Spiritualità e qualità di vita in onco-ematologia pediatrica: cosa sapere per rispondere al bisogno dei caregiver


I tumori dell’età pediatrica presentano specifiche caratteristiche e hanno un forte impatto sulla vita relazionale, sociale e lavorativa della famiglia. I tumori pediatrici sono patologie rare con caratteristiche distintive rispetto ai tumori dell’adulto (Puchalski et al., 2003).

Al momento della diagnosi la vita della famiglia cambia radicalmente e la consapevolezza del disagio emotivo a cui la famiglia va incontro, soprattutto i caregiver primari, ha suggerito la necessità di eseguire degli studi sugli interventi atti ad affrontarlo (Puchalski et al., 2009; Edwards et al., 2010).
Indipendentemente dall’andamento della malattia in termini di prognosi, la letteratura ha mostrato come la dimensione spirituale abbia un ruolo importante nel supporto del caregiver (Ferrell & Baird, 2012). Durante la fase delle cure, nei caregiver emerge il bisogno di fare riferimento al supporto sociale per ottenere sostegno emotivo e psicologico e riaffiora, se sopito, un atteggiamento fiducioso e speranzoso alimentato anche dal proprio background spirituale, insito in ogni individuo. Il rapporto tra supporto sociale, psicologico e spirituale e i comportamenti di salute è dimostrato da diversi studi di settore. Il supporto alla persona ha un effetto positivo diretto sullo stato di salute e influisce riducendo lo stress psicologico e migliorando la qualità di vita delle famiglie (Puchalski et al., 2009; Ferrell & Baird, 2012).

Da questa premessa emerge il ruolo dell’infermiere e dell’infermieristica all’interno della dimensione spirituale del caregiver primario del paziente pediatrico con tumore in fase di cura attiva (Puchalski et al., 2009; Edwards et al., 2010).
Definire la spiritualità può essere difficile e a volte può sembrare un concetto oggettivo e poco standardizzabile (D’Souza, 2007; Coyle, 2012). Questo emerge anche dalla letteratura, dove si ritrovano numerose definizioni, talvolta molto diverse. Una semplice definizione ottenuta dalla letteratura infermieristica suggerisce che la spiritualità sia “l’essenza dell’essere che (e) dà significato e scopo alla nostra esistenza” (Narayanasamy, 2004). Una definizione più ampia afferma che la “spiritualità è una dimensione distintiva, potenzialmente creativa e universale della vita umana derivante sia dall’esperienza soggettiva dell’individuo che dalla comunità, dal gruppo sociale e dalle tradizioni in cui è nato e cresciuto”. La spiritualità può essere vissuta come rapporto con ciò che è interiore, immanente e personale all’interno del sé e degli altri, e/o come rapporto con ciò che è totalmente “Altro”, trascendente e al di là del sé (Edwards et al., 2010).

Tuttavia è fondamentale riconoscere che la spiritualità è unica per ogni individuo e che gli infermieri dovrebbero ascoltare i pazienti e le loro famiglie per determinare ciò che è importante per loro (Milligan, 2011). Sarà così più semplice cogliere e riconoscere ciò che dà significato, scopo e speranza alla vita dei pazienti e dei loro caregiver e garantire che i loro bisogni spirituali siano presi in carico nella pratica assistenziale infermieristica (Cook, 2004).

La revisione ha l’obiettivo di valutare la tipologia e l’entità delle ricadute, legate alla spiritualità che si possono registrare sulla qualità di vita e altre dimensioni identificabili, sui caregiver primari di pazienti oncologici pediatrici in fase di cura attiva.

È stata condotta una revisione della letteratura attraverso le banche dati Pubmed, Scopus, PEDro e i motori di ricerca accademici Google Scholar e Refseek, utlizzando le parole chiave “neoplasm”, “parents”, “caregiver”, “family”, “spirituality”, “spiritual wellbeing”, “spiritual distress”, “spiritual role”, “palliative care”, “holistic nursing”, “chronic disease”, “pediatric cancer”.
Le parole chiave sono state combinate mediante l’utilizzo di operatori booleani.

Ai fini della ricerca, sono stati utilizzati i seguenti criteri d’inclusione:

  1. Tipologia di studio: RCT, revisioni sistematiche della letteratura e studi descrittivi
  2. Disponibilità di full text
  3. Articoli pubblicati negli ultimi 10 anni
  4. Lingua: italiano/inglese.

La revisione è stata condotta tra Agosto e Ottobre 2015.

Risultati
I lavori reperiti descrivono la dimensione spirituale nel genitore/caregiver primario quale elemento imprescindibile ed influente, durante tutta la durata della presa in carico del paziente.
Sono stati identificati i principali outcomes riferiti alle varie dimensioni indagate e correlati alla pratica infermieristica, che sono in relazione alla sfera della spiritualità dei genitori: qualità di vita e salute fisica; relazione coniugale e relazione genitore-bambino/adolescente; interazione con il personale sanitario; bisogno di spiritualità.

Qualità di vita e salute fisica
La ricerca bibliografica ha dimostrato un’associazione tra benessere spirituale e qualità della vita dei pazienti con tumore e dei loro caregiver.
Un studio prospettico di coorte di Juarez, Ferrell, Uman, Podnos, & Wagman (2008) ha misurato l’impatto della chirurgia oncologica sulla qualità di vita (QOL), considerando le dimensioni fisica, psicologica, sociale e spirituale dei bambini/adolescenti e dei loro genitori (Juarez et al., 2008). I dati raccolti hanno dimostrato che la preoccupazione e il senso di incertezza legati all’esito dell’intervento per il figlio e, di conseguenza, del suo futuro, è il principale fattore di decadimento del benessere nel dominio spirituale dei genitori.

Lo studio descrittivo condotto da Ferrell & Baird (2012) sottolinea che la spiritualità è sempre più riconosciuta come un dominio chiave, essenziale nel determinare la qualità di vita dei pazienti e con ricadute sul trattamento della malattia oncologica (Ferrell & Baird, 2012). Oltre a quelle dei bambini/adolescenti, anche i genitori possono esperire grandi esigenze spirituali durante la diagnosi di neoplasia e il trattamento. Ferrel & Baird (2012) hanno definito un modello di assistenza spirituale elementare, basato su quattro interventi spirituali prontamente applicabili dall’infermiere di oncologia pediatrica: presenza, ascolto profondo, testimonianza e compassione attiva.

La spiritualità dei caregiver è limitata e talvolta impedita, nella vita privata, dallo stress e dal poco tempo a disposizione per frequentare luoghi di culto. L’assistenza al figlio, infatti, richiede al genitore tempo ed energie, volte anche a gestire aspetti burocratici e organizzativi particolarmente complessi che spesso sono legati alla inadeguatezza strutturale e logistica dell’ambiente e della società (Parker et al., 2011).

La speranza dei genitori è un processo fluttuante che varia dell’essere tenacemente legata a una forte convinzione di guarigione e al desiderio per il successo del trattamento e la cura del bambino/adolescente, all’essere fragile e tenue. Ne è un esempio l’affermazione tratta dallo studio prospettico di Barrera et al. (2013), nel quale una madre afferma: “Nei momenti in cui mi sento debole, come se non potessi continuare e la mia speranza è quasi schiacciata, l’unica cosa che mi porta avanti è la fiducia che Dio esiste” (Barrera et al., 2013).

L’ambiente ospedaliero e le regole imposte dal contesto implicano un carico di responsabilità e coinvolgimento da parte dei caregiver: questi sono ancor più chiamati in causa durante particolari fasi del trattamento che richiedono maggiori cure personali, maggior monitoraggio e controllo delle condizioni generali del bambino/adolescente, oltre all’impiego di particolari categorie di farmaci. Tutto ciò favorisce la disgregazione della famiglia con peggioramento della qualità di vita.

Relazione coniugale e relazione genitore-bambino/adolescente
È dimostrato che i genitori che si prendono cura di bambini/adolescenti affetti da cancro hanno una diminuzione della soddisfazione coniugale (Ferrel & Baird, 2012). Dallo studio di Parker et al. (2011) si rileva che genitori con più elevati livelli di spiritualità sono quelli che riportano i livelli più elevati di soddisfazione coniugale (Parker et al., 2011). Uno studio condotto da Lyon, Jacobs, Briggs, Cheng, & Wang (2014) evidenzia come le famiglie che dichiaravano un indice di spiritualità più alto, mostravano una migliore capacità comunicativa col bambino sulla patologia e riuscivano ad essere più attente ai suoi desideri espressi o impliciti (Lyon et al., 2014).

Il funzionamento della famiglia può aiutare i membri della stessa ad adattarsi alle richieste emotive, logistiche e relazionali associate alla malattia del bambino/adolescente: alti livelli di coesione familiare sono associati a stili di coping parentali efficaci che possono favorire l’adattamento ad una grave malattia come il tumore (Gage-Bouchard et al., 2013).

Interazione con il personale sanitario
La spiritualità può aiutare a risolvere alcuni conflitti comuni in oncologia pediatrica, come quelli tra i membri della famiglia, o tra la famiglia e il team sanitario per discordanze relative al percorso diagnostico-terapeutico da intraprendersi. A volte questi conflitti si fondano su convinzioni contrastanti circa il potere della preghiera e la fede in Dio (Purow et al., 2011; Hexem et al., 2011). Tuttavia Dolan (2013) riscontra che i genitori con bisogni spirituali che dimostrano un atteggiamento aperto nei confronti degli operatori sanitari che tentano di fornire una cura religiosa e spirituale, ma non sono in grado di riconoscere questo bisogno in un particolare momento, riferiscono una bassa soddisfazione per le cure ricevute e la qualità di vita (Dolan, 2013). L’autore suggerisce che gli infermieri indaghino la dimensione spirituale dei genitori per favorirne l’espressione e la soddisfazione. Ponendosi quindi come facilitatore, l’infermiere può e deve assecondare la famiglia nel soddisfacimento dei propri specifici bisogni spirituali.

Secondo lo studio di Hinds et al. (2009), la soddisfazione del familiare per le cure ricevute dal proprio figlio è spesso associata alla percezione di come e quanto i propri bisogni spirituali sono presi in considerazione dal personale sanitario. Lo stesso studio dimostra, inoltre, che la percezione di essere “un buon genitore” è legata all’esigenza dei genitori che il personale medico e infermieristico conosca e rispetti le credenze e le pratiche religiose della famiglia (Hinds et al., 2009).
Christian (2011) concentra la sua analisi sui dati riferiti agli infermieri che avevano partecipato a una sessione formativa pediatrica sulla cura spirituale; questi infermieri hanno dimostrato un atteggiamento più attivo e aperto che ha portato progressi comunicativi e di ascolto attivo sul vissuto spirituale, lasciando ai genitori una percezione significativamente migliore (Chirstian, 2011).

Bisogno di spiritualità
I pazienti pediatrici con tumore e i caregiver hanno bisogni spirituali similari che richiedono assistenza. Un accertamento mirato e un’indagine accurata possono indirizzare il personale a interpretare correttamente i specifici bisogni spirituali, anche se ciò non è sempre desiderato.
Lo studio descrittivo, trasversale e quantitativo di Taylor (2006), condotto su un campione di genitori dichiaratisi cristiani, definisce i principali bisogni spirituali: essere positivo, amare gli altri, trovare significato alla situazione e relazionarsi con Dio (Taylor, 2006). Il bisogno meno urgente espresso è quello di chiedersi il «perché» e il pensiero di prepararsi ad assistere alla morte del proprio caro. La necessità di ricevere assistenza spirituale da parte degli infermieri è riportata come moderata e varia. Lo stesso studio ha identificato sei categorie di approccio infermieristico per affrontare le esigenze spirituali, tra cui: gentilezza e rispetto, parlare e ascoltare, preghiera, collegamento, qualità del tempo per l’assistenza infermieristica e mobilitazione di risorse religiose o spirituali, se richieste. Queste categorie sono quelle enunciate dai pazienti e/o dai familiari per ricevere assistenza spirituale dagli infermieri.

La speranza, come già ribadito, è un aspetto correlato alla spiritualità e un elemento fondamentale per i genitori che hanno un bambino affetto da tumore.

Sulla base dei risultati dello studio di Kylma & Juvakka (2007), la speranza sostiene la vita e aiuta i genitori a sopportare la difficile situazione anche quando la vita del proprio figlio è a rischio; gli autori suggeriscono che il sostegno della speranza può contribuire, in particolare, alla capacità dei genitori di identificare la migliore strategia di coping nell’affrontare l’esperienza di malattia neoplastica (Kylma, & Juvakka, 2006).

Uno studio analogo, condotto da Popp, Conway, e Pantaleao nel 2015, ha valutato l’esperienza dei genitori che hanno un bambino con malattia oncologica e ha messo in evidenza come la loro speranza in Dio o in qualsiasi altra forza motivazionale influisca sul funzionamento familiare, sulla percezione della qualità delle cure e sull’adattamento alla diagnosi (Popp et al., 2015). È stato dimostrato che i genitori credenti, nonostante la difficoltà, hanno elaborato i loro sentimenti, mentre coloro che non lo erano hanno mantenuto sentimenti di dolore e preoccupazione per la diagnosi, senza quindi alcuna evoluzione emozionale nel lungo percorso di malattia. Inoltre, i genitori che hanno riferito di avere una forte spiritualità e fede sono quelli che sono riusciti a definire un proprio piano di obiettivi a breve e lungo termine, con una forte determinazione nel raggiungerli.

Conclusioni
L’approccio olistico al caregiver del bambino/adolescente affetto da malattia oncologica richiede che la valutazione dei suoi bisogni consideri tutte le possibili aree coinvolte: condizioni fisiche, psico-emozionali, culturali, unitamente alla valutazione del contesto socio-economico di vita della famiglia. A questo deve necessariamente associarsi la valutazione e la presa in carico dei bisogni spirituali, che fanno riferimento ad una sfera che sempre più appare come fondamentale per pazienti e famiglie e non può pertanto essere ignorata dal team sanitario. Il rischio, infatti, è quello di compromettere l’efficacia degli interventi oltre che il rapporto, indispensabile, di fiducia tra sanitari e paziente/famiglia. Per questo l’attenta cura spirituale è indice di elevata qualità assistenziale.
Ciò è ampiamente supportato dalla letteratura, che riporta come la spiritualità risulti avere ricadute su altri dimensioni quali la qualità di vita e la salute fisica di paziente/caregiver, la relazione coniugale e con il bambino/adolescente, l’interazione con il personale sanitario, il coping e le strategie di adattamento, lo status del paziente pediatrico.

Il processo di accertamento e valutazione della dimensione spirituale, in relazione anche al contesto culturale, è la prima tappa per identificare gli specifici bisogni di pazienti e caregiverQuesta fase è essenziale affinché gli operatori sanitari possano essere consapevoli delle convinzioni e dei valori che saranno importanti, durante il percorso di cura, per le famiglie.
Gli infermieri possono fornire una preziosa valutazione spirituale e sostenere i familiari che cercano servizi di assistenza per i propri bisogni spirituali.

La maggior parte dei caregiver primari di bambini/adolescenti affetti da tumore notano, apprezzano e percepiscono come supporto spirituale, semplici modi d’essere degli operatori sanitari come la gentilezza, il calore, il rispetto, la condivisione di conversazione, l’offerta di effettuare una preghiera, l’autenticità, la presenza attiva, la giusta simmetria di rapporto. Inoltre la cura spirituale si manifesta nel tempo, non in virtù di un episodio sporadico, tenendo presente che alcuni bisogni possono essere soddisfatti mediante piccoli gesti, solitamente sottovalutati, come fornire un lettino al genitore per riposare accanto al proprio figlio.

In ultima analisi, gli infermieri sono efficaci nel sostenere la spiritualità dei caregiver se sono in grado di instaurare una relazione con loro e li pongono al centro delle azioni assistenziali.
Un utile schema che riassume le implicazioni infermieristiche appena citate può essere tratto dallo studio di Allen & Marshall (2010):

  1. considerare quei bisogni della famiglia che sono unicamente identificabili nell’etnia o nella cultura;
  2. manifestare la propria disponibilità a conoscere i bisogni spirituali delle famiglie e supportarle durante tutto il percorso ospedaliero;
  3. aiutare le famiglie (ove richiesto) a identificare le risorse di coping spirituale per far fronte alla difficile situazione;
  4. ascoltare attivamente i vissuti familiari e incoraggiarne le tradizioni;
  5. avvisare gli altri operatori sanitari coinvolti nel piano di assistenza di qualsiasi situazione particolare delle singole famiglie per fornire continuità nel sostegno spirituale;
  6. rispettare il bisogno della famiglia per le attività spirituali o religiose come la preghiera, la musica, la presenza della propria guida spirituale, il consumo di alimenti speciali e di rituali;
  7. raccogliere ulteriori informazioni specifiche sulle tradizioni spirituali e religiose in carico;
  8. capire che le risorse spirituali sono importanti per le famiglie giorno per giorno e soprattutto nei momenti di crisi.

Implicazioni per la ricerca e la pratica
Sussiste nei nostri giorni una mancanza di specifiche conoscenze su come i bisogni spirituali dei pazienti/caregiver si modifichino durante il percorso di cura ed in corrispondenza di particolari eventi (es. recidive, progressione di malattia, diagnosi di inguaribilità). Questo, dunque, dovrebbe essere oggetto di ulteriori studi, che dovrebbero concentrarsi sui diversi contesti socio-economici-culturali e sui vari culti, per identificarne differenze e somiglianze.

Per quanto concerne le implicazioni per la pratica clinica, sicuramente è necessario un percorso formativo dedicato alla rilevazione dei bisogni spirituali e alle modalità di rispondervi, che possa essere affrontato dagli infermieri e dai professionisti sanitari che – più degli altri – entrano in contatto con queste richieste.

E’ inoltre richiesto uno sforzo, da parte dell’equipe multidisciplinare, affinché il lavoro in gruppo possa rafforzarsi ed emergere proprio in relazione a queste tematiche, con coinvolgimento anche dei professionisti maggiormente impegnati nella sfera sociale (es. assistente sociale, psicologa) e di coloro che possono realmente dare risposta ai bisogni di spiritualità, a seconda del culto, nei diversi luoghi di fede.
 

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Bibliografia

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