Le competenze dell’infermiere in contesto di cooperazione internazionale


Nell’ultimo trentennio la speranza di vita, su scala mondiale, è aumentata di sette anni. Con l’incremento della speranza di vita si sono accentuate le disuguaglianze sanitarie tra i diversi paesi e all’interno degli stessi, relativamente a differenze economiche, etniche e di genere. Più di un miliardo di persone, nel mondo, non beneficia dei progressi della scienza in campo medico e in essi l'aspettativa di vita è diminuita (World health organization, 2012). Nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo, le risorse deputate alla gestione della salute dipendono in gran parte da finanziamenti esterni, allo stesso modo di quanto utilizzato per la gestione progetti di bonifica, costruzione impianti idrici e sistemi fognari. La mancanza di continuità nell’erogazione di tali fondi impedisce di mettere a punto strategie sanitarie a medio e lungo periodo (Pietragrande, 2012).
Coerentemente alle strategie internazionali di lotta alla povertà, la salute occupa un posto prioritario nelle politiche di sviluppo; nonostante ciò, alcune problematiche sembrano accantonate, quali la debolezza dei sistemi sanitari dei paesi in via di sviluppo, l’aumento delle malattie croniche e l’assenza di una ricerca continuativa in ambito medico-scientifico (Pietragrande, 2012).
Il 2015 sarà l’anno di chiusura degli obiettivi fissati nella Dichiarazione del millennio: lotta alla povertà e alla fame, riduzione della mortalità infantile, lotta all’Aids e alle altre malattie infettive, miglioramento della salute materno-infantile (Ministero affari esteri, 2012). Al raggiungimento di tali obiettivi collaborano Organizzazioni non governative (Ong), Onlus e Associazioni di volontariato che operano in contesti di cooperazione internazionale. Le risorse umane sono certamente la principale forza della cooperazione: operatori che, in possesso di specifiche competenze, lavorano, talvolta, in contesti difficili a promozione di salute e sviluppo. Tra le figure che operano in progetti di promozione della salute, l’infermiere riveste un ruolo fondamentale ed è per tale ragione che si rende necessario identificarne le competenze specifiche in tale ambito. Considerando la complessità e la variabilità del contesto in cui opera, tali competenze, intese come la capacità di raggiungere un obiettivo, applicando conoscenze e abilità (Benner, 2003), garantiscono il raggiungimento di standard di qualità. Se la persona competente deve essere in grado di contestualizzare la propria azione professionale (Alberici, 2008), la capacità di mediazione con il contesto in cui si opera, con l’organizzazione, con il gruppo di lavoro diventa competenza essenziale in cooperazione internazionale.

Le competenze infermieristiche in cooperazione
Considerando le specificità del contesto di cooperazione internazionale, si è provato a riflettere sulle competenze necessarie all’infermiere che vi lavora, coinvolgendo professionisti che hanno avuto esperienza sul campo. Grazie alla collaborazione di tre Ong e tre Onlus italiane, ai professionisti di cui sopra è stato inviato un questionario già utilizzato in ricerche precedenti (Giannetto et al., 2008), ma riadattato alle esigenze dello studio. Su un totale di ottantasette questionari, ne sono rientrati quarantadue.
La maggior parte degli infermieri che ha collaborato all'indagine è di genere femminile (76% versus il 24% degli uomini). La principale ragione che porta l’utenza locale al servizio facente parte del progetto di cooperazione è l’assistenza di base (31%), seguita da richieste di educazione/prevenzione (27%), malnutrizione (17%), assistenza chirurgica (16%), ferite da arma da fuoco/bombardamento (7%), violenze sessuali (2%). Gli infermieri che hanno indicato come prima ragione d’accesso l’educazione hanno specificato che generalmente svolgono attività di formazione professionale e sul percorso materno-infantile (Grafico 1).

Grafico 1 – Principali ragioni di accesso ai servizi di cooperazione
Grafico 1 - Principali ragioni di accesso ai servizi di cooperazione

Relativamente alla gestione delle malattie trasmissibili, la predominanza riguarda le infezioni intestinali (26%), la tubercolosi (19%) e la malaria (17%); seguono le malattie della pelle (11%) e Hiv/Aids (9%) (Grafico 2).

Grafico 2 – Principali malattie trasmissibili nei confronti delle quali si interviene
Grafico 2 - Principali malattie trasmissibili nei confronti delle quali si interviene

Su tali patologie la maggior parte degli interventi risulta finalizzata al trattamento terapeutico (46%) e alla diagnosi (25%); solo in minima parte riguarda la raccolta dei dati epidemiologici (3%) (Grafico 3).

Grafico 3 – Finalità interventi maggiormente effettuati nei confronti delle malattie trasmissibili
Grafico 3 – Finalità interventi maggiormente effettuati nei confronti delle malattie trasmissibili

La maggior parte degli interventi infermieristici è relativa alla gestione delle malattie croniche dell’apparato respiratorio (32%), alla malnutrizione (31%), alle malattie osteoarticolari (13%) e alle malattie cardiovascolari (11%) (Grafico 4).

Grafico 4 – Principali condizioni patologiche trattate
Grafico 4 - Principali condizioni patologiche trattate

Fra le prestazioni svolte dagli infermieri, quella praticata con maggiore frequenza è la somministrazione di terapie e vaccini (28%); seguono le medicazioni semplici (18%), il controllo dei parametri (14%), le medicazioni complesse (13%), le iniezioni (11%), l’assistenza in sala operatoria (10%), i prelievi (5%), la rimozione dei punti di sutura (1%). Una netta predominanza (79%) dichiara di svolgere interventi di educazione sanitaria: rivolta a gruppi di persone (64%) o a favore di singoli (36%). La maggior parte degli interventi riguarda l’alimentazione e la salute in generale (23%), l’utilizzo di terapie per Hiv/Aids (20%), la gestione del bambino (17%), la gestione del neonato (14%), procreazione/contraccezione e gravidanza/parto (11%), problemi legati all’invecchiamento (4%). Il 55% degli infermieri riferisce di coinvolgere “spesso” la persona nella soluzione dei problemi; il restante 45% che lo fa “qualche volta”.
Più della metà degli infermieri (55%) ritiene necessaria, nella prima presa in carico della persona, la gestione della complessità relazionale correlata alla percezione del problema di salute. A questo suggerimento segue la gestione della complessità relazionale legata alla diversità culturale (14%), la capacità di triage (12%) e la valutazione delle priorità della persona (12%). Solo in minima parte vengono indicati la necessità di conoscere i criteri di classificazione del problema di salute e le risorse messe a disposizione dal posto in cui si opera (5%).
La maggior parte degli infermieri (68%) dichiara una maggiore importanza della relazione nell’ambito della cooperazione, rispetto ad altri contesti; un terzo (38%) riferisce medesima importanza, solo il 2% considera una maggior importanza della relazione nei contesti di lavoro ordinari. Il 74% sottolinea l’importanza di competenze relazionali avanzate in ambito di cooperazione. La netta predominanza (90%) dichiara la necessità di competenze avanzate per poter lavorare efficacemente in équipe; tra queste il 60% fa riferimento a competenze specifiche per il lavoro in équipe multiculturale, il 37% al lavoro in équipe multidisciplinare, mentre la capacità di attivare e garantire percorsi assistenziali complessi è segnalata dal 3% del campione.
Quasi la totalità degli infermieri (98%) pensa sia importante una propensione personale alla specificità del contesto; di questi, il 45% fa riferimento alla capacità di adattamento/flessibilità; il 22% alla capacità di lavorare in condizioni di stress; il 13% indica il possedere buone doti comunicative. La disponibilità di permanenza all’estero per un periodo superiore ai sei mesi è indicata dal 7% del campione. Un ulteriore 13% di infermieri che ha scelto l’opzione “altro” ha specificato il rispetto e la conoscenza delle culture, una spiccata capacità di osservazione e il saper ascoltare.
È importante segnalare che più della metà degli infermieri (57%) afferma di aver svolto attività richiedenti competenze avanzate, in situazioni di emergenza e/o in assenza del medico/chirurgo: trattamento di patologie in sala operatoria, trattamento di ferite da arma da fuoco, gestione di ustioni di terzo/quarto grado, attività di diagnosi (piccole diagnosi differenziali quali enteriti/gastroenteriti piuttosto che addome acuto), somministrazione di terapia senza indicazione medica, riduzione di fratture con confezionamento di apparecchio gessato, assistenza al parto in contesto rurale (36%). Il 16% dichiara di aver svolto attività manageriali, pur non essendo in possesso di una preparazione o di un’esperienza specifica: approvvigionamento di risorsa e logistica, pianificazione dei turni di lavoro, gestione del materiale, corsi di formazione professionale e di primo soccorso per volontari autoctoni, gestione di una farmacia ospedaliera, apertura e supervisione di un centro nutrizionale, attivazione di misure di potabilizzazione dell’acqua per epidemie, quali il colera, e organizzazione di strategie condivise dalla popolazione per evitare il contagio. Due infermieri (5%) si sono cimentati nel ruolo di mediatore culturale e politico durante i conflitti e in caso di disastri naturali, prendendo accordi con i governi locali e con i dirigenti Onu.
Tutto gli infermieri dichiarano l’importanza della conoscenza di almeno un lingua straniera, preferibilmente inglese e francese.

Conclusioni
Gli utenti accedono ai servizi di cooperazione per assistenza di base (31%); agli infermieri sono richieste con maggior frequenza terapie e iniezioni (39%), medicazioni semplici e complesse (31%). I colleghi suggeriscono essenziale una predisposizione personale (98%) e capacità gestionali che vanno oltre il proprio ruolo (36%). Capacità di adattamento e flessibilità diventano, comprensibilmente, l’elemento principale se si considera la complessità del contesto, relativa non solo alla differenza di lingua e cultura, ma anche alla situazione di paese di guerra o post-calamità. L’esperienza clinica ha un’elevata importanza, tant’è che la maggioranza del campione lavora da diversi anni e ha all’attivo diverse esperienze in specifico contesto di cooperazione.
Competenze relazionali avanzate sono considerate necessarie per il 74% degli operatori, sia per la gestione del lavoro in équipe multidisciplinare e multiculturale, sia per la gestione del paziente: il 70% dà la priorità alla capacità di gestire la complessità relazionale (legata alle diversità di lingua e culturale di percezione del problema di salute), come competenza necessaria nella prima presa in carico della persona. Oltre a queste considerazioni, si suggerisce una riflessione sull’importanza della relazione in ambito educativo, in cui opera il 79% degli infermieri, con un’attenzione all’empowerment per il 55%.
Complessivamente, emerge la necessità di conoscenze di elementi di igiene e sanità pubblica, dell’organizzazione socio-politica e sanitaria del paese e della cultura di riferimento (tradizioni, medicina locale, correlati concetti di salute/malattia), oltre a padronanza di almeno una lingua straniera (inglese/francese).
Tra le competenze avanzate suggerite emerge la capacità di: organizzare e gestire gli accessi alla rete di servizi, raccogliere ed elaborare dati, gestire l’approvvigionamento, non solo di farmaci, ma anche di scorte alimentari e altre risorse di vario genere, collaborare alla supervisione dei centri di salute locali, gestire un budget e programmare/gestire progetti specifici (ad esempio programmi di vaccinazione, controllo malattie trasmissibili, igiene ambientale, campagne contro gli abusi sessuali, gestione emergenze sanitaria in caso di guerre o calamità naturali). Tra le competenze di cui sopra, risultano elementi richiesti da Ong e Onlus nel reclutamento degli operatori, ma è necessario puntualizzare che molte di queste vengono acquisite nei percorsi di formazione post-base.
 

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Bibliografia

– Alberici A (2008). Approccio biografico e formazione riflessiva per lo sviluppo delle competenze in sanità. FOR, 77, 82-87.
– Benner P (2003). L’eccellenza nella pratica clinica dell’infermiere. Calamandrei C, Rasero L (edizione italiana a cura di), Milano: McGraw-Hill.
– Giannetto M S, Gradellini C, Fornaciari R (2003). Il ruolo dell’infermiere negli ambulatori dedicati all’assistenza sanitaria per stranieri. Management Infermieristico, 4, 5-10.
– Ministero degli affari esteri (2012). Contesto internazionale della cooperazione (Internet). Consultato il 10 settembre 2012, disponibile all’indirizzo: http://www.ministerodegliaffariesteri.it.
– Ministero degli affari esteri (2012). Forum della cooperazione internazionale (Internet). Consultato il 15 ottobre 2012, disponibile all’indirizzo: http://www.misterodegliaffariesteri.it/ForumCooperazione.
– Pietragrande E (2012). Indagine sulla cooperazione sanitaria internazionale delle Regioni italiane (Internet). Consultato il 28 agosto 2012, disponibile all’indirizzo: http://www.cespi.it.
– World health organization (2012). World health report (Internet). Consultato il 10 settembre 2012, disponibile dal sito: http://www.who.int.