Incontinenza e dispositivi di assorbenza, un’ombra sulla qualità della vita


L’incontinenza una malattia? No, una condizione che può manifestarsi a qualsiasi età. Si stima che in Europa siano oltre 36 milioni le persone colpite e di queste oltre 60% donne.
Nel nostro Paese sono circa 5 milioni le persone che per ragioni diverse e in età diverse, vivono questa condizione: 3 milioni sono donne, 2 milioni sono uomini.
Numeri e percentuali che non devono essere letti come assoluti ma utili a delineare un fenomeno che ha rilevanti risvolti tanto sociali quanto economici.
Sociali si eccome perché la convivenza con l’incontinenza è difficile soprattutto in questo momento storico in cui l’apparire e quindi estetica e immagine sono spesso prevalenti su altri aspetti.
Allontanarsi dalla postazione di lavoro più volte durante il tempo lavorativo per andare in bagno e cercare di arrivarci sempre in tempo oltre a non essere facile da fare, è spiacevole da giustificare.

La consapevolezza e/o la paura di emanare cattivi odori inducono molti di noi a evitare ogni forma di rapporto sociale e vivere segregati in casa. Senso di vergogna, pudore e depressione sono all’ordine del giorno e diventano causa di un crescente senso di inferiorità.
Molti quindi rinunciano all’attività sportiva, al piacere sessuale, alla relazioni personali
“.
Questo sostengono le persone che convivono con l’incontinenza. In sintesi, una qualità di vita che è una non qualità e invalidante.

Anche economici perché l’incontinenza è sempre stata la prima voce di spesa per il Servizio Sanitario Nazionale e per i Servizi Sanitari Regionali ma non di meno per i costi elevati sostenuti direttamente dalle famiglie (Fonte: 2°Libro Bianco sull’incontinenza – L’Inferno dell’incontinenza).
Secondo una stima effettuata da Federazione Italiana Incontinenti e Disfunzioni del Pavimento Pelvico (FINCOPP) il costo dell’incontinenza sostenuto da pubblico e privato è pari a circa 2,5 miliardi di euro.

Per i dispositivi di assorbenza la distribuzione è sostanzialmente diretta su tutto il territorio nazionale. La loro prescrizione è annuale e la consegna bimestrale.

Si, sono molte le persone che i dispositivi assorbenti li comprano sostenendo costi non indifferenti. Un fenomeno che sul territorio nazionale è a macchia di leopardo ed è favorito dalla mancanza di appropriatezza prescrittiva e di libera scelta.
Le gare, in genere al solo ribasso, effettuate dalle Centrali Acquisto sono un ulteriore elemento squalificante e ciò spinge le persone all’acquisto.
A queste ragioni si aggiunge la vergogna. Un’emozione negativa e dolorosa che genera imbarazzo e isolamento della persona.
Convivere con l’incontinenza non è facile, ammettere di essere incontinenti è ancora più difficile. E lo è lo è per tutti ma forse, in particolar modo per le donne: questo è quanto sottolineano Bertilla Ugolin, Paola Melchiorre e  Francesca Lettieri presidenti FINCOPP Veneto, Abruzzo, Calabria.

Mancanza di informazione, vergogna, dispositivi non appropriati, mancato/insufficiente accesso ai servizi, questi alcuni dei fattori la cui somma da un risultato negativo: l’incontinenza continua a costituire un fenomeno quanto mai rilevante sia sul piano economico che sociale.

Ma non mancano i trattamenti e gli interventi per risolvere questa condizione, allora perché continuiamo a parlare di incontinenza? Lo abbiamo chiesto a Vincenzo Li Marzi urologo e presidente della Società Italiana di Urodinamica (SIUD – www.siud.it).

L’incontinenza urinaria (IU) è, per definizione, “una qualsiasi perdita di urina” che si verifichi in una persona adulta o in un bambino al di sopra dell’età in cui è fisiologico “farsi la pipì addosso”. È quindi senz’altro il sintomo di una condizione di natura clinica che può avere, a seconda della gravità, pesanti implicazioni nella vita sociale per il carico di imbarazzo che comporta e per il pesante condizionamento nella vita di relazione. Si tratta nella maggioranza dei casi, di una condizione nascosta che con l’ansia, la depressione e l’isolamento legati al timore di non controllare le perdite, incide pesantemente sulla qualità della vita, sui rapporti sociali, l’intesa di coppia e la sessualità.
Risultano colpiti fino al 69% delle donne e fino al 39% degli uomini. Dal 30 al 50% delle donne dopo i 65 anni può riscontrare una qualsiasi delle forme di incontinenza. Solo una piccola percentuale di queste si sottopone alle indagini diagnostiche e alle cure a causa di vergogna ed imbarazzo oppure a seguito di informazioni ottenute da fonti non adeguate. Numerose sono le sfaccettature che ne determinano l’influenza sulla persona, quali: la severità della condizione, gli effetti sull’igiene, gli effetti sulla vita sociale, sulla qualità di vita. Tale impatto è enorme e si traduce anche in termini di costi molto elevati per il SSN. In un documento FINCOPP sull’incontinenza urinaria i costi, considerando gli ausili per l’assorbenza, le stomie e i cateteri superano i 550 milioni di euro all’anno.
Esistono varie forme di incontinenza, le principali sono la IU da sforzo che si verifica a seguito degli aumenti della pressione addominale e quella da urgenza che invece è legata ad un problema vescicale e le perdite sono caratterizzate da un impellente, indifferibile bisogno di urinare. Le persone che soffrono di questa forma di IU, nei casi più severi, vivono in una condizione di vera e propria dipendenza dalla disponibilità di un bagno nelle vicinanze e, per tale ragione, la loro socializzazione risulta fortemente limitata.
I trattamenti dell’IU possono essere conservativi/farmacologici e chirurgici. Il cardine dei trattamenti conservativi è rappresentato dalla fisiochinesiterapia ossia la riabilitazione perineale che viene proposta per migliorare la funzione del pavimento pelvico e al tempo stesso è efficace anche nell’inibire le contrazioni involontarie della vescica nei pazienti con IU da urgenza o con sindrome da vescica iperattiva.
Mentre il bagaglio terapeutico della IU da sforzo è povero di farmaci efficaci, nella terapia della IU da urgenza ci si può avvalere di diversi farmaci (antimuscarinici, beta 3 agonisti). Tali farmaci sono in grado di offrire una significativa percentuale di cura o di miglioramento. Purtroppo, sono gravati da eventi avversi e il loro costo ne limita l’impiego. Infatti, molti pazienti abbandonano la terapia per cause economiche in quanto la spesa che l’assunzione del farmaco comporta risulta essere interamente a loro carico, fatta eccezione per le persone con IU da cause neurologiche. Nei casi di IU da urgenza refrattari a qualunque terapia non invasiva, le opzioni prevedono l’infiltrazione intravescicale della tossina botulinica oppure la stimolazione elettrica del nervo tibiale o delle radici sacrali.
Nelle pazienti di sesso femminile con IU da sforzo che non hanno risposto al trattamento conservativo, la chirurgia, più precisamente la chirurgia mini-invasiva, rappresenta l’approccio più indicato con risultati positivi in oltre il 90% dei casi.
Per concludere l’incontinenza è una condizione spesso nascosta e sottostimata. I dati sulla sua prevalenza nel nostro Paese sono estrapolati dal consumo dei dispositivi di assorbenza piuttosto che da studi epidemiologici adeguati. E’ necessario ricordare che la IU è un problema che può essere affrontato e risolto. Soltanto una minoranza di donne circa una su tre, vincendo imbarazzo e vergogna, si rivolge allo specialista ma, in questo contesto vincere l’imbarazzo può significare vincere la “malattia” e migliorare la propria qualità di vita.

E come i professionisti possono concorrere a cambiare la rotta per cominciare a invertire la tendenza di questo fenomeno? Ne abbiamo parlato con Rosina Ceccarelli Presidente dell’Associazione Infermieri di Urologia Ospedaliera (AIURO – www.auro.org).

Per cambiare la rotta è necessario:
• Istituire un osservatorio nazionale per le popolazione incontinente
• Educare la popolazione
• Istituire centri specialistici inter professionali sul territorio.
Da una ricerca FINCOPP emerge un dato epidemiologico di enorme rilevanza sull’incontinenza, ispirandoci alla necessità di trovare adeguate soluzioni a tale problematica che affligge circa 5 milioni di persone in Italia.
Dall’esperienza degli infermieri che si adoperano per l’assistenza a tale categoria di pazienti, emerge una profonda eterogeneità della popolazione che ne è affetta riscontrando, altresì, l’assenza di servizi dedicati alla prevenzione e alla cura dell’incontinenza.
Riteniamo che la prevenzione sia la leva indispensabile e fondamentale sin dall’età scolare; “si nasce incontinenti per poi diventare continenti…
La problematica dovrebbe, a nostro avviso, essere trattata fin dalle scuole dell’obbligo inserendo e valorizzando la figura dell’infermiere nelle scuole, ponendo una base per il riconoscimento e l’accettazione di tale condizione che porti il “ragazzo” cresciuto a riconoscere il problema e a saper e poter trovare cura e assistenza, superando ogni forma di reticenza e pudore, riconoscendola come patologia vera e trattabile.
Esercitare prevenzione e raccolta dati epidemiologici su queste due fasce di età potrebbe, a mio avviso, essere un buon inizio di un lungo percorso.
Ovviamente è necessario che sorgano centri inter-disciplinari collegati in rete su tutto il territorio nazionale, con il comune intento e le competenze specifiche per affrontare l’incontinenza nelle sue varie forme.
In Italia abbiamo eccellenze che curano e trattano l’incontinenza ma sono poche e non distribuite omogeneamente.Educare e prevenire sono due attività insite nella professione infermieristica che in campo sanitario è la figura più vicina alla nostra popolazione.
Se un comune cittadino digita sui più comuni motori di ricerca la parola “incontinenza” ciò che viene proposto sono i presidi assorbenti per qualunque età, per qualunque incontinenza.
Sappiamo bene che spesso soprattutto in età giovanile come per le puerpere e i pazienti obesi o ex obesi, l’incontinenza può essere prevenuta e curata tramite azioni correttive che necessitano di professionisti informati, presenti e raggiungibili.
Altra questione si pone sulla popolazione anziana e o che abbia subito interventi chirurgici, per la quale l’incontinenza è spesso considerata una “stretta ed inevitabile conseguenza”. I disagi sociali sociali di questa condizione sono spesso per questi pazienti una enorme limitazione per il mantenimento della “qualità di vita”.
Proporre consulenze e formazione attraverso la rete dei centri anziani, medici di medicina generale, infermiere di famiglia, questi sono i nostri ambiziosi obiettivi.È necessario dire che il pannolino non è la soluzione al problema! E soprattutto dire che l’incontinenza non è una patologia incurabile se affrontata precocemente!

Marina Vanzetta
8 novembre 2021

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