Aderenza al regime terapeutico con LAI: strategie di approccio


Nel corso dell’ultimo decennio il ruolo dell’infermiere all’interno dei servizi psichiatrici ha subito una notevole evoluzione. La professionalità e le competenze acquisite attraverso le innovazioni normative e deontologiche, che hanno inciso anche sui percorsi formativi, ne fanno oggi una figura centrale nella presa in carico del paziente con disturbo psichiatrico.
Il presente studio ha il fine di fornire uno strumento idoneo nel percorso di cura del paziente schizofrenico.
La schizofrenia è una patologia con caratteristiche di gravità e cronicità, frequenti episodi di riacutizzazione e in molti casi una stabile disabilità nel funzionamento quotidiano. La mancanza di continuità del trattamento, soprattutto nel lungo periodo, può comportare variazioni d’intensità dei sintomi della malattia, generando spesso l’insorgere di un nuovo episodio acuto. La gestione a lungo termine dello spettro schizofrenico richiede un approccio integrato e comprendente diverse modalità terapeutiche atte a migliorare l’effectiveness del trattamento e favorire l’aderenza (Liorca, 2008).

Una delle problematiche più comuni nella gestione del paziente schizofrenico è da una parte la necessità di terapie a lungo termine, dall’altra la scarsa aderenza dell’assistito alla terapia farmacologica, che proprio per questo dagli anni Sessanta è stata rivoluzionata dai farmaci LAI (Long Acting Injection). Gli antipsicotici a rilascio prolungato sono stati sviluppati miratamente per questa tipologia di pazienti, al fine di far fronte alla scarsa compliance, che a sua volta determina un aumento del tasso di ricadute e quindi di riospedalizzazione.

I farmaci LAI vengono somministrati per via parenterale, garantendo un’attività terapeutica prolungata con regolari somministrazioni intervallate nel tempo.
Per far ciò è indispensabile una collaborazione da parte del paziente, che si costruisce coinvolgendo tutti i professionisti dell'equipe e i familiari, in maniera da cogliere bisogni, aspettative e necessità del paziente stesso.
In questa strategia integrata di interventi il ruolo dell'infermiere è cruciale: passa, attraverso un appropriato processo comunicativo-relazionale, da ruolo tecnico a un ruolo di co-gestione del disagio bio-psico-sociale.

Ma il percorso clinico assistenziale per il paziente schizofrenico non si ferma al trattamento LAI: più in generale si tratta di ridurre rapidamente la gravità dei sintomi, prevenire nuovi episodi sintomatici e, nei casi più gravi, ridurre il deterioramento funzionale associato alla malattia. E’ pertanto indispensabile approntare PDTA specifici: in un programma terapeutico multidimensionale e multifattoriale di qualità, si fornisce in tal modo un modus operandi funzionale alla gestione della patologia schizofrenica e alla creazione di un percorso di cura che miri a raggiungere una condizione psicopatologica di equilibrio.

Obiettivo di questo studio è definire un PDTA mirato per l'aderenza al regime terapeutico del paziente schizofrenico.

Il nostro percorso
Il presente studio si è incentrato sulla strutturazione di un percorso integrato: a partire dalla revisione della letteratura, sino a giungere ad un indagine di best practices, ha coinvolto psichiatri ed infermieri del Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda ASST Bergamo Est. Il PDTA che ne è scaturito agisce sui determinanti clinici più frequentemente associati ad una scarsa aderenza alla terapia LAI.
Dalla revisione della letteratura è emerso il ruolo chiave dell'infermiere nella gestione della terapia LAI, così come la necessità di elaborare all'interno dell’equipe nuove forme di collaborazione e integrazione avvalendosi di PDTA specifici.
Il PDTA specifico che qui illustreremo (Figura 1) è finalizzato alla gestione clinico-assistenziale del paziente affetto da disturbo dello spettro schizofrenico.

Figura 1 – PDTA specifico per la gestione della terapia LAI
Figura 1 - PDTA specifico per la gestione della terapia LAI


Struttura e utilizzo del PDTA

L’inquadramento clinico assistenziale del paziente assegnato alla terapia LAI si avvale di un setting di cura (Figura 2).

Figura 2 – Setting di cura
Figura 2 - Setting di cura

Il setting di cura raggruppa 5 macro aree: condizione di base, severità clinica, trattamento, segnali di allarme pre-scompenso ed effetti collaterali. Ciascuna di queste contiene gli item di maggiore significato clinico-assistenziale per il monitoraggio emersi dalla ricerca, per complessivi 24 itemA ciascuno degli item considerati verrà assegnato un peso adeguato alla valutazione (Figura 3), con un valore massimo per ogni item di 3: ad esempio, nella macro-area relativa alla ”severità clinica” sono presenti 6 item, quindi il punteggio minimo sarà 0 ed il punteggio massimo sarà 18.

Figura 3 – Rappresentazione dei pesi di riferimento
Figura 3 - Rappresentazione dei pesi di riferimento

Ogni macro area interessata avrà pertanto un totale parziale, la cui somma volta luogo al totale complessivo o esito (Figura 2).

I Fase: inquadramento clinico-assistenziale

Data INIZIO LAI (Figura 2, Figura 4).

Figura 4 – Inquadramento clinico e inizio terapia LAI
Figura 4 - Inquadramento clinico e inizio terapia LAI

Rappresenta la prima valutazione e viene eseguita da psichiatra e infermiere e/o altra figura professionale se presenti item e/o aree di competenza: ad esempio Assistente Sociale nella macro area legata alle condizioni di base.
Gli operatori valutano gli item di rilievo clinico-assistenziale che verranno monitorati allo scadere della terapia LAI e assegnano alle rispettive macro aree un totale, che risulta essere parziale (Figura 4).

Quest’ultimo stabilisce lo standard di ciascuna macro area (OBIETTIVI inizio terapia).
Il totale complessivo di tutte le macro aree interessate (Figura 2) rappresenta il valore STANDARD (X) “soglia di accettabilità”, che riassume gli obiettivi predisposti nell'inquadramento clinico. Successivamente verrà assegnato un punteggio STANDARD (Y) in base alle caratteristiche e alle condizioni generali del paziente. I valori di e di Y rappresentano quindi un punteggio cut-off di riferimento (Figura 5), il quale indirizza i comportamenti degli operatori in base alle competenze.
Questo sistema definisce i criteri di appropriatezza del setting di cura (Figura 5, Figura 6).

Figura 5 – Scala cut-off di riferimento
Figura 5 - Scala cut-off di riferimento

Figura 6 – Criteri di appropriatezza del setting di cura
Figura 6 - Criteri di appropriatezza del setting di cura

La scala cut-off (Figura 5) è derivante dal totale complessivo di tutti i punteggi dei pesi delle macro aree (24 item).

II Fase: monitoraggio scadenza terapia LAI

Viene effettuato dall'infermiere, il quale, avvalendosi della colonna della Data (Figura 7), assegnerà un punteggio a ciascun item di rilievo.

Figura 7 – Monitoraggio scadenza terapia LAI
Figura 7 - Monitoraggio scadenza terapia LAI

Ad ogni macro area valutata verrà assegnato un totale parziale e ciascuna di essa, confrontata agli standard corrispondenti nella colonna OBIETTIVI inizio terapia LAI (Standard: = <…(a)) stabilirà gli esiti attesi e/o gli eventuali scostamenti o sovra-soglia. Gli scostamenti delle singole macro aree rispetto agli standard evidenziano dove si è verificato il cambiamento. Gli scostamenti di uno o più item, della/e macro area o del totale complessivo, indirizza l'operatore a predisporre l'approccio di cura adeguato, avvalendosi della tabella dei criteri di appropriatezza del setting di cura (Figura 6).

III Fase: valutazione sovra soglia (varianza)

La riformulazione del nuovo inquadramento clinico verrà riportato nella colonna “Valutazione sovra soglia (Varianza)” (Figura 8).

Figura 8 – Valutazione sovra soglia (varianza)
Figura 8 - Valutazione sovra soglia (varianza)


Esempio della prima valutazione e/o inquadramento clinico-assistenziale

Nell’esempio, la fase iniziale di inquadramento clinico (Figura 9) considera gli item di monitoraggio, dopodiché si assegna un peso adeguato a ciascuno di essi e la somma totale di ciascuna macro area stabilisce un totale parziale (3-4-1-7-4). Il totale parziale rappresenta lo standard del corrispondente obiettivo ad inizio terapia (nell’esempio la macro area “condizione di base” avrà un totale parziale = 3 e lo standard corrispondente dovrà essere =< 3). Successivamente si assegna il TOTALE COMPLESSIVO (tot. 19); quest’ultimo rappresenterà il valore STANDARD (X) “soglia di accettabilità”.

Figura 9 – Fase iniziale, valutazione o inquadramento clinico-assistenziale
Figura 9 - Fase iniziale, valutazione o inquadramento clinico-assistenziale

Supponiamo poi, in fase d'inizio terapia LAI (inquadramento clinico), di assegnare un valore Y pari a 50; la scala cut-off di riferimento (Figura 10) verrà rappresentata nel modo seguente:
valori standard di riferimento X=19 e Y=50

Figura 10 – Scala cut-off di riferimento
Figura 10 - Scala cut-off di riferimento

Nella fase successiva, di monitoraggio della terapia LAI (Figura 11), si evidenziano gli scostamenti nella macro area relativa al trattamento, dove il totale parziale ha subito un incremento (totale 3).

Figura 11 – Fase di monitoraggio della terapia LAI
Figura 11 - Fase di monitoraggio della terapia LAI

Anche le macro aree successive hanno subito un incremento (totale 9 e totale 5). In questo esempio il totale complessivo (24) risulta essere > della soglia di accettabilità (19) (Figura 11): questo incremento indirizza l'operatore a predisporre l'approccio di cura adeguato, avvalendosi della tabella dei criteri di appropriatezza del setting di cura (Figura 6), pertanto il problema riportato nell’esempio risulta essere di gravità media e la condizione clinica risulta essere di gestione medico-infermieristica.
L’inquadramento post monitoraggio clinico-assistenziale assumerà un connotazione come la successiva (Figura 12).

Figura 12 – Fase di inquadramento post monitoraggio
Figura 12 - Fase di inquadramento post monitoraggio


Discussione

Si può affermare che l’adozione di un PDTA, attraverso il monitoraggio clinico-assistenziale, permette di:

  • valutare nel tempo le variazioni globali delle 5 macro-aree, avvalendosi del totale complessivo;
  • valutare gli eventuali scostamenti nelle singole macro-aree, evidenziando in quale in specifico si è verificato il cambiamento;
  • avere una visione d'insieme del paziente rispetto alle 5 macro-aree (obiettivo generale);
  • valutare le singole macro-aree e, all’interno delle stesse, le possibili variazioni (miglioramento/peggioramento) dei singoli itemche rappresentano l’analisi più raffinata. Se si è verificata un cambiamento anche in un solo elemento di una macro area, e questo ha inciso significativamente sull’aspetto psicopatologico, può essere necessario intervenire nell’area interessata, evitando possibili interventi inappropriati.

Gli esiti (TOTALE COMPLESSIVO) possono dare indicazioni sull’efficacia della terapia LAI, nonché indicazioni specifiche sugli aspetti che necessitato di interventi mirati sociali, psicologici, altri. Pertanto questo strumento permette di misurare e indirizzare i comportamenti di ciascun operatore nel proprio ambito di competenza. Le informazioni di best practices, congiunte ai dati provenienti dalla ricerca, hanno permesso di stabilire i determinanti clinici più frequentemente associati ad una scarsa aderenza alla terapia LAI, aspetto che rappresenta il punto di forza di questo PDTA.
In letteratura sono riportati diversi studi e modelli riguardo la misurazione dei livelli di aderenza.
Non esiste un gold-standard per la misurazione (Timmreck T C et al., 1993; Farmer K C, 1999). Non sono presenti strumenti/scale di valutazione specifici in grado di valutare l’aderenza alla terapia LAI dei pazienti schizofrenici. Essendo uno strumento sperimentale, il PDTA andrebbe contestualizzato definendo una “soglia di accettabilità/standard” in relazione alle caratteristiche del paziente.
Una conoscenza approfondita della causa di malessere, attraverso i PDTA, potrebbe risultare un valido metodo per ottenere una migliore efficacia pratica clinica. Questo tipo di strategia non prende solamente in considerazione il farmaco, ma una serie di elementi di grande impatto nella gestione del regime terapeutico e dell’esito. Se la scelta del farmaco è appropriata, deve poter agire in un contesto dove le variabili legate alla patologia siano controllate (es. stile di vita del paziente: abuso alcolico e droghe, alimentazione scorretta, ecc…), quindi l’utilizzo dei PDTA nel monitoraggio clinico congiuntamente al farmaco può contribuire a perseguire l’efficacia terapeutica.

Conclusioni
Le attuali linee guida raccomandano l’utilizzo dei LAI nei pazienti che hanno dimostrato una non-aderenza (Graffino et al., 2014). Il progresso nel campo psicofarmacologico, di cui la terapia antipsicotica LAI è uno dei capisaldi nella cura dello spettro schizofrenico, non determina semplicemente una contenzione chimica, ma apre a nuove opportunità nella gestione del paziente. La terapia psicofarmacologica LAI in questo senso ha il compito di facilitare il clima di collaborazione tra il sanitario ed il paziente. Poiché la terapia LAI contrasta la causa del malessere, il paziente ha maggiore propensione a collaborare e in tal senso gli operatori possono dedicare maggiore attenzione ad altri aspetti importanti, come la psicoterapia, la riabilitazione e altre forme appropriate al singolo caso.
Curare la schizofrenia rappresenta oggi una sfida importante che può essere affrontata prevalentemente con l’integrazione di interventi farmacologici nuovi e più raffinati e con un diverso uso di strategie di best practice, orientate alla stabilità clinica e alla prevenzione della disabilità personale. L’aderenza rappresenta una condizione essenziale nel trattamento clinico-assistenziale della schizofrenia, ed è uno degli obiettivi primari.
Un programma terapeutico multidimensionale e multifattoriale è condicio sine qua non e deve avvalersi di strumenti e metodi specifici, capaci di misurare l’appropriatezza degli interventi.
L’infermiere ha un ruolo chiave nella gestione della terapia LAI: attraverso nuove forme di cooperazione e strumenti quali i PDTA, contribuisce insieme ai medici a definire il regime terapeutico, ad interpretarlo, a monitorare i risultati clinici e a fornire al paziente un adeguato feedback (Hall et al., 1988), orientato a ridurre rapidamente la gravità dei sintomi, prevenire nuovi episodi sintomatici e, nei casi più gravi, ridurre il deterioramento funzionale associato alla malattia.
Il PDTA mostra differenti aspetti quantificanti: coordina i vari interventi multi professionali, rende misurabile il processo, rende trasparente il processo, stabilisce il percorso in relazione alle risorse e rappresenta un tentativo di best practice su cui gli operatori possono riflettere per apportare dei cambiamenti in una prospettiva di cura sostenibile realmente efficace e centrata sul malato.

Ringraziamenti
L’autore ringrazia ASST BERGAMO EST per aver concesso l’autorizzazione ad utilizzare quali fonti d'informazione le opinioni espresse da colleghi esperti in pratica clinica del DSM. Si ringraziano la Dr.ssa G. Esposito Area Ricerca e Formazione S.I.T.R.A., il personale medico e infermieristico del DSM dell’ASST BERGAMO EST per aver fornito preziosi suggerimenti necessari alla realizzazione della presente ricerca.
 

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Bibliografia

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