La checklist di sala operatoria come strumento di risk management: possibili criticità


Da una recente indagine condotta da Agenas, emerge che nel 2012 sono state oltre 12.000 le denunce per sinistri avvenuti nelle sole strutture sanitarie pubbliche, con un costo medio di risarcimento per danni di circa 40.000 euro. Ma il dato più significativo riguarda i decessi avvenuti nello stesso anno di indagine, a causa di incidenti negli ospedali: circa l’11%. Tali dati invitano ad una riflessione critica che trova come punto di partenza la solita domanda: è possibile che ancora oggi si possa sbagliare in sanità? 

Tra i servizi ospedalieri, in termini di rischio, il blocco operatorio è sicuramente uno dei più critici: la percentuale di errore aumenta notevolmente nel trattamento di pazienti acuti, quindi nelle emergenze/urgenze, in cui il livello di attenzione richiesto è elevato.

Negli ultimi tempi, però, l’aumento esponenziale di interventi chirurgici d’elezione ha contribuito alla nascita di nuovi eventi avversi, con la conseguente necessità di indirizzare gli studi di risk management verso questi setting. Tale necessità è periodicamente avallata dai casi di malasanità riportati a gran voce dai media, attirando l’attenzione dei cittadini in modo molto più mirato rispetto agli innumerevoli e, spesso, poco pubblicizzati casi di eccellenza sanitaria.

A titolo di esempio si riporta la sintesi di due casi di errore in sala operatoria.

  • Il primo caso del 2014 si riferisce ad una donna di Vercelli: “Per quindici mesi ha vissuto con due garze e un ferro chirurgico dimenticato nell’addome. Per sette volte si è recata al Pronto Soccorso in preda a dolori lancinanti, ma è stata sempre rimandata a casa con antidolorifici e calmanti. Fino a quando una banale radiografia non ha mostrato il motivo del suo malessere: l’incredibile dimenticanza dei chirurghi che l’avevano operata un anno e tre mesi prima. (…) A febbraio a qualcuno viene in mente di sottoporla a una radiografia, che mostra la presenza di ben due garze chirurgiche dalle dimensioni di 40cm x 60cm, e di un cuscinetto metallico retratto addominale lungo 25 centimetri e spesso 4, piegato a L, nella pancia” (Martinenghi, 2014).
  • Il secondo caso riguarda una sentenza di condanna del Tribunale di Pescara del 2014, ampiamente discussa, che ha visto coinvolte due infermiere condannate per essere ritenute responsabili del delitto di cui agli artt. 113, 590, co. 1 e co. 2 c.p.: “Le due imputate X e Y, nelle rispettive vesti professionali di strumentista e di infermiera di sala, erano chiamate a rispondere del reato di lesioni colpose cagionate a seguito di dimenticanza, nel corso dell’operazione chirurgica del 30/03/2010, di una garza nell’addome del paziente Z con conseguente periodo di malattia superiore a 40 giorni (…) garza che doveva essere successivamente rimossa con altro intervento chirurgico e conseguenti lesioni” (Tribunale Ordinario di Pescara, 2014).

Purtroppo notizie del genere sconvolgono i lettori e contribuiscono ad aumentare la diffidenza e le perplessità di migliaia di pazienti che si rivolgono con timore alle cure dei medici e alle strutture sanitarie.

Risk Management e checklist
Da tempo si stanno studiando linee guida e protocolli condivisi per eliminare, o quantomeno limitare, l’errore clinico. Le strategie proposte dal risk management mirano a ricercare e valutare gli eventi avversi (eventi sentinella), al fine di elaborare percorsi utili alla prevenzione dell’evento stesso.

Suddividendo per criticità una struttura ospedaliera, il blocco operatorio, come già evidenziato in precedenza, risulta chiaramente tra le aree ad alto rischio: i comportamenti del personale che vi esercita devono essere incentrati sulla riduzione del rischio, in modo da evitare tutti i possibili eventi critici che, nell’immediato o nel post chirurgico, possono determinare danni molto seri ai pazienti.

Tutte le istituzioni del settore, in primis l’Oms, hanno elaborato metodi e strumenti rivolti soprattutto alla formazione dei sanitari coinvolti nelle procedure chirurgiche, al fine di migliorarne le conoscenze e le abilità tecniche. A pieno titolo si affiancano a queste iniziative le recenti Raccomandazioni elaborate dall’Oms e adottate in Italia nel 2009 dal Ministero della Salute, per il miglioramento della sicurezza in sala operatoria.

Tali raccomandazioni sono completate dall’ormai nota check list, la quale, se utilizzata in modo responsabile e concreto, può diventare un’indispensabile strumento di prevenzione.

La check list di sala operatoria si inserisce oggi in un contesto molto diverso rispetto al passato: lo sviluppo del sistema qualità, l’evoluzione normativa in materia di sicurezza e le recenti riforme sanitarie hanno imposto una totale rivisitazione degli strumenti utilizzati fino a qualche anno fa per prevenire il verificarsi di eventi avversi. Tenendo conto di tali premesse, l’Oms ha elaborato un modello di checklist da inserire nei sistemi di controllo di ogni setting operatorio, tale da poter essere uno strumento standardizzato ma, necessariamente, adattabile ad ogni specifica realtà chirurgica. 

Lo schema di checklist contenuto nel Manuale per la Sicurezza in sala operatoria, pubblicato nel 2009 dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, prevede 20 item (uno in più rispetto ai 19 dell’Oms, riguardante il controllo del piano per la profilassi del tromboembolismo venoso), suddivisi in 3 fasi:

  • Sign In – controlli da effettuare prima dell’induzione dell’anestesia.
  • Time Out – controlli da effettuare dopo l’induzione dell’anestesia e prima dell’incisione chirurgica.
  • Sign Out – controlli da effettuare durante o immediatamente dopo la chiusura della ferita chirurgica e prima che il paziente abbandoni la sala operatoria.

E’ utile sottolineare che, nelle Raccomandazioni del Ministero, la checklist sostituisce il precedente documento pubblicato nel 2006, “Scheda pre-operatoria per la verifica della corretta identificazione del paziente e del sito chirurgico e della procedura”, evitando, quindi, inutili sovrapposizioni di controlli.

Al fine di poter applicare in maniera efficace la checklist si rende necessario designare, in ogni struttura, una figura che funga da “coordinatore della checklist” (l’Oms suggerisce l’infermiere di sala operatoria), che ha la responsabilità di verificare l’avvenuta corretta esecuzione dei vari controlli da parte di tutti i componenti coinvolti.

A loro volta, i membri dell’equipe contribuiscono a “creare un ambiente lavorativo che faciliti il compito del coordinatore; l’équipe operatoria deve agevolare il coordinatore nel porre le specifiche domande e fornire le dovute risposte” (Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, 2009, pag. 41).

L’indicazione fornita preliminarmente alle tre fasi del documento (cap. 5.3.3) è sicuramente la più significativa e indispensabile per poter adottare al meglio lo strumento elaborato: ogni struttura sanitaria deve necessariamente implementare la checklist e adattare la checklist alla propria organizzazione. Non tutte le realtà chirurgiche, infatti, possono avere medesime procedure e/o processi: un setting chirurgico ortopedico sarà necessariamente diverso da quello neurochirurgico o cardiochirurgico, così come un setting chirurgico in cui si effettuano interventi programmati avrà esigenze e tempi di lavoro non sovrapponibili a quelli dei setting dove vengono trattate le emergenze e gli acuti.

Interventi, tempi, tipologia di pazienti richiedono diverse esigenze, quindi diverse tipologie di controlli per la sicurezza. Non esiste una checklist universale, ma uno schema base per renderla perfettamente idonea ad ogni singola realtà e facilmente utilizzabile da tutti i professionisti coinvolti.

Inoltre, bisogna anche aggiungere che la checklist è un documento dinamico: segue il paziente dall’entrata all’uscita dalla sala operatoria e registra i controlli previsti in precisi momenti, difficilmente differibili esclusivamente alla fine dell’intervento o, addirittura, alla fine della seduta operatoria.

E’ importante sottolineare che le tre fasi, previste e elencate in precedenza, devono essere correttamente eseguite nei tre momenti specifici indicati nel manuale ministeriale:

  • prima fase (Sign In) – i controlli previsti in questa fase vanno eseguiti nel periodo precedente l’induzione dell’anestesia: è infatti importante che il paziente sia sveglio e cosciente per poter confermare la sua identità, la corretta procedura e il corretto sito. Qualora il paziente non sia in grado di rispondere è necessario, prima di qualsiasi procedura chirurgica e anestesiologica, far confermare i dati richiesti da un familiare o tutore. In quest’ultimo caso sarà il coordinatore della checklist, di comune accordo col personale della degenza, a stabilire la migliore procedura idonea per tale controllo. A questo punto l’attenzione si sposta sull’anestesista che, prima ancora di avviare l’induzione, dovrà confermare l’avvenuto controllo di sicurezza anestesiologica: eventuali allergie, gestione delle vie aeree, rischio perdita ematica, adeguato accesso venoso, corretto funzionamento e posizionamento delle apparecchiature. Solo dopo tutti i suddetti controlli si potrà procedere con l’anestesia;
  • seconda fase (Time Out) – i controlli qui previsti vanno eseguiti assolutamente prima dell’incisione chirurgica. Compito del coordinatore, in questa fase, è di richiamare l’attenzione dell’equipe poco prima dell’inizio vero e proprio dell’intervento e, con la piena collaborazione del chirurgo e del resto dell’equipe, effettuare tutti i controlli previsti: la presentazione dei membri dell’equipe, la conferma dell’identità del paziente, della procedura e del sito chirurgico, l’anticipazione di eventuali criticità e/o preoccupazioni (quindi sentire il parere dell’anestesista riguardo ai dubbi sollevati dal chirurgo), l’avvenuta somministrazione della profilassi antibiotica e la visualizzazione di eventuali immagini diagnostiche (rx, tac, ecc.);
  • terza fase (Sign Out): l’ultima fase della checklist prevede una serie di controlli da effettuare prima che paziente e chirurgo lascino la sala operatoria. Il Sign Out potrebbe coincidere, eventualmente, con la chiusura della ferita chirurgica. Vengono confermate, in quest’ultima fase, la procedura da registrare in cartella clinica, il conteggio di garze e strumentario chirurgico, l’avvenuta etichettatura dei campioni eventualmente prelevati. Da non sottovalutare la segnalazione di eventuali problemi o malfunzionamenti riscontrati: ciò permetterà di evitare o ridurre la possibilità che tale evento si possa riproporre in futuro. L’ultimo controllo è quello che riguarda la profilassi del tromboembolismo post-operatorio (non presente nel modello di checklist elaborato dall’OMS ma inserito in quello italiano).

Risulta evidente come il coordinatore della checklist abbia un ruolo chiave per una corretta esecuzione di tutta la procedura: coinvolge verbalmente tutti gli altri componenti dell’equipe e il paziente nella conferma, passo per passo, di ogni item presente nel documento di risk management.

Criticità
E’ ormai accertato che la checklist sia uno strumento indispensabile per la riduzione di eventi avversi in sala operatoria: recenti studi, come quelli riportati da Aico, dimostrano che l’implementazione della checklist è associata ad una concomitante riduzione del tasso di mortalità e delle complicanze post-operatorie. E’ però il caso di evidenziare alcuni punti deboli riscontrati in specifiche realtà:

  • un’eccessiva rielaborazione e implementazione di item rischia di rallentare notevolmente l’attività e, cosa molto più grave, di prestare minore attenzione ai bisogni dell’attore principale del contesto operatorio: il paziente, un problema, questo, che riguarda forse tutti gli ambiti colpiti dall’eccessiva ‘burocratizzazione’ della sanità;
  • l’inspiegabile mancanza di collaborazione con il coordinatore della checklist da parte dei restanti membri dell’equipe ha portato alcune direzioni sanitarie a doverli responsabilizzare, facendogli sottoscrivere il documento: un ulteriore peso per il coordinatore che, dovendo ‘rincorrere’ i colleghi per far apporre la firma sulla checklist, riduce ulteriormente il prezioso tempo da dedicare all’assistenza diretta del paziente;
  • i severi controlli degli enti del Ssn preposti alla corretta compilazione del documento, in particolar modo rivolti alle strutture private convenzionate, deviano gli operatori dalla vera funzione dello strumento di risk management, facendolo piuttosto apparire come una necessaria pratica di completamento della documentazione sanitaria richiesta.

Criticità, queste, che potrebbero rallentare notevolmente il processo di miglioramento continuo in sanità e che tendono a spostare l’attenzione del personale interessato dalla reale efficacia della checklist di sala operatoria.

Conclusioni
Per provare a risolvere i problemi sopra elencati è possibile fornire degli spunti di riflessione:

  • aggiungendo un solo punto (item) a quelli elaborati dall’Oms, il Ministero della Salute porta a 20 il numero dei controlli da effettuare per ogni paziente, al fine di verificare un livello accettabile di sicurezza. Integrare ulteriormente la lista significherebbe creare delle ridondanze inutili;
  • la sottoscrizione da parte di tutti i membri dell’equipe (infermiere di sala, strumentista, operatore, anestesista, ecc.) rende priva di significato la funzione del coordinatore della checklist prevista dalle Raccomandazioni. Del tutto irrilevante risulta poi la firma del paziente su un documento strettamente legato a funzioni interne e di sicurezza: a tal proposito è utile sottolineare quanto sia sconsigliabile far apporre la firma al paziente nel contesto della sala operatoria;
  • la checklist, intesa come utile strumento per la sicurezza, quindi, interpretata e compilata in maniera corretta dagli operatori sanitari, può diventare un punto di forza per il personale stesso: in sede di perizia medico-legale dimostra che si sono eseguiti tutti i controlli previsti e garantisce, dal punto di vista qualitativo, un’efficace operato per la sicurezza del paziente. 

Il corretto utilizzo della checklist, infine, oltre a produrre vantaggi soggettivi rispettivamente per il paziente e per il personale, è un ottimo strumento per creare una comunicazione di gruppo, spesso inesistente all’interno dell’ambiente chirurgico: coinvolgere i membri dell’equipe prima, durante e dopo l’intervento promuove la condivisione di informazioni, pareri e, a volte, a chiarire dubbi che altrimenti rimarrebbero inespressi o potrebbero portare, in futuro, a commettere gravi errori.
 

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Bibliografia

– Martinenghi S. Ferro e due garze per 15 mesi nell'addome, inutili sette visite al pronto soccorso, in Repubblica.it, 01/05/2014.
– Tribunale Ordinario di Pescara, Sentenza n. 483/2014.
– Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali – Dipartimento della qualità – Direzione generale della programmazione sanitaria, dei livelli di assistenza e dei principi etici di sistema – Ufficio III. Manuale per la Sicurezza in sala operatoria: Raccomandazioni e Checklist, Ottobre 2009.
– Buscemi A (a cura di). Il risk management in sanità. Gestione del rischio, errori, responsabilità professionale e aspetti psicologici, Franco Angeli, 2013.
– Agenas, Indagine sui modelli regionali di gestione sinistri e polizze 2012-2013, Ottobre 2013, in “I Quaderni” Supplemento alla rivista “Monitor”.
– Calamandrei C, Orlandi C. La dirigenza infermieristica. Manuale per la formazione dell’infermiere con funzioni manageriali, Mc Graw-Hill, Terza edizione 2009.
– Ministero della salute, Dipartimento della qualità – Direzione generale della programmazione sanitaria, dei livelli di assistenza e dei principi etici di sistema – Ufficio III. Raccomandazione per la corretta identificazione dei pazienti, del sito chirurgico e della procedura, Raccomandazione n. 3, Marzo 2008.
Come applicare la checklist, www.aicoitalia.it, u.c. giugno 2014.