HIV, un focus sugli adolescenti
Dei 35,3 milioni di sieropositivi nel mondo, circa 2 milioni sono rappresentati da giovani tra i 10 e i 19 anni (Unaids, 2013). In Europa le persone con (Human Immunodeficiency Virus – HIV) che hanno tra i 15 e i 24 anni sono circa il 10,6% del totale di sieropositivi (con picchi in paesi come la Romania dove rappresentano il 32,5% degli infetti). In Italia, gli ultimi dati (ISS e COA, 2013) mostrano quasi 4000 nuove diagnosi di HIV ogni anno, di cui circa 300 nella fascia di età che va dai 15 ai 24 anni.
Allarmante il fatto che, nonostante il numero globale di morti HIV-correlate sia diminuito del 30% dal 2005 al 2012, il rischio di decesso tra gli adolescenti sieropositivi risulti aumentato del 50% nello stesso periodo (OMS, 2013). A fronte di questi dati, in occasione del World AIDS Day 2013 (1 Dicembre), l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) ha messo in evidenza l’urgente bisogno di servizi per l’HIV dedicati per questa specifica popolazione.
La terapia HAART (Highly Active Antiretroviral Therapy) è basata sull’associazione di un minimo di 3 molecole, generalmente appartenenti a diverse classi farmaceutiche. Essa è caratterizzata da un numero di somministrazioni quotidiane elevato e spesso ad orari diversi, sovente accompagnate da numerosi effetti collaterali (cefalea, nausea, astenia, diarrea, epatotossicità, sindrome lipodistrofica ecc.) che richiedono a loro volta un ’intervento con ulteriori farmaci (Ministero della Salute, 2013).
Sebbene non possa debellare il virus, l’HAART, può controllare l’infezione mantenendo la funzionalità del sistema immunitario a livelli compatibili con una buona qualità di vita e con una buona aspettativa di sopravvivenza, riducendo inoltre il rischio di trasmissione del virus. Tuttavia una stretta aderenza al regime terapeutico è indispensabile per ottenere risultati positivi. L’assunzione dei farmaci con ritmi saltuari, può infatti risultare addirittura più dannosa di una mancata assunzione poiché aumenta il rischio di emergenza di ceppi virali multi resistenti riducendo così le possibili opzioni terapeutiche successive. Un’aderenza superiore al 95% delle dosi è raccomandata per ottenere buoni risultati terapeutici. (Naar-King et al., 2013).
Obiettivo di questo lavoro è quello di mettere in luce i punti critici, le motivazioni e le difficoltà che sottendono la scarsa aderenza al trattamento negli adolescenti con diagnosi di HIV e, partendo da questi, mettere a disposizione una rassegna delle possibili strategie ed interventi attuabili a riguardo.
Alla ricerca della letteratura
Le fonti bibliografiche sono state individuate attraverso la ricerca delle parole chiave nei Database MEDLINE, CINHAL, TRIP e PsychINFO. Alla ricerca è stato dato il limite temporale agli articoli pubblicati tra il 2009 e il 2014. Inoltre, sono stati esclusi i documenti doppi, quelli non pertinenti e quelli privi di cui non fosse disponibile il testo completo dell’articolo (full-text). I dati reperiti sono stati integrati con la consultazione di manuali e siti internet ufficiali (Figura 1).
Figura 1 – Ricerca bibliografica
Adolescenti con HIV e aderenza al trattamento terapeutico, a che punto siamo?
Dei 785 articoli individuati in letteratura, ne sono stati esclusi 773, perché doppi o non pertinenti o privi di full text. Dei 12 documenti presi in considerazione, 3 sono linee guida, 3 revisioni sistematiche della letteratura e 7 studi osservazionali.
E’ stata condotta un’analisi dei 12 articoli e ne è stata effettuata una sintesi in relazione alle diverse dimensioni del problema che viene indagato e degli interventi descritti.
Come mostrato nella Tabella 1, le dimensioni del problema della scarsa aderenza terapeutica emerse sono: fattori socio economici, fattori legati al sistema sanitario e al team, fattori correlati alla patologia, fattori correlati alla terapia e fattori correlati alla persona.
Per ognuna di queste dimensioni, vengono descritti i fattori predittivi di scarsa aderenza e gli interventi proposti dai diversi autori per prevenirla o ridurla.
Tabella 1 – Schematizzazione risultati emersi dall’analisi dei documenti reperiti. Vengono evidenziati, per ogni dimensione presa in considerazione, gli elementi risultati predittivi di scarsa aderenza e gli interventi proposti dai diversi autori per migliorarla |
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DIMENSIONI |
FATTORI CHE INFLUENZANO NEGATIVAMENTE L'ADESIONE |
INTERVENTI |
Fattori socio economici |
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Fattori legati al sistema sanitario e al team |
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Fattori correlati alla patologia |
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Fattori correlati alla terapia |
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Fattori correlati alla persona |
Nel caso degli adolescenti:
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Messaggi fondamentali da considerare nel facilitare l’aderenza al trattamento negli adolescenti
Nella revisione su ampia scala di Kim et al. (2014) sono state evidenziate alte percentuali di non adesione alla terapia da parte degli adolescenti di tutto il mondo, soprattutto in Nord America e Europa.
Rudy et al. (2010), Chandwani et al. (2012), MacDonnel et al. (2013) hanno innanzitutto posto l’accento sulle differenze nell’aderire alla terapia tra i giovani infettati a seguito di comportamenti a rischio (perlopiù a seguito di rapporti sessuali non protetti) e quei giovani che invece convivono dalla nascita con il virus per acquisizione verticale (tipo di trasmissione ridotto drasticamente nel mondo occidentale grazie al maggior ricorso al taglio cesareo, all’utilizzo del latte artificiale e al controllo della terapia antiretrovirale nelle donne gravide sieropositive). I due gruppi sono stati definiti rispettivamente “BIY” (Behaviorally Infected Youth) e “PIY” (Perinatally Infected Youth). Lo studio di Chandwani et al. (2011) riporta i dati più allarmati: un’aderenza del 69% tra i PIY e solo del 54% nei BIY.
Nello studio di McDonnel et al. (2013) si evidenzia come le difficoltà riportate dai diversi gruppi ad essere aderenti siano diverse, nonostante la principale sia per entrambi la dimenticanza. Proprio partendo dalle differenze emerse, McDonnel et al. (2013) propongono di adottare interventi in parte diversi nel caso dei PIY e dei BIY: volti ad una semplificazione della terapia e una riduzione degli effetti collaterali nel primo caso e mirati ad un supporto psicologico e sociale per ridurre il fattore stigma, l’emarginazione sociale e famigliare e disturbi comportamentali come l’abuso di sostanze nel secondo.
Sono emerse inoltre correlazioni tra aderenza e:
- Età: vi è un’associazione tra una più giovane età ed una migliore adesione. (Rudy et al., 2010).
- Self efficacy e outcome expectancy: La self efficacy, ovvero la percezione soggettiva che l’individuo ha di essere in grado e di avere le capacità di raggiungere uno scopo (in questo caso essere aderente alla terapia), e l’outcome expectancy, cioè l’aspettativa che le azioni intraprese portino a dei risultati (in questo caso la convinzione che seguire scrupolosamente un regime terapeutico possa portare a dei miglioramenti per la propria salute), sono entrambe direttamente proporzionali all’aumento dell’aderenza (Rudy et al., 2010).
- Sintomatologia: secondo Chandwani et al. (2012) uno stato di salute più compromesso, come è normalmente quello dei PIY rispetto ai BIY, e quindi la percezione di una maggiore utilità della terapia sarebbero fattori miglioranti la compliance al trattamento. Tipico dell’adolescente è infatti il ragionamento del “qui ed ora” e il senso di invulnerabilità. Non ottenere benefici visibili dall’utilizzo dei farmaci, e, al contrario, subirne gli effetti collaterali, disincentiva gli adolescenti all’assunzione della terapia. Aiutare i giovani ad adottare un tipo di ragionamento “a lungo termine” è fondamentale per ottenere dei risultati (Koenig, 2006).
- L’interazione con la routine quotidiana (Chandwani et al., 2012). Soprattutto nei ragazzi con acquisizione orizzontale, infatti, nei questionari, le voci “ero lontano da casa” ed “ero impegnato” sono state scelte con più frequenza, a dimostrazione della necessità di insegnare a questi giovani abilità organizzative per incastrare l’onere della terapia tra i vari impegni di una vita normale, sfida inevitabilmente più ardua che nei coetanei in terapia da lungo tempo.
- La presenza di un supporto da parte della famiglia e delle strutture sociali (Chandwani et al., 2012). Questo elemento è stato approfondito da Nichols et al. (2012) che ha messo in correlazione alla scarsa aderenza variabili come l’appartenenza della famiglia a ceti sociali economicamente meno abbienti, scarso rendimento scolastico e situazioni familiari difficili. Indispensabile individuare le criticità nel passaggio da una gestione delegata ad altri (caregiver) ad un locus of control interno sulla propria salute, ovvero il passaggio psicologico per cui l’adolescente vivrà gli eventi della propria vita e quindi anche la malattia come qualcosa di modificabile attraverso i propri comportamenti (locus interno) e non come qualcosa di indipendente da lui. Passaggio, questo, che se non associato ad una buona situazione e sostegno familiare può portare a ripercussioni drammatiche sull’adesione alla terapia e sulla salute.
Lo studio di Naar-King et al. (2013), che evidenzia migliori livelli di aderenza nei giovani inconsapevoli di avere l’HIV, apre una serie di questioni etiche a riguardo: è un diritto dei ragazzi conoscere il proprio stato di salute ed è anche un dovere etico farlo loro conoscere nel momento in cui i giovani diventino sessualmente attivi e rischino quindi di trasmettere l’infezione. Gli interventi suggeriti dagli autori per migliorare l’adesione ai regimi terapeutici non mirano, infatti, all’oscurantismo, ma piuttosto ad un supporto della supervisione da parte dei caregiver durante e dopo il delicato processo di consapevolizzazione.
Rapporto con il sistema sanitario: nelle linee guida di Thompson et al. (2012) la presenza di un sanitario e nello specifico quella che viene definita come la DOT (Directly Observed Therapy) viene raccomandata con un livello C (limitatamente cioè a casi specifici). Se intendiamo con DOT un rapporto più continuativo con il sistema sanitario, questo ha le potenzialità per essere un elemento cruciale nel miglioramento dell’aderenza e del benessere in generale (Garvie et al., 2011), tuttavia ulteriori studi sono ritenuti necessari dagli autori stessi.
Belzar et.al hanno portato prove a sostegno di un aumento dell’adesione in adolescenti seguiti con sistemi di richiami telefonici (reminders), metodo sicuramente più rapido e economico della DOT. Le stesse linee guida raccomandano un utilizzo di questo tipo di tecnologia. (Thompson et al., 2012).
Conclusioni
Da questa revisione emerge che i fattori che inducono i giovani ad una scarsa aderenza sono molteplici: fattori socio-economici, relativi al sistema sanitario, relativi alla patologia (sintomatica o meno), relativi a complessità e effetti collaterali della terapia e relativi ad una serie di variabili personali. Partendo da questi fattori è necessario studiare e attuare interventi multidisciplinari che coinvolgano infermieri, educatori, psicologi e medici, per valutare le condizioni sociali, educare e sostenere il giovane così come i caregivers, per riconoscere le difficoltà nell’affrontare i regimi terapeutici e personalizzarli, per promuovere momenti di consuelling che si avvalgano anche di strumenti tecnologici per migliorare l’aderenza alla terapia antiretrovirale.
Alla luce di quanto detto, l’infermiere assume un ruolo fondamentale nel processo di cura di questo tipo di popolazione provvedendo all’educazione degli stessi e dei famigliari (D.M. 739, 1994. IPASVI, 2009), instaurando rapporti di fiducia, lasciando che i ragazzi possano esporre dubbi e perplessità senza sentirsi giudicati e prendendo in considerazione l’opinione del minore rispetto alle scelte assistenziali, diagnostico-terapeutiche e sperimentali, tenendo conto dell’età e del grado di maturità (IPASVI, 2009). Inoltre la collaborazione con la famiglia e con altre figure professionali come medici, educatori, psicologi, volontari, farmacisti, ecc.. in un’ottica di multidisciplinarietà e di presa in carico non solo dell’adolescente ma di tutto l’ambiente in cui egli è inserito possono rappresentare un’insieme di risorse da mettere a disposizione di adolescenti che devono fare i conti con una prospettiva trattamento farmacologico a lungo termine dal quale dipendere.