Il linfoma non è una malattia che riguarda solo chi ne è affetto, si riflette anche sul benessere e l’equilibrio della rete familiare e sociale della persona malata.
Il Prof. Franco Mandelli, fondatore dell’Associazione Italiana Linfomi (AIL) sosteneva che dal momento della diagnosi e per tutto il percorso di cura, oltre ai medici, agli infermieri, agli psicologi e a tutti i professionisti che in qualche modo sono coinvolti, qualcun altro deve “entrare nel percorso accanto alla persona malata e rimanerci sia dentro che fuori dai luoghi di cura, ovvero il caregiver formale o informale che sia“.
Si tratta di un ruolo rilevante tanto che al tema il Gruppo infermieri della Fondazione Italiana Linfomi (GiFIL) ha dedicato un volume . Ne abbiamo parlato con Daniela Manzo Infermiera presso l’Ematologia di Pescara, membro del Board scientifico del GiFIL e coatrice del testo.
Dr.ssa Manzo che caratteristiche dovrebbe avere e come viene identificato e coinvolto nel percorso di cura sin dalle fasi inziali della malattia il caregiver?
Il caregiver ideale è una figura dotata di equilibrio emotivo, capacità comunicative e una disponibilità concreta ad affiancare il paziente. L’identificazione avviene sin dall’inizio del percorso clinico-assistenziale attraverso un’attenta valutazione da parte del team, considerando sia la volontà espressa dal paziente che il contesto socio-familiare. È cruciale un suo coinvolgimento precoce, per favorire continuità assistenziale e aderenza terapeutica.
Come identificare i bisogni formativi sia emotivi che pratici del caregiver?
L’identificazione dei bisogni avviene mediante colloqui individuali, osservazione diretta e strumenti standardizzati di valutazione. È essenziale analizzare competenze pratiche, grado di alfabetizzazione sanitaria, stato psicologico e capacità di coping. Solo così è possibile costruire un intervento formativo personalizzato, che risponda in modo concreto alle esigenze del caregiver.
Quale ruolo ha l’infermiere nella formazione del caregiver?
Il ruolo infermieristico nella formazione del caregiver è centrale. Oltre a trasmettere nozioni tecniche e operative, è fondamentale sostenere la persona anche sotto il profilo relazionale ed emotivo. L’infermiere agisce come facilitatore, affiancando il caregiver nella comprensione del percorso di cura e nel rafforzamento delle sue competenze, in un’ottica di empowerment di tutti gli attori coinvolti.
Come misurare e valutare il carico assistenziale del caregiver e come strutturate e mantenete la comunicazione con lui per essere efficace?
La valutazione del carico assistenziale si può realizzare attraverso strumenti validati come il Caregiver Burden Inventory (CBI) e la Zarit Burden Interview (ZBI), che permettono una lettura multidimensionale dello stress correlato all’assistenza. La comunicazione deve essere continua, bidirezionale, empatica e strutturata. È opportuno programmare momenti di confronto e verifica, garantendo ascolto e supporto costanti.
Come agire per garantire la continuità assistenziale ospedale -territorio considerando anche il ruolo del caregiver?
La continuità assistenziale si costruisce attraverso una stretta collaborazione tra struttura ospedaliera e rete territoriale, valorizzando il caregiver come elemento cardine del processo. È fondamentale fornire informazioni chiare, pianificare la dimissione con strumenti come checklist operative e attivare tempestivamente i servizi territoriali, affinché il passaggio al domicilio avvenga in sicurezza e con il giusto supporto.
Nella sua esperienza Dr.ssa Manzo quali sono le principali difficoltà che incontra il caregiver e di quale supporto ha bisogno da parte vostra per superarle?
Nella mia esperienza, i caregiver affrontano spesso sentimenti di inadeguatezza, solitudine e un carico emotivo che può diventare schiacciante. Il mio compito è offrire ascolto, formazione mirata e presenza costante. L’infermiere diventa un punto di riferimento per normalizzare il vissuto, costruire fiducia e facilitare l’acquisizione di strumenti concreti per affrontare la quotidianità dell’assistenza.
Un’ultima domanda, criticità e punti di forza nel rapporto con i caregiver?
Le principali criticità risiedono nella mancanza iniziale di consapevolezza del ruolo e nella difficoltà a esplicitare i propri limiti. Tuttavia, i caregiver mostrano straordinarie capacità di adattamento, motivazione e dedizione. Quando il rapporto si fonda su fiducia e alleanza, il caregiver diventa un pilastro essenziale non solo per il benessere del paziente, ma anche per l’efficacia complessiva dell’intervento assistenziale.
Marina Vanzetta
3 giugno 2025