La salute mentale è un tema fondamentale per il caregiver, bisogna parlarne ma allo stesso tempo creare le condizioni e dar loro gli strumenti per “garantirla”. Chi lavora, se stanco può provare a cambiare lavoro o comunque può imporsi di pensare ad altro a fine giornata. Il caregiver no, è sempre lì con la testa e con le responsabilità.
Forse troppo spesso si da per scontato che il caregiver sia stabile mentalmente e che riesca in qualche modo a far fronte ad ogni problema: non è proprio così.
Una delle prime cose che mi è stata insegnata è che il caregiver deve imparare a chiedere aiuto ma prima ovviamente deve capire che ha bisogno. Nella maggior parte dei casi però al centro dell’attenzione dei curanti c’è la persona assistita che, ovviamente, deve essere curata. Questo, involontariamente, sposta l’attenzione dal caregiver che anche quando ha capito che ha bisogno di aiuto e lo chiede, rischia di non trovarlo.
Sono molti i complimenti rivolti a noi caregiver per il lavoro con i nostri cari: fanno certamente piacere ma non è sufficiente a dar voce ai compromessi con la nostra “salute mentale” perennemente in bilico.
Rinunciare a tutto, non uscire mai o poco di casa fare il minimo indispensabile al di fuori della cura, non può non avere delle ripercussioni psicologiche sull’equilibrio del caregiver.
Quando ci “usuriamo” fisicamente noi caregiver, ciò si ripercuote anche sulla nostra mente (già usurata) perché sentiamo che non abbiamo più le forze per svolgere quotidianamente il nostro ruolo di caregiver.
Non basta il supporto da parte di una persona che permette a noi caregiver di uscire un po’ più spesso sostituendoci oppure permettendoci di sfogarci e parlare con qualcuno.
Abbiamo bisogno anche di un supporto esperto, ovvero da parte di uno specialista.
4 novembre 2024