La formazione infermieristica, per le sue caratteristiche fortemente professionalizzanti, necessita non solo di adeguati insegnamenti, così come previsti dai piani di studio delle varie Università, ma anche di una forte azione tutoriale che, ancorandosi ai principi dell’apprendimento dell’adulto, sostenga gli studenti nel loro percorso di apprendimento, aiutandoli a superare le eventuali difficoltà, a responsabilizzarsi e a rendersi consapevoli sia delle competenze acquisite, sia di quelle acquisibili.
Quando si parla di tutorship si fa riferimento a una funzione che può essere svolta da molteplici figure che, nel loro insieme, costituiscono, all’interno dei Corsi di Laurea, un vero e proprio sistema tutoriale corresponsabile, a tutti gli effetti, della realizzazione dell’intero progetto formativo. Nell’attuale organizzazione dei Corsi di Laurea in Infermieristica e Infermieristica Pediatrica afferenti al Coordinamento Interregionale del Piemonte e Valle d’Aosta[1], il sistema tutoriale è composto essenzialmente da tre figure: infermiere guida di tirocinio, tutor clinico, tutor dedicato alla didattica professionale, quest’ultimo denominato anche frequentemente tutor pedagogico o tutor di sede.
Mentre le prime due figure, incardinate negli organici del personale delle sedi di tirocinio, svolgono una funzione sufficientemente ben connotata e omogenea su tutto il territorio regionale, i tutor dedicati alla didattica professionale, che svolgono la loro funzione a tempo pieno presso le sedi dei Corsi di Laurea, esprimono la loro funzione in modo variegato, spesso dipendente dai modelli organizzativi adottati nella specifica sede di appartenenza, e vivono, seppur con intensità diverse, una serie di criticità, connesse ad attività plurime ed eterogenee.
È proprio su questa figura che ci si vuole soffermare per analizzare le criticità che spesso essa incontra nell’esercizio della sua funzione e per documentare un primo tentativo di progetto di valorizzazione portato avanti all’interno del Coordinamento interregionale dei Corsi di Laurea della Regione Piemonte e Valle d’Aosta. In linea di massima è possibile trovare un denominatore comune che qualifica la funzione dei tutor pedagogici, riferibile all’indiscussa responsabilità che essi hanno nella conduzione di almeno tre tipi di attività:
- didattiche, soprattutto in qualità di formatori nei confronti sia di studenti, sia di infermieri guida, sia di tutor clinici e di conduttori di laboratori;
- metodologico-educative, in qualità di supervisori dei processi di apprendimento degli studenti, dei processi di insegnamento clinico a carico dei tutor clinici, dell’accompagnamento nel tirocinio in senso lato (analisi di casi, discussioni attività di studio guidato e di quesiti di ricerca, debriefing) e di gestori di situazioni problematiche di studenti;
- organizzative, in modo particolare nella programmazione e nel coordinamento delle attività didattiche dei Corsi di Laurea e delle attività di tirocinio.
Accanto a queste attività sostanziali, i tutor di sede sono talvolta coinvolti, secondo necessità, nello svolgimento di alcune attività amministrative o di supplenza operativa logistica e tecnica, sebbene tali attività non risultino appropriate alla specifica funzione.
A questa prima criticità, vissuta con sfumature diverse in tutte le sedi, se ne aggiungono altre:
- la scarsa visibilità della figura, spesso misconosciuta e sottovalutata sul piano istituzionale e giuridico/amministrativo, nei protocolli di intesa, negli accordi attuativi tra Università, Regione e Aziende Sanitarie, negli atti aziendali;
- la terminologia non univoca utilizzata per denominare questa figura (tutor pedagogico, tutor di sede, tutor d’area, tutor della didattica professionale, tutor supervisore, tutor con funzioni di manager didattico, tutor con funzioni di manager di percorso, referente o coordinatore di anno), che evidenzia, nominalmente, una certa confusione identitaria;
- le competenze non del tutto chiare e, soprattutto, non condivise tra le varie sedi di Corso di Laurea, fatto che rende disarmonica, a livello di coordinamento interregionale, l’offerta agli studenti di una funzione estremamente importante e che rischia di rendere l’interpretazione operativa della stessa molto dipendente dalla soggettività della persona che la svolge;
- la formazione continua della figura, lasciata molto spesso all’iniziativa individuale a fronte di un sistema formativo, di primo e di secondo livello, formalizzato e ben consolidato rivolto ai tutor clinici e agli infermieri guida di tirocinio;
- lo sbilanciamento frequente, in termini di qualità e quantità, vissuto dai tutor a fronte di incombenze organizzative e di coordinamento che, seppur importanti, snaturano in parte la prioritaria natura pedagogica di secondo livello del suo ruolo.
La consapevolezza di tali criticità e la volontà sia di armonizzare e valorizzare l’esercizio di tale funzione tutoriale, sia di svilupparla verso obiettivi condivisi a livello di coordinamento interregionale, hanno indotto il Coordinamento Interregionale dei Corsi di Laurea in Infermieristica del Piemonte e della Valle d’Aosta ad avviare una riflessione comune nel merito e a identificare un percorso di miglioramento. Allo scopo è stato costituito un gruppo di lavoro composto da una rappresentanza di tutor di ogni sede dei Corsi di Laurea afferenti al Coordinamento.
L’obiettivo del gruppo di lavoro è stata la produzione di un documento condiviso sulle competenze del tutor pedagogico. Documento che s’intende utilizzare come riferimento per avviare la revisione, sia a livello locale presso ogni sede, sia a livello collettivo, delle modalità di utilizzo del tutor pedagogico, delle condizioni organizzative che ne sostengono l’azione e dei percorsi di formazione continua che ne alimentano la preparazione.
Il lavoro è stato articolato in due fasi:
- fase 1 – dedicata ad approfondire i concetti di supervisione pedagogica e di riflessività, scelti in quanto due baluardi concettuali e metodologici della funzione tutoriale;
- fase 2 – dedicata ad analizzare le competenze del tutor pedagogico, in particolare quelle relative alla dimensione pedagogica del suo agire nei confronti dello studente e del tutor clinico.
Il risultato raggiunto è stata la redazione, sulla base di un congruo studio bibliografico, di un documento sinottico che esprime una sorta di distillato concettuale sul tema della supervisione pedagogica e su quello della riflessività. Il documento, predisposto in bozza dal gruppo di lavoro, è stato condiviso e integrato da tutti i tutor pedagogici, attraverso un confronto in ogni sede di Corso di Laurea, e successivamente perfezionato dal gruppo di lavoro che ne ha curato la versione definitiva. Di seguito viene riportato il documento.
LA SUPERVISIONE PEDAGOGICA |
Che cos’è la supervisione pedagogica? A che cosa serve?
Quali sono i suoi contenuti?
Ai tutor si richiede di istituire spazi formali d’apprendimento in cui gli studenti possano verificare le proprie conoscenze e competenze, sperimentandole in un contesto professionale, ma soprattutto sottoponendole a processi di riflessività, analisi critica e rielaborazione esperienziale. Le forme d’accompagnamento possono essere molteplici, articolate in interazioni formative che si concretizzano:
Il supervisore è colui che:
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RIFLESSIVITA’ E TUTORATO |
Che cos’è la riflessività? Che cosa dice la letteratura sulla riflessività? Quali sono gli elementi della riflessività? 1. L’esperienza: per comprendere come l’esperienza sia collegata all’apprendimento occorre riconoscere la complessità della loro interazione e avere consapevolezza dei fattori che sono coinvolti. I prerequisiti fondamentali per lavorare con l’esperienza riguardano:
L’importanza della persona richiama alcuni principi di etica situazionale da applicare al ciclo della riflessione. Infatti, i partecipanti alla pratica riflessiva devono dare il consenso a tale attività e conoscerne gli obiettivi; le informazioni devono essere trattate in modo confidenziale e nel rispetto della riservatezza. 3. La gestione dell’inatteso: nella pratica riflessiva l’imprevisto ha un ruolo essenziale in quanto porta a essere attenti, cambia la pianificazione effettuata, costringe a ri-considerare le decisioni assunte e a re-indirizzare le azioni da compiere. A tale proposito Torbert ha osservato che “il risultato principale della nostra azione potrebbe non essere quello immaginato esplicitamente nella nostra strategia iniziale, ma piuttosto la correzione che dovremmo fare delle nostre tattiche”. Quale rapporto tra riflessività e tutorato?
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Successivamente si sono analizzate in dettaglio le peculiarità del Tutor Pedagogico. Il risultato raggiunto è stata la specificazione delle sue attività, sia nella relazione educativa con lo studente, sia nella relazione collaborativa con il tutor clinico. Tale documento è stato redatto sulla base di una serie di documenti già esistenti nelle singole sedi dei Corsi di Laurea, supportati e integrati da bibliografia specifica.
Il documento, predisposto in bozza dal gruppo di lavoro, è stato condiviso e integrato da tutti i tutor pedagogici, attraverso un confronto in ogni sede di Corso di Laurea, e successivamente perfezionato dal gruppo di lavoro che ne ha curato la versione definitiva. Di seguito viene riportato il documento.
IL TUTOR PEDAGOGICO NELLA RELAZIONE CON LO STUDENTE |
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1 |
Supporta lo studente a scegliere un metodo utile per analizzare le proprie risorse personali (punti di forza e punti di debolezza), per autovalutarsi e per esplicitare i propri bisogni formativi o le proprie aspettative cognitive, emotivo affettive, metodologiche. |
2 |
Pone domande e fornisce allo studente informazioni di ritorno utili a stimolare la sua curiosità, a porsi dubbi, ad alimentare una visione critica della realtà personale e situazionale. |
3 |
Allena lo studente a decidere, a fronte di una situazione problematica e delle alternative di soluzione possibili, quella, più vantaggiosa. |
4 |
Guida lo studente ad adottare un metodo di lettura della realtà che gli consenta di gestire le situazioni emotive e di comprendere con più accuratezza le situazioni, anche turbolente, che la realtà presenta negli aspetti cognitivo procedurali ed emotivo affettivi. |
5 |
Si confronta con lo studente in merito ai suoi comportamenti e ai suoi pensieri per aiutarlo ad accettare e ad affrontare l’incertezza come condizione evolutiva della pratica professionale. |
6 |
Ricerca informazioni dallo studente, cogliendo il suo modo di attribuire significato e senso alla situazione (bagaglio di conoscenze, esperienze consolidate, rappresentazioni, credenze) e si confronta con lui per aiutarlo a comprendere come e quanto la sua storia educativa-formativa possa favorire o meno il suo percorso di apprendimento. |
7 |
Conduce riflessioni con lo studente orientate a sviluppare la sua capacità di sentirsi parte attiva in un sistema formativo e assistenziale. |
8 |
Valuta con lo studente, in occasione di improvvisi eventi che lo hanno coinvolto in termini sia positivi sia negativi, l’effettiva non prevedibilità dell’evento o la sua fragilità nel prevederlo. |
9 |
Valorizza con lo studente i risultati inattesi da lui conseguiti. |
10 |
Riflette con lo studente sulle esperienze condotte sul piano delle competenze, delle emozioni, dell’etica sostenendolo nel ricercare metodi per lui migliori per effettuare collegamenti ricorsivi tra saperi ed esperienze. |
11 |
Sostiene e guida gli studenti nelle dinamiche relazionali di gruppo. |
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Stimola il gruppo di studenti nella riflessione sull’esperienza alla ricerca di un confronto continuo tra pari. |
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Fornisce allo studente informazioni di ritorno utili per sfruttare o ampliare i suoi margini di miglioramento aiutandolo a valutare gli eventuali tempi prolungati per il raggiungimento dei risultati attesi. |
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Analizza con lo studente le situazioni da lui vissute per renderlo più consapevole sia di ciò che gli ha consentito di ottenere i risultati conseguiti sia di come tali risultati sono forieri di ulteriori passaggi evolutivi. |
15 |
Sostiene lo studente nell’adottare un metodo efficace per analizzare gli errori o i quasi errori e analizza con lui le modalità per conoscere le situazioni e per riconoscersi nelle situazioni. |
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Concorda con lo studente strategie utili per aiutarlo, in sicurezza, a essere intraprendente nello scoprire il suo personale percorso d’apprendimento. |
IL TUTOR PEDAGOGICO NELLA RELAZIONE CON IL TUTOR CLINICO |
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A |
Contribuisce a progettare costantemente l’offerta formativa di area o di azienda. |
B |
Sostiene il gruppo di tutor clinici nell’elaborazione del progetto pedagogico del servizio, nel suo monitoraggio e nella verifica applicativa.
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C |
Supporta il gruppo di tutor clinici nell’analisi, elaborazione, comprensione e ricerca di strategie di soluzione di “situazioni problematiche” In particolare:
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D |
Attiva processi di riflessione condivisa con i tutor clinici per decidere in modo sempre più consapevole modalità di intervento adeguate.
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E |
Sostiene il gruppo di tutor clinici nel migliorare la capacità di leggere e analizzare la propria pratica educativa, individuandone gli elementi di criticità.
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F |
Sostiene il gruppo di tutor clinici nella possibilità di introdurre cambiamenti migliorativi in relazione all’analisi dell’esistente e alle criticità rilevate.
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Discussione
L’aver definito con più precisione le competenze attese del Tutor Pedagogico ha reso anche possibile, di conseguenza, la puntualizzazione delle macro differenze che, all’interno del sistema tutoriale, articolato in più livelli, caratterizzano i diversi gradi di responsabilità del Tutor Clinico e del Tutor Pedagogico. Ciò nella consapevolezza che la formazione dello studente non può essere delegata alla spontaneità di un modello formativo implicito nelle singole figure di formatori coinvolti nel sistema, ma deve essere inserita in un contesto intenzionale, progettato e strutturato di significati e di attribuzioni.
Ne sono derivati alcuni tratti distintivi delle due figure, caratterizzati da un rapporto di complementarietà nella dinamica dei processi formativi professionalizzanti.
L’Infermiere Tutor Clinico è un professionista nominato annualmente dall’Università, incardinato nelle dotazioni organiche del servizio in cui svolge la sua attività e preparato dal Corso di Laurea all’esercizio della funzione tutoriale. Egli dedica all’attività di tutorato parte del suo tempo-lavoro, in ragione degli accordi intercorsi tra Azienda e sede del Corso di Laurea e della programmazione didattica del tirocinio. Egli, esperto di infermieristica clinica del settore e profondo conoscitore del suo contesto organizzativo, accompagna lo studente nel suo processo di apprendimento clinico in loco, nel vivo delle pratiche professionali, predisponendo, realizzando e presidiando le condizioni in cui egli conduce l'esperienza educativa professionalizzante, valutando e certificando l’esito del suo apprendimento.
L’Infermiere Tutor Pedagogico è un professionista dedicato a tempo pieno al Corso di Laurea nell’ambito del quale svolge le sue attività, riassunte nell’introduzione di questo documento. Egli, esperto di infermieristica, dei processi di insegnamento/apprendimento degli adulti, dell’organizzazione didattica, ricopre una posizione di interfaccia tra i luoghi della materialità del percorso professionalizzante dello studente e il Corso di Laurea, offrendo sostegno sia nello sviluppo del percorso didattico nei tre anni di corso dello studente, sia nelle dinamiche del processo formativo-educativo in situazione, sia nel coordinamento del progetto formativo nel complesso dei servizi. In tal senso contribuisce al potenziamento e allo sviluppo delle competenze educative dell’Infermiere Tutor Clinico, alla progettazione, al governo, alla supervisione e alla valutazione dei processi formativi delle sedi di tirocinio. Rende cioè concreto e operante il nesso tra "fare educazione" e "pensare pedagogicamente l'educazione".
Conclusioni
La funzione tutoriale pedagogica è divenuta nel tempo fondamentale e irrinunciabile per il buon funzionamento dei Corsi di Laurea e per la qualità dell’apprendimento degli studenti.
Le attività prima ricordate degli infermieri tutor pedagogici – didattiche, metodologico-educative, organizzative – conferiscono loro un notevole carico di responsabilità in una cornice di complessità tale da rendere indispensabile una strategia che limiti il più possibile il soggettivismo interpretativo della loro funzione; pena una situazione complessiva confusa e frammentata.
Soggettivismo legato spesso a modelli formativi impliciti, frutto di percorsi educativi ed esperienziali individuali molto diversificati. Soggettivismo che neppure il possesso del titolo di Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche e Ostetriche, pur essendo un criterio validissimo di accesso alla funzione, consente di eliminare totalmente. Soggettivismo la cui esistenza e persistenza induce un notevole disorientamento dello studente e propone un’offerta formativa molto disomogenea sul territorio di coordinamento interregionale, con indubbie ripercussioni anche in termini di etica pedagogica.
A questo proposito, però, sono necessarie due precisazioni.
In primo luogo, il soggettivismo non va confuso con il principio dell’autonomia didattica che, invece, valorizza legittimamente, attraverso scelte condivise del Consiglio di Corso – e non individuali – le specificità locali della sede, consentendole di caratterizzarsi nel panorama più ampio dell’offerta formativa territoriale.
In secondo luogo, esso non va confuso con il necessario calore e colore che i tratti di personalità del tutor devono conferire alle attività educative.
Per affrontare il rischio di soggettivismo, la strategia che è stata decisa e avviata dal Coordinamento interregionale ha avuto come primo passaggio la costruzione, condivisa dalla rete dei tutor, di un disegno concettuale, metodologico e valoriale della loro funzione, in cui riconoscersi individualmente e collettivamente.
L’avvio di tale strategia ha consentito alla rete dei tutor del Coordinamento interregionale di avviare riflessioni condivise, impostate sullo studio, sulla ricerca, collocando ognuno di loro oltre i limiti, inevitabilmente angusti, delle proprie esperienze e delle proprie sedi di Corso di Laurea.
In altri termini, al di là del prodotto – che sicuramente avrà possibilità di utilizzo interessanti come referenza concettuale a operativa – gli stessi lavori collegiali di preparazione hanno concretizzato un modo di lavorare sinergico, prima inesistente, che, di per sé, è già stato un modo per superare individualismi e localismi.
L’operazione condotta ha consentito di attivare uno stile di lavoro – riproducibile anche in altri contesti – a elevata valenza culturale, in termini sia di contenuto sia di metodo. È stata un’operazione che ha consentito ai partecipanti di sopraelevarsi rispetto alla contingenza del quotidiano e di sintonizzarsi sul “bene comune”.
Proprio in questa prospettiva è anche possibile sbilanciarsi nell’affermare che tutta questa operazione “di sistema”- in quanto concepita a livello di Coordinamento interregionale dei Corsi di Laurea – ha assunto i connotati di una vera e propria azione di politica professionale, in quanto:
- si è sviluppata a livello non solo di progetto formativo, ma anche di progetto professionale: due dimensioni che non possono essere disgiunte in un apprendimento professionalizzante;
- ha concentrato il suo focus su una micro comunità professionale – quella dei tutor pedagogici – costituita da professionisti che considerano la loro matrice infermieristica come la base ontologica dalla loro funzione pedagogica, e che quindi propongono agli studenti e, indirettamente, alla società, attraverso se stessi, un modello non solo educativo ma anche professionale.
Valorizzare la funzione tutoriale pedagogica è utile non solo per rendere “strumentalmente” visibile e apprezzabile tale figura, ma è anche una scelta politica in quanto esprime la consapevolezza del professionista del proprio sviluppo culturale e dell’emancipazione che, inevitabilmente, influenzano l’imprinting e incidono sulla costruzione della forma mentis dello studente. Conditio sine qua non affinché questo avvenga, è l’adeguata preparazione e la condivisione di pensiero che consentono di sentirsi parte di una comunità professionale che investe sul futuro delle nuove generazioni di infermieri.
Quanto fatto finora nel Coordinamento interregionale dei Corsi di Laurea in Infermieristica e Infermieristica pediatrica della Regione Piemonte e Valle d’Aosta ha imboccato questo percorso.
Certo, è solo un primo passo, che però, avendo fissato un quadro indentitario di riferimento assai importante, costituisce – tutti se lo augurano – il preludio di sviluppi decisamente interessanti.
[1] Il Coordinamento interregionale dei Corsi di Laurea in Infermieristica, Infermieristica pediatrica e Lauree magistrali in Scienze Infermieristiche e Ostetriche del Piemonte e della Valle d’Aosta si è costituito per iniziativa spontanea nel 2012, con la finalità di socializzare le esperienze, di armonizzare gli orientamenti, i metodi, gli strumenti della formazione e di generare sinergie tra le sedi; in particolare tra i tutor pedagogici delle stesse.