I risultati nell’Emergenza e Urgenza, dalla ricerca degli indicatori all’esperienza sul campo


Pazienti in codice rosso e indicatori di esito
Come valutare l’efficacia delle cure ricevute da pazienti complessi, come spesso sono coloro che accedono ai Dipartimenti di Emergenza e Urgenza (DEU) e ai quali viene attribuito un “codice rosso”? Quale integrazione è possibile tra indicatori di esito oggettivi, di tipo quantitativo (come ad esempio la classificazione del ricovero in alta e bassa intensità di cura, la modalità di dimissione, la durata della degenza, etc.) ed indicatori che prendano in considerazione anche il punto di vista soggettivo del paziente?
Con questo articolo si intende fornire un approfondimento in merito alle conoscenze attuali per quanto riguarda gli indici predittivi e gli indicatori di esito pertinenti al contesto dell’emergenza urgenza, illustrare un tentativo di raccolta e confronto di dati nell’esperienza di una realtà locale evidenziandone i limiti e le direttrici future di lavoro e ricerca. Rispetto a quest’ultimo, è stato preso in considerazione il percorso degli assistiti in codice rosso, della Centrale Operativa (CO) 118 di Siena nel 2013, dalla fase di soccorso territoriale a quella ospedaliera, considerando anche lo stato funzionale successivamente alla dimissione.

L’indagine, di tipo ecologico, è stata svolta nella provincia di Siena, dove insistono quattro strutture ospedaliere che sono integrate secondo un’organizzazione hub e spoke anche per quanto riguarda l’emergenza. Il centro, il mozzo, è individuato nell’Ospedale Santa Maria delle Scotte (Azienda Ospedaliero Universitaria Senese) mentre i raggi sono rappresentati dagli stabilimenti ospedalieri dell’AUSL 7 di Siena ovvero quelli di Campostaggia, Nottola e Abbadia San Salvatore.

Indici predittivi e indicatori di esito: stato dell’arte
E’ stata condotta una ricerca bibliografica di stampo narrativo, al fine di individuare gli indicatori predittivi, prognostici e di esito relativi a questa tipologia di pazienti attraverso la consultazione di banche dati, come PubMed, TRIP database, motori di ricerca di letteratura grigia (ad es. Google Scholar ) e siti di associazioni di settore. A tal fine le parole chiave utilizzate sono state: outcome study, dispatch, emergency medical services, Survival Rate/trends, Outcome Assessment (Health Care), Patient Admission/statistics & numerical data, Emergency Service, Hospital, Time-to-Treatment/statistics & numerical data e emergency departments in varie combinazioni, considerando gli articoli pubblicati negli ultimi cinque anni.
Vi è carenza di letteratura per quanto riguarda la codifica da parte dell'infermiere di centrale operativa e sull'utilizzo del dispatch (sistema integrato adottato dalle CO 118 composto da una serie di azioni sistematiche, standardizzate ad omogenee al fine di gestire in maniera efficiente ed efficace le richieste telefoniche di soccorso pervenute dal territorio). Una revisione del 2015 (Jensen et al) evidenzia che la prevedibile disomogeneità dei sistemi di dispatch a livello internazionale si ripercuote anche sulla disomogeneità degli indicatori di esito (più di 50). Sarebbe invece necessario un consenso per individuare indicatori globali per confrontare i diversi sistemi e misurarne l’efficienza/efficacia. Uno studio condotto sulle CO 118 del centro Italia (Pecetta et al, 2015) evidenzia una discreta omogeneità organizzativa ma protocolli differenti e soprattutto nessun accordo sugli indicatori di esito da valutare. Alcuni studi si soffermano sull'appropriatezza della codifica del codice di priorità da parte dell'infermiere triagista in Pronto Soccorso (Pinto et al 2012). Il modello maggiormente studiato è il Manchester Triage System (MTG) (Weyrich et al 2012), pubblicato nel 1997 e che è diventato il sistema di triage adottato nel Regno Unito e dal quale derivano la maggioranza dei sistemi di triage europei compresi quelli italiani. Esso si concentra sull'assicurare delle decisioni standardizzate e basate sulle priorità dei pazienti attraverso un numero definito di segni e sintomi che si possono presentare all'infermiere triagista utilizzando algoritmi decisionali specifici.

Da un’attenta analisi della codifica del codice è possibile determinare i tempi massimi dell'intero processo di permanenza in pronto soccorso e osservare le ricadute e le modalità organizzative di gestione dei percorsi, ove presenti. La sola implementazione di questo modello non sembrerebbe sufficiente a migliore l'efficacia e la qualità dei percorsi più complessi, infatti devono essere sempre effettuate continue rivalutazioni da parte dell'infermiere triagista (Storm – Versloot 2014).

Anche analizzando i maggiori modelli di triage utilizzati nei DEU (Christ et al 2010), il già citato MTG, l'Australasian Triage Scale (ATS), il Canadian Triage and ’Acuity Scale (CTAS) oppure l'Emergency Severity Index (ESI) emerge una sostanziale debolezza che nasce già dagli studi di validazione dei sistemi stessi. Tutti i modelli cercano di assegnare in maniera efficace un codice di priorità che permetta di gestire il sovraffollamento (overcrowding) del DEU. Un’accurata e valida codifica del codice colore da parte dell'infermiere di centrale operativa e successivamente da parte dell'infermiere del pronto soccorso influisce sugli esiti e il successivo percorso clinico che dovrà poi intraprendere il paziente. Molti autori si sono concentrati sul monitoraggio del rischio di deterioramento dei pazienti tramite l'utilizzo di scale di valutazione come la Modified Early Warning Score (MEWS), che possano stabilire la gravità e indirizzare i clinici sul percorso più appropriato che dovrà poi intraprendere il paziente (Friden and Andren-Sandberg 2013). Misurare e poi agire diviene la priorità: frequenza cardiaca, pressione arteriosa sistolica, frequenza respiratoria, temperatura e livello di coscienza sono correlati al deterioramento clinico e alle eventuali insufficienze d’organo sottostanti e diventano fondamentali nel determinare il percorso assistenziale successivo. Quindi un punteggio superiore a quattro punti della MEWS correlato ad un ritardo nel ricovero (lead-time) può determinare un aumento della mortalità ospedaliera.
Un recente studio pubblicato sull'Emergency Medicine Journal (Junhasavasdikul et al. 2013) ha evidenziato che la mortalità ospedaliera non sembra aumentare a causa del lead-time e che non vi sia associazione con il punteggio della scala MEWS ma invece l’associazione diventa significativa quando si considerano i pazienti ricoverati in Terapia Intensiva (TI). Questo studio sebbene gravato da numerosi bias e confondenti, rende bene l’idea della complessità della misurazione di indicatori ed esiti nei pazienti che afferiscono ai DEU.

Senza dubbio la MEWS rimane uno score efficace ma da solo non è sufficiente (Cei et al. 2009) e considerare i tassi grezzi di mortalità ospedaliera o di trasferimento del paziente ad una unità di cura più complessa potrebbe fornire una visione fortemente limitata.

Un fenomeno che determina un aumento della mortalità ospedaliera è il boarding ossia quando i pazienti rimangono in pronto soccorso in attesa del posto letto alla fine del processo diagnostico-terapeutico a causa del "collo di bottiglia" in entrata per il ricovero (Singer et al. 2011). Non sembra invece modificare la mortalità ospedaliera se il ricovero viene effettuato di notte invece che di giorno (Morales et al 2003).

Uno studio recente (Bulut et al. 2013) si è concentrato sull'analizzare la MESW mettendola a confronto con una nuova scala, la REMS (Rapid Emergency Medicine Score), al fine di individuare in modo più accurato i pazienti critici rapidamente e poter vedere gli esiti sul ricovero ospedaliero. Questa scala oltre a valutare i parametri della precedente prende in considerazione anche la saturazione di ossigeno e l'età dei pazienti. Secondo gli autori, la REMS risulta essere la più predittiva sugli esiti. Più complessa e destinata prevalentemente al setting intensivo è l'Acute Physiology Score (APACHE II) che valuta più variabili come: temperatura, pressione arteriosa media, frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, ossigenazione, l’emogasanalisi (EGA) e alcuni valori ematochimici come la creatinina, l'ematocrito e gli elettroliti.

Molteplici sono gli studi che hanno confrontato i diversi indicatori prognostici su pazienti ed in setting diversi e si è ancora alla ricerca della combinazione ottimale che dimostri il miglior rapporto sensibilità/specificità. Anche indicatori più recenti, come il Prince of Wales Emergency Department Score (PEDS), sebbene forniscano risultati incoraggianti devono ancora essere testati su larga scala (Cattermole et al 2009). La scelta di indicatori efficaci è fondamentale perché permette di aggiustare gli esiti alla complessità del paziente e di valutare meglio l’efficacia dei percorsi.

Ancora poco esplorata è la misurazione degli esiti al termine del percorso dei pazienti che dovrebbe integrare misure soggettive come lo stato funzionale o la qualità di vita, ma anche qui gli strumenti sono praticamente infiniti e si registra una tendenza marcata alla creazione di strumenti nuovi, specifici per gruppi ristretti di pazienti, ed elementi che aiutino ad esplorare la percezione soggettiva del proprio stato di salute da parte del paziente.

Il percorso di valutazione partendo dalla Centrale Operativa di Siena
E’ stato analizzato il percorso dei pazienti dalla CO 118 di Siena in codice rosso nel 2013 individuando 4 fasi: richiesta e gestione del soccorso territoriale, centralizzazione, ospedalizzazione e valutazione dell’esito a distanza.

Nella prima fase è stata analizzata la casistica assistita in codice rosso nel 2013 attraverso il software in uso presso il centro (Beta 80). Sono stati inclusi i pazienti assistiti per le seguenti cause: C01 (traumatico), C02 (cardiocircolatorio), C03 (respiratorio) e C04 (neurologico), per un totale di 2555 chiamate ed esclusi quelli deceduti prima dell’arrivo in ospedale, quelli con esito sul campo per inappropriatezza o per trattamento definitivo sul posto e coloro che sono stati inviati in ospedali non AUSL 7.

Nella seconda fase, attraverso lo stesso software, sono stati inclusi, i pazienti inviati ai PS AUSL 7 (n.858). Altresì sono stati esclusi i pazienti centralizzati verso l'Azienda Ospedaliera Universitaria Senese (n. 931), anche per i percorsi "IMA" (Infarto Miocardico Acuto con sopra slivellamento del tratto ST) e/o "STROKE", e coloro che sono accolti in Osservazione breve intensiva (OBI).

Nella terza fase, quella del percorso ospedaliero, sono stati considerati i pazienti ricoverati, suddividendoli tra i ricoverati in aree di degenza a medio-bassa intensità di cura (chirurgia e ortopedia, cardiologia e medicina) e quelli ricoverati in alta intensità (TI e sala operatoria). È stato quindi considerato il numero di giornate di degenza, sede e modalità di ammissione e di dimissione.

Infine, per la quarta fase, sono state condotte interviste telefoniche guidate, utilizzando la scala IADL (Instrumental Activities of Daily Living) che restituisce un punteggio da 0 ( completa autonomia) a 8 ( totale dipendenza) (Lawton & Brody, 1969) a circa tre mesi dalla dimissione ospedaliera da degenze ad alta intensità.

I risultati del percorso
Dei 858 pazienti giunti nei PS di Campostaggia, Nottola e Abbadia San Salvatore, ne sono stati ricoverati 207. I pazienti con problemi neurologici costituiscono il gruppo prevalente dei ricoveri (45,9%), quelli cardiocircolatori il 24,6%, quelli respiratori 19,3% ed infine quelli traumatici (10,2%). La maggior parte (n. 186, 89%) è stata ricoverata in degenze a medio bassa intensità e solo l’11% dei pazienti (n. 21) in alta intensità.

In riferimento al percorso dei 21 pazienti ricoverati in alta intensità, è stato rilevato che: il 28,6% è deceduto, il 14,3% è stato trasferito in altro ospedale, mentre il 42,9% (n. 9) è stato trasferito ad area di bassa intensità e poi dimesso (per il 14,3% dei pazienti l’informazione è mancante).

La degenza mediana in alta intensità per questi ultimi è stata pari a 10 giorni (IC95% 8,13 – 21,48 gg) senza differenze significative tra i tre presidi (P>0,05).
Sono risultati contattabili al follow up soltanto 6 pazienti dei 9 eleggibili. I punteggi della scala IADL, hanno mostrato un range compreso tra 1,36 e 5,53 (medi: 3.61; mediana:3,50). Nessuno degli intervistati è risultato quindi completamente autonomo o completamente dipendente. Circa la metà dei dimessi dalle aree critiche vivono da soli nelle proprie abitazioni. La metà degli intervistati dichiara di usare abitualmente il telefono, e di propria iniziativa, per intrattenere relazioni sociali. La stessa metà dei soggetti deve essere accompagnata per fare acquisti. Le aree relative alle attività di vita quotidiana quali preparazione del cibo, accudimento della propria abitazione, autonomia nel lavaggio della biancheria e nella gestione delle propria finanze, non hanno ottenuto risposte univoche anche per alcune barriere culturali e sociali presenti nei componenti del campione. Solo un terzo è risultato capace di spostarsi autonomamente o con i mezzi pubblici.

Riflessioni sul percorso di emergenza-urgenza
I risultati relativi alle attività della Centrale Operativa 118 evidenziano l’elevato volume di chiamate gestite dagli infermieri della CO, la caratteristica in termini di criticità delle stesse, nonché la complessità del processo. Questo va dal colloquio telefonico, al dispatch, alle istruzioni pre arrivo o a quelle relative alla centralizzazione ed alla gestione dei mezzi. E’ necessario assicurare un’adeguata comunicazione con gli interlocutori, per garantire il buon esito dell’operazione di soccorso. Inoltre sono da considerare le eventuali barriere culturali e linguistiche, sempre più in aumento nel corso degli ultimi anni in relazione alle molte persone anziane assistite da figure spesso straniere. L’osservanza del processo decisionale e la funzione di fornire le istruzioni pre arrivo vedono l’infermiere al centro di un momento delicatissimo per gli assistiti.

La gestione dei mezzi e della centralizzazione emerge chiaramente in questa indagine. Infatti si evidenzia nel nostro territorio che percorsi quali quelli del trauma maggiore, dello STEMI e dello Stroke, da un lato orientano le scelte delle CO 118 e dall’altro richiedono coerenza nelle organizzazioni ospedaliere ed in quella delle competenze del personale infermieristico.

Il numero elevato degli accessi nelle aree a bassa intensità, risente probabilmente delle caratteristiche demografiche del campione, l'età avanzata e le patologie croniche correlate e della inevitabile sovrastima della criticità presunta al momento dell’assegnazione del codice di priorità.

I risultati dell’indagine in tal senso, indicano di orientare le competenze degli infermieri non solo del triage e dell’intero Pronto Soccorso ma anche delle aree a medio bassa intensità, nell’assistere persone soccorse in codice rosso dall’emergenza territoriale. Infine, i risultati emersi dal follow up telefonico ai dimessi dall’alta intensità, forniscono un’utile informazione agli operatori DEU, sulle difficoltà degli assistiti una volta a casa, per meglio orientare l’assistenza ed iniziare l’integrazione ospedale territorio sin dalle prime fasi. Ad esempio è cruciale assicurare in persone che vivono sole, la corretta gestione della terapia farmacologica.

Conclusioni
L’esperienza illustrata è un piccolo sguardo sul percorso del paziente dall'emissione del codice rosso codificato dalla centrale operativa fino alle sue ricadute in termini di outcomes. Sono emerse la complessità del percorso ed i numerosi fattori coinvolti nella determinazione degli esiti che stridono con l’esiguità dei dati disponibili che rendono impossibile qualsiasi valutazione. Ciononostante emergono alcune direttrici di lavoro e di ricerca per il futuro. Per la ricerca è importante che si stabiliscano tramite consenso sugli indicatori delle singole fasi ma anche di percorso complessivo che successivamente andranno testati su ampi campioni. Per il lavoro emerge la necessità di sistemi di registrazione elettronici non più separati, per valutare l’intero percorso: l’informatizzazione della documentazione e dei processi sanitari rende possibile la creazione di applicativi unici o in grado di recuperare dati selezionati dagli applicativi nativi dei singoli sistemi (118, DEU, Degenza ospedaliera di alta e media intensità). Si tratta di una sfida informatica e ingegneristica non di poco conto che probabilmente richiede anche un importante investimento economico che però non avrebbe prezzo per le ricadute in termini di valutazione della qualità e della continuità assistenziale.

Il monitoraggio di ogni fase del percorso di assistenza è il primo passo per poter raggiungere standard di qualità elevati e per poter apportare dei piani di miglioramento in termini di efficacia e di efficienza. Il risultato saliente di questa piccola esperienza è che con dati aggregati e di poche variabili è possibile solo stimare, e con un ampio margine di errore, la qualità del sistema dell’emergenza e potrebbe servire come spunto per future ricerche con un campione più ampio o per alimentare confronti e riflessioni.
 

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