La competenza infermieristica nella dermopigmentazione dell’area capezzolare in esiti di mastectomia


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INQUADRAMENTO
La dermopigmentazione del complesso areola-capezzolo consiste nell’introduzione di inchiostro nel derma per ridefinire un capezzolo mancante o coprire alterazioni della pigmentazione cutanea, verificatesi a seguito di intervento di mastectomia radicale. Sebbene la chirurgia ricostruttiva fornisca frequentemente risultati eccellenti per quanto riguarda la forma del seno, la zona capezzoli e areole sono spesso una parte trascurata del processo di ricostruzione (Fischer-Cartlidge et al, 2015).
La dermopigmentazione medicale non presenta alcun rischio se eseguita con strumenti adeguati e da operatori altamente qualificati. Essere un professionista del settore della dermopigmentazione medicale, infatti, non significa soltanto conoscere le tecniche di disegno ed utilizzo dei colori, ma avere anche una visione ampia ed approfondita di elementi dermatologici, oncologici e chirurgici.
Proprio per tale ragione, con la Circolare del 15-05-2019 il Ministero della Salute ha recentemente introdotto novità importanti rispetto a questo settore così delicato e specialistico: oltre a ribadire che tale procedura debba essere inserita tra i Livelli Essenziali di Assistenza (codice 86.02.3 “tatuaggio per pigmentazione del complesso areola –capezzolo”), afferma per la prima volta che la prestazione “pigmentazione dell’areola – capezzolo” debba essere eseguita esclusivamente da chi eserciti una professione sanitaria, in ambulatorio accreditato o autorizzato, a seconda che venga o non venga eseguita a carico del SSN. Di conseguenza viene preclusa questa attività in strutture non sanitarie e da personale non sanitario.
Da ciò consegue l’accesso ai percorsi formativi mirati per la dermopigmentazione non può essere consentito a coloro che svolgono le attività previste dalla L. 1/1990, ovvero da estetiste, bensì esclusivamente a professionisti sanitari, con specifici corsi di formazione da istituire in ambito accademico.
La tecnica del tatuaggio estetico in campo medico, quindi, consente di ottenere con minima invasività un grande risultato estetico, ma richiede professionisti della dermopigmentazione accreditati e afferenti all’ambito sanitario.

IL CANCRO AL SENO
Il tumore alla mammella rappresenta in Italia una neoplasia estremamente frequente: un terzo delle diagnosi tumorali nel sesso femminile è rappresentato dai tumori mammari. Nel 2019 sono stati diagnosticati 53.500 nuovi casi di tumore alla mammella, pari al 14% di tutti i tumori maligni incidenti totali e al 30% nel solo sesso femminile. Il rischio di ammalarsi di carcinoma della mammella aumenta con l’età, con una probabilità del 2,3% fino all’età di 49 anni (1 su 43 donne), del 5,4% nella fascia d’età 50-69 anni (1 su 18 donne), e del 4,5% nella fascia d’età 70-84 (1 su 22 donne) (Ministero della Salute, 2019).
La curva di incidenza cresce esponenzialmente sino agli anni della menopausa (intorno a 50-55 anni) e poi rallenta con un plateau dopo la menopausa, per poi riprendere a salire dopo i 60 anni. Questo specifico andamento è legato sia alla storia endocrinologica della donna, sia alla presenza e alla copertura dei programmi di screening mammografico (Gori, 2018). Se da un lato l’incidenza di questo tumore è in continuo aumento, dall’altro si assiste anche ad un calo della mortalità per carcinoma mammario (-1.6% all’anno), grazie alla diffusione dei programmi di screening mammografico (con aumento del numero di diagnosi di forme in stadio iniziale), all’ottimizzazione dell’approccio terapeutico integrato, alla disponibilità e all’uso di farmaci sempre più efficaci e mirati (Cope, 2013).
La comunicazione della diagnosi di carcinoma mammario rappresenta un evento traumatico, intensamente vissuto sia a livello personale che a livello sociale; infatti, non è soltanto l’esistenza della donna ad essere profondamente turbata, ma anche quella dei familiari e persone significative (Graziottin e Castoldi, 2000; Graziottin e Rovei, 2007).
Questa patologia, infatti, non comporta solo la perdita della salute e dell’integrità fisica, ma rappresenta un vero e proprio attacco alla parte più carica di simbolismi e significati, sia personali che collettivi, del corpo femminile. Il cancro della mammella non colpisce solo l’emblema della femminilità e della sessualità, ma anche quell’immagine di sé che una donna costruisce, spesso faticosamente, nel corso delle proprie esperienze.
La maggior parte della letteratura inerente all’argomento si limita a trattare solamente le problematiche fisiche derivanti dall’intervento chirurgico di mastectomia, concentrandosi quindi sui trattamenti convenzionali (chirurgia, radioterapia e chemioterapia) e tende a tralasciare tutti i risvolti psicologici e sociali che emergono nel post-intervento (Di Loreto, 2011). La presa in carico e gestione della paziente è a cura di un team multidisciplinare, sia nella fase che post operatoria; la paziente, poi, va educata e rassicurata per affrontare quella che sarà la sua nuova quotidianità, garantendo un supporto continuo con la struttura da cui è stata seguita (Freysteinson et al, 2012). L’intervento chirurgico di mastectomia altera in maniera irreversibile l’immagine corporea, lasciando una profonda ferita nella vita di una donna e mettendola a dura prova a livello psicologico.
Nel periodo immediatamente successivo all’intervento, le donne percepiscono con disagio il sito chirurgico; la menomazione rappresenta un’inevitabile fonte di stress emotivo che può condurre al rifiuto di guardare il proprio corpo. In questi casi può risultare utile che l’infermiere sia presente nel momento in cui la donna osserva per la prima volta la ferita (Hinlke e Cheever, 2010). Il guardarsi allo specchio può quindi divenire un’esperienza devastante, poiché la paziente vedrà il proprio corpo mutilato: un’immagine che rievoca continuamente i pensieri della malattia e del disagio nell’accettazione della stessa (Freysteinson et al, 2012). Questi cambiamenti fisici possono compromettere sensibilmente l’identità femminile e il rapporto con il proprio corpo, a tal punto da condizionare significativamente anche le relazioni con gli altri. Il corpo, ormai ferito e mutilato, viene sentito e vissuto come qualcosa di estraneo e quindi di non più familiare. Molte donne operate di mastectomia fanno riferimento all’intervento chirurgico come ad una esperienza traumatizzante che genera disagio personale ed imbarazzo sociale (Anagnostopoulos et al, 2009; Han et al, 2010; Piot-Ziegler et al, 2010;).
La ricerca contemporanea si basa principalmente sul confronto tra le varie procedure chirurgiche e in misura minore sui risultati che la mastectomia produce su immagine corporea e sessualità (Fallbjork et al, 2013). Le conseguenze psicologiche e sociali non sempre vengono considerate, sebbene l’estensione della ferita chirurgica sia stata progressivamente ridotta, portando ad una cicatrice ridotta e a un significativo miglioramento della qualità di vita, a tal punto che oggi gli esiti chirurgici sono considerati soddisfacenti sia dal punto di vista oncologico che estetico (Heidari et al, 2015; Fallbjork et al, 2013; Freysteinson et al, 2012; Medina-Franco et al, 2010).
Diviene fondamentale, in una fase così delicata e complessa, fornire alla donna un supporto psicologico durante i vari passaggi di cambiamento del proprio aspetto fisico, cercando di comprendere in che modo la donna li percepisca, sia sotto il profilo psicologico che emotivo.

La tecnica della dermopigmentazione
Proprio quest’ultimo obiettivo può essere raggiunto grazie ad interventi mirati a migliorare l’aspetto esteriore, come le tecniche di ricostruzione del capezzolo e il tatuaggio terapeutico. Grazie ad una innovativa tecnica di tatuaggio 3D e a veri e propri disegni artistici, la dermopigmentazione è in grado di ripristinare un effetto estetico armonico con un risultato estremamente naturale e vicino all’aspetto originale. Il fine è proprio quello di nascondere la cicatrice o l’assenza dell’area areola e capezzolo, quindi il ricordo di un periodo di sofferenza fisica ed emotiva.
La paziente, dopo essersi recata presso l’apposita struttura o ambulatorio – anche infermieristico -sostiene un colloquio dal quale emergono anamnesi, percorso della malattia e implicazioni psicologiche derivanti dall’intervento chirurgico ed il professionista sanitario valuterà la sussistenza delle condizioni fisiche ottimali per sottoporsi al tatuaggio medicale. Dopo l’applicazione di una crema anestetica (opzionale), la tecnica – realizzata attraverso l’utilizzo di appositi dermografi – risulta essere quasi indolore. Al termine di ogni sessione, l’applicazione di ghiaccio e di una crema lenitiva e curativa limiterà l’irritazione causata dalla procedura. Un ruolo importante è inoltre ricoperto dall’educazione terapeutica propria dell’infermiere: sarà necessario infatti, tra le altre cose, educare la persona a preservare l’area trattata dalle aggressioni esterne (sole, cosmetici, acqua) per promuovere una guarigione ottimale. Se tutte queste condizioni sono soddisfatte, questo tatuaggio medico durerà da 3 a 5 anni e potrà essere rinnovato.

Perché un infermiere
Il tatuaggio medicale deve essere effettuato da un operatore sanitario specializzato, sia per motivi di sicurezza igienica, sia perché non si tratta di una mera esecuzione di tatuaggio (che potrebbe essere eseguito da un tatuatore abile e competente), ma richiede la costruzione di un rapporto di fiducia con la paziente, basato sull’ascolto e sulla capacità di infondere serenità e sicurezza. La capacità di comunicare con la paziente fa parte delle competenze professionali dell’infermiere, il quale nel suo agire professionale “stabilisce una relazione di cura, utilizzando anche l’ascolto e il dialogo” riconoscendo che “il tempo di relazione è tempo di cura” (Fnopi, 2019).
Gli interventi di dermopigmentazione possono ricoprire un ruolo fondamentale nel riconoscimento e nella valorizzazione della femminilità che si reputa perduta e possono agevolare il cammino che porta alla completa guarigione, fisica e psicologica. L’intento è quello di offrire alla donna operata di mastectomia l’opportunità di ritornare alla propria vita sociale ed affettiva, nonché darle la possibilità di chiudere un percorso difficile come quello della lotta contro il tumore al seno. L’infermiere può giocare un ruolo determinante in questo senso: in seguito all’operazione di mastectomia può da subito cercare di ridurre l’insorgere di queste problematiche, poiché è spesso il professionista che sta maggiormente a contatto con il malato (Quintard et al, 2014).
A tale scopo il servizio di psico-oncologia mira ad aiutare la donna a vivere con più serenità la sua malattia, aiutandola a riconoscere ed analizzare le emozioni provate per poi saperle gestire ed elaborare, nonché a supportarla nell’accettare le modificazioni corporee lavorando sull’immagine di sé. L’infermiere, per formazione e profilo, ha la capacità di fornire assistenza centrata sul paziente e personalizzata: durante il colloquio con la paziente per l’esecuzione del tatuaggio medicale, si mette in atto la ripresa educativa per comprendere quali siano stati i cambiamenti a partire dalla scoperta della malattia. Il rapporto di relazione tra l’operatore e l’assistito consente, attraverso la comunicazione, di scambiare e condividere informazioni indispensabili per poter elaborare piani di assistenza personalizzati al soddisfacimento dei bisogni, al recupero dell’autonomia e all’adattamento allo stress che ogni malattia o forma di disagio porta con sé.
Oltre alla questione relazionale, rientra all’interno delle competenze infermieristiche anche la prevenzione e il controllo delle infezioni correlate alla procedura: competenze che si traducono nelle responsabilità correlate alla sterilizzazione dei presidi e all’asepsi delle tecniche.
Le apparecchiature dedicate, i pigmenti specifici, l’elevata specializzazione dell’operatore, le tecniche peculiari e le dinamiche relazionali concorrono perciò a diversificare notevolmente il normale tatuaggio estetico, realizzabile da tatuatori non sanitari, dalla dermopigmentazione medicale.

CONCLUSIONI
La diagnosi di tumore – di qualunque natura essa sia – porta inevitabilmente con sé sequele fisiche e psicologiche di notevole rilevanza: oltre che nel corpo, lascia delle cicatrici nell’anima di coloro che l’hanno vissuta. Quando, oltre alla complessità dei trattamenti chirurgici e terapeutici, si sommano mutilazioni esteriori evidenti, le conseguenze psicologiche possono essere così determinanti da richiedere una cura e un’attenzione particolare da parte dell’intera rete di professionisti sanitari e, tra questi, dagli infermieri.
Emblematico in tal senso è senza dubbio il caso, purtroppo non raro, di una donna che abbia subito una mastectomia radicale: anche una guarigione fisica completa, in queste circostanze non cancella il disagio di abitare in un corpo diverso, che non si riconosce, non si accetta né tantomeno riesce a farsi accettare dagli altri. Questo malessere interiore esiste, richiede di essere riconosciuto, valorizzato e curato tanto quanto il danno fisico vero e proprio. E se il disagio nasce da un corpo cambiato, ogni intervento che va nella direzione di compensare questo limite diviene non soltanto un segno di umanità ed empatia, ma anche e soprattutto un elemento fondamentale per una assistenza infermieristica che possa davvero dirsi olistica.
Anche piccoli gesti di solidarietà possono contribuire ad alleviare il senso di disagio di coloro che non si sentono più adeguati: gruppi di donne hanno messo a disposizione le proprie parrucche, mentre altre si offrivano di fare corsi di maquillage per esaltare la bellezza del viso. La solidarietà e la condivisione esperienziale sono le basi da cui partire per la rinascita interiore e tutto quello che si può fare in questa direzione diventa fondamentale. È per questo che occorre incentivare e sostenere tutti gli sforzi che si stanno facendo in questo senso: preoccuparsi di ridare dignità ad un corpo vuol dire prendersi cura di una persona bisognosa, accompagnarla nel percorso di guarigione e farla sentire meno sola. La grande opportunità offerta dalle terapie ricostruttive, tra le quali la dermopigmentazione medicale, dovrebbe essere usufruibile su larga scala, affinché tutti ne possano avere beneficio.
È auspicabile che gli operatori sanitari vengano formati per offrire un servizio altamente professionale, il cui scopo va ben oltre il benessere fisico, ma si pone come traguardo il fatto che una persona possa riapproprirasi del proprio corpo, ritrovando sé stessa e il suo posto nella società.

Conflitto di interessi
Si dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

Finanziamenti
Gli autori dichiarano di non aver ottenuto alcun finanziamento e che lo studio non ha alcuno sponsor economico.

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Bibliografia

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