Il tema di questo incontro è la linea di ricerca.
Possiamo dire che la stessa sta al ricercatore come una bussola sta all’esploratore. Entrambe forniscono direzione e orientamento. Come fa la differenza per il ricercatore la linea di ricerca? Entriamo nel merito con Ercole Vellone Professore Ordinario di Scienze Infermieristiche, Coordinatore Dottorato di Ricerca in Scienze Infermieristiche e Sanità Pubblica – Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione Università Degli Studi di Roma Tor Vergata.
Professor Vellone perché è importante avere una linea di ricerca ben definita e quali vantaggi porta sul piano accademico e nella pratica clinica?
Grazie per la domanda. Stabilire con cura e perseguire una specifica linea di ricerca è fondamentale per i ricercatori. Avere una propria linea di ricerca significa aver prodotto e continuare a produrre conoscenze originali su un determinato ambito della conoscenza che via via diventa sempre più approfondito e utile anche per i clinici. All’inizio, in genere durante il Dottorato, la propria linea di ricerca produce delle evidenze solo di carattere descrittivo o esplorativo che iniziano a darci un’idea del fenomeno di nostro interesse. Ma, via via che la linea di ricerca va avanti e si producono nuove conoscenze, il Ricercatore è in grado di produrre conoscenze sempre più approfondite e utili per i clinici. Per farvi un’esempio, all’inizio, con la nostra linea di ricerca sul self-care nello scompenso cardiaco, siamo stati in grado solo di dire che le persone con questa malattia praticavano poco self-care. Ma è stato quando abbiamo dimostrato che questo self-care poteva essere migliorato e quindi potevamo ridurre anche la mortalità dei pazienti che la nostra ricerca ha iniziato a produrre “evidenze” utili e implementabili nella clinica. Avere poi una linea di ricerca diventa anche importante su un piano internazionale in quanto, pubblicando studi sempre su una tematica, rende il Ricercatore anche “esperto” e riconoscibile a livello internazionale, attirando le collaborazioni. Per fare un esempio, dopo che abbiamo dimostrato che il colloquio motivazionale era in grado di migliorare il self-care nelle persone con scompenso cardiaco, sono stato contattato da un ingegnere canadese che adesso farà partire uno studio in cui il colloquio motivazionale viene effettuato con l’intelligenza artificiale.
Come una linea di ricerca coerente aiuta a migliorare la qualità delle pubblicazioni scientifiche e dei progetti di ricerca?
Concentrando la propria attività di ricerca su una linea di ricerca coerente, il Ricercatore diventa sempre più rigoroso nella metodologia e questo migliora inevitabilmente anche la qualità delle pubblicazioni. Poi “da cosa nasce cosa” per cui dai risultati di una linea di ricerca, sorgono altri quesiti che fanno nascere l’esigenza di sviluppare nuovi progetti che saranno sempre più sofisticati ed innovativi rispetto alle conoscenze disponibili.
La sua linea di ricerca è il selfcare nello scompenso cardiaco, cosa ha determinato la scelta?
La scelta di studiare il self-care nello scompenso cardiaco è nata nella clinica quando ero coordinatore di un reparto di cardiologia. In quel periodo notavo che alcuni pazienti con scompenso cardiaco venivano ricoverati spesso per la riacutizzazione della malattia che poi, una vota diventato ricercatore, ho capito che quelle riacutizzazioni erano determinate da uno scarso self-care. La maggior parte delle line di ricerca nascono dalla clinica e dall’osservazione attenta dei pazienti.
Se dovesse fare il punto della ricerca su questo tema, dove siamo arrivati e in che direzione dobbiamo continuare?
Abbiamo molte conoscenze oggigiorno sul self-care nelle persone con scompenso cardiaco. Queste conoscenze sono concordi nel dire che quando i pazienti con scompenso cardiaco praticano un basso self-care, hanno una più alta mortalità, stanno peggio e si ricoverano frequentemente. Conosciamo anche molte variabili che influenzano questo self-care e conosciamo molti interventi che possono migliorarlo. Quello che manca, a mio parere, non sono le conoscenze disponibili sul self-care ma l’implementazione di queste conoscenze nella pratica clinica di tutti i giorni. Con tutte le evidenze disponibili, sintetizzate anche in linee guida, non capisco ancora perchè i pazienti con scompenso cardiaco non vengano tutti “arruolati” in una continuità assistenziale: oltre a migliorare la loro qualità di vita, si andrebbe a diminuire anche la spesa sanitaria. Si tratterebbe di un investimento utile!
Quali consigli darebbe a un giovane ricercatore per definire al meglio la sua linea di ricerca?
È importante individuare per bene la propria linea di ricerca e non è semplice per un giovane ricercatore. A volte i nostri dottorandi impiegano un anno intero per capire qual è la propria linea di ricerca. Questo richiede un’accurata analisi della letteratura. E’ poi fondamentale lavorare con un ricercatore senior che sia anche lui/lei esperto/a su quella linea di ricerca. In tal modo si evitaranno errori importanti e si avrà la certezza di seguire una corretta metodologia. Poi consigliere al giovane ricercatore di rimanere focalizzato su quella linea di ricerca: per avere un impatto importante nella scienza e nella clinica, bisogna essere costanti e approfondire sempre più il proprio ambito di ricerca. Solo così a mio parere si può dare un contributo significativo alla scienza ed alla clinica.
Come aiuta una linea di ricerca a costruire collaborazioni e sinergie con altri ricercatori e istituzioni a livello nazionale e non solo?
Le collaborazione e sinergie si creano perché rimanendo focalizzati su una linea di ricerca, si diventa esperti e riconoscibili a livello nazionale ed internazionale. Dopo che a Tor Vergata abbiamo iniziato a pubblicare sul self-care abbiamo iniziato ad avere a Tor Vergata dottorandi che sceglievano questo Ateneo perché anche loro volevano studiare il self-care. Dopo un pò di anni, anche dottorandi e studiosi stranieri sono stati attratti da questa linea di ricerca e ci hanno contattato per chiederci di poter venire a Tor Vergata per studiare il self-care. Questo è stato interessante perché dopo tanti anni in cui eravamo noi ad andare all’estero per studiare qualcosa, adesso vengono dall’estero in Italia per studiare il self-care.
Marina Vanzetta
20 gennaio 2025