La percezione di infermieri stranieri sul processo di integrazione professionale nel territorio parmense


Uno studio condotto da Fortunato nel 2012 evidenzia quanto il fenomeno dell’ “immigrazione infermieristica” sia un dato numericamente rilevante in Italia e più in particolare in Emilia Romagna. Tuttavia, sempre per quanto riguarda la situazione italiana, non sono stati rilevati studi di tipo qualitativo inerenti a questo fenomeno. Come riporta la revisione bibliografica condotta da Kawi e Xu (2009), la maggior parte delle ricerche qualitative inerenti questo ambito sono state condotte nel Regno Unito (41%), Usa (31%), Canada (14%), Australia (10%) e Islanda (3%), e da queste emerge come il processo di integrazione sia un fenomeno complesso e per nulla scontato, irto di insidie e barriere culturali che ne impediscono la buona riuscita, con conseguenze negative sulla qualità dell’assistenza e sul lavoro di equipe. Partendo da queste considerazioni si può comprendere la necessità di esplorare le esperienze degli infermieri stranieri riguardo la loro integrazione nel nostro contesto lavorativo, e da queste estrapolare il loro vissuto sulle complicanze e difficoltà incontrate. Lo scopo quindi di questa indagine è stato quello di esplorare, approfondire e descrivere le esperienze e i punti di vista di infermieri stranieri che lavorano nel territorio di Parma, vertendo in particolare su due aree di interesse:

  • Positività: esperienze e fattori positivi inerenti all’integrazione e all’ambientamento professionale.
  • Criticità: esperienze e fattori negativi inerenti all’integrazione e all’ambientamento professionale.


Cosa dicono gli infermieri stranieri

Come gruppo di riferimento per condurre l’indagine è stato scelto un gruppo di dodici infermieri stranieri assunti ed impiegati nel territorio parmense, con almeno un anno di attività lavorativa nel proprio paese di origine.

Lo strumento scelto per l’indagine è stata l’ intervista aperta e in profondità con ognuno dei partecipanti. L’intervista non è stata strutturata poiché la vera natura dell’indagine fenomenologica fa emergere le domande mano a mano che il fenomeno viene compreso da chi conduce l’indagine. Il metodo seguito per le interviste è stato quello di Van Manen (1990), attraverso un’unica domanda di riferimento:

Mi parli del suo ambientamento e della sua esperienza professionale da quando si è trasferito/a in questo ambiente lavorativo.”

Le interviste sono state condotte in luoghi a discrezione degli intervistati e sono state ascoltate, registrate e trascritte parola per parola. I risultati ottenuti dall’analisi delle interviste trascritte hanno rivelato in totale sette temi, tre inerenti l’ambito delle positività e quattro inerenti l’ambito delle criticità relative all’ esperienza professionale degli infermieri stranieri nel loro processo di ambientamento.

POSITIVITA’:

Supporto psicosociale. La stragrande maggioranza dei partecipanti ha trovato supporto soprattutto dai colleghi di lavoro, grazie ai quali si sono ambientati più facilmente nel nuovo contesto culturale e professionale. Molti infermieri stranieri testimoniano anche un ottimo rapporto coi pazienti, riconosciuti in alcuni casi come supporto motivazionale e come vere e proprie risorse per l’integrazione culturale e l’apprendimento linguistico. Alcuni partecipanti citano come elemento di supporto la presenza di infermieri connazionali già presenti e ben integrati nel nuovo ambiente lavorativo.

Opportunità di arricchimento culturale. Molti degli intervistati hanno visto l’inserirsi in una nuova cultura con tutto quello che ne consegue, come un’opportunità di apprendimento. L’apprendimento include soprattutto la conoscenza di una nuova lingua e di nuovi costumi ed usanze, mentre include in minor parte conoscenze relative alla prassi assistenziale (nuove tecnologie).

Etica positiva del lavoro. In generale i partecipanti in risposta alle difficoltà di integrazione inizialmente incontrate hanno lavorato con grande impegno e perseveranza, affidandosi anche e soprattutto all’esperienza sviluppata lavorando nel loro paese. Il lavorare duramente ha anche accelerato l’apprendimento della lingua e delle differenti pratiche assistenziali, oltre che aver contribuito allo sviluppo di un ruolo assertivo basato sulla mediazione. Questa etica positiva del lavoro è anche supportata da motivazioni quali il mettere alla prova se stessi ed ottenere riconoscimento e gratificazioni.

CRITICITA’

Difficoltà di linguaggio e comunicazione. Tutti i partecipanti all’indagine hanno evidenziato un grosso ostacolo comunicativo, non solo legato alla semplice conoscenza della lingua: differenze nell’accento, terminologia, modi di dire e dialetti. Soprattutto per quanto riguarda battute, dialetti e modi di dire, molti infermieri stranieri hanno considerato una sfida ancora più ardua la comprensione di questi. Anche l’assenza di mimica e gestualità (come nelle conversazioni telefoniche) aumentano lo stress e il timore di incomprensioni. Altri ostacoli relativi alla comprensione del linguaggio comprendono sicuramente il contrasto tra la “vita famigliare” e la “vita professionale” di questi infermieri, poiché mentre sul posto di lavoro cercano di imparare nuovi linguaggi e nuove usanze, una volta tornati in famiglia riprendono a parlare nella loro lingua madre, facendo ancor più fatica a conciliare il nuovo stile di vita con il vecchio.

Diseguaglianze e pregiudizio razziale. Alcuni infermieri stranieri intervistati riportano episodi di sfiducia nei loro confronti e rifiuto delle cure soprattutto da parte dei parenti dei pazienti, rifiuti legati alla differente appartenenza etnica. Tre partecipanti allo studio riportano anche episodi di isolamento e diffidenza anche da parte di colleghi di lavoro, situazioni che provocano emozioni di emarginazione e senso di inadeguatezza.

Differenze nelle pratiche assistenziali. La totalità dei partecipanti all’indagine una volta giunti nel nuovo contesto operativo, realizzano un grandissimo contrasto tra le loro aspettative di lavoro e ciò che effettivamente viene loro richiesto. Molti lamentano una minor qualità della formazione professionale, e quindi minor autonomia nelle pratiche assistenziali, a molti di loro non è legalmente permesso effettuare certe procedure che svolgevano normalmente nel loro paese di provenienza, il che li porta a sentirsi svalorizzati e poco apprezzati. Altri esempi citati sono l’elevata anzianità dei pazienti, che si collega anche ad un minor coinvolgimento della famiglia del paziente rispetto al loro paese di origine. Un altro fattore importante riportato è la frammentazione del lavoro assistenziale, correlato anche all’esecuzione di lavori strettamente fisici e manuali (es: igiene del paziente) e ad una maggior attività burocratica, frammentazione del lavoro che porta spesso a trascurare la parte relazionale del rapporto di cura col paziente.

Inadeguate opportunità di crescita professionale. Tra gli infermieri stranieri che hanno partecipato all’indagine è opinione diffusa che vi siano scarse o inadeguate opportunità di crescita e sviluppo professionale, questo perché non vi sono sufficienti incentivi in quanto i costi di eventuali specializzazioni o tipi di formazione post-laurea sono ritenuti molto elevati e non congrui a quelli che sono poi i riconoscimenti e le valorizzazioni di questi, ad eccezione di figure prettamente gestionali/manageriali, come il case manager o il coordinatore/ coordinatrice infermieristico/a.

Conclusioni
Nel complesso dai dati emersi si può denotare una prevalenza di criticità correlate soprattutto a temi come il mancato riconoscimento professionale, un ruolo marginale o “tappabuchi” e la mancanza di autonomia. Gli aspetti positivi sono invece legati agli ambiti relazionale e motivazionale.

I limiti di questa indagine sono legati agli strumenti utilizzati che non consentono l’espressione di risultati quantificabili e generalizzabili, e in parte dalla scarsa disponibilità di tempo e risorse che hanno portato alla selezione di un gruppo piccolo e non rappresentativo. Tuttavia dal confronto con la letteratura si può evincere come i risultati ottenuti siano sovrapponibili a quelle evidenziati in lavori condotti in altri paesi.

In questo lavoro per quanto riguarda i fattori favorenti l’ambientamento emergono novità quali il citare non solo i colleghi connazionali ma anche i colleghi del paese ospitante e soprattutto i pazienti, indicati come vera e propria fonte di motivazione e aiuto.

Per quanto riguarda i fattori ostacolanti invece la principale novità o se vogliamo differenza risiede nel tema inerente alle opportunità di crescita professionale: mentre negli studi afferenti soprattutto nei paesi anglosassoni la scarsa possibilità di crescita professionale è correlata a pregiudizi razziali negativi, in Italia questo fenomeno riguarda tutti i professionisti, non solo quelli stranieri. Il motivo alla base quindi è strutturale, il poco o nullo riconoscimento attribuito ad esempio a master o specializzazioni post laurea non è legato a pregiudizio razziale nel confronto degli infermieri stranieri, ma è legato a tutto il contesto lavorativo italiano e coinvolge quindi tutti gli infermieri.

Dai risultati di questa indagine appare dunque evidente come l’ambiente sanitario lavorativo nel quale gli infermieri stranieri si sono integrati ed immersi ha creato alcuni problemi ed alcune sfide, e come tali, hanno influenzato la loro opinione e percezione del contesto lavorativo locale. Oltre a costituire un’importante presenza in termini numerici nel nostro sistema sanitario, gli infermieri stranieri vanno anche considerati come un’ulteriore risorsa potenziale non solo in termini di massa lavorativa, ma anche nel riconoscimento di aspetti culturali peculiari da considerare nell’assistenza. Appare così di grande importanza attuare strategie tali da garantire un inserimento ed un’integrazione adatte a sfruttare nella miglior maniera possibile il contributo e le risorsa che gli infermieri stranieri possono dare e possono essere. In tal senso i risultati ottenuti possono aiutare tutte le figure professionali in ambito sanitario ad avere una maggiore comprensione dei significati e delle esperienze che gli infermieri stranieri vivono ambientandosi in un contesto professionale e culturale come il nostro, e possono così anche dare un contributo nello sviluppo di ulteriori indagini nel medesimo ambito e quindi alla formazione di nuove strategie di accoglienza e supporto.
 

STAMPA L'ARTICOLO

Bibliografia

– Fortunato, E. (2012). Gli infermieri stranieri in Italia: quanti sono, da dove vengono e come sono distribuiti. L’infermiere (on-line), 1; disponibile al link: http://www.ipasvi.it/ecm/rivista-linfermiere/rivista-linfermiere-page-7.htm.
– Kawi, J. & Xu, Y. (2009). Facilitators and barriers to adjustement of international nurses: an integrative review. International Nursing Review 56, 174-183.
– Matiti, M.R. & Taylor, D. (2005). The cultural lived experience of internationally recruited nurses: a phenomenological study. Diversity in Health and Social Care, 2 (1), 7-15.
– Van Manen, M. (1990). Researching Lived Experience: Human Science for an Action Sensitive Pedagogy. State University of New York Press, Buffalo, NY.
– Withers, J. & Snowball, J. (2003). Adapting to a new culture: a study of the expectations and experiences of Filippino nurses in the Oxford Radcliffe Hospitals NHS Trust, NT Research, 8 (4), 278-290.