L’infermiere visto dai degenti di una terapia intensiva post-operatoria cardiochirurgica


Premessa
La figura dell’infermiere ha avuto una costante evoluzione negli ultimi tempi. L’assistenza infermieristica è stata spesso valutata utilizzando indicatori specifici di costi, riospedalizzazioni, infezioni ed altro (Al-Rawajfah OM, 2014) (Giakoumidakis K e Eltheni R et al., 2014).
Da un punto di vista qualitativo attenzione è stata posta al periodo post operatorio, ma pochi studi hanno indagato come la figura dell’infermiere è percepita dai degenti di ICU I Intensive Care Unit) ancor meno di ICU di cardiochirurgia.

La nostra esperienza
E’ da queste considerazioni che è nata l’esigenza di comprendere, attraverso un’indagine come è percepito l’infermiere dai degenti della nostra unità operativa. Per farlo abbiamo utilizzato un approccio di tipo fenomenologico (Cohen et al., 2000).
Nell’indagine abbiamo coinvolto tutti i pazienti maggiorenni che parlavano la lingua italiana prima del loro trasferimento ad altro reparto di degenza. Come caratteristico dell’approccio fenomenologico (Cohen, 2000) abbiamo iniziato con il "bracketing" da parte di tutti gli infermieri coinvolti nell’indagine.
L’uso di questa tecnica di “riflessione critica” ci ha permesso di mettere “tra parentesi” le nostre idee sull’oggetto dell’ indagine riducendo così la possibilità di influenzare la corretta estrapolazione dei temi.
Dopo l’acquisizione del consenso a partecipare all’indagine abbiamo intervistato i pazienti: a ciascuno, 10 in totale, è stato chiesto di raccontare come avevano percepito il ruolo dell’infermiere all’interno del reparto.
Durante l’intervista è stato mantenuto un’atteggiamento di accoglienza (Simeone et al., 2014; Vellone et al., 2008, 2012). Il contenuto di ciascuna intervista è stato registrato e successivamente trascritto in ogni sua parte; durante e immediatamente dopo la conclusione dell’intervista gli intervistatori hanno scritto delle fieldnotes riguardanti l'ambiente, l'impostazione del colloquio, il linguaggio del corpo e le loro riflessioni. Le interviste hanno avuto una durata compresa tra i 20 e i 40 minuti.
Alla trascrizione delle interviste è seguita “l’immersione nei dati” da parte degli intervistatori: sono stati rilette accuratamente le interviste e le filenotes. Così facendo abbiamo ottenuto la saturazione dei dati, ovvero la ridondanza dei temi, (Polit e Beck, 2014) e l’archiviazione delle 10 interviste.
Dopo avere estrapolato i temi ci siamo confrontati su quanto emerso da ciascuno intervistatore e non abbiamo registrato discordanze. La validità dei temi estratti è stata raggiunta chiedendo poi conferma, attraverso un colloquio, ai pazienti che hanno partecipato all’indagine. Infine, abbiamo sistematizzato i dati raccolti.

I risultati
Come precedentemente detto le persone coinvolte nell’indagine sono state dieci: otto maschi e due femmine. L’età media era di 63 anni con un livello di educazione medio-alto (Tabella 1).

Tabella 1 – Le persone intervistate

 

COD

SEX

AGE

TITLE STUDY

TIPO INTERV

FIGLI

GG DEGENZA IN TI

1

AA 01

M

47

LAUREA

CABG X 2

1 FIGLIO

2

2

AB 02

M

75

ELEMENTARE

CAD X 2

2 FIGLI

3

3

AC 03

M

70

MEDIA

CAD X 2

2 FIGLI

3

4

AD 04

M

50

SUPERIORE

CAD X 3

3 FIGLI

4

5

AE 05

M

58

PROFESSIONALE

CAD X 3

2 FIGLI

2

6

AF 06

F

72

ELEMENTARE

CAD X 3

3 FIGLI

3

7

AG 07

M

63

PROFESSIONALE

CAD X 2

 

4

8

AH 08

M

67

MEDIA

CAD+SOTVALMITR

3 FIGLI

3

9

AI 09

M

65

LAUREA

CAD X 3

2 FIGLI

3

10

AL 10

F

63

SUPERIORE

CADX3

2 FIGLI

2

Tutti i pazienti erano stati sottoposti ad intervento di rivascolarizzazione miocardica con interessamento medio di 2,5 vasi; solo uno era stato anche sottoposto ad intervento di sostituzione valvolare. La degenza media è stata pari a tre giorni.
I temi emersi dall’intervista sono stati quattro: il ripensamento da parte delle persone intervistate sul ruolo dell’infermiere, la depersonalizzazione dell’assistenza, la carenza di personale e la scarsa propensione all’educazione sanitaria.

Ripensamento sul ruolo dell’infermiere
Tutte le persone intervistate hanno rivalutato l’opinione pregressa che avevano degli infermieri e del loro operato, mostrando anche soddisfazione nel fatto di avere sempre una figura vigile su di loro. AB 02 ci ha detto: “…non pensavo il vostro lavoro fosse tanto complesso, tanto complicato e con innumerevoli responsabilità; devo essere sincero, avevo di voi infermiere un’idea totalmente sbagliata…”. AC 03, invece, [con un sorriso di soddisfazione sul volto, apparso verso il termine della frase qui riportata]: “…ero convinto che la vostra professione fosse ancora quella degli anni 70; ero quasi incredulo quando ho visto come voi ed i medici scambiavate opinioni, quasi prendevate insieme delle decisioni…”. Un altro paziente AE 05, “.. ero convinto che foste dei nullafacenti, meri esecutori, quando ne avevate voglia…invece devo dire che ho trovato ad assistermi professionisti seri, preparati, coscienti”. Infine, AF 06, ”… il fatto di avere un infermiere sempre accanto mi ha dato sicurezza. Forse proprio questo ha contribuito a farmi cambiare idea su di voi [indicando l’intervistatore e inquadrando quindi la categoria professionale degli infermieri]”.

Depersonalizzazione dell’assistenza
Dalle interviste è emerso che siamo degli ottimi professionisti ma troppo tecnici; professionisti che sembrano perdere di vista l’aspetto comunicativo. AA01 ha detto: ”Spesso voi siete indaffarati, con tante cose da fare e non riuscite a trovare il tempo per ascoltare profondamente un ammalato”. AE 05: ”… Inoltre, specialmente in determinate fasi, è quasi come se voi foste concentrati sul da farsi anziché sul sentirci, sull’ascoltare e capire i nostri bisogni…i “bip” delle apparecchiature sembrano attirare maggiormente la vostra attenzione rispetto ad una nostra parola…”…”…non sempre siamo guardati negli occhi quando parliamo…”.

Carenza di Personale
Le persone intervistate hanno notano tutte come il numero di persone dedite all’assistenza diretta risulti inferiore al reale fabbisogno dell’unità operativa; o quanto meno all’assistenza olistica richiesta. AI 09: ” siamo sicuri di avervi sempre vicino, ma forse il fatto che siate sempre gli stessi tende a far focalizzare la vostra attenzione solo su alcuni aspetti assistenziali e non su tutto..”.
C’è chi ha provato ad attribuire a tale carenza alcune defaiance individuate nell’assistenza ricevuta, proprio come il tema estrapolato prima (“depersonalizzazione dell’assistenza”). AG 07: “essendo voi sempre gli stessi al lavoro forse date per scontati alcuni atteggiamenti nostri, alcune richieste. E’ un po’ come se, secondo voi, già ci conosceste…come se fossimo tutti uguali…insomma sembra quasi che alle volte ci diate un’assistenza preconfezionata: si deve fare questo,questo e questo, se il signore fa cosi si deve fare cosi e basta…ma dovreste chiedervi perché reagite così? perchè piangete? Non tutti lo fanno”. Ed ancora AE 05: ”capisco che il fatto di non darci sempre l’attenzione richiesta possa derivare dal tipo di reparto; insomma, è ovvio che siete pochi e non riuscite a fare bene tutto, o quantomeno focalizzate l’attenzione sulle cose più importanti…ripeto, magari essendo in più [numero di infermieri dediti all’assistenza diretta]”.

Scarsa propensione all’educazione sanitaria
Le persone intervistate hanno ricondotto il ricevere poche e frammentarie nozioni circa il loro decorso post operatorio a una carenza da parte dell’infermiere. AB 02: ”forse si dovrebbe migliorare leggermente l’aspetto dell’ascolto e della comunicazione..io ad esempio ricordo con un po’ di antipatia i vostri no alla mia richiesta di acqua; poi mi è stato spiegato perché non potevo bere, ma all’inizio forse voi davate troppe cose per scontato”. AH 08 ha detto invece: ”…insomma il non essere preparati al dopo, a quello che ci aspetta sia nelle prossime ore sia nei prossimi giorni crea ansia, quasi paura…”.
La trascrizione riportata di seguito esplicita in modo chiaro cosa i pazienti intendono: sembra quasi che le informazioni circa procedure od il continuo del decorso post operatorio debbano essere richieste. Le informazioni date sono poche e non sempre chiari. Infatti, AG 07 aggiunge: ”da migliorare certamente la comunicazione, le spiegazioni che ci vengono date…sono poche e frammentate…date a pezzetti. Poi non sempre chiare, dobbiamo chiedere noi spiegazioni, chiedere cosa verrà poi…”.

Conclusioni
Dalle interviste è emerso molto chiaramente come la figura del professionista infermiere sia stata ampiamente rivalutata dai pazienti intervistati; allo stesso modo sono state messe in evidenza alcune lacune relative alla comunicazione/informazione. Questa rivalutazione è avvenuta però solo successivamente all’assistenza ricevuta. I pazienti vengono influenzati dalle pregresse esperienze ospedaliere negative (Hunt, 1999) sia personali che non (Guirardello, Romero-Gabriel et al., 1999). Quelli da noi intervistati avevano dei pregiudizi e non conoscevano l’evoluzione della figura dell’infermiere. I pazienti da noi intervistati hanno lamentato inoltre una frammentaria informazione, asserendo a volte di sentirsi curati con “assistenze standardizzate”. Percepire un’assistenza depersonalizzata fa credere ai degenti di non essere importanti per i loro infermieri, valutando poi negativamente le cure infermieristiche ricevute (Davis, 2005) (Hunt, 1999).
I risultati che abbiamo ottenuto ci hanno gratificato e hanno stimolato l’intera equipe assistenziale a migliorare ulteriormente la presa in carico degli assistiti.
 

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Bibliografia

– Al-Rawajfah OM (2014) Infection control practices among intensive care unit registered nurses: a Jordanian national study. Nurs Crit Care.
– Davis LA (2005) A phenomenological study of patient expectations concerning nursing care. Holist Nurs Pract., 19(3):126-33.
– Cohen, M.Z., Kahn D., Steeves R., Hermeneutic Phenomenological Research: A Practical Guide for Nurse Researchers. 2000, Thousand Oaks, CA: Sage Davis LA (2005) A phenomenological study of patient expectations concerning nursing care. Holist Nurs Pract., 19(3):126-33.
– Giakoumidakis K, Eltheni R, Patelarou A, Patris V, Kuduvalli M,Brokalaki H (2014) Incidence and predictors of readmission to the cardiac surgery intensive care unit: A retrospective cohort study in Greece. Ann Thorac Med., 9(1):8-13.).
– Guirardello E.B, Romero-Gabriel C.A, Pereira I.C, Miranda A.F (1999) The patients' perception during their stay in the intensive care unit. Rev Esc Enferm USP., 33(2):123-9,
– Hunt JM (1999) The cardiac surgical patient's expectations and experiences of nursing care in the intensive care unit. Aust Crit Care., 12(2):47-53
– Polit D.F and Beck CT. (2014) Essentials of nursing research. 8th ed. Philadelphia: Lippincott Williams & Wilkins.
– Simeone S, Savini S, Cohen MZ, Alvaro R, Vellone E (2014) The experience of stroke survivors three months after being discharged home: A phenomenological investigation. Eur J Cardiovasc Nurs.
– Vellone E, Piras G, Venturini G, Alvaro R, Cohen M.Z (2012) The experience of quality of life for caregivers of people with Alzheimer's disease living in Sardinia, Italy. J Transcult Nurs., 23(1):46-55.