Capire e comprendere: l’impatto delle barriere linguistiche e culturali sull’assistenza infermieristica


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INTRODUZIONE
Perciò a questa fu dato il nome di Babele perché lì l’Eterno confuse il linguaggio di tutta la terra, e di là l’Eterno li disperse sulla faccia di tutta la terra.” (Genesi 11, 9)

Si definisce linguaggio “la capacità e la facoltà, peculiare degli esseri umani, di comunicare pensieri, esprimere sentimenti, e in genere di informare altri esseri sulla propria realtà interiore o sulla realtà esterna, per mezzo di un sistema di segni vocali o grafici, e lo strumento stesso di tale espressione e comunicazione”, mentre per comunicazione si intende “ In senso ampio e generico l’azione, il fatto di comunicare, cioè di trasmettere ad altro o ad altri, in senso più proprio, il rendere partecipe qualcuno di un contenuto mentale o spirituale, di uno stato d’animo, in un rapporto spesso privilegiato e interattivo, ed in senso astratto una relazione complessa tra persone” (Treccani, 2023).
Partendo da queste due definizioni è facilmente intuibile come linguaggio e comunicazione siano elementi di primaria importanza e siano alla base di tutti i traguardi ottenuti in campo culturale, scientifico e tecnologico dall’uomo, la cui capacità di comunicare attraverso linguaggi complessi in forma sia orale che scritta ha reso possibile la realizzazione del mondo in cui viviamo oggi. Restringendo il campo esclusivamente all’ambito sanitario, una comunicazione chiara, diretta e trasparente rappresenta un requisito imprescindibile nel rapporto tra cittadini ed istituzioni, atto a garantire per ciascun paziente una presa in carico efficace e tempestiva e a fornire informazioni sul proprio stato di salute nella maniera più appropriata possibile (Hegan, 2003). Il presente articolo parte da alcune considerazioni su quanto le barriere linguistiche e le difficoltà di comunicazione siano incisive sulla qualità dell’assistenza sanitaria prestata dal personale sanitario a persone provenienti da paesi esteri in grado di esprimersi unicamente nella loro lingua madre, e si pone l’obiettivo di analizzare gli elementi dai quali queste barriere scaturiscono, e di individuare possibili soluzioni da adottare per ridurre il loro impatto sulla pratica clinica.

VERSO UNA SALUTE GLOBALE
Viviamo ormai in un contesto sociale globalizzato in cui persone di tutto il mondo vivono costantemente connesse le une alle altre, venute meno tutte le barriere geografiche e tecnologiche che non permettevano quello che ormai è una realtà assodata. Le condizioni che hanno gettato le basi per questo cambiamento epocale sono principalmente due: i progressi compiuti nel settore delle comunicazioni e gli avvenimenti politici ed economici degli ultimi 20 anni.
L’avvento di Internet ha lasciato un segno profondo nella vita delle persone, stravolgendo completamente le loro abitudini quotidiane, il loro modo di informarsi e tenersi in contatto, dando una forte spinta alla circolazione di idee e competenze, oltre a fornire un importante contributo nel facilitare lo spostamento fisico delle persone da un paese ad un altro (Cooke and Shuttleworth, 2017), siano essi dettati da motivi professionali o prettamente turistici (Koo et al, 2015). Anche le vicissitudini mondiali favoriscono fenomeni migratori di natura transitoria e permanente, basti pensare all’accordo di Schengen che ha prodotto come risultato l’abolizione di buona parte delle frontiere in Europa contestualmente al progressivo ingresso degli attuali stati membri dell’Unione Europea, ma anche alle crisi umanitarie dettate da conflitti armati ed emergenze ambientali verificatesi negli ultimi tempi (tra le più recenti il terremoto in Nepal, il colpo di stato in Afghanistan ed il conflitto in Ucraina).
Questi elementi stanno contribuendo alla composizione di una società sempre più multiculturale in cui valori, credenze e soprattutto modi di comunicare appartenenti a diverse culture convivono e si intrecciano costantemente, rendendo quanto mai attuale ciò che Madeleine Leininger sosteneva con convinzione sul Transcultural Nursing già molti anni addietro (Maier-Lorentz, 2008). Negli ultimi anni ha preso piede una concezione di “assistenza sanitaria globale”, intesa sia come “un’area di studio, ricerca e pratica che pone come priorità il miglioramento della salute e il raggiungimento dell’equità sanitaria per tutte le persone in tutto il mondo” (Koplan et al, 2009) ma anche come “azione collaborativa transnazionale di ricerca per promuovere la salute per tutti” (Beaglehole e Bonita, 2010), per la quale si rivela imprescindibile la necessità di adottare un linguaggio comune che faciliti la cooperazione internazionale.

IL PESO DELLE PAROLE
In Italia il confronto con cittadini stranieri (comunitari e non) è all’ordine del giorno, trattandosi di un paese in cui il settore turistico è particolarmente prolifico ed interessato da consistenti flussi migratori per via della sua posizione geografica strategica (ISTAT, 2022). Gli infermieri oggigiorno si trovano costantemente nella situazione di doversi confrontare con pazienti che si esprimono in una lingua differente dalla propria, con abitudini e consuetudini spesso diametralmente opposte alle loro, fattori che potrebbero anche non essere previsti durante lo svolgimento della loro attività professionale. Ciò potrebbe influenzare in qualche misura il loro modo di prestare assistenza al paziente (Alfar, 2023), conducendo di conseguenza a situazioni dall’impatto potenzialmente negativo sull’appropriatezza, la tempestività, la sicurezza e l’efficacia dell’assistenza prestata (Azam e Watson, 2018). Va comunque precisato che il rischio di incomprensione o di travisamento nel processo di trasmissione di informazione non può essere in nessun modo evitato in maniera assoluta ed è presente anche tra persone che parlano la medesima lingua, ma il suddetto rischio si accentua in caso di differenze linguistiche più o meno marcate. Uno scarso livello di comprensione da parte sia di operatori sanitari che di pazienti non riguarda solamente la trasmissione di informazioni cliniche fondamentali, che mina la sicurezza del paziente all’interno del percorso di cura, ma può comportare anche conseguenze più di carattere sociale. L’utilizzo inappropriato o l’omissione di determinate parole o espressioni idiomatiche, seppur involontari, possono contribuire all’insorgenza di conflitti con pazienti o colleghi, esponendo i professionisti sanitari a lamentele, provvedimenti disciplinari e talvolta rappresentano anche motivo di veri e propri episodi di bullismo nei loro confronti (Allan, Cowie e Smith, 2009).

LINGUAGGI DIVERSI, CULTURE DIVERSE
Soffermandosi per qualche minuto a riflettere, ci si può rendere facilmente conto di quanto la capacità di utilizzare le parole adeguate rappresenti uno strumento potente, attraverso il quale è possibile arrivare ad influenzare pensieri e comportamenti. La scelta di un preciso registro linguistico, l’impostazione del tono della voce, ma anche la postura e la gestualità determinano l’efficacia della nostra comunicazione: è possibile parlare per ore senza dire assolutamente nulla di concreto, come è possibile esprimere efficacemente il messaggio che si vuole trasmettere in pochissime frasi.
Spesso abbiamo la percezione della lingua come qualcosa di esclusivamente “formale”, inquadrato in un insieme di schemi e regole rigidi ed immutabili nel tempo, mentre in realtà è esattamente il contrario. Le lingue evolvono, si trasformano e si adattano ai contesti sociali nelle quali trovano impiego, divenendo quindi vero e proprio elemento rappresentativo di una determinata cultura. Per poter impostare un modello comunicativo efficace con persone provenienti da un differente background culturale, non basta conoscere le basi grammaticali della loro lingua madre ma sarebbe opportuno avere quantomeno una conoscenza basilare dei suoi valori culturali, di ciò che è considerato accettabile e di cosa invece potrebbe essere interpretato come irrispettoso od offensivo. Esempio spesso citato di differenza culturale in ambito comunicativo è la distanza tra gli interlocutori ed il contatto fisico: mentre i popoli latini (tra cui gli italiani) in linea di massima tollerano una distanza anche minima durante una conversazione tra le persone e adottano un uso alquanto frequente del contatto fisico, questa peculiarità potrebbe non essere vista di buon occhio da altre culture (Celentin e Serragiotto, 2023).
Per evitare di trovarsi nella spiacevole condizione di vedere le proprie buone intenzioni vanificate da incomprensioni legate a queste differenze, sarebbe opportuno che gli infermieri acquisiscano una cosiddetta competenza culturale, intesa come “la capacità di comunicare in modo efficace ed adeguato in situazioni interculturali, grazie al possesso di conoscenze interculturali, abilità e attitudini”, che li metta nella condizione di assistere pazienti portatori di consuetudini e valori culturali diversi senza dover temere di apparire fuori luogo (Toledino Diaz, 2017). A tal proposito la teorica Josepha Campinha-Bacote ha elaborato un modello di assistenza basato proprio su questo concetto, articolandolo secondo cinque componenti principali: consapevolezza culturale (esame del proprio background culturale al fine di individuare pregiudizi e preconcetti), conoscenze culturali (processo di ricerca ed acquisizione di basi informative su diversi gruppi culturali), abilità culturali (capacità di raccogliere dati culturali utili), incontri culturali (esperienze personali con pazienti di diversa provenienza), desiderio culturale (motivazione che spinga ad acquisire una solida competenza culturale) (Campinha-Bacote, 2002).
Fermo restando, alla luce di quanto emerso fino ad ora, che sarebbe buona pratica chiedere prima di tutto al paziente informazioni inerenti i suoi valori e le sue credenze, ponendo i percorsi di cura sotto un’ottica inclusiva di tutte le sfaccettature culturali, evitando al contempo approcci troppo paternalistici.

DICENDO HOMINES UT DICANT EFFICERE SOLERE
Il titolo di questo paragrafo può essere tradotto “di solito parlando, si spinge a parlare”, volendo sottolineare la necessità di entrare in sintonia con i pazienti per spingerli ad aprirsi con i professionisti sanitari responsabili della loro presa in carico. Sebbene nel nostro paese si stia registrando un aumento nell’uso di lingue straniere (ISTAT, 2017), e per quanto si possa promuovere l’acquisizione di una competenza culturale da parte degli infermieri, questi due elementi da soli potrebbero non dimostrarsi misure sufficiente in taluni casi. L’assistenza a pazienti stranieri comporta delle barriere non solo linguistiche, ma anche comunicative ed interpretative, spesso esacerbate da una diffidenza del paziente verso pratiche e trattamenti sanitari di cui non possiedono la chiave di lettura (Cherubini, 2013). Per questo motivo si rende assolutamente imprescindibile il supporto dei mediatori culturali, figure professionali con il preciso compito di facilitare la comunicazione con il paziente. Bisogna tenere ben presente che un mediatore culturale non si limita alla mera traduzione, ma riveste anche il ruolo di promotore della cultura del paziente essendone profondo conoscitore. La mediazione culturale rappresenta un passaggio fondamentale per l’agevolazione del processo di integrazione del paziente straniero, fornendo punti di contatto attraverso la conoscenza reciproca di culture, così da ridurre in maniera considerevole l’insorgenza di conflitti professionista-paziente ed eliminare eventuali reticenze da parte dei pazienti correlate ad una scarsa comprensione.
Nel corso del tempo in Italia il ruolo del mediatore è cresciuto di pari passo con l’aumento della richiesta all’interno delle strutture sanitarie, sebbene non esistano dati ufficiali sul numero di mediatori attivi sul territorio nazionale, tuttavia stime effettuate parlano di circa 4000/4500 unità (equivalente a 200/250 unità per regione). La loro diffusione omogenea tuttavia incontra problematiche principalmente legate all’inquadramento nella contrattazione nazionale, oltre a non essere regolamentata in maniera univoca a livello regionale (Casadei e Franceschetti).

CONCLUSIONI
Le barriere linguistiche e culturali rappresentano un considerevole ostacolo nel processo di assistenza infermieristica, in grado di compromettere significativamente la qualità della stessa. In un mondo sempre più interconnesso, dove valori culturali diversi si fondono ed entrano quotidianamente in contatto, gli infermieri sono chiamati ad ampliare il loro bagaglio di competenze, affiancando alle competenze tecniche specifiche della loro professione anche la conoscenza di almeno una lingua straniera, ma ancor più importante l’acquisizione di una competenza culturale che li metta in condizione di confrontarsi senza problemi con pazienti con background culturali diversi. Per raggiungere questo obiettivo, è importante promuoverne la diffusione già a partire dalla formazione universitaria di base, inserendo moduli dedicati a modelli di cura basati sulla competenza culturale all’interno dei programmi dei corsi di laurea in infermieristica. Gli infermieri dovrebbero essere affiancati da servizi di mediazione culturale ben strutturati ed organizzati, rappresentando un sostegno concreto all’assistenza infermieristica prestata a pazienti stranieri.
In chiusura si vuole porre in evidenza che quando si assiste una persona, indipendentemente da quanto possa essere distante la sua cultura di provenienza rispetto alla propria, non ci si deve limitare solamente a capire quello che il paziente sta cercando di comunicare, ma occorre compiere uno sforzo più profondo anche per comprendere il suo punto di vista, captare eventuali dubbi e perplessità dovuti a diverse concezioni, e qualora il processo si riveli più complesso del previsto non esitare a chiedere il supporto di persone in grado di conciliare eventuali divergenze nell’interesse del paziente.

Conflitto di interessi
Si dichiara l’assenza di conflitto di interessi. Gli autori hanno condiviso i contenuti dello studio, la stesura dell’articolo e approvano la versione finale dello stesso.

Finanziamenti
Gli autori dichiarano di non aver ottenuto alcun finanziamento e che lo studio non ha alcuno sponsor economico.

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Bibliografia

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