L’utilizzo della tassonomia Nanda nella pratica clinica: Reggio-Emilia e Tarragona a confronto


La pianificazione assistenziale permette di affrontare in modo coerente e sistematico i problemi della persona e accompagna il professionista nell’assunzione di decisioni per il raggiungimento di specifici obiettivi, in un’ottica di presa in carico personalizzata. Non è quindi solo vantaggiosa per l’operatore, permettendogli di lavorare in sicurezza e rispettare gli standard, ma anche per la persona assistita, che in tal modo è garantita circa il coinvolgimento, la qualità e la continuità nelle cure.
L’utilizzo di una tassonomia permette di definire la specifica competenza professionale, fare riferimento a un determinato problema, eliminare ambiguità, condurre ricerche: ad oggi quella più utilizzata nel mondo è la North american nursing diagnosis association (Nanda). Nonostante tali indiscutibili vantaggi, l’adozione di una tassonomia nella pratica clinica resta un argomento molto discusso, anche in letteratura: tra gli aspetti criticati emerge la percezione di una maggiore convenienza nell’utilizzo delle diagnosi mediche, come linguaggio condiviso, sebbene poi i medesimi riconoscano che le diagnosi infermieristiche (Di) permettono di descrivere il problema dell’assistito in maniera più completa (Carpenito, 2006). Molti infermieri concordano sul fatto che le Di portino benefici all’assistenza, primo fra tutti il miglioramento della sua qualità, sebbene sussista, come limite riconosciuto, la scarsa praticità del sistema informatico utilizzato e la scarsa preparazione del personale (Furuya et al, 2011).
Da qualche anno, in Italia e in altri Paesi, alcune realtà operative hanno avviato percorsi di sperimentazione della tassonomia nella pratica quotidiana. L’Azienda Santa Maria Nuova di Reggio-Emilia, grazie al progetto Iside (Analisi del processo assistenziale delle diagnosi infermieristiche) ha introdotto la tassonomia Nanda-Nic-Noc in alcune unità operative dell’ospedale: tra queste la Medicina III ha partecipato col coinvolgimento di infermieri, coordinatore e tutor clinico universitario, che ha gestito la formazione e l’addestramento del personale infermieristico, come previsto dal progetto aziendale. Dopo una formazione sul campo, si è deciso di iniziare l’implementazione di una diagnosi, Dolore cronico, attualmente in uso sperimentale.
Nell’ospedale Sant Joan XXIII di Tarragona, le diagnosi infermieristiche sono state introdotte nel 2006 con l’implementazione di pianificazioni assistenziali informatizzate. Prima di inserirle nel contesto lavorativo, gli infermieri hanno seguito un corso di formazione di circa un anno, che ha permesso loro di utilizzare il programma informatico mirato Gazela. Nel servizio di Pediatria si utilizzano le seguenti diagnosi: Allattamento al seno efficace, Allattamento al seno inefficace, Compromissione dell’adattamento, Conflitto in rapporto al ruolo genitoriale, Intolleranza all’attività, Ipertermia, Ipotermia, Rischio di aspirazione, Rischio di infezione.

Confrontarsi: un valore aggiunto
Sfruttando questo contatto tra Italia e Spagna, si è deciso di analizzare l’utilizzo della tassonomia Nanda nella clinica, comparando due realtà che la utilizzano da tempi diversi, al fine di individuare ricadute positive, difficoltà e relative cause, suggerimenti proposti dagli infermieri.
Relativamente all’impatto gestionale ed emozionale dell’esperienza, è emerso in modo omogeneo, da entrambi i focus condotti nelle due realtà, che l’implementazione della diagnosi non ha influito in modo importante sull’aspetto gestionale, se non per il fatto di aumentare, in parte, i tempi di registrazione (“si scrive di più perché tutte le attività svolte vengono descritte”). Tra gli aspetti positivi emersi, la valutazione del dolore risulta più oggettiva: vi è un maggior coinvolgimento del paziente nel processo di assunzione di decisioni e questo comporta un aumento della consapevolezza e della gestione del dolore da parte dell’assistito stesso. In generale il paziente percepisce la qualità dell’assistenza, sentendosi più accolto e ascoltato. La diagnosi Dolore cronico permette, inoltre, la gestione del dolore in modo più efficace e garantisce la personalizzazione degli interventi.
Dal punto di vista gestionale le Di hanno portato a una diminuzione delle chiamate da parte del paziente dopo la valutazione e successivo intervento personalizzato sul dolore. L’utilizzo di scale di valutazione, come primo accertamento e come criterio di risultato, ha permesso non solo una precisa valutazione del dolore, ma anche una miglior gestione della terapia mirata da parte del medico anestesista. Un ultimo aspetto positivo è la maggiore omogeneità terminologica nel team.
Le difficoltà segnalate fanno riferimento all’utilizzo non immediato delle Di: richiedono un accertamento dettagliato e completo, i tempi di apertura della diagnosi sono molto lunghi e il format cartaceo utilizzato risulta poco pratico perché composto da diverse parti, che a loro volta richiedono lunghi tempi di compilazione. Nonostante ciò, viene segnalata la necessità di integrare lo strumento con altri spazi in relazione alla registrazione del percorso e dei miglioramenti della persona.
È anche emerso che utilizzare solo una Di limita la visione olistica della persona, in quanto non si accertano gli altri problemi con la stessa metodologia. Ad ora lo strumento è visionato e utilizzato solo dall’infermiere e questo è percepito come un limite. Ultimo aspetto riportato è che l’utilizzo delle Di presuppone la collaborazione del paziente, che non sempre è però possibile.
Tra le principali cause di queste difficoltà ricordiamo qui: la terminologia Nanda-Nic-Noc, percepita ancora come poco famigliare dalla maggioranza degli infermieri (fanno eccezione gli infermieri neo-laureati poiché l’hanno già utilizzata nel recente percorso di formazione); le procedure/abitudini precedenti, non sempre in linea con quanto previsto dall’utilizzo della tassonomia; la non sempre piena partecipazione dei pazienti alla parte anamnestica (“non tutti i pazienti rispondono alle domande”).
I suggerimenti degli infermieri si sono incentrati principalmente sul format utilizzato: occorrerebbero spazi bianchi per inserire ulteriori dati e l’utilizzo di un programma informatizzato che, oltre a ridurre la quantità di fogli, permetta la visione dei dati raccolti anche ad altre figure professionali. Questo porterebbe a una riduzione del tempo di compilazione, esigenza emersa tra le prioritarie.
Riferendoci agli infermieri di Tarragona, si può notare che utilizzano le Di (53%) avendole conosciute e iniziate a utilizzare nella propria formazione universitaria; il 47% degli infermieri, invece, le ha incontrate solo una volta giunti nel contesto lavorativo. Relativamente al loro utilizzo, gli infermieri di Tarragona hanno fatto riferimento al programma informatizzato Gazela: la sua caratteristica è quella di proporre, per ogni Di, i relativi Noc (obiettivi) e Nic (interventi con relative specifiche attività). Il programma prevede anche la progettazione attraverso identificazione di problemi collaborativi/complicanze potenziali.
Tra gli aspetti positivi correlati all’utilizzo delle Di, gli infermieri spagnoli hanno sottolineato l’importanza dell’utilizzo di un linguaggio condiviso: grazie alle Di emerge un miglioramento del trattamento e della cura della persona assistita, oltre a una migliore continuità assistenziale.
Le Di sono state riconosciute come valido strumento di lavoro, poiché hanno permesso lo sviluppo di percorsi assistenziali completi e personalizzati. La maggior parte degli infermieri riconosce un incremento dell’autonomia professionale.
Alcuni infermieri riportano come difficoltà il fatto che la standardizzazione delle Di, in alcuni casi, rischia di far perde l’individualità della persona assistita. Nonostante la registrazione informatizzata, anche gli infermieri della Pediatria riferiscono, a volte, tempi lunghi nell’inserimento dei dati. Le cause di ciò devono essere ricercate nell’aumentata difficoltà di utilizzo delle Di in Pediatria, in quanto non sempre si adattano perfettamente alla complessità del bambino ospedalizzato. Altro elemento emerso è che gli interventi proposti dalla tassonomia devono spesso essere integrati perché incompleti. Un ultimo aspetto riguarda i ritmi di lavoro che non sempre permettono un adeguato inserimento dei dati nel sistema informatizzato.
Tra i suggerimenti, gli infermieri propongono: una diminuzione dei carichi di lavoro (incremento del personale); una maggiore specificità delle Di rispetto ad interventi e attività infermieristiche; una modifica dell’attuale sistema informatizzato, in moda da permettere l’aggiunta di attività specifiche, quando necessario.

Un bilancio a valle del confronto
La Medicina dichiara di aver avuto maggiori difficoltà rispetto a quanto emerso dalla Pediatria: questo è riconducibile alla differenza di tempo di utilizzo delle Di. Gli infermieri della Medicina indicano che l’utilizzo di una sola Di limita l’approccio olistico alla persona, problema che in Pediatria non si verifica in quanto l’accertamento è completo (più diagnosi utilizzate). Nonostante ciò, la Pediatria afferma che, in alcuni casi, la standardizzazione delle Di rischia di far perdere l’individualità della persona assistita; tale aspetto pare in contrasto con quanto affermato relativamente all’utilizzo delle Di con programma informatizzato, che permetterebbe lo sviluppo di piani assistenziali completi e personalizzati. Anche dalla Medicina emerge una maggior personalizzazione degli interventi, correlata al coinvolgimento della persona nella presa delle decisioni.
Non di secondaria importanza risulta essere il percepito miglioramento dell’autonomia professionale.
Entrambi i servizi presi in esame concordano sul fatto che il linguaggio è unificato e condiviso, elemento emerso anche in letteratura (Muller, 2009).
Le criticità relative agli strumenti di registrazione dati, pur diversi tra loro, sono comuni alle due realtà e confermati dalla letteratura (Furuya et al, 2011): è richiesta la possibilità di inserire ulteriori dati/interventi non previsti dallo standard.
Tra i suggerimenti degli infermieri, a miglioramento dell’utilizzo della tassonomia in clinica, si auspica la riduzione dei tempi di compilazione degli strumenti, dato che incidono sul carico di lavoro e tolgono tempo all’accuratezza dell’accertamento e alla personalizzazione dello standard.

Conclusioni
La scelta di confrontare due servizi diversi, sia dal punto di vista culturale, sia per le diverse specificità che li contraddistinguono, potrebbe risultare un limite di questo studio; tuttavia ciò ha permesso una visione più ampia rispetto all’utilizzo della tassonomia.
Nonostante le criticità riscontrate, da entrambi i contesti emerge che l’utilizzo della tassonomia ha portato un notevole miglioramento della qualità assistenziale, in termini di maggior coinvolgimento del paziente e maggiore autonomia professionale, nel rispetto degli standard scientifici; a conferma di ciò, la letteratura riporta una tendenza all’utilizzo delle evidenze scientifiche in quelle realtà in cui si utilizza una tassonomia (Da Cruz, De Mattos Pimenta, 2005).
Il perpetuarsi di momenti di confronto, non solo di addestramento/aggiornamento continuo, risulterebbe importante in entrambe le realtà, così come la revisione degli strumenti di documentazione che incidono sui carichi di lavoro e non sempre permettono un’adeguata registrazione delle attività che escono dallo standard. Considerando la complessità dell’accertamento e l’utilizzo di tali dati, anche per la prescrizione dei trattamenti potrebbe essere utile l’implementazione di un cartella clinica-infermieristica integrato.
 

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Bibliografia

– Carpenito-Moyet L J. Diagnosi infermieristiche: Applicazione alla pratica clinica. Milano, Casa Editrice Ambrosiana, 2006.
– Da Cruz D de A, de Mattos Pimenta C A (2005). Evidence-based practice applied to diagnostic reasoning. Revista latino-americana de enfermagem, 13(3): 415-22.
– Furuya R K, Gastaldi A B, Nakamura F R, Rossi L A (2011). Nursing classification system and their application in care: an integrative literature review. Revista Guacha de Enfermegem, 32(1): 167-75.
Müller-Staub M (2009). Evaluation of the implementation of nursing diagnoses, interventions, and outcomes. International Journal of Nursing Terminologies and Classification: The Official Journal of Nanda International, 20(1):9-15.
Nanda international. Diagnosi Infermieristiche. Definizioni e classificazione. Casa Editrice Ambrosiana, 2011.