Sto entrando in una nuova fase della vita che per molti è traumatiche ma al contempo normale, come normale evoluzione dell’esistenza. Ecco, per un giovane caregiver diventare “grandi”, fare il passaggio dal mondo dello studio al mondo del lavoro è un poco più complicato.
È normale, si cresce, gli studi finiscono, si cerca un lavoro, si fatica a pagare le prime bollette, si soffre, si deve imparare come affrontare la vita da soli e spesso si esce di casa. La prima convivenza va male oppure bene. Si fanno progetti.
Il caregiver che si sta per immettere nel mondo “adulto” molte di quelle premesse, prospettive, fatiche non le può fare.
Non può fare progetti a lunga scadenza, trovare lavoro può essere difficile perché gli studi ti concedevano di dedicare buona parte del tuo tempo alla persona che assistevi, o almeno gestire i tempi, e ora devi fare delle scelte:
Accetto il posto di lavoro dei miei sogni e sacrifico l’attività di cura per dare un senso agli anni in cui mi sono piegato sui libri nella speranza di poter avere anche io dei sogni?
Accetto un posto di lavoro purché mi consenta di continuare l’attività di cura come prima rinunciando alle ambizioni?
Chi mi assumerà saprà o potrà (per esigenze tecniche) venirmi incontro?
Quanti lavori cambierò perché dovrò assentarmi per dei momenti in ospedale?
La 104 non basta e chi assume una persona non può averla assente per un mese, lo capisco bene.
Ci provi, ti immetti nel mondo del lavoro.
L’anno scorso ho fatto domanda di Dottorato ma non ho superato la selezione, capita a molti studenti.
Per fortuna mi viene offerto un assegno di ricerca per un anno che mi permette di seguire il mio sogno e al contempo di poter conciliare ancora una volta gli impegni con mia madre.
Ed ecco che cominciano i sintomi polmonari, di quella che sarebbe stata poi diagnosticata come polmonite, a mia madre. Quindi incominciano le visite, i giri per i pronto soccorsi e dopo 4 pronto soccorsi, dove nel frattempo era già stato introdotto l’ossigeno. Quattro mesi dopo aver preso servizio mi ritrovo in ospedale quasi h 24.
Poi delle persone splendide mi hanno consentito di prendermi i miei tempi, di fare le cose quando riuscivo perché capivano la situazione e mettevano loro una pezza quando io non potevo. Per quanto la mia testa si sforzasse di pensare al lavoro, io ero lì, in ospedale, a spiegare in ogni reparto medicine e comportamenti di mia madre. A monitorarla visto che non può comunicare i disagi e parlare per lei. Ad alleviarle quel lungo ed interminabile mese che penso mi abbia invecchiato di un anno.
Al mio primo incarico, al mio primo stipendio, già il primo fermo. Previsto, ma sempre un colpo. Provi a rimettere in marcia la macchina e arriva il secondo fermo. Il contratto scade a Gennaio 2025 e tu ti chiedi cosa devi cominciare a fare ora. Cerchiamo un lavoro e torniamo a una delle due opzioni iniziali?
Mi viene fatto sapere che c’è la possibilità di partecipare ad il bando per un altro assegno di ricerca.
Mi riprendo, rivedo la luce, torno un po’ in me, parteciperò al bando. Voglio pensare che andrà bene.
Come vedete molte cose sono in comune con le persone “normali”, ma ci sono tante piccole e grandi difficoltà che rendono tutto più ruvido più difficile sia dal punto di vista fisico e sia dal punto di vista mentale.
Se non ci fossero state delle persone a supporto, non so se mi sarei ripresa ora, almeno in parte.
Vedo i casi di cronaca e mi fa paura pensare che quelle persone sono arrivate a “certi punti” perché nessuno, forse, le ha davvero ascoltate.
Mi fa ancora più paura pensare ai giovani caregiver che crescono e non hanno supporto, che forse sono ancora più fragili perché sono adulti ma non hanno ancora gli strumenti da adulti.
La speranza, però, è una delle caratteristiche del caregiver.
23 ottobre 2024