L’infermiere e la qualità del sonno della persona assistita in ospedale


Il sonno rappresenta una delle componenti fondamentali per il mantenimento di una buona qualità di vita e del benessere fisico, sociale, ed emotivo (Peverini, 2016). Una veglia prolungata causa un ampio spettro di effetti deleteri a livello fisiologico, psicologico e comportamentale (Vladyslav, 2015). L'interruzione del sonno, infatti, provoca un aumento dell'attività del sistema nervoso simpatico e dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene, effetti metabolici, cambiamenti nei ritmi circadiani e risposte pro-infiammatorie.

Nello specifico, le conseguenze a breve termine della mancanza di sonno comprendono maggiore reattività allo stress, dolore somatico, ridotta qualità della vita, disturbi emotivi e dell'umore, deficit cognitivi, della memoria, delle prestazioni e delirio. Le conseguenze a lungo termine includono ipertensione, dislipidemia, malattie cardiovascolari, problemi legati al peso corporeo, sindrome metabolica, diabete mellito di tipo 2 e cancro del colon-retto. (Stewart et al., 2018, Medic et al., 2017, Scott 2015, Knauert et al., 2015, Kamdar et al., 2015).

La maggior parte delle ricerche infermieristiche sulla qualità del sonno dei pazienti degenti sono state condotte nelle Unità di Cure Intensive (UCI). Le ricerche dimostrano che il sonno nei pazienti critici è estremamente frammentato, con una predominanza delle fasi del sonno superficiale a scapito di quelle più profonde e ristorative. Tra le cause di interruzione del sonno in UCI vi sono fattori intrinseci legati ai pazienti e alla loro condizione critica e aspetti legati all'ambiente che, per la presenza di alti livelli di rumore, luce e multiple attività assistenziali, influenza negativamente la qualità e l'efficacia del sonno (Crawford, 2018; Beltrami et al., 2015; Manian, 2015; Nesbitt et al., 2014; Jolfaei, 2014). In particolare, i pazienti che a casa riferivano di dormire bene avrebbero un sonno nettamente peggiore quando sono degenti in ospedale (Dobing et al., 2016). Altri studi suggeriscono che le principali cause della percezione negativa della qualità del sonno sono: il numero di pazienti elevato nella camera, la lunga durata della degenza, la presenza e l’intensità del dolore, l'atteggiamento negativo verso l'atmosfera del servizio, la necessità dell’espletamento dei bisogni fisiologici, la noia, il senso di dipendenza, la preoccupazione per la malattia e le abitudini di vita interrotte (astensione dal lavoro, lontananza dalla famiglia, ecc.) (Matteini et al., 2015; Jolfaei et al., 2014). In aggiunta, studi dimostrano che la negativa qualità del sonno durante la degenza permane anche dopo la dimissione (Nesbitt et al., 2014).

L’infermiere, quale garante della qualità di vita della persona assistita, provvede ad assicurare a quest’ultima un riposo adeguato alle sue condizioni, nella consapevolezza dell’importanza del delicato equilibrio sonno-veglia e di quanto l’ambiente ospedaliero possa comprometterlo. La fase probabilmente più delicata e complessa a tal fine è l’accertamento con la successiva valutazione della qualità del sonno della persona assistita. Infatti è fondamentale che l'infermiere indaghi, attraverso scale di valutazione validate, la qualità del sonno, in modo da identificare eventuali problemi e le relative cause correlate, al fine di pianificare gli interventi infermieristici efficaci e appropriati.

Dallo studio di Bertaja et al. (2012) emerge che gli infermieri conducono solamente una parziale valutazione oggettiva del sonno, includendo la rilevazione dei parametri vitali, l’osservazione dei risvegli precoci e dell’insonnia intesa come agitazione e difficoltà all’addormentamento. Inoltre, si osserva una tendenza da parte dei professionisti a sovrastimare la qualità del sonno dei pazienti in area critica (Trincone et al., 2018; Ding et al., 2017).

Alla luce di quanto evidenziato, questo studio vuole valutare il livello di concordanza tra il percepito degli infermieri e quello delle persone assistite riguardo alla qualità del sonno di queste ultime.

Il nostro percorso
Lo studio si è svolto tra dicembre 2015 e febbraio 2016 presso le Strutture Complesse di Cardiologia, Chirurgia Vascolare, Chirurgia Toracica e Otorinolaringoiatria dell’Azienda USL della Valle d’Aosta.

I pazienti sono stati selezionati in base ai seguenti criteri di inclusione: persone maggiorenni degenti nei servizi sopra citati per almeno una notte, vigili e orientate tempo/spazio al momento della somministrazione del questionario. Sono stati esclusi i pazienti con deterioramento cognitivo, disturbi psichiatrici concomitanti, gli stranieri con barriera linguistica, quelli con deficit sensoriali (sordi o ciechi) e chi ha rifiutato di fornire il consenso. Il giorno della somministrazione del questionario è stata valutata l’effettiva possibilità di adesione di ogni singolo paziente, in quanto si è ritenuto fondamentale che il paziente avesse maggiore consapevolezza e un ricordo più realistico della notte appena trascorsa, E' stato utilizzato il Richard Campbell Sleep Questionnaire – RCSQ, che valuta, attraverso cinque domini, la profondità del sonno, il tempo di addormentamento, il numero dei risvegli, il tempo trascorso sveglio e la qualità complessiva del sonno (Kamdar et al., 2012). La scala individuata, validata esclusivamente in lingua inglese, è stata tradotta in italiano con il supporto di un esperto madrelingua.

Il questionario richiede ai partecipanti di valutare in modo retrospettivo la qualità del sonno, registrando ogni risposta su una scala analogico visiva con punteggi da 0 a 100. La scala di valutazione è stata integrata con due quesiti che avevano lo scopo di valutare il sonno a domicilio e il livello di concordanza tra la qualità del sonno percepita dagli infermieri e quella percepita dalle persone assistite. Qualora si fosse presentata una discordanza è stato chiesto al paziente di descrivere il suo sonno. Tali descrizioni sono state sottoposte ad analisi di contenuto.

Risultati
L'indagine ha coinvolto un campione di 173 pazienti di cui 155 rispondenti ai criteri di inclusione. In generale i pazienti definiscono il loro sonno mediamente buono: la media del punteggio totale RCSQ è di 51 punti su 100.

Caratteristiche della qualità del sonno dei pazienti degenti
I pazienti sono distribuiti esattamente in due metà tra quelli che riferiscono un sonno pessimo o scarso e quelli che lo definiscono buono o ottimo (Figura 1).

Figura 1 – Valutazione del proprio sonno da parte dei pazienti
Figura 1 - Valutazione del proprio sonno da parte dei pazienti

Analizzando ciascun dominio del RCSQ, emerge che i pazienti hanno un sonno superficiale (RCSQ 1) con difficoltà di addormentamento (RCSQ 2), risvegli notturni frequenti (RCSQ 3) e difficoltà a riaddormentarsi dopo il risveglio (RCSQ 4). Tuttavia, complessivamente i pazienti sono equamente distribuiti tra chi definisce un sonno pessimo o scarso e chi lo definisce buono o ottimo (RCSQ 5) (Figura 2).

Figura 2 – Qualità del sonno dei pazienti intervistati
Figura 2 - Qualità del sonno dei pazienti intervistati

Confrontando la qualità del sonno a domicilio e quella in degenza (RCSQ 5), è emersa una differenza significativa nel sesso maschile e sulla totalità dei pazienti a favore del sonno a domicilio. Al contrario nel sesso femminile, la differenza non è risultata significativa.

Per quanto riguarda il genere, dall’analisi dei dati raccolti è emerso che a domicilio i maschi dormono meglio delle femmine e in ospedale hanno maggiore facilità a riaddormentarsi dopo un risveglio notturno.

Livello di concordanza
I soggetti di riferimento per l’analisi della concordanza sono stati 149, in quanto per 6 casi non erano disponibili nella documentazione infermieristica le informazioni riguardanti il sonno. Di questi 149 pazienti, il 63% ha riferito la medesima percezione della qualità del sonno dichiarata dall’infermiere. Al contrario, tra i pazienti che dichiarano una qualità del sonno differente da quella documentata dall’infermiere, risultano 6 casi in cui quest’ultimo ha sottostimato il sonno e 49 casi in cui lo ha sovrastimato. Ne deriva un riscontro, anche in questa sede, della scarsa concordanza tra la qualità del sonno percepita dal paziente e quella documentata dall’infermiere. Inoltre è emerso che il personale infermieristico ha maggiori difficoltà a valutare il sonno delle femmine rispetto a quello dei maschi.

Analisi qualitativa delle documentazioni infermieristiche
Le documentazioni infermieristiche sono state sottoposte ad analisi di contenuto riprendendo i cinque domini della RCSQ. In 147 documentazioni sono state riscontrate informazioni relative al numero dei risvegli notturni, in 2 casi è stato documentato il tempo che il paziente ha trascorso sveglio, mentre in 3 il tempo di addormentamento. Non emergono informazioni riguardanti la profondità e la qualità complessiva del sonno.

Nella maggior parte delle documentazioni, inoltre, le parole utilizzate sono “Ha riposato” (123 casi). Quando il sonno del paziente rientra nelle categorie “pessimo o scarso”, nonostante l’infermiere abbia consapevolezza del “cattivo” sonno del paziente, spesso non documenta la causa, anche ipotetica, di tale insonnia.

In caso di discordanza è stato chiesto agli assistiti di descrivere il loro sonno. Dall’analisi di contenuto dei 55 pazienti è emerso che in 51 descrizioni sono state riscontrate informazioni relative al numero dei risvegli (RCSQ 3), in 1 caso al tempo trascorso sveglio (RCSQ 4) e in 6 casi la qualità complessiva del sonno (RCSQ 5). Non emergono informazioni riguardanti la facilità o difficoltà di addormentamento (RCSQ 2), che al contrario emergeva dalle documentazioni infermieristiche e riguardanti la profondità del sonno (RCSQ 1).

Discussione
Lo studio ha confermato che il sonno peggiora sia dal punto di vista della profondità, sia per quanto riguarda il numero dei risvegli notturni nella degenza in ospedale. Questo può essere imputabile al fatto che i pazienti passano la maggior parte del tempo allettati e, non potendo eseguire le proprie attività di vita quotidiane, tendono a coricarsi prima dell’orario abituale anche se non si sentono stanchi, aumentando il tempo di addormentamento. Ne deriva un sonno frammentato e superficiale che rispecchia i risultati riportati in letteratura (Jolfaei, 2014).

Inoltre lo studio ha confermato che è presente una difficoltà da parte degli infermieri nel riconoscere l’eventuale compromissione del sonno della persona assistita. In particolare è emerso che la sopravvalutazione del sonno, riscontrata da ricerche condotte in area critica, si ripropone anche nei contesti di degenza medico-chirurgica. Gli infermieri considerano il sonno come un aspetto importante per il benessere complessivo della persona e in quanto tale va accertato: nel 96% delle documentazioni infermieristiche analizzate sono state riscontrate informazioni relative alla qualità del sonno dei pazienti. Tuttavia, in accordo con Matteini et al. (2015), il sonno resta un aspetto non sufficientemente valutato e descritto, probabilmente per la scarsa disposizione di strumenti validati per la valutazione e documentazione dello stesso. In particolare si riscontra che non vengono considerati tutti gli aspetti essenziali del sonno: profondità, tempo di addormentamento, numero dei risvegli, tempo trascorso sveglio e qualità complessiva del sonno. L’aspetto più frequentemente riscontrato riguarda il numero dei risvegli notturni (96%), che risulta decisamente più alto dello studio comparabile realizzato da Ritmala- Castrén et al. nel 2014 (71%).

Prendendo in considerazione la percezione degli infermieri e dei pazienti riguardo alla qualità del sonno di questi ultimi, è emerso che il personale infermieristico, nel 37% dei casi, ha dimostrato di avere una percezione diversa rispetto ai suoi assistiti, specialmente quando questi ultimi riferiscono di dormire “male”. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che i pazienti che manifestano disturbi del sonno non sempre lo riferiscono al personale sanitario, probabilmente per mancanza di consapevolezza dell’importanza di un buon sonno ristoratore. Risulta quindi fondamentale informare e aumentare la consapevolezza del paziente sull’importanza del riposo, con l’obiettivo di stimolarlo ad esprimere eventuali disturbi del sonno, per pianificare e attuare interventi di miglioramento personalizzati.

Altro aspetto interessante riguarda l'analisi delle descrizioni del sonno dei pazienti che riferivano la discordanza. Le frasi utilizzate sono brevi, semplici e generiche e descrivono quasi esclusivamente il numero dei risvegli notturni e la qualità complessiva del sonno. Ne deriva che descrivere un aspetto soggettivo come il sonno è molto complesso e per i professionisti lo è ancora di più perché essi lo valutano semplicemente attraverso l’osservazione del comportamento del paziente. Infatti, la semplice osservazione di una persona sdraiata ad occhi chiusi non permette di capire se questa stia realmente dormendo. In più, la percezione del sonno è soggettiva e dipende dall’abitudine di ognuno. Da ciò si deduce l’importanza, durante l’accoglienza, dell'accertamento del sonno a domicilio. Infatti, dai risultati dello studio, in accordo con la ricerca di Dick-Smith et al. (2017), è emersa la rilevanzadi un accertamento mirato sul sonno nell’85% dei pazienti. Ciò può essere dovuto al fatto che l’infermiere non ha piena consapevolezza dell’importanza di documentare il sonno abituale della persona assistita e, talvolta, nonostante abbia rilevato i dati in merito all’argomento, non li trascrive in cartella.

Conclusioni
I risultati hanno confermato che è presente una difficoltà da parte degli infermieri nel riconoscere l’eventuale compromissione del sonno della persona assistita. Nello specifico è emerso che la sopravalutazione del sonno da parte degli infermieri, che scaturiva già dagli studi precedentemente condotti in Area Critica, si ripropone anche nei contesti di degenza medico-chirurgica. Ciò va valutato alla luce di ricerche che possano meglio esplorare il fenomeno. Resta tuttavia importante sensibilizzare gli operatori in merito all’importanza del sonno e della sua documentazione, così da poter migliorarne l'accertamento, anche attraverso scale di valutazione appropriate.
 

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