La speranza è un’emozione …


Ritrovarsi in isolamento per covid 19 dopo un turno in Hospice, dopo una notte in cui hai avuto un decesso e hai dovuto comunicare telefonicamente a una figlia che ha appena perso il padre senza neanche avere la possibilità di dargli un ultimo saluto.
È una doccia fredda.
Ramona, infermiera in cure palliative, pensavo di rimanere eroina fino in fondo senza passare ciò che ho visto sotto miei occhi in tanti momenti al lavoro. Sai già a che cosa vai incontro non solo clinicamente ma anche psicologicamente perché hai sempre avuto a che fare con il dolore, dolore in tutti sensi della parola.

Sono stata sempre molto attenta ai bisogni dei miei pazienti ma anche della famiglia.
Ora qui mi sto rendendo conto quanto sono simili questi bisogni, quante volte mi sono trovata ad affrontare situazioni così… si molto simili perché qui non si fa altro che gestire i sintomi nei casi più semplici, oppure usando protocolli nelle fasi più difficili.
Protocolli che noi delle cure palliative conosciamo perché con la morte abbiamo avuto sempre a che fare.
Alleviare la sofferenza e mantenere la dignità della persona fino alla fine è la nostra filosofia esistenziale e di vita, ascoltare, accompagnare, mantenendo le distanze, senza un tocco della mano, senza un sorriso, un abbraccio confortante, un volto conosciuto, ormai neanche sguardi perché la paura si percepisce ovunque.

Non puoi rimanere inerte senza sapere almeno se quella persona ha qualcuno almondo: figli, mariti, mogli, genitori, sorelle, fratelli, amici, preoccupati, senza sostegno, immersi nei pensieri del terrore.
Magari come me ti trovi in un Paese che non è tuo e devi rassicurare con un filo di voce chi sta lontano per proteggerlo, per non fare capire il tuo dolore e la situazione nella quale ti trovi… e chi un cellulare non lo ha?
L’unico modo di comunicazione, di rassicurazioni ma purtroppo anche di addii. Vi prego non sottovalutare questo, sono dolori che ti segnano la vita!

Riflettere su ogni colloquio avuto in Hospice… di supporto, comunicare una cattiva notizia, assistere con dignità fino alla fine mantenere una buona qualità della vita, dando vita ai giorni e non giorni alla vita, ora mi tocca provarlo su di me, pensando ai miei bisogni e cercare la forza in ogni angolo di me stessa con la speranza di tornare al più presto in corsia riportandomi anche questa lezione e dare ancora di più.

Il covid 19 e le cure palliative sono come due sorelle che vanno a braccetto, rinforziamo questo rapporto così familiare, hanno la stessa anima, si respira l’aria della sofferenza … alcuni giorni ti senti come un leone altri giorni ormai pensi di essere arrivato a quel punto chiamato fine.

Inizi a farti mentalmente mille scenari, ma quello più bello che frulla nella mente è il momento che puoi finalmente uscire, respirare l’aria della primavera, sdraiarti sopra l’erba e guardare il ballo delle foglie appena verdi… e renderti conto che sei fortunato… che qualcuno lassù veglia su di te.

“Siamo qui per aiutare a vivere la più alta qualità di vita e, quando non è più possibile, per facilitare la più grande qualità di morte”

La speranza è un’emozione, e io di emozioni mi nutro, c’è la metterò tutta per farcela!

E poi, ritornando a mettere di nuovo quel camice provi quella sensazione strana difficile da spiegare in parole…un misto di emozione e voglia di riprendere e tornare alla normalità, ma in ogni movimento ti ritrovi a vivere quei momenti vissuti lì, in quella stanza, ma dall’altra parte e sento l’ecco di ogni parola scritta nel mio racconto.

Parole che resteranno dentro a vita, uscite con dolore dal dolore, con sincerità dalla paura.
Sono tornata con quella voglia di donare soprattutto ciò che a me mi è mancato perché, nessuno e niente mi toglierà il mio dono più prezioso, il sorriso.

Neanche a te maledetta mascherina non ti temo, si può sorridere anche con gli occhi, con le parole, pur per dare conforto e garantire un’alta qualità di vita…e non solo.

24 agosto 2020

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