Survey sul work engagement della professione infermieristica nel periodo post pandemico

ISSN: ISSN 2038-0712 – L’Infermiere 2024, 61:3, e87 – e92

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INTRODUZIONE
In letteratura (1,2,3) c’è un ampio accordo nel ritenere che lo stato di benessere di un’organizzazione derivi da un insieme di parametri, tra i quali non può non essere considerato anche il cosiddetto clima organizzativo, ovvero l’atmosfera prevalente che circonda l’organizzazione, il livello del morale e l’intensità dei sentimenti di appartenenza e di affezione e buona volontà che si riscontrano tra i dipendenti (4). Il clima organizzativo influenza l’attitudine dei lavoratori a concentrarsi sulla loro performance lavorativa e sulle relazioni personali e a sua volta è influenzato dal grado di accettazione, da parte dei dipendenti, della cultura dell’organizzazione. Negli ultimi anni, ed in particolare in conseguenza del periodo pandemico appena superato, si è osservato un importante incremento di dimissioni volontarie. Tale tendenza in realtà era già in atto da diversi anni: infatti, secondo i dati del Bureau of Labor Statistics, tra il 2009 e il 2019 le dimissioni volontarie hanno avuto un tasso di crescita annuo in media di 0,10 punti percentuali, nel 2020 il tasso di dimissioni è rallentato a causa delle incertezze determinate dalla pandemia per poi riprendere in maniera massiva nel 2021(5).
Fuller e Kerr hanno evidenziato cinque fattori (5 R) che, aggravati dalla pandemia, si sono combinati per produrre i cambiamenti in atto nel mondo del lavoro: retirement (pensionamento), relocation (trasferimento), reconsideration (riconsiderazione), reshuffling (rimescolamento), reluctance (riluttanza).
Di fronte a questa “uscita di massa senza precedenti” (6) è fondamentale che le aziende sanitarie prendano in considerazione interventi di “magnetismo” affinchè il personale non abbandoni il proprio posto di lavoro. Ad oggi in Italia il 36,14% degli infermieri dichiara di voler lasciare il luogo di lavoro entro 12 mesi; di questi il 33% dichiara di voler lasciare la professione, dato che corrisponde a circa l’11% del campione generale (6). Sono dati emersi dallo studio Registered Nurse forecasting in Europe (RN4CAST (7,8) che riguardano una tendenza confermata anche da studi successivi effettuati in altri paesi del mondo, compresi gli Stati Uniti. L’intenzione di lasciare la professione è un indice predittivo di turnover anche se bisogna fare una distinzione tra turnover e intenzione di lasciare, benché fortemente correlati. Nello studio RN4CAST, si è indagato, in epoca pre-pandemia, oltre a fondamentali fattori come la sicurezza del paziente correlata al rapporto infermiere/paziente, i tassi di mortalità, le missed nursing care (ovvero le cure mancate), anche l’intenzione di abbandonare la professione. In altri studi è stato descritto, inoltre, il fenomeno del “quiet quitting” (9,10), l’abbandono silenzioso di coloro che restano al lavoro, ma riducono a poco a poco il coinvolgimento (engagement) e l’impegno (commitment) (11).
Per quanto l’argomento sia fortemente dibattuto e complesso e, per quanto difficile fare una sintesi del fenomeno dell’abbandono, ci si chiede quali siano i principali fattori che spingono gli infermieri a pensare di lasciare il proprio ambiente di lavoro o addirittura la professione e quali strategie le organizzazioni mettano in campo per arginare l’emorragia di personale sanitario che riguarda anche il personale medico. Riconoscendo che la soddisfazione lavorativa sia il fattore principale nel predire l’intenzione di turnover e nel trattenere in ospedale il personale infermieristico (12), si desume che il persistere dell’abbandono della professione e la richiesta di dimissioni volontarie sia indicatore di scarso work engagement.
Il work engagement viene definito come uno stato mentale positivo nei confronti del proprio lavoro caratterizzato da vigor, dedication e absorption (13). Il work engagement è uno stato affettivo-cognitivo persistente e pervasivo nel tempo: le persone con un elevato livello di work engagement presentano un’attitudine più positiva verso il proprio lavoro e l’organizzazione e questo implica una maggiore soddisfazione lavorativa e una migliore abilità nel far fronte al proprio lavoro. Alti livelli di work engagement sono anche associati ad un minor sviluppo di depressione e stress lavoro correlati, minor assenteismo, migliori performance, comportamenti di organizational citizenship e di apprendimento attivo (14).

OBIETTIVI
Descrivere e analizzare il work engament del personale infermieristico nel periodo post pandemico.

MATERIALI E METODI

Disegno dello studio
È stato effettuato uno studio osservazionale esplorativo e descrittivo; la popolazione è rappresentata dal totale dei professionisti presenti in Italia, individuati tra gli iscritti di tutti gli Ordini delle Professioni Infermieristiche (OPI). Sono stati inclusi tutti i professionisti disponibili a partecipare allo studio volontariamente attraverso un campionamento di convenienza e che possedevano una connessione internet. A partire dal numero di 455.884 infermieri iscritti ai relativi OPI (15) è stata effettuata la valutazione del campione attraverso il software Epi InfoTM, fissando un margine di errore al 5%: la numerosità campionaria minima individuata è di 384 unità. È stato realizzato, tramite la piattaforma Google Form, un questionario esplorativo composto da una raccolta dei dati sociodemografici, informazioni relative agli aspetti dello straordinario lavorativo, agli aspetti psicologici del lavoro, alle caratteristiche fisiche, organizzative ed economiche del lavoro, alla motivazione alla professione e all’intenzione, negli ultimi due anni, di cambiare lavoro. E’ stato chiesto al professionista se avesse pensato di cambiare lavoro a causa di caratteristiche fisiche del lavoro quali la distanza da casa e le attrezzature di lavoro, a causa di caratteristiche sociali quali il rapporto con colleghi e superiori, a causa dello stipendio percepito, del calendario lavorativo, della propria salute fisica o della propria salute mentale. Inoltre, agli intervistati sono state poste domande relative al fatto che fosse capitato di andare al lavoro pur essendo malato, al sentirsi in colpa nei confronti dei colleghi per non essere andato al lavoro a causa di permessi o malattie, al pensare al lavoro anche durante il tempo libero e l’eventuale utilizzo di farmaci per il controllo dell’ansia o insonnia a causa del lavoro. Per avere un quadro della fatica del lavoro dei rispondenti, è stato chiesto loro se si sentissero supportati da un numero adeguato di OSS, se il numero di colleghi in servizio attivo fosse adeguato al carico lavorativo, se lavorasse più ore di quante previste dal contratto, se riuscisse a fare delle pause durante l’orario lavorativo e quante notti facesse, in media, in un mese.
È stato effettuato un test pilota per verificare la comprensibilità̀ e la fattibilità̀ del questionario ed è stato inviato ad alcuni infermieri e coordinatori di dipartimento che si sono resi disponibili a testare lo strumento. In base ai risultati del test pilota sono state apportate modifiche al questionario e successivamente messo online per la compilazione.

Analisi statistica
Le variabili qualitative sono presentate con frequenza e percentuale, le variabili quantitative sono riportate con mediana e scarto interquartile. La normalità statistica delle variabili quantitative è stata analizzata con il test di Shapiro Wilk. Per valutare l’associazione di due variabili qualitative è stato utilizzato il test del Chi Quadro e per una migliore interpretazione del dato, è stato utilizzato l’indice di derivazione del Chi Quadrato definito V di Cramer. Per valutare l’associazione tra due variabili qualitative è stato utilizzato il test del Chi quadrato e per una migliore interpretazione del dato è stato utilizzato l’indice V di Cramer. L’indice V di Cramer è stato considerato come “debole associazione” per i valori fino a 0.29, come “buona associazione” per i valori compresi tra 0.3 e 0.59, e come forte associazione per i valori superiori a 0.6. Per valutare la differenza dei punteggi di una variabile quantitativa in relazione ad una variabile qualitativa a due modalità, è stato utilizzato il test U di Mann-Whitney. Per valutare l’impatto di una o più variabili indipendenti su una variabile dipendente dicotomica è stato utilizzato il modello di regressione logistica binario. La significatività statistica è stata fissata per p ≤0.05. Tutte le analisi statistiche sono state effettuate usando il software The Jamovi Project (2022).

RISULTATI
Alla ricerca hanno partecipato 402 professionisti (366 infermieri, 33 coordinatori infermieristici e 3 Dirigenti Infermieristici), soprattutto di genere femminile (84.0%), con una età mediana di 48 anni (IQR: 40 – 55), con prevalenza delle aree Chirurgica (22.6%), Critica (21.1%) e Medica (18.8%) collocati per la maggior parte in Piemonte (78.6%). L’85.1% degli intervistati dichiara di lavorare più di quanto previsto dal proprio contratto, il 75.4% ritiene che il numero di colleghi in servizio attivo non sia adeguato al carico lavorativo, il 66.7% afferma di non essere coadiuvato da un adeguato numero di OSS durante il turno di lavoro, il 62.4% afferma di fare un numero ridotto di pause durante il turno (per niente + poco) e il 50% dei rispondenti afferma di fare almeno 5.5 notti al mese (IQR: 4 – 6). 294 infermieri, pari al 73.1% degli intervistati, ha pensato di cambiare lavoro negli ultimi due anni. La descrizione del campione viene presentata in Tabella 1.

Tabella 1 – Descrizione del campione.

Totale N = 402
Ruolo Ricoperto [n, (%)]
Coordinatore Infermieristico 33 (8.2%)
Infermiere 366 (91.0%)
Infermiere Dirigente 3 (0.8%)
Sex [n, (%)]
Femmine 326 (84.0%)
Età anagrafica (mediana – IQR) 48 (40 – 55)
In quale Area Lavora [n, (%)]
Ambulatorio 42 (10.5%)
Area Chirurgica 90 (22.6%)
Area Critica 84 (21.1%)
Area Medica 75 (18.8%)
Area Dipendenze 6 (1.5%)
Blocco Operatorio 27 (6.8%)
Coordinamento / Dirigenza 21 (5.3%)
Cure Domiciliari (Territorio) 18 (4.5%)
Formazione / Università 3 (0.8%)
Neonatale / Pediatrica 24 (6.0%)
SPDC 9 (2.3%)
Lavora più di quanto previsto dal suo contratto?  [n, (%)]
Si 342 (85.1%)
Ritiene che il numero di colleghi in servizio attivo sia adeguato al carico lavorativo? [n, (%)]
No 303 (75.4%)
Durante il turno di lavoro è coadiuvato da un adeguato numero di O.S.S.?   [n, (%)]
No 264 (66.7%)
Riesce a fare della pause durante il lavoro [n, (%)]
Per niente 30 (7.5%)
Poco 219 (54.9%)
Abbastanza 147 (36.8%)
Molto 3 (0.8%)
Notti in un mese (mediana – IQR) 5.5 (4 – 6)
Negli ultimi due anni, ha pensato di cambiare lavoro? [n, (%)]
Si 294 (73.1%)

 

Tra le aree di lavoro, a parte il SPDC in cui si registra una minore associazione al voler cambiare la professione e le cure domiciliari dove si riscontra una maggiore associazione a voler cambiare professione, il desiderio di cambio professionale è equidistribuito e il sesso biologico e l’età anagrafica dei rispondenti non sono fattori predittivi della volontà di cambiare professione negli ultimi due anni. Le variabili qualitative proposte agli intervistati sono state associate con la variabile relativa al pensare di cambiare lavoro negli ultimi due anni. Dai risultati ottenuti emerge come le aree associate in modo statisticamente significativo con il desiderio di cambiare lavoro riguardino principalmente la propria salute psicologica (Si: 75.2%, V 0.470, p<0.01), lo stipendio percepito (Si: 76.0%, V 0.460, p<0.01) e il calendario lavorativo (Si: 75.8%, V 0.460, p<0.01).
È stata valutata la differenza dei punteggi delle variabili quantitative proposte in scala Likert agli infermieri intervistati in relazione alla variabile dicotomica “Negli ultimi due anni ha pensato di cambiare lavoro?”
Dall’analisi dei risultati ottenuti emerge che punteggi più alti relativi alla motivazione personale, al supporto percepito da parte del responsabile (p<0.05), e all’idea di rifare il lavoro di infermiere (p<0.05) si registrano in soggetti che non hanno pensato di cambiare lavoro negli ultimi due anni, mentre punteggi più alti di variabili relative al sentirsi esausto a fine turno (p<0.01) e il ritenere di aver sbagliato professione lavorativa (p<0.01) si evidenziano in soggetti che hanno pensato di cambiare lavoro negli ultimi due anni.  La media maggiore di notti lavorate in un mese si evidenzia in soggetti che hanno pensato di abbandonare la professione di infermiere negli ultimi due anni (p<0.01). Per valutare la forza di ciascuna delle variabili qualitative e quantitative esaminate sul predire l’intenzione di lasciare la professione lavorativa è stato creato, per ciascuna variabile un modello di regressione logistica binaria univariato e, in secondo luogo, un modello di regressione logistica binaria multivariato. Nella Tabella 2 – Regressione Logistica Binaria Multivariata variabile dipendente: Negli ultimi due anni ha pensato di cambiare lavoro (SI)? viene presentato il modello di regressione logistica binaria multivariato che ha registrato una maggiore forza predittiva.

Tabella 2 – Descrizione del campione. Regressione Logistica Binaria Multivariata variabile dipendente: Negli ultimi due anni ha pensato di cambiare lavoro (SI)?

R2 Adattato 0.632
Variabile Indipendente OR (CI 95%) pValue
Mediamente quante notti fai in un mese 1.75 (1.23 – 2.49) <0.01
Farmaci causa lavoro 6.98 (2.34 – 20.78) <0.01
Cambio per calendario 2.80 (1.66 – 4.73) <0.01
(R)Penso di aver scelto la professione sbagliata* 0.39 (0.18 – 0.82) 0.013
La mia motivazione deriva dal lavoro in sé e non dalla retribuzione 0.60 (0.44 – 0.82) <0.01
Nota: * (R) I punteggi della scala sono stati ruotati

 

Dall’analisi della Tabella 2 – Regressione Logistica Binaria Multivariata variabile dipendente: Negli ultimi due anni ha pensato di cambiare lavoro (SI)?” emerge che il modello ha una forte predittività (63.1%).  A parità delle altre variabili inserite nel modello, l’utilizzo di farmaci per la gestione dell’insonnia o dell’ansia a causa del lavoro aumenta di quasi sette volte il desiderio di abbandonare la professione infermieristica (OR 6.98), il cambio del calendario è una variabile che favorisce di quasi tre volte il desiderio di cambiare lavoro e, all’aumentare di una singola notte in media, la probabilità di desiderare di abbandonare la professione infermieristica aumenta del 75%. Vi sono due variabili che possiamo definire tutelanti perché riducono il desiderio di abbandono della professione: il percepire di aver scelto la professione sbagliata e la motivazione al lavoro indipendente dall’aspetto economico. A parità delle altre variabili inserite nel modello, l’aumento di una unità nel ritenere di aver scelto la professione giusta diminuisce del 61% la probabilità di aver pensato di voler abbandonare la professione negli ultimi due anni e all’aumentare di una unità della variabile motivazione al lavoro derivante dal lavoro in sé e non dallo stipendio, la probabilità di aver pensato di voler abbandonare la professione negli ultimi due anni diminuisce del 40%.

DISCUSSIONE
I risultati di questa survey indicano che il pensare di voler abbandonare la professione sia un fenomeno omogeneo tra le aree di lavoro e che non abbia fattori predittivi riconducibili alle variabili socio anagrafiche. Si possono individuare invece dei fattori che favoriscono l’intenzione di voler abbandonare la professione e fattori tutelanti, ed è possibile individuare un buon modello predittivo che contenga un numero ridotto di variabili esplicative. È importante notare come vi siano variabili che erano risultate significative nella statistica test o in modelli univariati – come ad esempio lo stipendio o il supporto del proprio responsabile – ma che hanno perso significatività statistica nel modello multivariato. Il modello individuato suggerisce come una gestione statica della turnistica (con impossibilità di variazione della stessa in caso di necessità da parte del professionista), un aumento delle notti lavorative e l’utilizzo di farmaci siano da considerarsi come importanti fattori che favoriscono il desiderio di abbandonare la professione infermieristica, mentre la motivazione al lavoro indipendente dall’aspetto economico e il considerare di svolgere una professione adatta alla propria persona siano i due fattori che inducano i professionisti a manifestare uno stato mentale positivo e di soddisfazione nei confronti del proprio lavoro. Nonostante le evidenti criticità riportate dagli intervistati il 39.5% degli intervistati dichiara che la propria motivazione deriva dal lavoro in sé e non solo dalla retribuzione. L’80.6% degli intervistati ritiene di aver scelto la professione “giusta”, confermando la predisposizione alla professione di cura che caratterizza chi sceglie questa carriera. Gli aspetti relativi allo stipendio, per quanto ritenuti molto importanti, non sono la sola motivazione nella predizione della volontà di abbandonare la professione in favore di altri elementi ritenuti altrettanto impattanti, se non di più. Secondo uno studio condotto da “Il Sole 24 ore”, i dati dimostrano che nella coscienza collettiva è avvenuta una profonda mutazione nei confronti del rapporto con il lavoro, che non rappresenta più una fonte di realizzazione personale: la priorità dei professionisti, oggi, è un equilibrio tra professione e vita privata molto più concreto, e non a caso questi soggetti sono alla ricerca di esperienze e di opportunità per acquisire competenze, piuttosto che un impiego a lungo termine (16).

Limiti
Questo studio presenta alcuni limiti: in primo luogo il campione di convenienza presenta una serie di inconvenienti che possono ridurre l’affidabilità e la validità dei risultati della ricerca. L’uso di uno strumento autosomministrato inoltre potrebbe ridurre l’affidabilità dei dati raccolti a causa di un bias di desiderabilià sociale. Per ridurre questa potenziale distorsione, abbiamo reso anonimo il questionario durante l’indagine. Infine la modalità di somministrazione ha impedito il controllo di eventuali risposte multiple da parte dello stesso rispondente.

CONCLUSIONI
In accordo con la letteratura, (17,18,19,20) la situazione riportata descrive una palese difficoltà di chi vive la professione di infermiere e un allarmante interesse nel voler abbandonare la professione: nonostante il professionista si riconosca nel proprio ruolo professionale, la situazione attuale non risulta evidentemente più sostenibile. Già prima della pandemia, era evidente un aumento dell’intenzione di abbandonare la professione tra un’importante percentuale di infermieri (20).
L’elemento più interessante della survey è che l’età anagrafica non costituisce più una forma di tutela come poteva essere ipotizzabile negli anni passati e l’aspetto economico, per quanto rilevante e su cui occorre intervenire con urgenza, non è la sola strada per ridurre questo serio problema del voler abbandonare la professione con evidenti ricadute sul Servizio Sanitario Nazionale. In un contesto di crescente complessità e sfide per il sistema sanitario, il work engagement infermieristico diventa un fattore chiave per la sostenibilità e l’eccellenza dell’assistenza. Promuovere il work engagement significa quindi investire costantemente nella formazione e nello sviluppo professionale, riconoscendo le competenze acquisite anche grazie alla formazione post base, migliorando le condizioni lavorative e la retribuzione, creando un ambiente di lavoro positivo e supportivo, riconoscendo e premiando il merito. Considerato inoltre che dallo studio si è evidenziato che a parità delle altre variabili, l’utilizzo di farmaci per la gestione dell’insonnia o dell’ansia a causa del lavoro aumenta di quasi sette volte il desiderio di abbandonare la professione infermieristica si evince che è fondamentale individuare interventi mirati a promuovere il benessere psicologico degli infermieri (21).
Questi risultati evidenziano criticità presenti nel nostro sistema sanitario che richiedono azioni mirate. Affrontare i problemi nell’ambito dell’assistenza sanitaria richiede un impegno sia politico che manageriale. È necessario adottare interventi urgenti negli ambienti di cura al fine di trattenere il personale e migliorare la soddisfazione professionale. Questa è una condizione fondamentale per garantire un’assistenza sicura, efficace e di alta qualità, contribuendo così al successo complessivo del sistema sanitario (20).
Intervenire tempestivamente per contrastare l’abbandono della professione infermieristica non è solo un atto di doverosa tutela verso questi professionisti, ma rappresenta un investimento fondamentale per la salute del nostro sistema sanitario. Assicurare loro condizioni lavorative dignitose, supportare il loro sviluppo professionale e tutelare il loro benessere psicologico è un impegno imprescindibile per garantire un futuro sostenibile e di eccellenza all’assistenza sanitaria del nostro Paese.

Conflitto di interessi
Si dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

Finanziamenti
Gli autori dichiarano di non aver ottenuto alcun finanziamento e che lo studio non ha alcuno sponsor economico.

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Bibliografia

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