Infermiere case manager in salute mentale: benefici per i pazienti misurati attraverso la scala HoNOS


Introduzione
Nei Principles of Accreditations of Community Mental Health Service Programs troviamo questa definizione di case management: “I servizi di case management sono delle attività il cui scopo è assicurare il collegamento tra la rete dei servizi ed il destinatario e coordinare le differenti componenti della rete al fine di fornire un servizio adeguato al destinatario. Il case management è prima di tutto una funzione di risoluzione del problema destinata ad assicurare la continuità delle cure ed a combattere la rigidità della rete, la frammentazione dei servizi, l'inadeguato utilizzo di alcune risorse e l'inaccessibilità delle cure” (Leavit SS, 1983).

Il Case Management si definisce, quindi, nella gestione di uno o più casi clinici sulla base di un percorso predefinito in un continuum spazio temporale stabilito i cui punti principali che guidano lo sviluppo di un programma di case management sono sostanzialmente tre:

  1. Integrazione assistenziale, intesa come coerenza fra ciò che è stato progettato con ciò che viene realizzato;
  2. Coordinamento dell’assistenza, inteso come modalità con cui il progetto assistenziale è seguito da tutti i soggetti coinvolti;
  3. Continuità assistenziale, intesa come l’estensione del progetto assistenziale in tutti gli ambiti di svolgimento.

Con l’introduzione della figura dell’Infermiere Case Manager (ICM) non s’intende proporre una netta separazione tra i diversi professionisti, ma una differenziazione degli interventi e dei diversi gradi di responsabilità, al fine di giungere a una vera “integrazione” in un team multi professionale (Leavit SS, 1983).

Per potersi integrare e operare con effettive sinergie è necessario che vi sia un pieno riconoscimento delle diverse professionalità e potenzialità (Chicco S, 2006). Agli infermieri spetta il ruolo di instaurare una relazione di aiuto che nel tempo diventi terapeutica, al fine di aumentare l’adesione al percorso terapeutico, monitorare la sintomatologia, e far si che il paziente dopo aver imparato ad avere nuovamente fiducia ritrovi la sicurezza necessaria ad esprimere una maggiore autonomia.

L'utenza è vista come sistema sociale e l’infermieristica offre risposte adeguate, ripensando ruoli, funzioni e responsabilità delle varie professionalità coinvolte (Ridolfi L, 2009).

L’ICM in salute mentale è un professionista del bisogno bio-psico-sociale, della sua analisi, delle sue manifestazioni e delle sue complessità (visione olistica dell’individuo). Grazie al trasferimento pianificato e organizzato di competenze terapeutiche/assistenziali dai curanti alla persona, la “dipendenza” lascia progressivamente il posto alla “responsabilizzazione” e alla “collaborazione attiva”.

Il paziente sviluppa la capacità di prendere autonomamente decisioni che riguardano la propria vita e la propria salute (empowerment) e a divenire “esperto” nella gestione della sua condizione personale (Mencacci C, Straticò E, 2003; Piccardo C,1995).

Lo studio
Lo scopo
Lo scopo dello studio è stato quello di valutare gli esiti assistenziali dell’infermiere sui pazienti psichiatrici gravi misurando i progressi riguardo l’evoluzione della persona psichiatrica assistita per ciò che riguarda la sua autonomia nella gestione delle attività di vita personali.

Lo strumento
Lo strumento utilizzato per la valutazione degli esiti assistenziali è stato la scala HoNOS (Health Of Nations Outcomes Scale).

La scala HoNOS è un breve strumento di valutazione multidimensionale degli esiti, sviluppato alla fine degli anni novanta dalla Research Unit del Royal College of Psychiatrist (CRU) per i servizi di salute mentale inglesi. Lo strumento è adatto alla valutazione dei problemi sia di tipo clinico che di carattere psicosociale e, operando la scelta di valutare i problemi personali del paziente in maniera olistica piuttosto che per soli quadri clinici, è indipendente dalla diagnosi medica (Orrell M, Yard P et al., 1999).

La nuova versione italiana (Lora A, Bai G et al., 2001) presenta alcune differenze rispetto all’ultima versione inglese (Wing JK, Curtis RH et al., 1999):

  • Sono state arricchite le istruzioni generali;
  • All’item 8 della scala HoNOS è stato aggiunto il codice del problema clinico più grave del paziente (Tabella 3) che proviene da una scala chiamata Face Profile (Clifford P, 1996).

Nella scala HoNOS i problemi relativi agli item vengono classificati in 5 livelli corrispondenti a:
0 = nessun problema;
1 = problemi minori che non richiedono intervento;
2 = problemi di gravità lieve;
3 = problemi di gravità moderata;
4 = problemi gravi o molto gravi.

I riquadri della HoNOS corrispondono ai seguenti item:

  1. comportamenti iperattivi, aggressivi, distruttivi ed agitati;
  2. pensieri o comportamenti deliberatamente autolesivi;
  3. problemi legati all’assunzione di alcol o droghe o altre dipendenze;
  4. problemi cognitivi;
  5. problemi di malattia somatica o di disabilità fisica;
  6. problemi legati ad allucinazioni e deliri;
  7. problemi legati all’umore depresso;
  8. altri problemi psichici e comportamentali;
  9. problemi relazionali;
  10. problemi nelle attività della vita quotidiana;
  11. problemi nelle condizioni di vita;
  12. problemi nella disponibilità di risorse per attività lavorative e creative.

Per una migliore lettura della Scala HoNOS, nello studio presentato, i 12 item che la compongono sono stati raggruppati in 4 aree:

  1. problemi comportamentali (1, 2, 3);
  2. disabilità (4, 5);
  3. sintomi (6, 7, 8);
  4. problemi relazionali ed ambientali (9, 10, 11, 12).

Le diagnosi infermieristiche sono state utilizzate come ulteriore strumento di valutazione sui problemi della persona/paziente a Tempo 0 (T0) e a Tempo 18 mesi (T1) per verificare eventuali cambiamenti di diagnosi intercorsi durante tutta la presa in carico assistenziale.

Il campione
La raccolta dati è stata effettuata sui pazienti residenti e in carico nei servizi dei DSM della ASL RM A e ASL RM B ed anche ricoverati presso gli SPDC di riferimento territoriale (Ospedale S. Pertini della ASL RM B, del Policlinico Umberto I° di Roma e dell’Azienda Ospedaliera S. Andrea di Roma).

I servizi che hanno partecipato al lavoro di ricerca con i relativi infermieri rilevatori sono rappresentati nella Tabella 1.

Tabella 1 – Servizi dei DSM che hanno partecipato allo studio di ricerca

DSM Roma A

6 Centri Salute Mentale (CSM)

6 Centri Diurni (CD)

4 Comunità Terapeutiche (CT)

1 Struttura Residenziale Socio Riabilitativa h 24/12

6 Gruppi Appartamenti

DSM Roma B

 

4 Centri Salute Mentale (CSM)

5 Centri Diurni

(CD)

2 Comunità Terapeutiche (CT)

1 Struttura Residenziale Socio Riabilitativa h 12

1 SPDC

Policlinico Umberto I° 1 SPDC

Azienda Ospedaliera S. Andrea 1 SPDC

Complessivamente sono stati arruolati 390 pazienti al tempo 0 (T0) che sono divenuti 189 a tempo 18 mesi (T1). Tra i pazienti arruolati sono stati selezionati solo quelli gravi/complessi che necessitavano di maggiori interventi svolti da équipe multiprofessionali. Secondo la letteratura scientifica (Ahn AC,Tewari M et al., 2006) per poter definire un paziente grave o complesso devono essere presenti almeno tre dei criteri sottoelencati:

  • pazienti con disturbo severo nell'area della psicosi, resistente e/o non–compliant;
  • difficoltà/resistenze a frequentare i servizi del DSM;
  • rete familiare/sociale assente, scarsa o altamente conflittuale;
  • un ricovero negli ultimi tre anni;
  • uno o più TSO negli ultimi tre anni;
  • disturbo comportamentale o comorbilità con l'uso di stupefacenti/droghe;
  • stato di abbandono o presa in carico insufficiente.

I reparti SPDC hanno partecipato, sugli utenti inclusi nel campione, nel momento in cui il loro ricovero veniva effettuato nel timing di rilevazione. Il numero di pazienti da seguire per ciascun infermiere, nel progetto, è stato così definito:

  • tre per gli infermieri dei Centri Salute Mentale;
  • due per gli infermieri dei Centri Diurni;
  • uno per gli infermieri delle Comunità Terapeutiche Riabilitative;
  • uno per gli infermieri delle Strutture Riabilitative Socio Riabilitative con assistenza sulle 24 ore;
  • uno per gli infermieri delle Strutture Riabilitative Socio Riabilitative con assistenza sulle 12 ore.

Il numero totale dei 390 pazienti aveva un’età compresa tra i 26 e i 50 anni. Sono stati esclusi dal progetto tutti quei pazienti che non rientravano nel campione per età, per luogo di residenza e che non erano stati presi in carico da parte di un’équipe multiprofessionale.

I dati raccolti
I dati sono stati raccolti nel periodo luglio 2012 dicembre 2013 per un totale di 7 rilevazioni nei 18 mesi osservati. In ciascun servizio sono stati individuati degli infermieri che hanno svolto la funzione di supporto nella compilazione e nella raccolta delle schede HoNOS. Il gruppo di ricerca ha supervisionato il lavoro dei servizi attraverso riunioni periodiche. Le rilevazioni trimestrali sono state inviate al centro raccolta di ciascun Servizio Infermieristico del DSM per l’inserimento nel database. Dal sistema operativo, ogni 3 mesi, è stata estrapolata una scheda di report che è servita ad evidenziare e correggere eventuali errori al fine di non produrre alterazioni rilevanti nei risultati definitivi. Per l’elaborazione dei dati è stato utilizzato il programma SPSS versione (19.0).

I risultati
Il numero delle osservazioni HoNOS sui pazienti è stato di 2006 schede raccolte, nell’intero periodo. Il numero totale del campione esaminato è stato di 390 pazienti al tempo 0 (T0) e di 189 a 18 mesi (T1), con un’età compresa tra i 26 e i 50 anni. Nella ASL RM A (gruppo A) il campione rappresentativo è stato di 205 pazienti a T0 e di 104 pazienti a T1, mentre nella ASL RM B (gruppo B) il campione è stato costituito da 185 pazienti a T0 e da 85 pazienti a T1. La popolazione dell’intero campione a T0 era costituita da 213 maschi e da 177 femmine.

Nel gruppo A al T0 i maschi erano 123 e le femmine 89; nel gruppo B i maschi erano 95 e le femmine 83. A T1 i maschi dell’intero campione risultavano essere 108 e le femmine 81. Nel gruppo A, a T1 i maschi erano diventati 68 e le femmine 40, mentre nel gruppo B i maschi risultavano 54 e le femmine 27.

Gli utenti afferenti al campione provenivano da diverse tipologie di servizi quali: Centro di Salute Mentale (CSM), Centro Diurno (CD), Comunità Terapeutica Riabilitativa (CTR), Struttura Residenziale Socio Riabilitativa (SRSR) e Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC).
Per quanto riguarda l’età del campione a T0, svolto sulle 2006 osservazioni, nel confrontare i due gruppi (A e B), non risultano differenze statisticamente significative. Nel gruppo A si ha una media pari a 40,9 anni; nel gruppo B la media è di 41,9 anni. L’età del campione a T1 risulta per il gruppo A con una media di 43,3 anni e per il gruppo B con una media di 41,3 anni.

Il punteggio medio di gravità, dell’intero gruppo, misurato con la Scala HoNOS, a T0 è stato di 14,99 per divenire, a T1, di 12,50, ridotto di 2,49, valore statisticamente significativo (p < ,000). La differenza tra le medie rispetto ai punteggi di gravità appare più evidente nel gruppo A, dove da un valore di 14,17 a T0 si passa ad un valore di 11,23 a T1 (con una riduzione pari a 2,94), mentre nel gruppo B, da una media pari a 15,91 si passa ad una media di 14,05 (con una diminuzione pari a 1,86) (Tabella 2).

Tabella 2 – Punteggi medi di gravità della scala HoNOS nei diversi gruppi

Pazienti

Punteggi M gravità HoNOS T0

Punteggi M gravità HoNOS T1

Diminuzione punteggio HoNOS

P<0,05

Gruppo A + B

14,99

12,50

-2,49

0,000

Gruppo A

14,17

11,23

-2,94

0,000

Gruppo B

15,91

14,05

-1,86

0,000

Il miglioramento del punteggio della Scala HoNOS risulta più marcato nel campione di utenti appartenente alle Comunità Terapeutiche Riabilitative dove, da un punteggio di 13,11 a T0 si scende ad un punteggio di 8,15 a T1 (con una diminuzione pari a 4,96). Nei Centri di Salute Mentale si evidenzia, invece, un risultato mediamente significativo con un punteggio a T0 pari a 16,47 per arrivare a T1 a 14,34 (con una diminuzione pari a 2,13). Il risultato appare meno significativo nei Centri Diurni dove, da un punteggio a T0 di 12,92, si passa ad un punteggio a T1 pari a 11,72, con una diminuzione pari a 1,20 (Tabella 3).

Tabella 3 – Punteggi medi di gravità della scala HoNOS all’interno dei vari servizi dei DSM

Pazienti

Punteggi M
gravità HoNOS T0

Punteggi M
gravità HoNOS T1

Diminuzione punteggio HoNOS

CSM (101 a 107)

16,47

14,34

-2,13

CD (410 a 418)

12,92

11,72

-1,20

CTR (400 a 409)

13,11

8,15

-4,96

Nel Face Profile dell’item 8, della scala HoNOS, si va a definire il problema clinico più grave (sintomo). Nel confronto effettuato tra l’osservazione a T0 e quella a T1 risulta una diminuzione dei sintomi come di seguito riportato (Tabella 4). Nelle periodo osservato (da T0 a T1) i valori medi di alcuni item diminuiscono in modo statisticamente significativo. (Tabella 5).

Tabella 4 – Sintomi prevalenti rilevati dal Face Profile dell’item 8 della Scala HoNOS

Sintomi

Codice

T0

T1

Diminuzione del punteggio del sintomo

Ansia e fobie

AN

128

51

-77

Ossessioni e compulsioni

OC

65

29

-36

Sintomi dissociativi

DI

46

21

-25

Disturbi alimentari

AL

42

21

-21

Sintomi somatiformi

SS

21

6

-15

Umore euforico

MA

19

9

-10

Disturbi del sonno

SO

27

24

-3

Altri problemi

AP

16

13

-3

Disturbi sessuali

SE

8

6

-2

 

Tabella 5 – Item della scala HoNOS con maggiore diminuzione

 

Item della scala HoNOS

T0

T1

Diminuzione del punteggio della Scala HoNOS

P<0,05

Item 1

Comportamenti iperattivi, aggressivi, agitati

1,00

0,74

-0,26

0,013

Item 6

Allucinazioni e deliri

1,30

0,88

-0,32

0,024

Item 7

Problemi umore depresso

1,57

1,20

-0,37

0,000

Item 8

Problemi psichici comportamentali

1,98

1,61

-0,37

0,000

Item 9

Problemi relazionali

1,83

1,56

-0,20

0,002

Item 10

Problemi attività quotidiane

1,81

1,51

-0,30

0,010

Le considerazioni
Il punteggio di gravità dell’intero campione nella scala HoNOS risulta diminuito in maniera significativa -2,49 (Erlicher A, Vigorelli M et al., 2005). La differenza tra le medie appare più evidente nel gruppo A dove si arriva a 18 mesi ad una riduzione di -2,94 mentre nel gruppo B si evidenzia una diminuzione pari a -1,86.

Dall’analisi dei dati si è evidenziato come l’intervento dell’infermiere case manager produca maggiori miglioramenti soprattutto nella fase iniziale con una diminuzione molto significativa nelle somministrazioni semestrali, tanto da ipotizzare la possibilità di somministrare, la suddetta scala, a T0 (nel momento della presa in carico dell’utente) e poi ogni 6 mesi anziché ogni 3 mesi (Erlicher A, Vigorelli M et al., 2005). Dopo il periodo iniziale di trattamento con il modello assistenziale del Case Management Infermieristico si nota una certa stabilizzazione dei punteggi HoNOS (Tansella M, Thornicroft G, 2000).

I valori medi di ciascuna variabile osservata nella scala HoNOS diminuiscono nel tempo. In molti casi tale diminuzione è statisticamente significativa. Come si evince dalla tabella n. 5, i problemi di ordine depressivo e psichiatrico comportamentale sono i primi a diminuire, seguono i deliri e le allucinazioni, i problemi nelle attività quotidiane infine, vi è un evidente miglioramento anche nei problemi relazionali (Barbato A, Agnetti G et al., 2007).

Volendo considerare la differenza tra le medie dei dodici item della scala HoNOS a T0 e T1, si evidenzia che quasi tutti risultano statisticamente significativi ad eccezion fatta per l’item n. 4 (problemi cognitivi) dove p< 0,380, l’item n. 5 (problemi di malattia somatiche) dove p< 0,879 e l’item n. 11 (condizioni di vita) dove p< 0,0193. È facilmente deducibile come nei problemi relativi ad ogni persona (cognitivi, fisici e condizioni di vita) l’assistenza infermieristica da sola non può modificare lo stato di salute generale del paziente.
Altrettanto diminuiti appaiono i sintomi specifici che vengono rilevati dal Face Profile dell’item n. 8 (Tabella 4): l’ansia (-77), i sintomi di tipo ossessivi compulsivi (-36), i sintomi dissociativi, i disturbi alimentari (-21), i disturbi somatiformi (-15) ed, infine, l’umore (-10).

Il miglioramento del punteggio della Scala HoNOS risulta essere più significativo nei pazienti giovani all’interno delle Comunità Terapeutiche: il punteggio medio passa da 13,11 a 8,15 (p< 0,000), mentre il dato appare meno significativo con l’aumentare dell’età del campione (CSM e CD Asl Roma B).

Nella ASL Roma A il DSM ha proposto, già da tempo, una modalità di lavoro mirata all’accoglimento dei pazienti giovani, agli esordi della loro malattia, con la costruzione di un percorso terapeutico che coinvolge sincronicamente più servizi (SPDC, CSM, CD, CT) al fine di agire precocemente sulla patologia psichiatrica per evitare la strutturazione della cronicità dei sintomi.

Nel progetto di ricerca gli infermieri coinvolti hanno definito una diagnosi infermieristica al tempo 0 e una all’ultima osservazione e somministrazione della scala HoNOS, al fine di valutare se i piani di assistenza messi in atto erano corrispondenti con la diminuzione dei punteggi HoNOS. Dai dati della ricerca si evidenzia come la popolazione di utenti gravi/complessi sia numericamente superiore nel genere maschile.

Dalla letteratura, risulta infatti, che c’è una maggiore tolleranza delle famiglie a tenere a casa le donne, poiché continuano a mantenere, nonostante la patologia psichiatrica, qualche competenza domestica nell'ambiente familiare, tranne in situazioni di grave scompenso che portano a interventi di ospedalizzazione. Negli uomini invece, che presentano meno competenze nella sfera domestica, si è maggiormente alla ricerca di un intervento di presa in carico da parte dei servizi territoriali (Tagliacozzo R, Bonanome N et al., 1995) per una riabilitazione se non per un inserimento lavorativo protetto (Cerati G, 1993).

Le conclusioni
Il Piano di Azioni Nazionale per la Salute Mentale (2013) nell’individuazione dei bisogni della popolazione definisce gli interventi da svolgersi per l’area dei disturbi gravi persistenti e complessi al fine di una presa in carico da parte di un’equipe multi professionale. Il percorso clinico di presa in carico prevede la definizione di un piano di trattamento individuale con il singolo utente e l’individuazione del case manager al fine di recuperare il rapporto con gli utenti “persi di vista”, oltre ad una maggiore attenzione alle famiglie nell’ambito dei programmi di cura e lo sviluppo di programmi di prevenzione secondaria. Tale modalità di intervento consente di ridurre i ricoveri e favorisce l’inclusione sociale della persona nell’ambito domiciliare e/o familiare.

Dai risultati di questo studio emerge come un lavoro assistenziale, quale quello del case management infermieristico, con una presa in carico che ottimizza i livelli di self-care dei pazienti, fornisca qualità e continuità (Bleddyn Davies JF, 2001), riduca la frammentazione delle cure, accresca la qualità di vita e aumenti la soddisfazione dell’utente e dell’équipe sanitaria (Pilotto F, Corso M, 2001).
 

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Bibliografia

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