L’infermieristica: da ieri a oggi pensando a domani


Un interessante volo radente sugli ultimi cinquant’anni della professione infermieristica con uno sguardo in prospettiva sul futuro, quello fatto incontrando la Professoressa Marisa Cantarelli.
Teorica dell’assistenza infermieristica, con il suo contribuito li ha segnati profondamente questi anni.
Anni importanti perché sono stati raggiunti traguardi che hanno portato gli infermieri ad essere riconosciuti come professionisti della salute e all’individuazione dei paradigmi teorici della disciplina infermieristica presi anche come guida del Modello delle Prestazioni da lei e elaborato e sviluppato.
Quando una donna fa la storia: la storia dell’assistenza infermieristica”, si legge sulla copertina della sua biografia curata da Damiana Isonni e pubblicata da Zanichelli nel 2016.
E lei, personalità autorevole e carismatica ha davvero fatto la storia.

Professoressa Cantarelli, con un aforisma l’infermieristica cinquanta anni fa
Cinquanta anni fa la figura infermieristica era riconosciuta fra le arti ausiliarie e l’attività infermieristica era regolamentata da un mansionario.

Sono stati tanti i cambiamenti in questi anni, dove siamo arrivati? E cosa manca ancora all’infermieristica secondo lei?
Vorrei rispondere ricordando i punti e i momenti salienti del cambiamento.
Partiamo dal 1994 “Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’infermiere”.
Secondo me la linea percorsa dal cambiamento in questo documento può essere letta in
quattro punti:
1 Nell’ambito dell’assistenza sanitaria, genericamente intesa, esiste un campo specifico intervento che è quello dell’assistenza infermieristica.
2 L’infermiere ha riconosciute come funzioni proprie la prevenzione, l’assistenza e l’educazione sanitaria e la possibilità di svolgerle in regime libero – professionale, in struttura pubblica o privata.
3 L’infermiere è un professionista a cui vengono riconosciute una metodologia specifica e peculiare d’intervento, autonomia e responsabilità professionale.
4 Si riconosce all’infermiere la responsabilità dell’assistenza generale, la necessità di possedere ulteriori conoscenze teorico-pratiche che verranno fornite con la formazione complementare.
Nel 1999 Un secondo documento di notevole interesse è rappresentato dalle “Disposizioni in Materia di professioni sanitarie”. Quale cambiamento apporta questa norma?
La professione da sanitaria ausiliaria viene riconosciuta come professione sanitaria.
Abolisce il “ mansionario”. Approva il codice deontologico.
Nel 2000 avviene il riconoscimento della dirigenza infermieristica. Nell’anno accademico 1991/1992 erano partiti i primi diplomi universitari in discipline infermieristiche.
Nel 2001 vengono previste per le professioni sanitarie le classi di laurea, di laurea specialistica e dottorato di ricerca.
Dopo aver analizzato i punti salienti del cambiamento posso rispondere alla seconda parte della domanda ‘dove siamo arrivati’.
Nel 1950 l’infermiere era un ausiliario delle professioni sanitarie e la sua attività era regolamentata dal mansionario. Attualmente è un professionista con un suo profilo, un codice deontologico e la sua formazione è inserita in università a tre livelli. Esplica la sua attività come risposta ai bisogni di assistenza infermieristica delle persone in completa autonomia.
L’ultima parte della domanda era la richiesta di un mio parere su ciò che manca ancora all’infermieristica.
Io penso che la formazione sia il campo nel quale vi è ancora molto da fare per quanto riguarda l’aspetto della docenza che i contenuti. La formazione degli infermieri è inserita in Università da trent’anni, ma tuttora siamo sempre nella facoltà di un’altra disciplina: la facoltà di medicina.
Nella docenza abbiamo un numero esiguo di professori ordinari, qualcuno in più di associati e ricercatori. L’insegnamento della disciplina infermieristica è affidato, per la maggior parte, alla buona volontà degli infermieri con la formula del contratto gratuito cioè a costo zero per l’Università. I contratti vengono stipulati in maggioranza con infermieri dirigenti che operano in servizi ospedalieri.
Vorrei vedere lo sviluppo dell’infermieristica in una scuola propria, non inserita in una facoltà di disciplina diversa, affinché i membri delle commissioni d’esame nei concorsi per professori ordinari possano essere infermieri professori ordinari e non professori di altre discipline.
Dovrebbe essere potenziato il numero dei professori ordinari, associati e ricercatori a tempo pieno in Università cioè, infermieri che oltre all’insegnamento dedicano il loro tempo allo studio e alla ricerca, finalità dell’Università stessa.
Non mi spaventa l’aspetto economico e la tenuta del bilancio di una Università specifica di Infermieristica: pensiamo alle rette che attualmente gli studenti aspiranti infermieri, di tutti i corsi di laurea di primo e secondo livello, dei master e dei dottorati di ricerca, versano nelle casse delle varie Università italiane.
In questo momento sono poche le Università nelle quali si è formato un ‘gruppo di infermieri docenti’, nella maggioranza vi è una sola figura infermieristica e spesso a contratto. Un gruppo coeso è un vantaggio: si possono formulare obiettivi comuni, migliorare e stimolare il confronto e dare maggior potere alla professione, forse un po’ meno al singolo.
Evidentemente nella formazione la docenza è importante perché incide sulla trasmissione dei contenuti. Questo mi porta ad una riflessione: viviamo in un tempo nel quale si è accentuato il tecnicismo, che assorbiamo quale cultura imperante; gli stessi scienziati sono seriamente preoccupati e si chiedono dove ci porterà.
Gli infermieri, soprattutto i giovani infermieri, sono nati e vivono in questa realtà; la loro formazione, con l’ingresso in una Facoltà in cui la matrice disciplinare non è la loro, ha subìto la tendenza biologica, allontanandosi dall’aspetto umanistico e dal concetto ‘del prendersi cura’. E’ facile oggigiorno essere infermieri molto bravi, impeccabili nella tecnica, nel fare e anche nel comportamento. Ma molte delle asserzioni e parole studiate e spontaneamente usate nel mondo infermieristico arrivano all’infermiere prive del contenuto originario e di consapevolezza; restano asserzioni vuote se non si conosce il pensiero sviluppato attorno alla filosofia che pone al centro il rispetto della persona nella sua globalità e la capacità dell’infermiere di leggere i suoi bisogni e di rispondere agli stessi con competenza, professionalità e umanità.

Cosa vede nel futuro dell’infermieristica?
Seguendo la logica fin qui usata, partirei con una riflessione: come un infermiere affrontava, affronta e può affrontare una necessità, un problema di assistenza di un suo assistito; per chiarire meglio questa riflessione ho scelto un esempio: l’alimentazione.
Nel 1950, le persone non autosufficienti venivano imboccate. L’evoluzione della professione ci ha portati a leggere i bisogni di assistenza infermieristica della persona assistita, per cui l’infermiere in risposta ad un bisogno di alimentazione interviene facendo una valutazione iniziale sul livello di dipendenza della persona.
Il livello di dipendenza può essere letto con l’ausilio di un continuum che va dall’autonomia alla sostituzione. Nel nostro esempio, in risposta al bisogno di alimentazione il livello di dipendenza della persona assistita guida l’operato dell’infermiere:
– al primo livello l’infermiere può svolgere un’azione di indirizzo, illustra alla persona i fattori che possono influenzare l’alimentazione e l’idratazione
– al secondo livello esiste il presupposto che una persona sia in grado di soddisfare i propri bisogni ed è sufficiente istruire, guidare, la persona sulle modalità per mantenere l’alimentazione e l’idratazione
– la funzione di sostegno al terzo livello si esplica favorendo l’assunzione di alimenti e bevande (esempio protesi dentaria)
– la funzione di compensazione interviene per ristabilire un equilibrio precedente tramite una parziale sostituzione alimentando e idratando per via enterale naturale
– alimentare per via enterale artificiale corrisponde al livello di sostituzione.
Per la seconda parte dell’esempio sopra riportata mi sono appoggiata al Modello delle Prestazioni Infermieristiche nel quale per ogni azione sono previsti degli atti e una metodologia precisa come guida all’operato dell’infermiere.
Lo stesso problema come può essere affrontato ora? Ho letto un lavoro scritto dai docenti infermieri dell’Università di Genova (M.Zanini et Al. 2017) che ritengo calzante al nostro discorso. Infatti dimostra come la disciplina infermieristica sia in grado di affrontare l’assistenza infermieristica in una nuova ottica.
Ho chiesto pertanto di poterlo inserire in questa intervista. “Rispetto all’alimentazione, che è, e resta un bisogno della persona assistita e di conseguenza un outcome infermieristico, oggi grazie alla letteratura, alle evidenze scientifiche possiamo affermare che spesso le cadute in soggetti anziani o fragili per patologia, avvengono a causa di una alimentazione non accurata nei suoi componenti. Infatti, i muscoli hanno necessità di proteine e gli anziani, o pazienti con patologie che impoveriscono l’alimentazione spesso incombono in cadute apparentemente accidentali (M.Zanini et Al. 2015).
Allo stesso modo il trofismo cutaneo, e la prevenzione delle lesioni da pressione, hanno molto a che vedere con una corretta alimentazione, bilanciata in tutti i suoi compenti, ricca di liquidi e di proteine che favoriscono l’elasticità e l’integrità cutanea.
Possiamo così rendere evidenti le “competenze avanzate nell’infermieristica” e strettamente correlate agli outcome dei pazienti. Anche se appena accennati pare evidente come questi aspetti abbiano importanti ricadute economiche, sociali, ed etiche.”
La filosofia che ha guidato la formazione in questi ultimi trent’anni è rappresentata da due diverse scuole di pensiero: una ha scelto la corrente umanistica, l’altra la tendenza biologica.
L’esempio sopra riportato rappresenta la corrente umanistica, una formazione che ha per obiettivo l’assistenza alla persona e che costruisce un’identità infermieristica molto chiara.
L’altra corrente è la conseguenza di essere inseriti da trent’anni nella facoltà di medicina, che ha come risultato una formazione molto vicina alla preparazione del medico. Il ciclo della formazione infermieristica però è triennale e quello medico di sei anni con il risultato di una minore preparazione dell’infermiere che crea dipendenza culturale e una confusa identità professionale.
Come conseguenza all’analisi di cui sopra, nella mia sfera di cristallo (e vorrei non fosse un sogno) vedo una facoltà -dipartimento- scuola di infermieristica autonoma, dove giovani infermieri scelgono la carriera universitaria e quindi dove giovani ricercatori si preparano all’insegnamento e alla ricerca, stimolati ad approfondire la propria disciplina. Questo progetto, nell’arco di alcuni anni produrrebbe il cambiamento tanto auspicato, perché la progressione di carriera porterebbe i ricercatori, con una selezione naturale, al ruolo di associati e poi di ordinari.
L’attuazione di questo progetto presuppone strategie che devono essere studiate.
Un obiettivo più vicino nel tempo è legato ai nuovi spazi che l’Ordine degli infermieri ha ottenuto per gli infermieri: mi riferisco all’infermiere di famiglia/comunità, all’infermiere nell’ambito della medicina scolastica; queste nuove figure devono essere preparate al più alto livello con una formazione uniforme su tutto il territorio nazionale.

Il suo messaggio per gli infermieri italiani
Malgrado tutte le difficoltà che ho esposto, sono rimasta colpita dalla forte identità infermieristica dimostrata dai colleghi che hanno affrontato (e affrontano) il Covid riuscendo, per la prima volta, a ottenere un pubblico e corale riconoscimento di tutto il Paese.
Questo è motivo di speranza per il futuro degli infermieri italiani.
Ritengo però che il futuro sia anche legato alla convinzione con la quale ciascun infermiere sceglie di svolgere la professione infermieristica, alle gratificazioni che in essa trova.
Il mio augurio è che questa forte spinta e questo grande entusiasmo restino immutati nel tempo per tutto il lungo percorso professionale che l’infermiere affronta nell’assistenza, nella formazione, nell’organizzazione e nella ricerca.
Sarà così un futuro di grande sviluppo autonomo e specifico, ricco di soddisfazioni e riconoscimenti professionali; è un obiettivo alla portata degli infermieri, è nelle ‘loro mani’ e troverà grande forza nell’orgoglio di essere infermieri, nell’unità di intenti e di identità professionale.

Marina Vanzetta
28 novembre 2020

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Note

Zanini, M., Bagnasco, A., Catania, G., Aleo, G., Sartini, M., Cristina, M. L.,  Sasso, L. (2017). A Dedicated Nutritional Care Program (NUTRICARE) to reduce malnutrition in institutionalised dysphagic older people: A quasi-experimental study. J Clin Nurs, 26(23-24), 4446-4455. doi:10.1111/jocn.13774.

Zanini, M., Bagnasco, A., Aleo, G., Timmins, F., & Sasso, L. (2015). Returning to the sacred – the importance of careful attention to patients’ nutritional needs in hospital settings. Journal of Advanced Nursing. doi:10.1111/jan.12879.