Il progetto interno voce: dalla laringectomia al palcoscenico


La comunicazione è lo strumento attraverso il quale l’uomo entra in relazione con l’altro, con l’ambiente, e a volte, con la parte più intima di sé stesso. La narrazione è uno strumento interpretativo e conoscitivo di cui l’uomo si serve nella sua intera esperienza di vita, raccontando di sé all’altro (Bruner, 1993).
La malattia, grazie alla narrazione, sembra alleggerirsi di quel peso o angoscia che trascina dietro di sé: infatti, oltre a incidere fortemente sulla sfera fisica e fisiologica, incide negativamente sulla psiche e sulle abitudini di vita quotidiana, abbandonando la persona ad un totale sconforto da cui sembra non avere via d’uscita (Charon, 2006).
Come riportato da Good (2006), narrare significa raccontare un mondo attraverso una storia: è questo il potere della narrazione che, fin dai tempi più antichi, ha legato i popoli e tramandato le svariate credenze e tradizioni.
Gli scienziati sociali che utilizzano il metodo interpretativo propongono la storia come cornice per organizzare e strutturare l’esperienza vissuta, come mezzo attraverso cui conferire significato all’esperienza. È attraverso le storie che l’esperienza viene interpretata (Elwyn, Gwyn, 1999).
Attraverso l’arte del raccontare si ha la capacità di mostrare in modo differente la nostra vita, di far cogliere, a chi ci ascolta, quelle piccole cose o stati d’animo che tante volte, nella realtà, restano inosservate o tendono ad essere sottovalutate. Le storie sono una sorta di gioco cognitivo e attraverso di esse si possono carpire informazioni e dedurre insegnamenti dalle esperienze altrui, ma fungono anche da collante sociale.
Negli ultimi anni, la narrazione si è affiancata sempre più al concetto di malattia, assumendo una funzione catartica in chi la racconta: è nata così la medicina narrativa. La malattia comporta una rottura biografica in cui la persona avverte di essere, ormai, deturpata e derubata delle capacità che aveva prima dell’evento patologico che l’ha colpita (Meo, 2000). La malattia in sé si presenta sempre come un evento inatteso, che sconvolge drasticamente la persona colpita ma anche la famiglia, un evento che modifica la quotidianità, fatta ormai di camici bianchi, degenze, farmaci e tanto senso di sconforto.
La narrazione, scritta o orale, può essere utilizzata dal malato per dare un significato all’esperienza traumatica e aiutarlo ad essere il protagonista principale della sua vita. Narrare l’esperienza di malattia è una strategia che può aiutare il paziente a rimettere insieme i suoi pezzi (Jedlowski, 2000), ovvero quelle parti di sé che la malattia spesso prepotentemente frammenta. L’arte della narrazione, con la sua funzione catartica, è considerata un vero e proprio strumento terapeutico, che è degno di esistere non solo grazie alla storia raccontata dal paziente, ma anche dagli operatori sanitari che ascoltano la storia e si prendono cura del paziente e che, a loro volta, hanno una storia (Grmek, 1985).
La rielaborazione e socializzazione del percorso di cure si concretizza con la nascita dello storytelling: questa strategia viene applicata come strumento di supporto nei percorsi di cura sia nell’ambito psichico che fisico. La narrazione permette di co-costruire un percorso di cura che possiamo definire come ‘destino condiviso’ (Charon, 2001). Questo nuovo percorso non nasce in sostituzione del percorso diagnostico-terapeutico bensì lo affianca dando possibilità, al personale sanitario, di conoscere più a fondo il paziente che sta assistendo. Su questo presupposto il professionista sanitario andrà a porre le basi per il progetto terapeutico, facendo leva sugli aspetti che più possono essere d’aiuto.
Lo storytelling offre la possibilità, al paziente e ai professionisti sanitari, di creare una storia che curi; non una storia immaginaria, fantastica, irrealizzabile, ma una storia reale, scritta o raccontata liberamente dalla persona che l’ha vissuta, ascoltata e compresa dai professionisti che se ne prendono cura, affondando le proprie radici nella scienza della comunicazione efficace che ha una specifica rilevanza terapeutica rispetto i bisogni del paziente, esposta secondo l’arte della buona narrazione (Zannini, 2008).

Dalla narrazione di malattia al Teatro Sociale
Nel 2017 il Progetto Interno Voce ha dato vita ad una Associazione Onlus, dalla quale è nata un’esperienza di teatro sociale, che ha coinvolto gli ex pazienti oncologici sottoposti a laringectomia totale o parziale, assistiti dall’equipe di ORL dell’Ospedale Sandro Pertini e riabilitati dal laboratorio di Logopedia del medesimo ospedale.
In questa esperienza di teatro sociale, il racconto e le riflessioni delle persone coinvolte vengono messi in scena mediante, appunto, un’opera teatrale. Al percorso hanno partecipato anche alcuni familiari dei pazienti che hanno vissuto accanto al congiunto la malattia oncologica, e gli operatori sanitari che hanno ridato speranza, e soprattutto, hanno restituito loro una nuova voce dopo l’intervento chirurgico. Questa esperienza ha infatti permesso di far emergere le qualità artistiche date dalla nuova voce, ovvero quella esofagea. L’opera teatrale è stata realizzata attraverso i racconti e le riflessioni di pazienti, familiari, logopedisti, infermieri e medici, condotta per la parte artistica da un gruppo di registi e attori, e per la parte riabilitativa da logopedisti, medici e infermieri.
L’attività teatrale ha permesso ai partecipanti di esprimere le emozioni e i sentimenti legati all’incontro con la malattia oncologica e ha permesso uno scambio di reciproche emozioni, percorrendo l’intero percorso della malattia: diagnosi, ricovero, intervento, riabilitazione e reinserimento sociale.
L’attività teatrale ha rappresentato per i partecipanti un’esperienza educativa, in quanto ha permesso loro di compiere un lavoro su se stessi, mettendosi in gioco ed eliminando le barriere comunicative che la laringectomia aveva procurato.
Il percorso ha attraversato diverse tappe: infatti il teatro sociale è l’esito finale di un percorso che nasce e si fonda sulla malattia, ma è il modo in cui la malattia viene affrontata che è totalmente rivoluzionato.
L’iter diagnostico e terapeutico cammina parallelo con l’attenzione al mondo interiore del paziente; il team multidisciplinare lavora per e con il paziente, in una sorta di condivisione dei propri mondi interiori e di esternazione di emozioni e sensazioni che accompagnano il paziente, ma anche gli operatori.
Spesso però l’ambiente sanitario e ospedaliero non favorisce né la comunicazione né tantomeno lo scambio delle emozioni profonde che scaturiscono dal malato, primo attore, e dagli operatori, coprotagonisti e attori al tempo stesso di una storia di malattia. Altrettanto disorientante lo è per i familiari e i caregiver, che si ritrovano, loro malgrado, ad avere una parte e a ricoprire un ruolo importante per i loro cari, senza però avere un background scientifico né emotivo per affrontare una situazione a loro sconosciuta fino a quel momento.
L’idea del teatro sociale nasce dunque per mettere insieme mondi diversi che, in un territorio neutro, possono parlare un linguaggio comune, possono confrontarsi alla pari, possono sostenersi a vicenda e unire le loro forze per combattere la malattia.
Attraverso il teatro sociale abbiamo cercato di attrarre più persone possibili, per fare in modo di far conoscere loro, in un modo più fisiologico, limiti e potenzialità dei loro cari, caratteristiche e complicanze di una malattia a loro sconosciuta.
Il teatro sociale ha aumentato non soltanto la compliance del paziente, ma anche quella dei familiari e dei caregiver, contribuendo a far scoprire a ciascuno di loro quel ‘cervello emotivo’, in grado di rispondere a una serie di domande introspettive e di spiegare anche che le emozioni esistono sì, come parte di un complesso sistema neurale che si è evoluto per permetterci di sopravvivere, ma anche di vivere e affrontare situazioni di malattia e di sofferenza.
Al fine di verificare se il nostro progetto portasse effettivamente agli esiti che noi constatavamo, abbiamo avviato uno studio, orientandolo all’utilizzo della medicina narrativa, che considera la tridimensionalità (fisica, psicologica e sociale) della salute, la globalità e l’unitarietà della persona, ossia quelle caratteristiche funzionali che portano ad un approccio olistico alla malattia, ad un’assistenza patient centered.
Sono state individuate inizialmente 18 persone, di cui: 8 pazienti, 4 familiari, 6 professionisti sanitari. Dopo alcuni ritiri e inserimenti, lo studio si è poi svolto con 4 pazienti, tutti maschi, di cui 3 sottoposti a laringectomia totale, quindi portatori di tracheostomia, e 1 sottoposto a laringectomia parziale, con un’età tra i 45 e i 65 anni.
Tutti i pazienti aderenti sono erano stati sottoposti ad intervento di laringectomia da più di 5 anni. Tra i familiari hanno aderito una moglie e un figlio.
Dei 6 professionisti, 2 erano infermieri con funzioni di coordinamento, 2 medici dei quali 1 Primario della UOC di ORL e 2 logopediste.
Lo studio si è protratto per circa 6 mesi, dal Gennaio 2018 al Giugno 2018.
Per la raccolta dati è stato fornito materiale dai promotori del Progetto Interno Voce, comprendente: filmati, racconti, poesie e riflessioni scritte dai pazienti, dai familiari e dagli operatori sanitari, materiale utilizzato per la rappresentazione teatrale nella quale la maggior parte dei soggetti è coinvolta.
Lo studio è stato condotto attraverso l’intervista narrativa focalizzata.
Tutte le interviste si sono aperte con uno small talk, ovvero una conversazione spicciola che ha permesso alla persona intervistata di sentirsi a suo agio e di mettere da parte l’imbarazzo della situazione. Anche la conclusione dell’intervista è stata tipica dell’intervista focalizzata, in cui sono stati ripresi temi di vita delle persone intervistate.
Le interviste ai pazienti hanno riguardato i diversi momenti del loro percorso: diagnosi; cura; riabilitazione; reinserimento sociale. Durante le interviste è stata valutata la comunicazione non verbale dell’intervistato, che ha reso l’interpretazione delle risposte molto più ricca.
Le interviste ai familiari hanno riguardato soprattutto l’approccio emotivo ad una malattia improvvisa e devastante, che non solo li ha impegnati fisicamente, ma che ha comportato uno stravolgimento della loro vita quotidiana.
Infine le interviste ai professionisti si sono focalizzate soprattutto sulla spiegazione della spinta motivazionale alla base della scelta professionale, sulle difficoltà incontrate quotidianamente nel confronto con la malattia e la morte, sull’espressione dei sentimenti legati alla riconoscenza dei pazienti e dei familiari e sulla gratificazione di fronte alla sconfitta della malattia e della diversità che essa comporta.
Sono stati presi appunti dal rilevatore mentre gli eventi stessi si svolgevano. Le note hanno riguardato la descrizione dei fatti e l’interpretazione che ne ha dato il rilevatore (riflessioni teoriche e reazioni emotive). Le descrizioni, le interpretazioni dell’osservatore e le interpretazioni dei soggetti studiati sono state tenute ben distinte.
Per tutte le sfere di indagine, l’intervistatore si è focalizzato sull’ascolto attento e partecipe, ponendo particolare attenzione alla gestualità e alla comunicazione non verbale nel suo complesso dell’intervistato.

Risultati
I report delle interviste ad ogni soggetto sono stati organizzati con citazioni dirette dei partecipanti, che forniscono un’illustrazione ricca dei temi dello studio. I temi emergenti sono stati spesso validati insieme ai partecipanti, in quanto il significato da questi attribuito alle proprie esperienze vissute è centrale. In effetti la centralità del racconto nella rappresentazione del proprio stato di salute, del proprio percorso di vita, o meglio di malattia, ha iniziato a farsi strada sin dalle prime domande. Quello che risulta evidente dalle risposte è che la malattia non è una metafora, ma una realtà durissima da affrontare.
Gli intervistati hanno posto l’accento sul rapporto che si viene ad instaurare fra assistito ed assistente, paziente ed infermiere, durante il quale la condivisione del proprio vissuto esperienziale, di una stessa dimensione spaziale e temporale proprio da parte del paziente e dell’infermiere, diventa un’esperienza vissuta tra esseri umani.
Una prospettiva che sottolinea l’irrinunciabile multidimensionalità della costruzione del processo di aiuto, dove le rappresentazioni, le percezioni e i vissuti di malattia dei soggetti interessati, e dei relativi altri significativi (i caregiver in particolare), diventano elementi imprescindibili di conoscenza e analisi per la costruzione e la valutazione degli interventi da parte dell’infermiere e, nel campo della ricerca qualitativa, per la valutazione della dimensione emica della malattia da parte del paziente.
I risultati sono stati organizzati suddivisi per narrazioni dei pazienti e dei familiari e narrazioni dei professionisti.
Dall’analisi dei testi narrativi dei pazienti e dei familiari sono state individuate cinque categorie (Tabella 1):

Tabella 1 – Categorie elaborate dalle interviste a pazienti e familiari
CATEGORIA  
SPERANZA/FIDUCIA La speranza nella possibile guarigione e la fiducia verso coloro che curano
ANSIA/TIMORE Ansia per il futuro e timore della morte
SENSO DI IMPOTENZA E SCONFORTO Non sapere cosa fare
EMPOWERMENT/DETERMINAZIONE Ricevere la forza ed il coraggio per affrontare una situazione difficile e quindi sentirsi determinati a combatterla
EMPATIA Sentire cosa prova la persona vicina

Molto significative risultano essere le risposte relative alla sfera ‘Reinserimento sociale’, dalle quali si desume che:

  • 3 pazienti su 4 hanno avuto paura a tornare alla vita di tutti i giorni;
  • 2 pazienti su 4 hanno avuto paura del ritorno al lavoro;
  • 3 pazienti su 4 hanno avuto la sensazione che i propri colleghi abbiano provato pietà;
  • 1 paziente su 4 è stato facilitato nel reinserimento;
  • 3 pazienti su 4 affermano che i colleghi non hanno avuto lo stesso atteggiamento che avevano prima della malattia, giustificandoli però per questo;
  • 1 paziente su 4 si è sentito accettato;
  • 3 pazienti su 4 si sono sentiti rifiutati nel lavoro, soprattutto per le attività lavorative di contatto col pubblico; in un caso il datore di lavoro ha ritenuto opportuno cambiare mansione.

Dall’analisi delle narrazioni dei professionisti sanitari sono emerse quattro categorie (Tabella 2):

Tabella 2 – Categorie elaborate dalle interviste agli operatori
CATEGORIA  
SPERANZA/FIDUCIA La speranza e la fiducia nel veder star meglio una persona di cui ci si prende cura
SENSO DI IMPOTENZA E SCONFORTO Lo sconforto che assale nel non sapere cosa fare e l’impotenza nel sentirsi inutili
EMPATIA Sentire cosa prova la persona malata
FIDUCIA IN SE STESSI Capacità di far leva su tutte le proprie potenzialità, conoscenze e competenze per affrontare situazioni apparentemente impossibili

La nostra indagine ci ha permesso di rilevare aspetti spesso trascurati, come l’assistenza psicologica durante il periodo perioperatorio del laringetcomizzato, tanto che alcuni vi hanno fatto ricorso successivamente a titolo privato.
L’applicazione del metodo narrativo per i pazienti sottoposti a laringectomia (soprattutto nel caso di laringectomia totale), impossibilitati a comunicare verbalmente, risulta utile per permettere al paziente di raccontarsi e condividere, permettendogli di alleviare la sofferenza di quel momento con l’utilizzo catartico della scrittura.

Conclusioni
La nostra esperienza ci ha portato a concludere che l’ipotesi di inserire la Medicina Narrativa nel percorso di cura del paziente laringectomizzato: questo permetterebbe al paziente, al familiare e, non di meno, all’operatore sanitario di poter esternare le proprie emozioni e di garantire un’assistenza olistica al paziente. In questo gli strumenti che il Nursing Narrativo mette a disposizione possono essere validi alleati nell’interpretare il reale bisogno di assistenza e nel garantire percorsi terapeutici maggiormente sostenibili da parte di pazienti e familiari.
Il reinserimento sociale si dimostra ancora difficile per le persone laringectomizzate: raccontano spesso, per esempio, la difficoltà del rientro a lavoro. Sarebbero quindi necessari progetti mirati ad opera di professionisti sia dell’area sociale che sanitaria.
Dalle interviste ai pazienti laringectomizzati deriva che all’interno dei servizi di cura sarebbe opportuna l’adozione di una Cartella Clinica Integrata: questa potrebbe permettere ai pazienti, in una fase così critica della loro vita, di avere a disposizione un ambito di ascolto e comunicazione mediante la scrittura, almeno nel primo postoperatorio.
Il percorso nato inizialmente per favorire il reinserimento sociale del paziente laringectomizzato, è diventato nel tempo una vera e propria impresa sociale, in cui l’esperienza collettiva dell’espressione del sé non ha valore solo per il paziente, ma anche per tutto il resto dei partecipanti al teatro sociale.
I benefici tratti da questa esperienza stanno andando ben oltre le nostre aspettative iniziali; per tale motivo si è deciso di proseguire lo studio con ulteriori iniziative, che sono al momento in via di sperimentazione.

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Bibliografia

– Bruner J. (1993), La mente a più dimensioni, Laterza, Bari.
– Charon R. (2006), Narrative medicine – Honoring the Stories of Illness. Oxford University Press, New York.
– Charon R. (2001), Narrative medicine. A model for empathy, reflection and trust. JAMA 286:1897-1902.
– Elwyn G, Gwyn R. (1999), Narrative based medicine. Stories we hear and stories we tell. Analysing talk in clinical practice. Br Med J 318: 186-188.
– Good B.J. (2006), Narrare la malattia. Lo sguardo antropologico nel rapporto medico-paziente. Einaudi Editore, Torino.
– Grmek M. (1985), Le malattie all’alba della civiltà occidentale. Il Mulino Editore, Bologna.
– Jedlowski P. (2000), Storie comuni. La narrazione nella vita quotidiana, Bruno Mondatori, Milano.
– Meo A. (2000), Vite in bilico. Sociologia della reazione a eventi spiazzanti. Liguori Editore, Napoli.
– Zannini M. (2008), Medical Humanities e Medicina Narrativa. Nuove prospettive per la formazione dei professionisti della cura, Raffaello Cortina Editore, Milano.