio essenziale. Lo scambio tra genitori, medici, infermieri aiuta a capire meglio la strada che si sta percorrendo. Il supporto è utile per non sentirsi mai soli in un percorso di vita non facile. Il servizio di psicologia trovo sia un sostegno fondamentale e che diversamente non tutte le famiglie se lo potrebbero permettere. Anche i gruppi di mutuo aiuto tra genitori hanno favorito il senso di appartenenza, il superamento di emozioni negative, la capacità di sviluppare percorsi e fare richieste opportune per rivendicare i diritti previsti dalla normativa. In età giovanile essere affetti da una patologia cronica può causare problemi psicologici. Il passaggio dalla fase pediatrica a quella adulta è molto delicato, per questo motivo sono fondamentali i processi di transizione per supportare e gestire le diverse problematiche.

Marina Vanzetta
4 novembre 2022

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