“Parole…Spazi di cura”: esplorazione concettuale delle storie di studenti delle professioni sanitarie partecipanti ad un contest narrativo

ISSN: ISSN 2038-0712 – L’Infermiere 2025, 62:2, e28 – e35

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INQUADRAMENTO GENERALE
La narrazione è da sempre considerata fondamento della comunicazione dell’esperienza umana (Haigh e Hardy, 2011). “La vita stessa è narrazione in quanto storia raccontabile” (Bruner, 1988).  Per millenni gli esseri umani hanno narrato storie per dare un senso al mondo, articolare una comprensione condivisa dei fenomeni e costruire una comunità (Olson e Smith et al., 2021).
Narrare è l’unico modo che l’essere umano possiede per far conoscere un fatto accaduto o la propria storia, e la narrazione è un elemento centrale della vita dell’uomo: le nostre vite sono intrecciate alle narrazioni, alle storie che raccontiamo o che ci vengono raccontate, a quelle che immaginiamo e vorremmo narrare. Tutto questo bagaglio viene rielaborato nella storia della nostra vita, in una sorta di ripensamento al senso di eventi passati e anticipazione di azioni progettate. L’istinto narrativo è, quindi, un elemento privilegiato di attribuzione di significati presente anche nel mondo sanitario: anche quest’ultimo, infatti, è intriso di storie (Wood, 2014).
Esistono numerose definizioni del concetto di narrazione (si veda, ad esempio, The National Storytelling Network www.storynet.org o lo Storycenter www.storycenter.org), che presentano, comunque, elementi comuni. La narrazione può essere vista come lo sforzo di comunicare eventi usando parole (prosa o poesia), immagini e suoni, spesso includendo improvvisazione o abbellimento. Sebbene alcuni autori usino la parola “narrativa” come sinonimo di “storia”, la narrazione può essere definita prevalentemente come fattuale, mentre le storie sono riflessive, creative e cariche di valore, solitamente rivelando qualcosa di importante sulla condizione umana.
Le storie hanno sempre avuto un ruolo centrale in sanità, ma l’ascesa vertiginosa delle bioscienze nel corso del XX secolo ha sostanzialmente eclissato la presenza della narrazione nella pratica clinica, enfatizzando la dimensione della “scienza”, a scapito dell’arte. La pratica medica è, e rimane comunque, un’impresa umana. Con l’avvento della “scienza suprema”, gli elementi narrativi dell’incontro clinico hanno acquisito uno status oscuro. “Aneddoto” diventa un termine squalificante e spesso, ancor oggi, sottende un insieme di informazioni di scarsa evidenza scientifica.
Si deve dapprima a Kathryn Montgomery (1991), e più recentemente a Rita Charon (2001), l’affermarsi dell’epistemologia narrativa in medicina, che pone la narrazione al centro della pratica clinica.
Ed è proprio grazie a Charon che da diversi anni la medicina narrativa è entrata a far parte dei percorsi di formazione universitari di medicina e delle professioni sanitarie. La medicina narrativa è definita come quella pratica clinica fondata sulla “competenza narrativa” dell’operatore sanitario, ovvero la competenza che gli esseri umani usano per assorbire, interpretare e rispondere alle storie.
Le esperienze di medicina narrativa che si stanno sviluppando, e le tecniche biografiche cui recentemente convergono i percorsi formativi nell’ambito socio-sanitario, testimoniano la forte valenza formativa e clinico-professionale della narrazione all’interno dei contesti di cura: i soggetti ricostruiscono i propri mondi narrandoli, attribuendo senso a ciò che lo circonda, organizzando e rielaborando i vissuti e l’esperienza del sé. La narrazione è, perciò, una via attraverso cui dare forma alla propria identità, anche professionale, un’operazione di consapevolezza che aiuta a formare una personale visione di sé e del mondo (Milota e van Thiel et al., 2019).
Diversi autori hanno confermato l’efficacia della narrazione sul potenziamento delle competenze cliniche degli studenti delle professioni sanitarie di base (Childress, 2017) e post base (Wood, 2014). La narrazione potenzia l’empatia (Haigh e Hardy,  2011; Chretien e Swenson et al., 2015; Dhaliwal e Singh et al., 2018)  e porta compassione ed umanità nella cura (Ventres e Gross, 2016), migliora la comunicazione con l’assistito e con l’equipe (Allen-Dicker, 2016) e potenzia l’approccio alla pratica (Reyhan e Dağlı, 2024), all’esperienza (Dhaliwal e Singh et al., 2018)  e alla riflessione (Haigh e Hardy, 2011; Ventres e Gross, 2016; Childress, 2017;), favorisce la tolleranza dell’ambiguità e la comprensione del vissuto di salute e malattia (DasGupta e Charon, 2004), svela nuovi significati ed attribuisce senso alle cose (Wood, 2014; Olson e Smith et al., 2021).
La narrazione è, inoltre, uno strumento di benessere (Olson e Trappey, 2024) e sviluppo personale e professionale, che aiuta a coltivare la dimensione morale del proprio operato (Allen-Dicker, 2016), la consapevolezza dei propri sentimenti (Ventres e Gross, 2016) e la resilienza emotiva (Dhaliwal e Singh et al., 2018). Le storie potenziano la connessione di gruppo, facilitano un ambiente non giudicante e un senso di appartenenza ad una squadra (Haigh e Hardy, 2011).
La letteratura ad oggi disponibile riporta l’uso della narrazione prevalentemente nei percorsi formativi con studenti di Medicina, Infermieristica, Ostetricia, Veterinaria ed Odontoiatria. Pochi, se non nulli, sono gli studi relativi a studenti di altri corsi di studio.
Poiché il tema è ampiamente inesplorato, è stato dato avvio ad un progetto che potesse raccogliere le narrazioni di studenti appartenenti a numerosi percorsi delle professioni sanitarie, privilegiando una metodologia di ricerca qualitativa, più adatta a raccogliere il vissuto dei soggetti e ad elaborare il materiale favorendo la profondità e la complessità della comprensione, piuttosto che la sua misurazione.

IL CONTEST NARRATIVO “PAROLE…SPAZI DI CURA”
A partire dal 2022, è stato organizzato annualmente un Contest narrativo dal titolo “Parole…Spazi di cura”, rivolto a tutti gli studenti dei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie dell’Università di Padova, frequentanti il tirocinio presso le strutture dell’Azienda ULSS 2 “Marca Trevigiana”.
Il bando del Contest è stato pubblicato annualmente nel mese di giugno, con scadenza a settembre. Ad ogni edizione sono state proposte 1 o 2 tracce narrative (Tabella 1) che, seppur diverse di anno in anno, avevano trasversalmente la caratteristica di far esprimere e raccontare ai giovani la loro esperienza di tirocinio.

Tabella 1 – Tracce proposte annualmente al Contest narrativo “Parole…Spazi di cura”.

Anno Tracce proposte
2022 ·          Ricordi di tirocinio: storie, esperienze, persone…

 

2023 ·          Il senso della giustizia nei setting di cura

·          L’esperienza dell’incontro con l’altro

2024 ·          Vite in movimento: storie di salute e benessere

·          Aggiungere “anni alla vita” o “vita agli anni”? La prospettiva di Rita Levi Montalcini per una salute a misura di persona

 

La letteratura conferma, infatti, che temi ampi ed interpretabili in diversi modi, usando la forma di scrittura desiderata, consentono la massima espressione del narratore. Viceversa, temi molto specifici e puntuali risultano troppo limitanti (Olson e Trappey, 2024).
Le narrazioni non dovevano superare le 4 cartelle, e potevano essere composte sia in prosa che in poesia. Le storie sono state inviate in modalità anonima ad una giuria di esperti, appositamente selezionata per la valutazione dei contributi. Ogni partecipante ha compilato, in aggiunta, una scheda anagrafica che ha permesso, in un secondo momento, di identificare i vincitori.
Ogni anno sono stati messi in palio alcuni premi in denaro, possibili grazie a donazioni liberali di filantropi del territorio. I vincitori sono stati premiati durante un’apposita cerimonia dove, in presenza di tutti gli studenti, le narrazioni sono state lette e condivise.
Le narrazioni sono state sottoposte, di anno in anno, ad analisi ermeneutico-interpretativa da parte della giuria, secondo il metodo della Grounded Theory, proposto da Glaser e Strauss.  Sono state individuate dapprima le aree tematiche, poi le categorie concettuali e, infine, i frammenti di storie particolarmente esplicativi per l’esposizione dei risultati. In questo studio i termini narrazione e storia vengono usati come sinonimi.

OBIETTIVO DEL CONTEST NARRATIVO

L’obiettivo generale del progetto è stato quello di onorare il vissuto degli studenti rispetto al tirocinio e consentire la riflessione sull’enorme patrimonio esperienziale ed emozionale che si inizia a collezionare sin dalle primissime situazioni di formazione clinica. Inoltre, il concorso narrativo era finalizzato ad affinare negli studenti dei percorsi universitari sanitari le competenze di scrittura e narrazione.

RISULTATI
Nel triennio 2022-2024, hanno partecipato al Contest complessivamente 148 studenti di 11 diversi Corsi di Laurea, con una maggiore rappresentatività di quello in Infermieristica, Ostetricia, Tecniche di Radiologia e Fisioterapia. Minimale la presenza di studenti iscritti a Logopedia, Tecniche di Laboratorio biomedico e Terapia occupazionale.
L’età media dei partecipanti era di 24.7 anni (mediana 22.5 anni, range 20-47 anni). Gli studenti risultavano prevalentemente iscritti al 2° (52%)  e 3° anno (37%) di corso, e solo in minima parte al 1° (11%). I temi emersi dalle narrazioni in tutte le edizioni del Contest sono principalmente tre: dolore, nascita e morte.
Di questa triade già altri autori (Motta, 2002; Orefice, 2012) avevano dato evidenza, assumendo che il momento fondativo dell’azione dei professionisti sanitari, e motore della prassi clinica, non sia tanto la malattia, quanto le sue conseguenze di tipo fisiologico, psicologico e sociale sul vivere quotidiano e sull’autonomia della persona assistita, considerata in toto, in una prospettiva di tipo olistico.
Il dolore e la morte rappresentano momenti di estrema vulnerabilità per l’essere umano (il dolore non possiede un paradigma, né mai potrebbe possederlo, poiché, trovando ragione nel relativismo, è proprio di ciascun individuo). Tuttavia, ciò che affiora con estrema delicatezza dalle storie è che queste situazioni possono diventare occasioni per scoprire significati profondi, promuovere connessioni e rivalutare i valori fondamentali della vita (“l’ospedale stesso emanava l’impressione di essere un non-luogo, una dimensione affrancata dalle leggi del tempo in cui una sola mezz’ora sarebbe potuta valere una giornata intera del mondo reale”).
Seppur con diverse sfumature, anche la nascita è narrata come una situazione di fragilità, nella quale la paura dell’ignoto e le emozioni quali il turbamento e lo sconforto si alternano a momenti di pura gioia e felicità. La Tabella 2 delinea le categorie concettuali individuate per ognuno dei 3 temi, con citazioni rappresentative tratte dalle narrazioni.

Tabella 2 – Analisi ermeneutico-interpretativa delle narrazioni.

Area tematica Categoria concettuale Frammenti significativi
Morte Empatia, comunicazione, connessione “Perché sapesse che per me non è stato indifferente, vederla chiedere senza osare, chiedere la sua vita che non le ho ridato”

“Mi sorride dolcemente e mi tende la mano”

“Non so dove finisce il suo dolore e dove inizia il mio. Mi sembra di provare quella stessa disperazione che gli leggo negli occhi”

“Cercava solo ascolto e comprensione. Poter finalmente parlare senza filtri e senza segreti del fatto che stava morendo”

Dignità nella malattia e nella morte “Con il dolore non di un corpo provato Ma di uno spirito forte, a cui sembra Essere rimasta solo l’ingiusta arresa”

“Quando non si può più curare un corpo malato ci si prende cura della persona e del suo percorso verso il ponte che presto farà da connettore tra vita e morte. E’ un atto di amore e di dignità”

“L’abbiamo lavata e preparata con cura affinchè i suoi famigliari la potessero vedere serena. La guardavo ed in quel silenzio capivo il vero senso della parola DIGNITA’”

Etica “Una barca su un fiume” scelta con cura, adatta al percorso, alle proprie esigenze e al proprio

vissuto, che permetta di guardare il paesaggio mutare, osservare il cambiare dei giorni e accogliere

con lo sguardo la fine, con la libertà di scegliere come seguire il percorso”

“Aspettando che accada senza la paura, il dolore e l’angoscia che tolgono ad una madre la dignità di

una morte che sia finalmente umana”

Resilienza e forza interiore “Con impressi in mente la forza ed il coraggio che esprime il tuo sguardo”

“E’ lei che l’ha chiesta (la sedazione profonda) in uno slancio di coraggio che dimostra tutto il suo spirito e la forza che ancora emana con i suoi sensi”

Accettazione “Oggi Francesca mi ha dato la più grande lezione di vita: l’idea della morte, per quanto dolorosa, mi sembra meno spaventosa”

“Lui aveva accettato che il tempo a sua disposizione stava per finire. L’abbiamo portato in giardino con la carrozzina e con la poca voce rimasta ha gridato –vita, ti amo”

Fallimento “L’università non ti prepara ad affrontare il “fallimento” bruciante di una sconfitta, non ti aiuta a trovare il coraggio di guardare negli occhi la famiglia in lacrime che vive un lutto enorme”

“Non posso fare a meno di pensare che abbiamo fallito”

Valore del tempo “Chiacchierare insieme, sorridere, darsi la mano. Quel tempo condiviso era la sola medicina che le serviva”

“Invece dovremmo imparare ad assaporare il gusto del tempo, a concederci il lusso del riposo e la gioia dello stare insieme”

“Un’ora o forse due, chi lo sa, forse un giorno, un mese: ma era comunque tempo che rimaneva per vivere”

Accompagnamento e ruolo dei professionisti “Guardo lavorare la mia tutor. Gentilezza, passione, conoscenza, professionalità, esperienza, pazienza. Sì, è questo che voglio essere, è questo che voglio fare da grande”

“Questa madre anziana non è pronta per nessun tipo di mutamento ed ha bisogno di sentirsi meno sola nel supportare il figlio. Roberta mi conferma che non andiamo lì a medicare, ma per dare modo a questa madre di raccontarsi”

“E’ questo il ruolo di noi professionisti: prendere in carico ed accompagnare fino alla fine”

Speranza e gratitudine” “Anche per chi, come loro (i figli), che di fronte all’inevitabile continuano a sperare ed ad essere grati del dono prezioso che hanno ricevuto (la madre)”

“In quel momento si appianano le divergenze, si dimenticano i torti, si perdona e si esercita il dono della gratitudine”

Relazioni familiari “Non ci si prende cura solo del paziente, ma della sua famiglia”

“Sono uscita con discrezione ed ho lasciato Erminia con la sua famiglia: quella presenza era tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento”

Emozioni “Il mio piedistallo di entusiasmo crolla”

“La paura di sbagliare qualcosa, l’ansia di non essere considerata”

“Iniziano a salirmi l’ansia e la tachicardia”

“Ho i brividi e le gambe che mi tremano, mi appoggio al muro perché mi sento strana. Uno dei due infermieri si gira verso di me e mi chiede se va tutto bene, io annuisco anche se provo una sensazione di vuoto”

“Ci sta lasciando, Lo capisco e trattengo le mie lacrime”

“Per gestire le emozioni dobbiamo chiaramente identificarle”

“Mi sento impotente e con la gola secca”

“Sono sopraffatta dal dolore, dall’ atroce durezza di quel momento”

Nascita Empatia, comunicazione, connessione “Credo sia facile immaginare come si sentisse la madre”

“Non ho mai partorito ma mi identificavo in quella sofferenza”

“Quel sottile filo che connette la donna con l’ostetrica”

“Voglio essere il punto di riferimento della donna”

Miracolo della vita “Decisi così che avrei dedicato i miei studi e la mia esistenza a capire, osservare e sperimentare il miracolo della vita”

“Guardo quel piccolo fagottino rosa e mi chiedo ogni volta come sia possibile tutto questo”

Paura dell’ignoto “Sento il cuore in gola perché non capisco cosa stia accadendo”

“E’ come scendere nelle tenebre della notte, nelle fauci dell’ignoto, per poi risalire”

Dolore e resilienza “Quel dolore è la tappa obbligata, il sacrificio della vittima immolata. Solo una donna avrebbe potuto sopportare così tanto. Piegarsi e non spezzarsi”

“Tutto quel dolore d’un tratto si dimentica e rimane solo la gioia di sperimentarsi nel nuovo ruolo di madre”

Umanizzazione delle cure “Creare un ambiente accogliente, dai toni soffusi e pacati”

“Abbiamo fatto entrare il padre, il fratellino ed i nonni. In quel momento era importante che la donna sentisse vicino il calore di tutta la sua famiglia”

Relazione di fiducia tra professionista e persona “Quello è stato il momento più formativo: Emilia e la mia guida si sono guardate e lì ho capito che ognuna contava sull’aiuto dell’altra. Quel parto sarebbe giunto a conclusione perché si era creata la famosa alleanza che studiamo sui libri”

“Grazie per essermi stata accanto, senza di voi non ci sarei riuscita. Dalla paura mi sentivo invasa ma grazie a te l’ho vinta. Le sue parole mi hanno dato coraggio”

Emozioni “Ero piuttosto nervosa”

“Non credo di essere mai stata più felice”

“Tremano i miei guanti alla tua delicatezza”

“Non pensavo di essere in grado di reggere una tale carica emotiva”

“Le lacrime, la stanchezza fisica e mentale, e al contempo la gioia”

Dolore Empatia, comunicazione, connessione “La relazione nasce da un incrocio di sguardi che sanno ascoltare pensieri che diventano voce nelle espressioni di un viso, in un gesto, in una lacrima, in un silenzio”

“Questo ho imparato da lei: a mettermi da parte e a modularmi sulla persona che ho davanti. Mi ha insegnato a leggere i bisogni profondi di chi mi si affida”

“Saluto Guido, uno sguardo complice e via”

Fragilità umana “Quando vedi vecchi, bambini, giovani mamme e papà, persone come tutti noi, mentre muoiono, soffrono, e non torneranno mai più a vivere la vita che avevano”

“Un uomo che ti confida la sofferenza che si prova nel sopravvivere ad un figlio, rimproverandosi di non aver fatto abbastanza”

Dignità nella sofferenza “Il tremore imperante sulle livide labbra serrate dalla dignità di un individuo che abbia ricevuto, del tutto inaspettatamente, una brutta notizia”

“Si vedeva chiaramente che soffriva, ma resisteva in modo stoico per non dare preoccupazioni ed ulteriore sofferenza anche ai suoi cari”

Etica “Mi addentro nel gomitolo dei miei pensieri, tra voli pindarici e riflessioni razionali sul significato esatto delle parole e sul concetto umano di forza”

“Abbiamo deciso di non accanirci ulteriormente su un corpo inerme”

Umanizzazione delle cure “A volta bastano solo gesti semplici e gentili”

 “Come può uno sconosciuto ispirare tanta fiducia da riuscire a diventare quasi un intimo confessore sia per le proprie gioie che per le proprie sconfitte”

Corpo, mente ed anima “Quando il dolore attraversa il corpo ed arriva alla mente, è sempre l’anima, poi ad elaborarlo….non c’è separazione, è tutt’uno”
Importanza del lavoro in team “Mario scandisce i tempi e gli altri rispondono ai suoi comandi: sembra una perfetta sinfonia orchestrale”

“Voci di un coro perfettamente intonato”

Emozioni “Come si fa a non aver paura di vivere. Come si fa?”

“Si scatenano pensieri ed emozioni contrastanti”

“Interminabile sconforto”

“Senso di impotenza e inutilità”

“Tristezza e dolore”

“Ricaccio indietro le lacrime di paura”

“Combatto contro il senso di colpa”

“Cercando di domare le emozioni del momento”

“Ho vissuto tanti momenti di gioia alternati ad altrettanti momenti di sconforto e stanchezza”

“Uno zaino carico di dolore”

 “Mi fa sentire fortunata e triste contemporaneamente”

 

Indipendentemente dalle tracce e dalle aree tematiche, la categoria concettuale trasversale a tutti i temi è quella “Empatia, comunicazione, connessione”. Gli studenti sottolineano molti esempi nella pratica clinica ricchi di umanità ed empatia nelle interazioni con gli assistiti (una volta equilibrati i pilastri della tecnica e del sentimento – della professionalità fatta di caos e dell’umanità racchiusa in un ringraziamento – tutto viene posto in secondo piano dalla formula esorcizzante “ne è valsa la pena”) caratterizzati dallo sforzo costante di ascoltare e comprendere al meglio l’altro. In modo particolare, elemento cruciale nella relazione di cura risulta essere, appunto, l’empatia, che consente di stabilire un contatto autentico con il paziente, di comunicare efficacemente, promuovendo fiducia e comprensione reciproca e gettando le basi per migliorare il benessere, sia del paziente sia del professionista.
I risultati supportano gli studi precedenti i quali suggeriscono che la narrazione può essere un mezzo per promuovere empatia e benessere negli studenti e portare umanità e compassione nella pratica clinica.
“Accompagnamento” e “relazione di fiducia” sono, poi, le categorie concettuali presenti nelle aree tematiche “morte” e “nascita”. Viene, appunto, enfatizzata la capacità dei professionisti di agire con competenze tecniche, ma soprattutto con quelle non tecniche (“non dobbiamo dimenticarci che i pazienti, ai quali prestiamo la nostra assistenza, non sono soltanto dei numeri, ma sono persone in carne ed ossa, esseri umani con delle emozioni e dei sentimenti.), al fine di garantire un percorso di cura che sia al contempo competente e compassionevole, che si estende anche alla famiglia, fornendo supporto emotivo e strumenti per affrontare l’incertezza. La capacità e l’importanza di collaborare all’interno dei team, anche multidisciplinari, è una delle soft skills chiamate in causa nel tema del dolore, che produce effetti, oltre che sull’assistito, anche sulla creazione di un ambiente lavorativo più sereno e stimolante (“noti che il tuo compagno di avventure è troppo spaventato e gli tendi la mano, magari alla prossima ne avrai bisogno tu”).
Gli studenti portano all’attenzione del lettore la riscoperta del concetto di umanizzazione delle cure ed umanità (“all’improvviso una voglia estrema di abbracciare ed essere abbracciata mi inonda. Vorrei abbracciare tutti, dare e ricevere quel sollievo che solo un abbraccio silenzioso può dare”) nel suo più autentico significato di condizione umana, con riferimento alle caratteristiche e alle qualità quali la fragilità, la debolezza, la caducità, l’imperfezione. L’umanità viene valorizzata come quel sentimento che sottende alla solidarietà reciproca, di comprensione e indulgenza verso l’altro.
Le narrazioni mostrano come la fragilità e la forza possano coesistere (“9 maggio, Fortis cadere, cedere non potest- I forti possono cadere, ma non possono cedere”), abbattendo in modo significativo lo stereotipo che i professionisti sanitari, e gli uomini in particolare, debbano sempre mantenere un atteggiamento impassibile (“ma già il fatto che mi avesse visto piangere, per come sono fatto io che voglio sempre nascondere la mia parte emotiva/emozionale”). Le storie mettono in rilievo l’importanza del riconoscimento professionale in situazioni che influenzano profondamente la vita degli assistiti e dei familiari, facendo emergere la complessità delle relazioni e delle emozioni umane.
Tantissimi i richiami al valore della salute, intesa come equilibrio tra corpo, mente ed anima (“ho imparato che ascoltare il paziente è fondamentale e che parte della professione è essere di aiuto, non solo curando la parte fisica ma sostenendo anche la parte psicologica ed emotiva”).  Proprio questi tre elementi sono chiamati in causa quando si parla di dolore.
Abbondanti i rimandi alla dignità che si manifesta attraverso il rispetto per l’autonomia del paziente, la considerazione delle sue scelte e l’offerta di cure che rispettino la sua integrità fisica, psicologica e spirituale, anche nelle fasi più critiche dell’esistenza.
Ed è proprio nella criticità della sofferenza, che viene dato spazio alla qualità della vita, che non può essere determinata solo dall’esterno, ed in termini esclusivamente clinico-oggettivi, ma ha un’ineliminabile connotazione soggettiva, che diventa essa stessa criterio orientativo delle scelte assistenziali investendo il malato, e la sua famiglia, di un ruolo di protagonisti delle cure, ai quali viene conferito il potere della scelta dei trattamenti (“Ha chiesto Francesca la sedazione profonda”) che maggiormente siano idonei a soddisfare bisogni e valori personali.
Molte sono le riflessioni sulle esperienze vissute dai toni positivi, ma anche mesti. E’ nelle esperienze difficili che trova spazio la resilienza, rivelando risorse interiori inaspettate (“con il dolore non di un corpo provato, Ma di uno spirito forte”), la capacità di affrontare le difficoltà con forza interiore non è solo un processo individuale, ma può essere sostenuta da reti di supporto familiare e professionale.
Ricchi gli spunti che testimoniano una grande necessità, ma al contempo familiarità, di espressione delle proprie emozioni. Paura, ansia, rabbia, tristezza, confusione che si alternano a gioia, entusiasmo, interesse e perfino ammirazione (“Ammiro gli infermieri in reparto”), in una vera e propria trasformazione emotiva. Le lacrime lasciano spesso spazio ai sorrisi. E’ proprio la paura, però, come già evidenziato dalla letteratura (Panda, Dash et al., 2021), ad essere l’emozione più presente in tutte le storie: di non essere all’altezza, di essere umanamente fallibili, di non sapere abbastanza, di sfigurare. Ma questa si accompagna anche alla consapevolezza di poter fare la differenza, con forza, caparbietà ed impegno, e all’importanza di un grazie, una sola parola sì, ma carica di significato (“lo ricordo bene quel “grazie”, nessuno prima, me lo aveva detto).
La fiducia ed il senso di gratitudine dei pazienti nei confronti del personale e viceversa contribuiscono alla costruzione di una solida identità e realizzazione professionale nonché alla crescita personale (“Ripercorrendo questi tre anni di formazione, sono proprio i pazienti che ho incontrato che mi hanno fatto capire cosa sia l’assistenza, cosa voglio diventare ed il valore della vita”; “Non sono più la stessa persona che ha varcato le porte dell’ospedale il primo giorno di tirocinio” ; “Eccomi qui a tre anni dall’inizio del percorso con una prospettiva completamente ribaltata a quanto mi sarei aspettata, quello che pensavo essere la trama della mia futura professione ne diventa invece l’ordito e va ad intrecciarsi con ogni gesto, nozione, competenza tecnica che ho appreso fin qui e che continuerò ad apprendere”).
Interessanti sono i copiosi richiami al lavoro d’equipe e al team multiprofessionale, presentato come “un puzzle dagli incastri perfetti” e “voci di un coro perfettamente intonato”, ma al contempo dalla consistenza “liquida” (degno della teoria di Bauman), dove i confini della competenza di un professionista sono tutt’altro che netti, e si plasmano con e nella competenza del professionista di diversa matrice professionale.
Gli studenti hanno riconosciuto che la riflessione sull’esperienza e l’elaborazione della stessa sono condizioni importanti (“mi dà la possibilità di riflettere sul senso e sulla natura stessa dell’assistenza…ho maturato ancor maggiore consapevolezza di quanto il nostro essere professionisti possa fare la differenza”), anzi indispensabili, per comprendere, apprendere, affrontare con rinnovata carica la complessità del tirocinio e vivere con serenità anche le situazioni difficili.

CONCLUSIONI
I racconti presentati hanno rivelato un quadro molto interessante in cui l’oggettività delle situazioni professionali si intreccia con il vissuto personale. Le difficoltà, le paure, ma anche le emozioni positive si alternano continuamente nelle narrazioni dei protagonisti di vicende spesso drammatiche, dalla forte intensità emotiva. Le storie, pur differenti per ambientazione e protagonisti, convergono sul tema della connessione umana e dell’importanza di esperienze di vita autentiche e profonde per il benessere personale e professionale. La salute, così come viene raccontata, non è solo un concetto di tipo biologico, ma uno stato che abbraccia l’interiorità e la relazione con l’altro. Le storie enfatizzano la presenza di una miriade di emozioni, sia positive che negative, e illustrano quanto sia arricchente abbandonarsi a momenti di vulnerabilità, condivisione e riconoscenza.
Attraverso le loro narrazioni, gli studenti hanno evidenziato sotto vari punti di vista l’importanza del tirocinio e la complessità dello stesso da un punto di vista formativo, non solo professionale, ma soprattutto umano. Dalle storie è anche emerso chiaramente come i professionisti sanitari, pur in una società che oggi più di ieri toglie molto alle relazioni autentiche, attraverso l’uso delle parole e degli sguardi, possano rappresentare un’importante “medicina” per il paziente.
I racconti sono tracce profonde di valorizzazione della bellezza racchiusa nell’uomo, che di fronte alla sofferenza e all’incertezza del futuro, si mette a nudo e si consegna nelle mani del professionista sanitario che si trova di fronte. Ed in questo spogliarsi, il gesto non è solo quello del chiedere una prestazione o il soddisfacimento di un bisogno, ma diventa soprattutto “donare” all’altro le proprie fragilità, le proprie paure e le proprie emozioni.
In questa prospettiva, allora, appare legittimo affermare che sia prioritario far sperimentare agli studenti occasioni per pensare a come de-costruire e ri-costruire il modo di agire e di interpretare la realtà ogni volta che questa, limitata da una razionalità di tipo tecnico, appare con delle caratteristiche così deformanti da non farci entrare in contatto con l’altro. Da questo punto di vista, è solo la rielaborazione dell’esperienza ad aiutare la trasformazione di un “tecnico” in un professionista, con forti competenze relazionali ed umane, e per legittimare definitivamente l’idea che la malattia deve essere pensata come un fatto da interpretare e non come un oggetto da curare. Non si tratta di sentimentalismo, ma semplicemente della costruzione di un ponte tra scienza ed arte.
La narrazione, forse, potrebbe aiutare ad erodere i modelli culturali dominanti che troppo spesso fanno prevalere il paradigma della razionalità tecnica, per approdare ad un modello concettuale di “umanesimo” che possa guidare gli studenti, futuri professionisti, nel tirocinio.
Il Contest narrativo è stato un’occasione importante per consentire ad ogni studente un rapporto privilegiato con sè stesso, di riflettere su scelte e motivazioni individuali, nonché di ri-considerare ed apprezzare cose della quotidianità, spesso date per scontate.
E’ questo bagaglio umano che gli studenti maturano grazie all’esperienza del tirocinio, dall’incontro con la persona assistita. Attraverso i racconti, è stata data vita alle biografie degli assistiti, che sono diventati i veri protagonisti al centro dell’azione di cura, così come nella logica delle Medical Humanities.
Ma le storie degli assistiti sono, anche, diventate lo specchio che ha riflesso le biografie stesse dei narratori, in un riverbero inaspettato. Lo studente nel raccontare il paziente, ha raccontato sè stesso, in una vera e propria meta-storia.

Conflitto di interessi
Si dichiara l’assenza di conflitto di interessi. Tutti gli autori dichiarano di aver contribuito alla realizzazione del manoscritto e ne approvano la pubblicazione.

Finanziamenti
Gli autori dichiarano di non aver ottenuto alcun finanziamento e che lo studio non ha alcuno sponsor economico.

Ringraziamenti
Si ringraziano tutti i membri della Giuria delle diverse edizioni del Contest narrativo:
Domenico Basso, Giuseppe Biviano, Sara Di Santo, Catia Feltrin, Elisabetta Gavaz, Giordano Giordani, Giuseppe Maschio, Tiziana Menegon, Luana Miani, Stefania Moschetta, Luca Pinzi, Simone Urio, Mariarita Ventura.

STAMPA L'ARTICOLO

Bibliografia

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