Premessa
Nel rapporto infermiere-assistito la relazione assume un ruolo fondamentale: quando nella relazione d’aiuto si applica il processo di embodiment, cioè il conoscere l’altro e le affezioni del suo corpo attraverso il proprio corpo, si creano i presupposti per la costruzione di efficaci ponti relazionali che, da un lato, possono stimolare il paziente all’autoefficacia e dall’altro indurre l’operatore all’erogazione d’interventi mirati e personalizzati (Mele S, 2010). L’umanizzazione delle cure così come il benessere organizzativo non possono perciò prescindere dalla valorizzazione del con-tatto come strumento vitale di comunicazione empatica non verbale con il paziente e più in generale con il proprio ambiente di lavoro.
L’abbraccio condiviso è un’esperienza che favorisce la relazione empatica e stimola nei soggetti coinvolti la produzione di sostanze endogene con effetti benefici per la salute (Ian Armstrong e Lena Forsell, 2012).
Quando si riceve una carezza o un massaggio si genera un aumento dell’ossitocina, degli oppioidi endogeni e della vasopressina non solo nella persona alla quale è rivolta, ma anche in chi accarezza o massaggia e questo vale anche per le persone che si abbracciano. Gli effetti che ne derivano sono diversi: sensazioni piacevoli, abbassamento della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e respiratoria, una sostanziale riduzione dello stress accompagnata da uno stato di rilassamento. Nello specifico l’ossitocina rallenta l’attività delle ghiandole surrenali deputate alla produzione di ormoni dello stress e nel tempo stesso ne modula i comportamenti, tende cioè a creare calma, rilassamento nella persona ed effetti pro-sociali (Bottaccioli F, 2005; Benedetti F, 2012; Gimpl G e Fahrenholz F, 2001; Uvnas-Meoberg K, 1998; Uvnas-Meoberg K, 2003; Bielsky If e Hu S-B et al., 2004; Huber D, Veinante P and Stoop R, 2005).
Attraverso un miglioramento della relazione d’aiuto che includa un “toccare” l’assistito in modo rispettoso e terapeutico, gli operatori sanitari, possono migliorare la qualità dell’assistenza erogata, aumentare l’aderenza terapeutica, creare un clima più sereno di lavoro.
Nell’abbraccio i soggetti coinvolti esperiscono emozioni, pensieri, parole e sensazioni riconducibili sia al momento stesso sia a esperienze vissute nel passato. Toccare è comunicare a tutti gli effetti, è accogliere l’altro riconoscendolo nella sua individualità e nel suo esistere (Montagu A, 1989). Se nell’abbraccio esiste intenzionalità, il contatto con il corpo del malato si trasforma in un’occasione di riconoscere e incontrare non un corpo, ma una soggettività (Van Der Bruggen H, 1977). Attraverso l’abbraccio il professionista sanitario lavora sulla comunicazione non verbale cinestesica: parla tramite il linguaggio corporeo e psicomotorio, in grado di entrare in comunicazione diretta con le strutture originarie della personalità senza passare attraverso il discorso verbalizzato che non raggiunge facilmente gli stati profondi della personalità (Guerraz E, 2009). Non si può abbracciare un corpo separato dalla sua mente, dalla sua storia, dalle sue passioni e dalla sua biografia.
La nostra esperienza
Il 12 maggio 2013, in occasione della Giornata internazionale dell’infermiere, l’Azienda ospedaliera Città della salute e della scienza di Torino (presidio Molinette) ha ospitato per la prima volta l’evento “Un abbraccio che avvicina” realizzato in collaborazione con gli operatori di Tocco Armonico® (Tabella 1), l’Ufficio relazioni pubbliche delle Molinette, l’Università degli Studi di Torino, il Corso di Laurea in infermieristica e la Rete Euromediterranea per l’umanizzazione della medicina.
Il personale coinvolto ha regalato un abbraccio agli assistiti, ai familiari, ai visitatori e ai colleghi. L’iniziativa si è rivelata un’esperienza intensa e coinvolgente: le persone abbracciate hanno dimostrato notevole apertura e gradimento. Inaspettata e allo stesso tempo sorprendente è stata la grande disponibilità all’abbraccio accompagnata da momenti di spontanea condivisione di storie di vita.
Ogni abbraccio è stato caratterizzato da sguardi intensi, parole di vicinanza, sorrisi, lacrime, silenzi-parlanti e profonda emozione.
Questa esperienza ha piacevolmente impressionato ed emozionato non solo gli operatori, ma i pazienti e i loro familiari. In alcuni casi, i parenti stessi hanno espressamente richiesto gli abbracci per i familiari ricoverati considerandolo un dono prezioso per apportare sollievo nella sofferenza.
Il segno che ha lasciato questa esperienza è stato espresso dagli altri abbracci avvenuti nei giorni successivi l’evento e che hanno influito positivamente il clima lavorativo e assistenziale nei reparti coinvolti e nei corridoi dell’ospedale.
Ancora oggi, a distanza di tempo, gli operatori che hanno partecipato all’iniziativa continuano a salutarsi con un abbraccio e a ricordare con grande emozione la giornata dicendo “quando lo rifacciamo?”
Anche uno degli addetti alla sorveglianza solitamente ritroso ai sorrisi e alle manifestazioni di vicinanza agli operatori dopo l’evento “un abbraccio che avvicina”, ha iniziato a sorridere e ad ammiccare agli operatori che hanno preso parte alla giornata quasi volesse dire “Ci diamo un altro abbraccio?”
Alcuni vissuti
Una collega ha raccontato: “Il 12 maggio 2013, abbracciare i pazienti, i loro famigliari, i miei colleghi o semplicemente persone che non conoscevo, mi ha trasmesso molte emozioni, mi ha commossa e mi ha dato uno spunto di riflessione: ogni giorno entro nella mia realtà lavorativa e mi calo nel mio ruolo professionale; mi occupo di sintomi, di sofferenza, di bisogni e di malattia, somministro farmaci, pianifico interventi e mi siedo ad ascoltare le difficoltà dei miei pazienti, ma oggi regalando un abbraccio mi è sembrato che avvenisse qualcosa di più profondo: non eravamo più infermiera e paziente, ma due persone che avevano creato una relazione empatica in maniera immediata, naturale e spontanea”.
Grazia, una paziente, il giorno successivo ha detto: “Oggi, ho capito ancora di più il significato di “Un abbraccio che avvicina: “… mi stavano dicendo che non avevo più molto da vivere, che non sarei potuta guarire; guardavo i volti di circostanza degli specializzandi intorno al mio letto, degli estranei per me e mi chiedevo cosa ci facessero lì in quel preciso momento di dolore per me. L’unico istinto è stato quello di prendere la mano di Giuseppe, uno degli infermieri che mi aveva abbracciato e fatto anche il massaggio Tocco Armonico® in precedenza. In quell’istante, è stato il mio solo appiglio, l’unica persona che mi rappresentasse qualcosa di familiare e l’unico professionista che sentivo veramente di volere vicino”.
A distanza di qualche settimana, due infermieri partecipanti all’evento sono andati a trovare Grazia in Hospice e nonostante fosse dispnoica e provata dalla malattia, i familiari li hanno invitati ad entrare in stanza accogliendoli con grande emozione. Nonostante fosse stata lucida a tratti, li ha riconosciuti e incoraggiati ad abbracciarla nuovamente per trovare conforto, sollievo, piacevolezza e vicinanza attraverso quel contatto.
Conclusioni
Da quanto descritto si evince che il contatto corporeo correlato a una relazione d’aiuto mirata favorisce un cambiamento terapeutico. Esso deve quindi avvenire all’interno di un processo relazionale caratterizzato da un approccio empatico: il contatto attivo nei processi di caring incrementa in modo naturale l’empatia.
Le mani dell’operatore sanitario, quando si prende cura dell’assistito, esprimono un linguaggio proprio che può trasmettere una variegata gamma di messaggi: da quelli più discriminanti ed escludenti a quelli più accoglienti e di sostegno. Le mani nel contatto corporeo diventano parlanti e il corpo del soggetto ricevente diventa particolarmente captante. Un corpo toccato da un’altra persona, può aprirsi o chiudersi all’esperienza multisensoriale del contatto.
Occorre indirizzare le mani verso un linguaggio autentico per oltrepassare i tabù culturali legati alla corporeità e permettere esperienze relazionali di pura condivisione umana. Il tocco corporeo induce nell’altro trasformazioni a livello organico e psico-emozionale accrescendo il senso di benessere psicofisico.
Nel 2001, Gerard Leleu ha dichiarato: “Il contatto corporeo oltre che un piacere è un vero e proprio linguaggio. Gli esseri comunicano con la voce e lo sguardo, ma quando sentono il desiderio di approfondire un rapporto, questi sensi diventano troppo poco. Solo con il contatto si ha la prova tangibile, palpabile della vicinanza, della comunicazione: si ha la sensazione di essere vivi, di essere desiderati”.
Tabella 1 – Il Tocco Armonico® |
Si tratta di un tocco dolce, sensibile, lento e molto riequilibrante, espressione di un’attività manuale attenta al benessere olistico della persona il cui ideatore è un Infermiere di nome Enzo D’Antoni. Produce, in chi lo riceve, un profondo rilassamento con immediati benefici a livello psichico, fisico ed emozionale. Favorisce un sentire intelligente dove la percezione dell’altro è emotivamente densa ed empatica divenendo uno strumento utile a favorire la relazione d’aiuto: trasmette fiducia, calma, migliora la capacità di adattamento del paziente al distress psico-fisico, favorisce il controllo di alcuni sintomi dolorosi e fastidiosi e promuove l’autoaccettazione. Il Tocco Armonico® è una tecnica di massaggio basata sulla consapevolezza e la capacità di dirigere le energie vitali della persona ricevente: i movimenti della mano esplorano e seguono quelli che nel Tocco Armonico® si chiamano Percorsi energetici, ossia“sentieri sensoriali” che il corpo del ricevente esprime al massaggiatore affinché li esplori e li percorra per creare cambiamenti benefici alla salute della persona stessa. Inoltre, a differenza di altre tecniche di massaggio, dopo una seduta di Tocco Armonico®, l’operatore non si ritrova esausto, ma con uno stato energetico riequilibrato. |