"Tutti per uno, uno per tutti" – la servant leadership: misurarne il fascino e l’operatività attraverso il town meeting


Introduzione
La leadership è, all’interno della vita professionale e organizzativa, una variabile di “snodo” perché si colloca sul confine tra due dimensioni: quella strutturale (obiettivi, metodi e ruoli istituzionali e informali) e quella funzionale (processi, clima, relazioni). In questo senso la leadership in un gruppo di lavoro svolge un’importante funzione di equilibrio tra membership e groupship; per questo si può affermare che il leader è anzitutto un professionista specialista di relazioni (Quaglino et al., 1992). Relazioni che sono alla base dei processi di innovazione, tanto più quando essi si configurano come veri e propri cambiamenti culturali, generati dalla capacità degli individui, come loro insieme, di influenzare i sistemi di appartenenza. In questa prospettiva il poter influenzare i sistemi, per renderli più adeguati alle esigenze dell’utenza e del contesto, rappresenta un’espressione di democrazia, perché ognuno, in varia misura, è coinvolto ed è responsabilizzato nel rinnovamento. A partire da questo assunto si sviluppa la necessità di passare da stili di leadership fortemente accentranti e di controllo, a stili di leadership decentrati e relazionali.

L’idea di una leadership di servizio o servant leadership (SL) viene teorizzata per la prima volta negli anni ‘70 in America; il suo precursore, Robert K. Greenleaf (1977), sosteneva che la SL si realizza quando il leader assume una posizione di servizio nelle relazioni con i propri colleghi, quando vengono anteposti ai propri interessi personali gli interessi degli altri del gruppo. Il servant leader (SLr) si configura come capace di empowerment, cioè capace di investire e lavorare su se stesso per rendere gli altri in grado di fare il loro meglio, capace di incoraggiare la reciprocità, la collegialità, il sostegno e l’apprendimento sociale. È però indiscusso che sia la SL, sia l’innovazione sono più facili da teorizzare che da realizzare (Vanderpyl, 2012).

Comprendere, pertanto, come concretizzarla nella pratica e, in particolare, nel panorama sanitario italiano, diviene una necessità professionale e sociale che può essere sviluppata solo attraverso un lavoro di confronto tra professionisti interessati all’innovazione dell’organizzazione sanitaria.

Il town meeting[1]
Proprio con questo scopo è stato realizzato uno specifico evento formativo accreditato per:

  • individuare e condividere le condizioni che prioritariamente investono l'attuale leadership e che devono essere affrontate per attivare i processi di innovazione;
  • esplicitare le posizioni dei partecipanti in merito agli aspetti istituzionali organizzativi, alle competenze e ai percorsi formativi che possono facilitare – ostacolare lo sviluppo e l'esercizio diffuso di una leadership di servizio.

Il metodo scelto è stato quello del town meeting, molto utile per sostenere il confronto.

Il town meeting vede la partecipazione, oltre che dei docenti e dei discenti, anche di una "cabina di regia" composta da esperti nel campo.

La struttura del town meeting prevede un'articolazione dei lavori in fasi:

  • fase di informazione e focalizzazione dei temi: in questa fase i docenti presentano la tematica – problematica che si vuole sviluppare a cui segue il “mandato”, presentato da un componente della cabina di regia; mandato che rappresenta una vera e propria “consegna” sulle discussioni da intraprendere nell’arco di tempo a disposizione (massimo un’ora a sessione);
  • fase di produzione differenziata per gruppi di lavoro e “cabina di regia”: i gruppi di lavoro, composti da circa 10 persone e da un “facilitatore” – che ha il compito di moderare la discussione, trascrivere i commenti e inviarli, attraverso un pc collegato in rete, alla “cabina di regia” – approfondisce e sviluppa il mandato; la “cabina di regia”, che ha visibilità sull’operato dei tavoli e che può intervenire in tempo reale su ognuno di essi suggerendo consigli e indicazioni in progress, legge i commenti pervenuti, evidenzia i temi comuni, le intuizioni e le proposizioni più stimolanti condensandoli in testi sintetici;
  • fase di condivisione e convalida: la “cabina di regia” presenta a tutta l’assemblea le sintesi prodotte in termini di proposizioni da sottoporre al consenso del pubblico tramite il televoto. Tutta l'assemblea vota elettronicamente e i risultati espressi da tutti i presenti in sala vengono proiettati in tempo reale;
  • fase riflessiva: i docenti producono, a caldo, una riflessione teorica sugli spunti emersi.

E’ fondamentale, per l’efficienza e l’incisività del lavoro, l’utilizzo di una tecnologia che sostenga la contestuale produzione del materiale, l’elaborazione e la sistematizzazione dello stesso. Si è, pertanto, provveduto, tramite il lavoro dell'agenzia Vis&Co[2], alla costruzione di un innovativo strumento ICT di comunicazione interattiva bidirezionale in tempo reale, con integrata la possibilità di gestire i singoli post prodotti sotto molteplici aspetti quali: gestire canali singoli o multipli di dialogo, archiviare i post, reinoltrare ai supervisor gli estratti dei post, sistematizzare i post, rielaborarli e veicolarli verso il sistema di votazione plenaria.

L'esperienza: i partecipanti all’evento e l'organizzazione
Il town meeting è stato rivolto a infermieri, infermieri pediatrici, coordinatori e dirigenti infermieristici. I partecipanti all’evento (n. 78), si sono iscritti all’evento formativo su base volontaria; la maggior parte di essi proveniva dal Piemonte (n. 67; 85.90%), con particolare riferimento all’area territoriale di Torino. Il gruppo era per lo più costituito da coordinatori (n. 40; 51.28%) e da infermieri (n. 29; 35.90%).

Tabella 1 – Partecipanti all’evento (N=78): caratteristiche

Genere, n (%)
F
M

73 (93.51)
5 (6.49)

Provenienza, n (%)
Piemonte
Torino
Cuneo
Biella
Veneto
Emilia Romagna
Liguria
Valle d’Aosta
Lazio
Lombardia

67 (85.90)
35/67 (50.75)
26/67 (38.81)
6/67 (10.45)
3 (3.85)
2 (2.56)
2 (2.56)
2 (2.56)
1 (1.28)
1 (1.28)

Ruolo, n (%)
Infermiere
Infermiere pediatrico
Coordinatore
Direttore/Dirigente
Altro

29 (35.90)
4 (5.13)
40 (51.28)
2 (2.56)
3 (3.85)

Area lavorativa, n (%)
Medica
Chirurgica
Intensiva
Direzione
Territoriale
Ambulatoriale
Altro

18 (23.38)
17 (22.08)
15 (18.18)
7 (9.09)
6 (7.79)
5 (6.49)
10 (12.99)

 
Nei giorni precedenti all'evento si è provveduto a organizzare la ripartizione dei partecipanti ai tavoli di discussione in modo da garantire la maggiore eterogeneità possibile in termini di ruolo, area lavorativa e soprattutto provenienza dei soggetti. Ogni tavolo è stato provvisto di:

  • una postazione computer: sullo schermo del PC è visualizzabile una schermata suddivisa in tre aree:
    • 1° area – Mandati: in cui compare il mandato inviato dalla “cabina di regia”;
    • 2° area – Messaggi tavoli: nella quale compaiono sia le comunicazioni del tavolo verso la “cabina di regia”, sia le risposte della cabina al tavolo oppure le risposte che la cabina invia a tutti i tavoli (le comunicazioni del tavolo assumono il colore assegnato a quel tavolo);
    • 3° area – Nuovo messaggio: nella quale l'aiuto supporter scrive quanto prodotto dal gruppo in relazione all'input teorico e al mandato ricevuto e lo invia alla cabina in tempo reale;
  • un supporter, con il ruolo di facilitatore della discussione, moderatore e sistematizzatore finale di quanto emerso durante il brainstorming di gruppo;
  • un aiuto – supporter, con il compito di annotare e sintetizzare, attraverso l'uso della Piattaforma di Town Meeting Digitale, quanto emerso all’interno delle discussioni di gruppo, inviarlo tramite rete alla “cabina di regia”, mediare le comunicazioni tra “cabina di regia” e tavolo.

In un settore a se stante la cabina di regia è dotata di un PC per componente. Su ogni PC è visualizzabile una schermata suddivisa in aree:

  • 1° area: in cui compare il mandato inviato ai tavoli;
  • 2° area: nella quale compaiono tutte le comunicazioni dai tavoli e le relative risposte dei membri della cabina; ogni comunicazione è contraddistinta dal colore assegnato al tavolo; ogni componente la “cabina di regia”può scegliere di visualizzare solo un sottoinsieme di tavoli, per meglio concentrarsi;
  • 3° area: nella quale il membro della “cabina di regia” scrive le risposte ai singoli post; egli può rispondere a un tavolo singolo oppure a più tavoli o a tutti;
  • 4° area: nella quale sono presenti due pulsanti: il primo per condividere con i supervisor le parole chiave emerse man mano, il secondo per raccogliere le proposizioni da votare mentre si concretizzano.

Tutti i componenti della giornata[3], a esclusione dei docenti e degli esperti della “cabina di regia”, sono stati dotati di telecomando per il televoto finale (n. 98 votanti). Al termine delle discussioni, quanto elaborato dai tavoli è stato riproposto dalla “cabina di regia” e votato in diretta, attribuendo un punteggio da 1 (completo disaccordo) a 4 (completo accordo).

Risultati
Una prima analisi di massima dei dati è stata realizzata in loco, attraverso un sistema di votazione elettronica plenaria assembleare Televoting, che ha dato la possibilità di restituire un feed back immediato delle risposte espresse dai votanti sotto forma di grafici dopo ogni televoto.
L’analisi più dettagliata dei dati è avvenuta in differita, successivamente all’evento formativo. Per ogni assunto sottoposto ai votanti sono state calcolate frequenze assolute e relative, media e deviazione standard di risposta. Dal punto di vista qualitativo, inoltre, si è proceduto a una tematizzazione di quanto emerso durante la discussione di gruppo, raggruppando così ogni elemento in categorie di senso omogenee.

La presentazione dei risultati della giornata di town meeting è di seguito presentata a partire dai mandati che sono stati sottoposti alla riflessione dei partecipanti.

Mandato 1 – Può la SL sostenere il cambiamento all’interno delle realtà organizzative?

I partecipanti sono risultati in forte accordo sul fatto che la SL sia in grado di “far emergere il valore e le azioni dei professionisti e non i singoli ruoli legati ai centri di potere” (punteggio medio televoto: 3.8 ± 0.6) così come nel "sostenere i professionisti ricercando i talenti” (3.4 ± 1.0).

Queste considerazioni sono coerenti con l’idea che la SL sia “una leadership diffusa, agita da tutti, non solo dal capo istituzionale” (3.5 ± 0.8) e che “tutti possono essere SLr con diverse capacità di relazione” (2.9 ± 1.0) e che non occorre, per esercitarla, un supporto da chi ricopre posizioni di potere (“solo se supportata da chi ha il potere” disaccordo > 70% – 1.8 ± 1.1).

Mandato 2 – Cosa è possibile fare per realizzare la SL nell’operatività?

Secondo i partecipanti, la realizzazione della SL parte anzitutto dai soggetti, i quali devono “riconoscersi come SLr, assumendosi responsabilità e facendosi riconoscere dal gruppo come tali” (3.5 ± 0.8): i soggetti sono chiamati a “metterci la faccia” in prima persona (3.9 ± 0.3), ad “accettare la responsabilità e a coltivare la fiducia reciproca” (3.8 ± 0.4), a “mettersi in gioco in relazione alle proprie competenze” (3.9 ± 0.4).

Per attuare il cambiamento, al SLr si richiede tenacia (3.7 ± 0.7) e “rispetto del tempo delle relazioni necessario” (3.7 ± 0.5). Perché avvenga la riduzione delle resistenze al cambiamento occorre “trovare gli spazi per incontrarsi sia formalmente sia informalmente” (3.6 ± 0.8), “la condivisione, sia apicalmente sia con il gruppo, del desiderio di cambiamento” (3.8 ± 0.4), l'“esplicitazione degli obiettivi e lo stimolo a un clima di ascolto positivo” (3.8 ± 0.5).

La realizzazione di una SL passa poi attraverso la valorizzazione dei membri del gruppo, “facendo emergere le loro necessità e i loro suggerimenti” (3.9 ± 0.3), “le loro attitudini” (3.9 ± 0.5) e “celebrandone i successi” (3.8 ± 0.5): il gruppo deve essere portato “ad autoregolarsi nel rispetto di patti condivisi” (3.8 ± 0.5) senza il controllo costante della leadership formale.

La proposta dei partecipanti, infine, è la costituzione di un vero e proprio “progetto di sperimentazione della SL in un contesto favorente, rendendo evidenti percorso e risultati” (3.6 ± 0.7); progetto che secondo i partecipanti dovrebbe avvenire a partire da una specifica “formazione, che induca un cambiamento attraverso il coinvolgimento attivo delle persone” (3.8 ± 0.5) e dalla” consulenza di esperti” (3.5 ± 0.7).

Mandato 3 – Quali contenuti formativi inserire e dove inserirli?

I partecipanti all’evento hanno ipotizzato una formazione alla SL di tipo “trasversale, multi professionale” (3.6 ± 0.8), formazione che “dovrebbe partire già dalla triennale” (3.5 ± 1.0). Le principali tematiche e discipline da trattare dovrebbero essere:

  • gestione delle risorse umane, in particolare conflitti nei gruppi e stili comunicativi (3.7 ± 0.8);
  • stili umoristico – relazionali, anche per lo sviluppo dell’autocritica (3.6 ± 0.8);
  • coaching, andragogia, lavoro per progetti, analisi problema (3.5 ± 0.8);
  • rappresentazioni teatrali, giochi di ruolo per la gestione delle dinamiche relazionali (3.6 ± 0.9).

 
Riflessioni conclusive

I believe that caring for persons,
the more able and the less able serving each other,
is what makes a good society”
Robert K. Greenleaf

 

L’immagine del SLr a cui tendere, emersa dalla riflessione e dal voto dei partecipanti, è sostanzialmente coerente con quella descritta in letteratura. Il SLr si configura come una persona onesta, integra e competente, che per queste sue caratteristiche risulta credibile agli occhi degli altri. Il SLr è capace di vision di gruppo e di relazione con gli altri; relazione basata sull’ascolto, sul sincero apprezzamento dell’altro e delle sue capacità, sulla valorizzazione di queste ultime. Il SLr si mette al servizio del gruppo stesso in maniera visibile ed è in grado di stringere alleanze tali da realizzare la reciprocità dell’aiuto in vista di obiettivi comuni. (Russel, Stone, 2002).

A domanda diretta i partecipanti hanno ritenuto improbabile che il Slr possa diventare collusivo nei confronti dei colleghi (voto medio pari a 2.2 ± 1.1). In realtà in letteratura è evidenziata la possibilità di un comportamento manipolativo anche nella SL. Questo rischio si basa sull’atteggiamento fondamentale di reciprocità del servizio che viene a scaturire dalla SL. Può infatti nascere una rispondenza negativa del servizio, del tipo “se io faccio per te, tu farai per me”, a partire dal fatto che “quando qualcuno fa qualcosa per un’altra persona, questa è psicologicamente obbligata a rendergli il favore” (Stone et al. 2004); la reciprocità del servizio nell’ambito della SL, invece, dovrebbe staccarsi dalle singoli azioni e dai singoli individui e dovrebbe rifuggire il rendiconto personale per proiettarsi verso un obiettivo più grande e comune.

La SL può realizzarsi in qualunque contesto, a prescindere dalle gerarchie esistenti o dai ruoli di potere istituzionali: chiunque è capace di servizio verso gli altri, qualsiasi sia la sua posizione all’interno dell’organizzazione. (Sendjaya et al. 2002). Oltre a essere filosoficamente e moralmente ineccepibile, la SL è risultata anche decisamente efficace: Levering e Moskowitz (2000; 2001), infatti, hanno osservato come la SL sia praticata in alcune delle compagnie americane considerate migliori secondo una celebre indagine del Fortune.

Ma, allora, come realizzare il cambiamento? Poiché la SL è un fenomeno di servizio diffuso, è plausibile che effettivamente una formazione a cascata, che cioè investe tutti i livelli lavorativi, possa risultare una strategia vincente affinché le pratiche lavorative e carrieristiche odierne vengano messe in discussione. In tal senso sono emersi a più riprese i temi della riflessione e dell’apprendimento dall’esperienza: da un lato sviluppare la riflessione comunitaria e il confronto fra pari, dall’altro lo scambio di esperienze e la ricerca di spunti e consulenza da esperti nel settore.

In conclusione, l’evento realizzato ha permesso di far emergere impressioni e idee a proposito della SL e di quella che potrebbe essere la sua spendibilità nel contesto sanitario italiano. L’utilizzo del town meeting è risultato particolarmente apprezzato dai partecipanti, oltreché funzionale a stimolare e sostenere la riflessione e il lavoro di gruppo.

A partire dai risultati positivi ottenuti dalla giornata e dal consenso suscitato nei partecipanti dall’argomento, il CESPI (Centro studi professioni sanitarie) – ha deciso di continuare a lavorare sulla SL, istituendo, come suggerito dai partecipanti, una vera e propria comunità di pratica, con la quale avviare progetti di studio e di ricerca all’interno del panorama italiano.

 


[1] Il town meeting nasce come espressione di democrazia diretta all’interno di assemblee; si tratta di un incontro ravvicinato, strutturato e consapevole tra soggetti tra loro sconosciuti, i quali vengono chiamati alla produzione di nuove idee, all’elaborazione e sintesi di contenuti e, in ultima battuta, alla votazione in plenaria degli stessi.
[2] Vis&Co: Società di comunicazione e digital innovation.
[3] Partecipanti all'evento formativo, supporter e aiuto supporter.
 

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Bibliografia

– Bobbio, A., Dierendonck, D.& Managnelli, A.(2012).Servant Leadership in Italy and its relation to organizational variables, Leadership (London) 8.3 : 229-243.
– Greenleaf RK. Servant leadership: a journey into the nature of legitimate power and greatness. New York: Paulist Press, 1977.
– Levering R, Moskowitz M. The 100 best compagnie to work for in America. Fortune, 2000; 141 (1): 82-110.
– Levering R, Moskowitz M. The 100 best compagnie to work for in America. Fortune, 2001; 145 (31): 60-61.
– Quaglino GP, Casagrande S, Castellano A. Gruppo di lavoro, lavoro di gruppo. Milano: Raffaello Cortina Editore, 1992.
– Russell RF, Stone AG. A review of servant leadership attributes: developing a practical model. The Leadership & Organization Development Journal, 2002; 23 (3):145-157.
– Sendjaya S, Sarros JC. Servant leadership: it’s origin, development, and application in organizations. Journal of Leadership & Organizational Studies, 2002; 9 (2): 57-64.
– Stone AG, Russel RF, Patterson K. Transformational verus servant leadership: a difference in leader focus. The Leadership & Organization Development Journal, 2004; 25 (4): 349 – 361.
– Vanderpyl TH. Servant leadership: a case study of a Canadian healt care innovator. Journal of Healthcare Leadership, 2012; 4: 9 – 16.