INQUADRAMENTO GENERALE
Nel contesto italiano, il profilo epidemiologico e demografico della popolazione ha evidenziato come l’invecchiamento sia un fenomeno in costante aumento. La rete di strutture sociosanitarie residenziali per anziani non autosufficienti è presentata attualmente come un servizio essenziale per offrire garanzia di risposta alle esigenze di salute della popolazione (Pazan, Wehling 2021). Tale rete è stata identificata con l’erogazione di assistenza a lungo termine a soggetti in parte o del tutto non autosufficienti, in condizioni di cronicità e/o relativa stabilizzazione delle condizioni cliniche (Piya, Shah et al. 2020).
La qualità dell’assistenza infermieristica è un processo ad oggi difficilmente misurabile per la complessità relativa alla documentazione dei suoi effetti (nursing outcome o nursing sensitive outcome) provenienti da interventi multidisciplinari e anche per le caratteristiche degli utenti (Doran, 2013). Per Nursing Outcomes o Nursing Sensitives Outcomes (NSO) è intesa una condizione, un comportamento o una percezione misurabile del paziente o della sua famiglia, concettualizzata come variabile e largamente influenzata “da” o “sensibile” alle cure infermieristiche (Doran, 2013).
CONTESTUALIZZAZIONE DELL’ESPERIENZA
Uno studio multicentrico (Pazan, Wehling 2021), condotto su 160 case di riposo, ha evidenziato come la riduzione dello stato funzionale, le comorbilità multiple, la polifarmacoterapia e il decadimento cognitivo hanno esposto gli anziani a essere maggiormente vulnerabili a esiti negativi correlati all’assistenza infermieristica, all’organizzazione delle cure e allo skill mix. I principali outcomes presi in esame sono state: le cadute (2-4 cadute a persona/anno), le lesioni da pressione (prevalenza del 23%) e i comportamenti aggressivi ai quali consegue la contenzione (prevalenza tra 42-66%) (Pazan, Wehling 2021; Piya, Shah et al. 2020; Molist-Brunet, Sevilla-Sánchez et al. 2022; Carrier, Toulouse et al. 2023).
Considerando l’incremento dell’incidenza di esiti infermieristici negativi correlati al processo clinico-assistenziale, la letteratura ha supportato ampiamente un’implementazione dell’utilizzo di strumenti di valutazione della qualità dell’assistenza e al contempo di strumenti che agevolino il monitoraggio e il contenimento dei costi. Questo processo è avvenuto anche attraverso la sensibilizzazione al tema del monitoraggio degli esiti infermieristici del personale infermieristico, il quale rappresenta la risorsa principalmente coinvolta nel raggiungimento di risultati di qualità in termini di efficacia ed efficienza clinico-assistenziale (Briggs, McDonough 2022).
Allo stato attuale, in Piemonte e in generale in Italia, non sono stati creati strumenti validati e diffusi di monitoraggio dell’effettiva qualità dell’assistenza erogata, in particolar modo per quanto riguarda le strutture per anziani. Diversi studi hanno individuato e validato indicatori di esito specifici per l’assistenza infermieristica, ma per quanto riguarda l’ambito specifico delle residenze per anziani non sono stati identificati, alla luce delle nostre conoscenze, set di esiti disponibili.
Alla luce della scarsa presenza di letteratura scientifica relativa al monitoraggio della qualità dell’assistenza ai pazienti anziani, si è deciso di contribuire all’incremento del numero di esperienze cliniche in quest’ambito assistenziale. È stata condotta un’indagine descrittiva, nel periodo tra marzo e settembre 2018, in due RSA della prima cintura metropolitana di Torino (RSA A 120 persone assistite, RSA B 49 persone assistite). Le variabili indagate sono state le seguenti: prevalenza di cadute, prevalenza di lesioni da pressione, prevalenza della contenzione fisica con mezzi fisico-ambientali, numero di accessi in pronto soccorso conseguenti a un peggioramento delle condizioni cliniche, livello di Skill mix relativo al personale infermieristico. Lo strumento di raccolta dati è stato composto da due sessioni:
Nursing sensitive outcomes
A. Dati socio demografici e clinici dei partecipanti: età, genere, BMI, durata della degenza, diagnosi e comorbilità principali all’ingresso.
B. Valutazioni clinico-assistenziali: indice di dipendenza nelle attività di vita quotidiana (Barthel index), valutazione delle funzioni cognitive (Short Portable Mental Status Questionnaire SPMSQ), valutazione dello stato nutrizionale (Mini Nutritional Assessment – MNA), rischio di insorgenza delle lesioni da pressione (Braden), rischio e incidenza dell’evento caduta (Hendrich II modificata); per ciascuna delle seguenti variabili è stata selezionata la scala di valutazione più frequentemente utilizzata in letteratura.
C. Ricorso alla contenzione: tipologia della contenzione (sponde del letto, tavolini delle carrozzine, cinture di sicurezza, farmaci), durata e motivazione.
D. Numero di accessi in DEA: numero di trasferimenti in ambito ospedaliero attraverso il servizio 118 conseguente a cadute o in generale a un peggioramento del quadro clinico.
Organizzazione del personale e skill mix
A. Numero di infermieri sul totale del personale di entrambe le RSA, numero di ore di assistenza infermieristica erogata e presenza di infermieri esperti nel gruppo di lavoro, ovvero infermieri in possesso di titoli di studio conseguiti a seguito di corsi di formazione post laurea come master di specializzazione o corsi di formazione specifici.
La rilevazione dei dati e delle informazioni clinico/assistenziali sugli ospiti è stata condotta in tre giornate indice (T1, T2, T3), una per mese, rispettivamente a marzo (T1), maggio (T2) e settembre (T3). Nella prima giornata (T1) sono stati raccolti i dati relativi allo skill-mix delle due strutture, successivamente si è proceduto alla raccolta dei dati socio-demografici e clinico-assistenziali dei pazienti presenti in struttura attraverso lo strumento di raccolta dati per gli esiti infermieristici presi in esame. Nelle ultime due giornate indice (T2,T3) è stata ultimata la raccolta dei dati sugli esiti infermieristici relativa ai pazienti già valutati in prima giornata (T1).
Le informazioni necessarie alla valutazione, per quanto riguarda le persone assistite, sono state ricavate dalla documentazione infermieristica individuale, dagli appositi registri (per le cadute e per la contenzione) e mediante osservazione. Le informazioni relative al numero di ospiti e alla dotazione organica del personale di assistenza, sono state ricavate tramite la consulenza del coordinatore infermieristico della struttura.
Per quanto riguarda l’analisi dei dati, le caratteristiche delle persone assistite coinvolte nello studio sono state valutate mediante i procedimenti di statistica descrittiva: le variabili continue sono state descritte con media e deviazione standard, le variabili discrete utilizzando frequenze assolute e percentuali. Il confronto tra variabili è stato effettuato con il test T di student e chi quadrato (χ2), rispettivamente per le variabili numerica e categoriche. La correlazione tra l’età e le valutazioni assistenziali è stata effettuata con il coefficiente di correlazione di Person (r), mentre la valutazione dell’influenza delle variabili sugli outcomes con la regressione logistica binaria (con IC 95%). È stato considerato un p<0.05 per la definizione di differenze significative tra le osservazioni.
Gli strumenti utilizzati per la raccolta dati erano del tutto anonimi. È stata ottenuta l’autorizzazione del direttore sanitario delle RSA per la conduzione dello studio, il consulto del materiale clinico e amministrativo e la raccolta dei dati, i quali sono stati utilizzati rispettando le norme per la privacy (D.Lgs 101/2018) esclusivamente ai fini di studio e ricerca. Le valutazioni sulle persone assistite rientravano nella normale attività assistenziale.
OBIETTIVI DELL’INDAGINE
Obiettivo principale
Descrivere la prevalenza di specifici NSO come: cadute, lesioni da pressione, utilizzo di mezzi di contenzione.
Obiettivo secondario
Analizzare lo skill mix (infermieri, personale di supporto) in correlazione agli esiti sensibili dell’assistenza infermieristica.
RISULTATI
Sono stati inclusi nello studio 152 pazienti, di cui 107 (70.4%) ricoverati nella RSA A e 45 (29.6%) nella RSA B di Torino. Sono stati esclusi dall’analisi dei dati 32 pazienti (17.4%) poiché presenti solo in parte del periodo di osservazione (18 deceduti e 14 nuovi ingressi). La durata media del ricovero, rilevata al momento della prima osservazione, è stata di 3.2 anni (± 2.9; min-max 15 giorni-16,8 anni). Le diagnosi principali all’ingresso, in entrambi i gruppi, sono state la demenza ad insorgenza multifattoriale (66.4%), esiti di ictus, psicosi e morbo di Parkinson. Il 94.7% presentava una o più comorbilità, in particolare il 48.7% soffriva di patologie a carico dell’apparato cardiocircolatorio, il 31.6% era affetto da diabete, il 15.8% aveva problematiche di tipo respiratorio e il 3.9% aveva una malattia oncologica (tabella 1). I due gruppi, pur essendo omogenei per caratteristiche socio demografiche, presentavano differenze cliniche significative in particolare per quanto riguarda l’autonomia nelle attività di vita quotidiana, lo stato nutrizionale, il rischio di insorgenza di lesioni da pressione (per tutti p<0.001) e lo stato cognitivo (p=0.057). Al momento della presa in carico la maggior parte dei residenti della RSA A (88; 63.3%) presentava un’intensità assistenziale medio-alta mentre quelli della RSA B (45; 97.9%) medio-bassa (tabella 2). Dall’analisi statistica si è evinto che vi fosse una forte correlazione inversa tra il rischio di sviluppare lesioni da pressione e il livello di autonomia (r= -0.736; p<0.001) e una moderata tra il livello di autonomia e rispettivamente lo stato cognitivo (r=0.352; p<0.001), il rischio di malnutrizione (r= -0.414; p<0.001) e le cadute (r=-0.364; p<0.001) (tabella 3).
Tabella 1 – Caratteristiche sociodemografiche e cliniche dei pazienti (N=152).
N= 152 | |
Genere
Maschi, n (%) Femmine, n (%) |
33 (21.7) 119 (78.3) |
Età, media (ds)
|
84.7 (8.51)
|
Durata ricovero, media (ds)
|
1178 (1071.8)
|
Diagnosi principale, n (%)
Demenza Esiti di ictus Psicosi M. Parkinson Altro |
101 (66,4) 20 (13.2) 8 (5.3) 7 (4.6) 16 (10.5) |
Numero comorbidità, n (%)
0 1 2 3 >3 |
8 (5.3) 53 (34.9) 59 (38.8) 24 (15.8) 8 (5.2) |
Tabella 2 – Caratteristiche clinico- assistenziali dei gruppi (N=152).
RSA A (n=107) | RSA B (n=45) | p value | |
media (±ds)
n (%) |
|||
GENERE | M = 23 (2.5)
F = 84 (78.5) |
M = 10 (22.2)
F = 35 (78.8) |
0,922 |
ETÀ |
85.1 (7.55)
60-103 |
83.7 (9.14)
60-100 |
0,319 |
BARTHEL (Attività vita quotidiana) | 53.2 (7.32)
|
22,4 (21.71) | < 0,001 |
SPSMQ (Stato cognitivo) | 1.1 (0.97)
|
0.78 (0.90) | 0,057 |
MNA (Stato nutrizionale) | 16.4 (5.18)
|
20.4 (4.23) | < 0,001 |
BRADEN (Rischio di sviluppare LDP) | 11.9 (4.14)
|
19.9 (3.61) | < 0,001 |
HENDRICH (Rischio cadute) | 8.8 (2.69)
|
7.8 (3.69) | 0,095 |
BMI (Indice di massa corporea) | 23.8 (5.85) | 25.3 (6.73) | 0,175 |
INTENSITÀ ASSISTENZIALE
Alta Medio- alta Media Medio-bassa Bassa |
72 (60) 16 (13.3) 31 (25.83) 0 (0) 1 (0.83) |
1 (2.1) 0 (0) 22 (45.8) 10 (20.8) 15 (31.25) |
<0.001 |
Tabella 3 – Correlazione bivariata tra età e valutazioni assistenziali – r (p-value) – (N=152).
ETÀ | BARTHEL | SPMSQ | BMI | MNA | BRADEN | HENDRICH | |
ETÀ | 1 | 0.108*
(0.021) |
0.080 (0,088) | -0,239 **
(< 0.001) |
-0.051
(0.275) |
-0.068
(0.145) |
-0.121**
(0.010) |
BARTHEL | 0.108*
(0.021) |
1 | 0.352**
(< 0.001) |
-0.126**
(0.007) |
– 0.414**
(< 0.001) |
-0.736**
(<0.001) |
-0.364**
(< 0.001) |
SPMSQ | 0.080
(0.088) |
0.352**
(<0.001) |
1 | 0.183**
(<0.001) |
0.324**
(<0.001) |
0.460**
(<0.001) |
0.440**
(< 0.001) |
BMI | -0.239**
(< 0.001) |
-0.126**
(0.007) |
-0.183**
(< 0.001) |
1 | 0.454**
(< 0.001) |
0.219**
(< 0.001) |
-0.179**
(< 0.001) |
MNA | -0.51
(0.275) |
-0.414**
(< 0.001) |
-0.324**
(< 0.001) |
0.454
(< 0.001) |
1 | 0.500**
(< 0.001) |
-0.233**
(< 0.001) |
BRADEN | -0.068
(0.145) |
-0.736**
(< 0.001) |
0.460**
(< 0.001) |
0.219**
(< 0.001) |
0.500**
(< 0.001) |
1 | 0.516**
(< 0.001) |
HENDRICH | -0.121**
(0.010) |
0.364**
(< 0.001) |
0.440**
(< 0.001) |
-0.179**
(< 0.001) |
-0.233**
(< 0.001) |
0.516**
(< 0.001) |
1 |
Contenzione
A 130 (86.2%) pazienti sono stati applicati uno o più mezzi di contenzione fisica, 8 dei quali (5.3%) utilizzavano tali ausili esclusivamente per mantenere la postura o facilitare i passaggi posturali in maniera indipendente. Il motivo principale di applicazione di tali mezzi era prevenire le cadute dal letto o dalla carrozzina o episodi di wandering e garantire la sicurezza nelle situazioni di declino cognitivo e diminuita capacità di giudizio. Le spondine bilaterali sono state il mezzo di contenzione maggiormente utilizzato in particolare durante le ore notturne, quando il personale di assistenza era numericamente ridotto. Nella RSA A dal T1 al T3 si è osservato un aumento dell’utilizzo del tavolino quando i pazienti erano mobilizzati in carrozzina (dal 17.7% al 64.4%). La contenzione farmacologica è stata utilizzata come supplemento a quella fisica in condizioni di agitazione psicomotoria maggiore, generalmente associata a demenza, in 24 casi (22.4%) presso la RSA A e 13 (28.9%) nella RSA B (tabella 4). A parità delle altre variabili, all’aumentare di 1 punto dell’indice di Barthel aumentava il ricorso alla contenzione fisica (odds 1.069). Allo stesso modo, chi presentava un rischio di cadute più elevato aveva una maggiore probabilità di utilizzo di mezzi di contenzione (odds 1.136) (tabella 5).
Tabella 4 – Frequenza assoluta e percentuale utilizzo mezzi di contenzione – n (%) (N=152).
RSA A (n=107)
|
RSA B (n=45)
|
|||||
T1
n (%) |
T2 n (%) |
T3 n (%) |
T1 n (%) |
T2 n (%) |
T3 n (%) |
|
Spondine | 73 (68.2) | 31 (28.9) | 30 (28) | 20 (44.4) | 19 (42.2) | 19 (42.2) |
Spondine + Tavolino | 19 (17.7) | 67 (62.6) | 69 (64.4) | 1 (2.2) | 1 (2.2) | 1 (2.2) |
Spondine + Cuscini Anatomici | 3 (2.8) | – | – | – | – | – |
Spondine + Cintura Pelvica | 2 (1.9) | 3 (2.8) | 4 (3.7) | – | – | – |
Spondine + Tavolino + Cuscini Anatomici | 2 (1.9) | – | – | – | – | – |
Spondine + Cintura Addominale | 1 (0.9) | 6 (16,3) | 6 (13,3) | 6 (13,3) | ||
Spondine+Tavolino+Cintura Pelvica | 1 (0.9) | 1 (0.9) | 1 (0.9) | 1 (2.2) | 1 (2.2) | 1 (2.2) |
Spondine+ Tavolino+ Cintura Addominale + Cintura Pelvica | 1 (0.9) | – | – | – | – | – |
Spondine + Pettorina | 1 (0.9) | – | – | – | – | – |
Spondine +Tavolino+Pettorina | – | 1 (0.9) | 1 (0.9) | – | – | – |
Totale contenzioni fisiche | 103 (96.2) | 103 (96.2) | 105 (98.1) | 28 (62.2) | 27 (60) | 27 (60) |
Contenzione farmacologica | 24 (22.4) | 24 (22.4) | 24 (22.4) | 13 (28.9) | 13 (28.9) | 13 (28.9) |
Registrazione nella documentazione inf.ca e consenso caregiver | 70 (67.9) | 100 (97.1) | 105 (100) | 28 (100) | 27 (100) | 27 (100) |
Tabella 5 – Influenza delle variabili sul ricorso alla contenzione (N=152).
p-value | EXP(B) | I.C. 95% per EXP (B) | ||
Inferiore | Superiore | |||
BARTHEL | <0.001 | 1.069 | 1.042 | 1.097 |
HENDRICH | 0.026 | 1.136 | 1.015 | 1.272 |
Cadute
Nelle giornate indice sono state rilevate 14 (13.1%) cadute tra gli assistiti nella RSA A e 8 (17.7%) tra quelli della RSA B. Per quanto riguarda la RSA A la causa più frequente (8; 66.6%) era riconducibile a perdita di equilibrio durante passaggi posturali svolti in autonomia. La maggior parte delle cadute avvenute nella RSA B erano invece attribuibili a eventi accidentali di scivolamento o inciampo durante la deambulazione da parte di residenti autonomi. Nella maggior parte dei casi le cadute sono avvenute nel bagno, a seguire in ambienti comuni e nelle stanze da letto. Il 60% (12) delle cadute è avvenuto nelle ore diurne, con un’incidenza maggiore (15 persone; 75%) nel primo pomeriggio.
Solamente una caduta, avvenuta nel gruppo della RSA B, ha esitato in trauma cranico che ha richiesto l’accesso e la permanenza in DEA per 48 ore. Il rischio di caduta, misurato con la Hendrich, e numero di comorbilità hanno influito in maniera significativa sulle cadute (rispettivamente p=0.002 e p< 0.036) (tabella 6). A parità delle altre variabili, all’aumentare di 1 punto dell’indice di Hendrich aumentava la probabilità che si verificasse una caduta (odds=1.36), così come all’aumentare del numero di comorbidità (odds=1.68).
Tabella 6 – Influenza delle variabili sulle cadute(N=152).
SIGN. | EXP(B) | I.C. 95% PER EXP(B) | ||
inferiore | superiore | |||
HENDRICH | 0.002 | 1.366 | 1.120 | 1.665 |
N° COMORBIDITÀ | 0.036 | 1.681 | 1.035 | 2.732 |
Lesioni da pressione
La prevalenza è rimasta costante, con lievi oscillazioni in entrambi i gruppi, anche se nella RSA B la percentuale di soggetti che hanno sviluppato una lesione è stata inferiore (tabella 7). La più rappresentata è stata la lesione sacrale, che si estendeva sino al quarto grado nel gruppo della RSA A, seguita dalla localizzazione al tallone e alla regione trocanterica. Per tutti i pazienti era predisposto un piano di prevenzione che adottava opportuni ausili e schemi di mobilizzazione sin dall’ingresso in struttura.
Tabella 7 – Frequenza assoluta e relativa lesioni da pressione – n (%) – (N=152).
RSA A (n= 107) | RSA B (n= 45) | |||||
T1
n (%) |
T2
n (%) |
T3
n (%) |
T1
n (%) |
T2
n (%) |
T3
n (%) |
|
LDP | 12 (11.2) | 13(12.1) | 11(9.2) | 2(4.4) | 4(8.9) | 2(4.4) |
Grado 1 | 8 (7.5) | 6 (5.6) | 5 (4.7) | 1 (2.2) | 1(2.2) | 0 |
Grado 2 | 2 (1.9) | 2 (1.9) | 1 (0.9) | 1 (2.2) | 1 (2.2) | 0 |
Grado 3 | 1 (0.9) | 4 (3.7) | 4(3.7) | 0 | 0 | 1 (2.2) |
Grado 4 | 1 (0.9) | 1 (0.9) | 1 (0.9) | 0 | 0 | 0 |
Il rischio di insorgenza di lesioni da pressione misurato con la scala Braden e il numero di comorbilità hanno influito in maniera significativa sull’incidenza di lesioni da pressione. A parità delle altre variabili, all’aumentare di un’unità dell’indice di Braden, la probabilità di sviluppare una lesione da pressione diminuiva di 1.1 volte (odds 1.069). Allo stesso modo all’aumentare del numero di comorbilità il rischio di sviluppare lesioni da pressione aumentava di 0.7 volte (odds= 1.436) (tabella 8).
Tabella 8 – Influenza delle variabili sulle lesioni da pressione – n (%) – (N=152).
SIGN. | EXP(B) | I.C. 95% per EXP (B) | ||
Inferiore | Superiore | |||
BRADEN | 0.005 | 0.902 | 0.840 | 0.969 |
N° COMORBIDITÀ | 0.012 | 1.436 | 1.081 | 1.906 |
Accessi in DEA
La RSA A nel corso dei 7 mesi di osservazione non ha mai avuto la necessità di attivare il servizio 112, mentre la RSA B ha usufruito del servizio 9 volte nel corso dei sei mesi. La richiesta di accesso in DEA è avvenuto prevalentemente nelle ore notturne e nel primo pomeriggio (6 casi). Le motivazioni erano riconducibili a problemi respiratori (4 casi), cardiovascolari (2 casi), sintomatologie neurologiche (2 casi) e cadute (1 caso). In 4 casi (44.4%) l’accesso al DEA è stato richiesto per poter effettuare accertamenti diagnostici (esami ematochimici o radiografie del torace) tempestivamente. La durata media della permanenza in DEA è stata di 48 ore.
Personale e skill mix
Lo skill mix era proporzionalmente sovrapponibile nei due gruppi (tabella 9). Il personale sanitario in entrambi i contesti in esame era distribuito in percentuali più o meno simili: nella RSA A il 18.6% erano infermieri e l’81.4% erano operatori socio-sanitari (OSS), mentre nella RSA B il 17.6% erano infermieri e l’82.4% OSS. In entrambe le strutture il modello assistenziale si basava sulla suddivisione numerica degli assistiti, connotandosi dunque come funzionale. Gli infermieri delle RSA erano tutti in possesso della laurea in infermieristica, lavoravano in media da 3 anni (±2.88) nell’ RSA A e da 3.4 (± 2.26) nella RSA B. Entrambe le equipe infermieristiche erano caratterizzate dall’elevato numero di infermieri neolaureati (rispettivamente 8/12 e 2/3), nessuno in possesso di competenze avanzate.
La ratio infermiere/persona assistita era di 1/40 durante il giorno e di 1/120 nel turno notturno per quanto riguarda la RSA A e di 1/49 nelle ore diurne per la RSA B, ove non era previsto il turno notturno. Il rapporto OSS/persona assistita invece nella RSA A era di 1/4 e 1/6 nelle ore diurne (rispettivamente nel turno del mattino e del pomeriggio) e 1/36 nelle ore notturne, nella RSA B era 1/9 e 1/15 nelle ore diurne e 1/23 nel turno notturno (tabelle 4 – 9).
Tabella 9 – Dotazione quali-quantitativa del personale assistenziale nelle RSA.
RSA A
n (%) |
RSA B
n (%) |
|||||
Personale sanitario complessivo | 70 | 17 | ||||
Infermieri | 13 (18.6) | 3 (17.6) | ||||
Ore di assistenza inf.ca/giorno | 51 | 10.5 | ||||
Personale tutelare (OSS) | 57 (81.4) | 14 (82.4) | ||||
Ore di assistenza inf.ca/giorno | 219 | 63 | ||||
Personale/turno
Infermieri OSS |
M | P | N | M | P | N |
3 | 3 | 1 | 1 | 1 | 0 | |
27 | 18 | 3 | 5 | 3 | 2 |
CONCLUSIONI
L’obiettivo di questo studio è stato quello di descrivere nelle Residenze Sanitarie Assistenziali la prevalenza di specifici esiti sensibili all’assistenza infermieristica, quali contenzione, cadute, lesioni da pressione e accessi in DEA.
Nella pratica clinica la scelta di utilizzare la contenzione è frutto di un processo decisionale che coinvolge gli infermieri e i medici di medicina generale e tiene in considerazione gli obiettivi assistenziali, il contesto e i possibili rischi associati all’utilizzo di tali mezzi. Il Comitato Nazionale di Bioetica sottolinea i limiti rigorosi della giustificazione della sua applicazione, da considerarsi come evento straordinario al quale si deve ricorrere in situazioni circostanziate, solo nell’interesse della persona e con modalità definite (Paolucci 2019). In questo lavoro la contenzione, coerentemente con studi simili (Bellenger, Ibrahim et al. 2019; Brugnolli, Canzan et al. 2020; Scheepmans, Dierckx de Casterlé et al. 2020), è stata impiegata con una prevalenza che va dal 62% sino al 98%, se tra i mezzi di contenzione vengono annoverate le spondine per il letto. Secondo Bellenger (2019) il concetto di contenzione prevedeva l’applicazione di un mezzo che non potesse essere rimosso dalla persona senza l’intervento di altri. Soffermandosi a riflettere su tale assunto è stato interessante evidenziare però come non tutte le contenzioni (ad esempio le spondine), anche se considerate tali dalla teoria e dalla legge, siano state percepite dalle persone assistite sempre con accezione negativa; queste ultime, infatti, sono state raramente concepite come una limitazione della libertà per le persone cognitivamente non compromesse o incapaci di movimenti autonomi (Brugnolli, Canzan et al. 2020). In questi casi ad esempio le spondine venivano richieste come supporto nella mobilizzazione autonoma nel letto o come protezione contro il timore di cadere. Contrariamente invece nelle persone in grado di deambulare, confuse o agitate, rappresentavano un fattore di rischio poiché, nel tentativo di scavalcarle per scendere dal letto, avrebbero potuto provocare una caduta (Brugnolli, Canzan et al. 2020). In linea con la letteratura, in entrambi i gruppi del presente studio sono state contenute più a lungo le persone allettate o con mobilità ridotta nel trasferimento letto-carrozzina e quelle confuse o agitate. In quest’ultimo caso è stato inoltre talvolta associato l’utilizzo di farmaci ansiolitici e sedativi (Scheepmans, Dierckx de Casterlé et al. 2020).
La prevenzione delle cadute, che è una delle principali motivazioni di ricorso alla contenzione, non ha trovato grande riscontro. L’uso di mezzi di contenzione, infatti, non è stata associata ad un numero significativamente più basso di cadute tra i sottogruppi di residenti a rischio (13.1 – 17.7%). Questi risultati hanno sostenuto la necessità di proporre un approccio di valutazione sistematica individualizzato alla persona anziana istituzionalizzata per ridurre i fattori di rischio e favorire la mobilità residua. La decisione di applicare mezzi di contenzione deve essere riportata sulla documentazione clinico-assistenziale. Nel corso di questo lavoro il trend di tracciabilità documentale è cresciuto tra T1 e T3 (67.9% vs 100%) nella RSA A mentre nella RSA B si è mantenuto costante (100%). La prevenzione delle cadute costituisce uno degli aspetti maggiormente impegnativi per l’assistenza infermieristica e socio assistenziale nelle RSA. Occorre sottolineare, come rileva l’OMS, la difficoltà nel determinare il rischio di caduta del paziente. Infatti, soprattutto nelle persone anziane, la maggior parte delle cadute sono dovute alla combinazione di numerosi fattori e l’interazione tra essi è di cruciale importanza (Cameron, Dyer et al. 2018; Montero-Odasso, Van der Velde N et al. 2022); da questo deriva la necessità di una valutazione sistematica della persona sin dall’ingresso in residenza tenendo in considerazione le precedenti cadute. Nelle RSA oggetto dello studio, tutto il personale sanitario e assistenziale si è adoperato nel segnalare gli eventi di caduta annotandone le relative dinamiche, in linea con quanto previsto dalle raccomandazioni ministeriali secondo le quali è necessario che ogni struttura si doti di strumenti atti alla raccolta di segnalazioni di caduta indipendente dall’esito della stessa. Diversamente da quanto suggerito dal Ministero della Salute, è stato rilevato tuttavia in entrambi i gruppi che rivalutazioni a seguito di cambiamenti delle condizioni cliniche o al verificarsi dell’evento caduta non avvenivano sistematicamente. Anche in questo caso il gap poteva riferirsi a modelli culturali che non valorizzavano completamente l’autonomia degli infermieri, alla poca sensibilità al tema e, anche se non poteva essere la reale motivazione, a elevati carichi di lavoro.
Per quanto concerne l’outcome lesioni da pressione, il valore di prevalenza (8.9% -12.1%) è risultato in linea con gli studi epidemiologici effettuati a livello nazionale ed internazionale nell’ambito residenziale (prevalenza che varia dal 2.2% al 23,9%) (Ciprandi, Innocenti et al 2019, Yap, Horn et al. 2023; Karadağ, Çakar 2022). La prevalenza di lesioni da pressione rientrava nel range internazionale mettendo in evidenza una particolare attenzione rispetto a tale outcome, nonostante l’utilizzo di protocolli o procedure differenti nelle due RSA oggetto di studio. Nonostante siano state rilevate prevalenze modeste in entrambi i gruppi, le lesioni da pressione rimangono comunque un esito da monitorare nel tempo, con l’obiettivo di un’ulteriore riduzione. Queste ultime infatti rappresentano un fattore di comorbidità importante che può indurre ad una marcata compromissione della qualità della vita della persona assistita e a un aumento di costi correlati all’uso di presidi specifici.
Infine il numero di accessi ai Dipartimenti di Emergenza Accettazione (DEA) da parte dei pazienti delle RSA è stato direttamente connesso alla fragilità ed alla vulnerabilità della popolazione anziana (Sopcheck, Tappen 2023; McCarthy, Ogarek et al. 2020). Una metanalisi, volta a raccogliere l’opinione degli infermieri rispetto ai fattori che influenzano la decisione del trasferimento in DEA, ha documentato che oltre alla mancanza di esperienza nell’identificare precocemente i segni di alterazione delle condizioni di salute del paziente, la mancanza di accesso a strumenti e risorse a sostegno del ragionamento clinico e diagnostico (possibilità di effettuare esami diagnostici tempestivamente) ha giocato un ruolo chiave (McCarthy, Ogarek et al. 2020; Vogelsmeier, Popejoy et al. 2022). L’impossibilità di effettuare un esame di laboratorio o una radiografia in tempi rapidi spesso obbliga i professionisti a trasferire il paziente in un contesto per acuti per effettuare tali approfondimenti diagnostici. Questo riflette i risultati emersi, in particolare per quanto riguarda la RSA B nella quale il 44% dei casi di accesso al DEA ha avuto come motivazione principale la richiesta di diagnostica tempestiva. La RSA A, che invece godeva della possibilità di accesso diretto ad un presidio ospedaliero, ha ridotto in modo significativo il ricorso al pronto soccorso.
Per quanto riguarda l’organizzazione lavorativa in entrambe le RSA, è stato applicato un modello assistenziale di tipo funzionale, gli infermieri erano prevalentemente neolaureati e la distribuzione quali-quantitativa nei turni è rimasta costante in tutti i giorni della settimana in tutti i turni di lavoro. Per questo non è stato possibile determinare in che misura lo skill mix potesse influenzare gli esiti sensibili all’assistenza. In entrambe le RSA era presente lo stesso numero sia di infermieri sia di personale socio-sanitario, in percentuali perlopiù simili. Il rapporto tra il numero di pazienti e il numero di infermieri era decisamente inferiore a quello tra il numero dei pazienti e il numero degli OSS. Quest’ultimo, in quanto ben proporzionato, rappresentava un elemento favorevole ad un buon livello di assistenza e di sorveglianza dei pazienti. Nonostante ciò il numero di episodi di contenzione fisica, in entrambe le strutture in analisi, è stato consistente. Questo dato potrebbe essere spiegato dal fatto che in molti casi, come citato in precedenza, alcune di esse potessero essere state applicate su richiesta dei pazienti come ausili durante la mobilizzazione o come protezione contro il timore di cadere. Esse perciò non costituivano strumenti utilizzati in maniera impropria anche laddove non fosse necessario ma risposte a bisogni di assistenza delle persone assistite. Per quanto concerne gli episodi di caduta, è curioso come la maggior parte di queste si siano verificate in orario diurno, proprio quando il personale sanitario era maggiore numericamente. Ciò potrebbe spiegarsi dal fatto che le cause delle cadute fossero correlabili più al setting che all’organizzazione e distribuzione del personale tra i turni. Sicuramente una cura maggiore alla sicurezza dell’ambiente potrebbe essere un spunto di riflessione e un ambito differente su cui indagare eventualmente in futuro.
Differenze in termini di esiti si potrebbero evidenziare, così come dimostrato dalla letteratura (Pazan, Wehling 2021; Piya, Shah et al. 2020), nell’ambito della cronicità e della disabilità qualora gli infermieri possedessero competenze avanzate anche differenti. Yang (2021) sosteneva che ad un aumento dello skill infermieristico non necessariamente corrispondesse un numero maggiore di infermieri impiegati nel team assistenziale.
Il presente lavoro ha raccolto i dati di un numero sufficientemente significativo di pazienti, apportando risultati in linea con la letteratura per tutti gli esiti infermieristici presi in esame. Nonostante ciò, sarebbe interessante condurre ulteriori studi costituiti da una numerosità campionaria ancora maggiore e coinvolgere più strutture residenziali per effettuare maggiori confronti e far emergere ulteriori riflessioni.
Inoltre tra i limiti che si possono annoverare, è stata evidenziata una difficoltà nel reperimento delle informazioni in maniera sistematica (missing data). Tra questi sono stati identificati i pazienti deceduti e trasferiti in altre strutture per i quali è stato possibile effettuare un’analisi parziale degli eventi clinici osservati. Inoltre i dati sono stati reperiti attraverso la consultazione della documentazione infermieristica che, in quanto cartacea, era caratterizzata da limiti come la difficile interpretazione della grafia. A causa della poca differenza nella distribuzione del personale tra i vari turni e nelle caratteristiche circa la loro formazione e specializzazione, è stato difficile in questo studio valutare in maniera efficace il secondo obiettivo circa la relazione tra staffing e skillmix, gli esiti infermieristici e i dati della letteratura. Perciò incentivare altre ricerche rispetto a questa tematica concorrerebbe a una maggiore sensibilizzazione al tema dei NSO e al conseguimento di risultati maggiormente rilevanti e condivisibili.
Alla luce di quanto osservato, si è evinto inoltre che la documentazione relativa alla valutazione degli outcomes assistenziali da parte del personale delle due RSA non fosse sempre univoca ed tempestiva. In particolar modo le rivalutazioni nel tempo attraverso le scale di valutazione selezionate non erano effettuate sempre in maniera precisa. Ciò risulta importante perché, a seconda delle modifiche delle condizioni cliniche e dell’intensità assistenziale dei pazienti, può variare il livello di rischio di insorgenza di complicanze. La letteratura (Bellenger, Ibrahim et al. 2019; Cameron, Dyer et al. 2018; Ciprandi, Innocenti et al 2019; Sopcheck, Tappen 2023), a tal proposito, non ha individuato una risposta univoca sulle tempistiche di misurazione in quanto queste variano in relazione all’outcome considerato. Una valutazione corretta delle variabili assistenziali dei pazienti permetterebbe un maggior controllo delle complicanze e un livello di qualità dell’assistenza sicuramente più efficace. Affinché possa esserci una valutazione efficiente occorre una forte condivisione e consenso tra gli infermieri ma non solo. È importante a tal proposito enfatizzare la natura multidisciplinare dell’assistenza nonché la necessità di selezionare indicatori di esito che riflettano il contributo di un team di professionisti piuttosto che quello di una singola disciplina (task sharing). Tale progetto e quelli che seguiranno hanno la necessità di un importante sostegno da parte della direzione strategica aziendale (comprendendo in questa definizione anche la direzione dei servizi infermieristici e assistenziali) e una forte leadership formale da parte dei coordinatori sanitari e informale da parte degli infermieri stessi, in un impegno proteso all’accountability lavorativa individuale/di gruppo e della professione infermieristica in generale, in relazione al monitoraggio e attivazione sistematica di strategie di miglioramento della qualità assistenziale, senza perdere di vista quelle che oggi vengono definite “fundamentals of nursing care”.
Conflitto di interessi
Si dichiara l’assenza di conflitto di interessi. Gli autori hanno condiviso i contenuti dello studio, la stesura dell’articolo e approvano la versione finale dello stesso.
Finanziamenti
Gli autori dichiarano di non aver ottenuto alcun finanziamento e che lo studio non ha alcuno sponsor economico.
Ringraziamenti
Si ringraziano il dott. Marco Peretti e il dott. Giovanni Tarantino per la fattiva collaborazione e il confronto continuo, la dott.ssa Angela Spence per la traduzione in lingua inglese.