Gli operatori sanitari sono tra le categorie più esposte a violenza sul luogo di lavoro. In prima linea ci sono gli infermieri che lavorano in Pronto Soccorso, che più frequentemente si trovano a gestire rapporti caratterizzati da forte emotività, frustrazione e perdita del controllo da parte dell'utenza.
La letteratura internazionale mette in evidenza le preoccupanti dimensioni del fenomeno, che tuttavia rimane tendenzialmente sottostimato a causa della scarsa propensione a denunciare gli episodi. Spesso gli infermieri temono che l’episodio di violenza subito venga giudicato come indicatore di scarsa professionalità, assumendosi il rischio dell'aggressione come rischio professionale, accettando così il fenomeno passivamente.
Gli atti di violenza sono però riconosciuti dal Ministero della Salute come eventi sentinella e in quanto tali prevedono la messa in atto di misure preventive e interventi di contrasto.
Partendo da un'indagine svolta dal sindacato infermieristico Nursind nel 2013 e considerando la Raccomandazione Ministeriale n.8 del 2007, è stata analizzata l'attuale situazione in alcuni dei maggiori Pronto Soccorso della Regione Toscana. L'intento è quello di valutare l’entità del fenomeno e l'eventuale necessità di introdurre un sistema di reporting dell'evento violenza.
La nostra indagine
La ricerca trasversale multicentrica si è svolta nei Pronto Soccorso della Regione Toscana con almeno 25.000 accessi annui, tra agosto 2015 e febbraio 2016. Gli Ospedali partecipanti sono stati: Ospedale Santa Maria alla Gruccia (Valdarno), Ospedale San Donato (Arezzo), Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa, Ospedale Generale Provinciale S.S Giacomo e Cristoforo (Massa Carrara), Presidio Ospedaliero di Livorno e Ospedale Santa Maria Annunziata (Ponte a Niccheri, Bagno a Ripoli). L’indagine è stata fatta su un campione di 287 infermieri, di questi ha partecipato il 72%.
L'indagine è stata fatta con un questionario di 20 domande aperte e chiuse: tre riguardanti dati anagrafici (sesso, età, anzianità professionale) e 17 domande rivolte all’individuazione del problema e alla percezione che gli infermieri hanno del fenomeno.
Tutte le domande sono state analizzate in regime di anonimato come dati associati, in assenza di conflitti d'interesse.
Risultati
Il campione è composto per il 73% da infermiere e per il 27% da infermieri.
Età anagrafica |
|
Età professionale |
|
Aggressione verbale
L’84% del personale infermieristico ha affermato di essere stato aggredito verbalmente negli ultimi 12 mesi (grafico 1).
Grafico 1 – Aggressione verbale subita negli ultimi 12 mesi
L'aggressione è stata subita in egual misura sia dal personale femminile che maschile, specialmente se in età compresa tra 30 e 40 anni; mentre l'anzianità professionale più esposta risulta essere quella tra 5-10 anni, subito seguita da 0-5 anni.
Inoltre il 46% degli infermieri ha affermato di aver subito aggressioni verbali da 2 a 5 volte negli ultimi 12 mesi (grafico 2).
Grafico 2 – Numero violenze verbali subite negli ultimi 12 mesi
Aggressione fisica
Il 18% della popolazione è stata aggredita fisicamente negli ultimi 12 mesi (grafico 3).
Grafico 3 – Aggressione fisica subita negli ultimi 12 mesi
Ancora una volta non si evidenziano importanti disuguaglianze tra i due sessi. L’età più a rischio è quella tra i 30 e i 50, con anzianità professionale di 5-10 anni.
Il 65% degli infermieri aggrediti fisicamente, con spintoni e calci, ha subito violenza fisica almeno una volta nell'ultimo anno (grafico 4).
Grafico 4 – Numero aggressione fisica subita negli ultimi 12 mesi
Tipologia aggressore
Ad aggredire sono principalmente parenti/accompagnatori italiani (51%) o stranieri (49%) di sesso maschile (91%), con età compresa tra i 30-40 anni (47%).
Le cause scatenanti l'aggressione sono da imputare nella maggior parte dei casi all'influenza di alcool e droga e ai prolungati tempi di attesa (grafico 5).
Grafico 5 – Cause scatenanti la violenza (strumento statistico MODA)
Percezione degli infermieri sull'evento violenza
Il 70% degli infermieri dichiara di non conoscere la Raccomandazione Ministeriale n.8 del 2007. Tuttavia il 93% riconosce l’aggressione subita come evento avverso e quindi da prevenire (grafico 6).
Grafico 6 – Cosa pensano gli infermieri sull'evento violenza
Nonostante questo ben il 75% degli intervistati non ha mai denunciato l’accaduto e il 71% ritiene che non siano stati presi provvedimenti idonei per ridurre il fenomeno. La restante parte ha affermato che i provvedimenti presi sono stati: ronde di vigilantes, presenza di un maschio in turno, Audit e M&M. Il 91% del campione esaminato ha anche affermato di non avere, o quanto meno di non essere a conoscenza, di gruppi di lavoro (previsti dalla Raccomandazione Ministeriale n.8) per individuare e implementare misure preventive nelle rispettive unità di appartenenza e di non aver a disposizione un sistema di tracciabilità degli eventi violenza.
Proposta di introdurre un sistema di reporting
Nell'ultima parte del questionario è stato chiesto di esprimere un'opinione sull'utilità d'inserimento di un sistema di reporting, volto alla formazione di un sistema di tracciabilità dell'evento. Il 49% lo riterrebbe“utile”, il 42% “molto utile” e solo il 5% “poco utile” o “inutile” (3%) (grafico 7).
Grafico 7 – Utilità di introdurre un sistema di reporting
Da questa consapevolezza nasce la proposta di introdurre il “Modulo di denuncia aggressione”, sulla base del quale basare studi più approfonditi.
Conclusioni
L'ingresso di una persona in Pronto Soccorso rappresenta di per sé un evento altamente stressogeno: per il paziente, i familiari e il personale sanitario tutto. Spesso la necessità di intervenire celermente, la paura e il bisogno di risposte può portare all'innescarsi di azioni violente. L’atto violento non è però mai giustificabile e non è mai il frutto di una sola colpa. È piuttosto l'interazione tra utente, operatore e organizzazione soprastante.
La violenza fisica e verbale non può però essere considerata un semplice evento da prevenire o un semplice rischio professionale. Questa lascia infatti tracce difficili da dimenticare, determinando oltre che terrore, anche demotivazione professionale, rabbia e senso di abbandono. È inoltre limitativo pensare che le conseguenze colpiscano solo i protagonisti dell'accaduto. Anche gli altri lavoratori, gli utenti e più in generale il sistema sanitario, soffrono delle conseguenze delle violenza. L'intera società diviene pertanto vittima delle aggressioni subite dagli infermieri.
Per contrastare questo fenomeno occorre agire sulla prevenzione e sull'informazione. La corretta azione gestionale, la formazione del personale, lo studio del fenomeno e la modifica dell’ambiente sono elementi principali su cui intervenire per far si che i comportamenti e gli ambienti dove vengono erogate le prestazioni di ascolto, cura ed assistenza, siano il più possibile idonei a garantire sicurezza.
È infatti solo con l'integrazione di un sistema completo di prevenzione che è possibile riconoscere la gravità del fenomeno e di conseguenza ridurlo.