La comunicazione dell’evento avverso


La comunicazione riveste un ruolo fondamentale nella storia dell’uomo. La comunicazione assume delle caratteristiche ancora più rilevanti all’interno della realtà ospedaliera: è centrale per l’efficacia dei processi di cura e per promuovere un rapporto di fiducia tra il paziente e l’équipe assistenziale.
Ma come reagiamo se il rapporto di fiducia viene messo in discussione dal senso di mancata sicurezza? Come ci comportiamo se durante un atto assistenziale commettiamo un errore e si verifica un evento avverso? Come dobbiamo comunicare l’errore? Cosa e a chi dobbiamo comunicare l’errore? E poi, è giusto comunicare un errore?
L’assioma convalidato ormai dalla letteratura sul tema è che se l’errore è in certa misura inevitabile, l’attenzione deve essere indirizzata sul sistema in cui il professionista opera, cercando di creare unità operative che rendano difficile fare cose sbagliate e, allo stesso tempo, rendano facile fare cose giuste (Catino, 2002).
In Italia, nel giugno 2011, il Ministero della salute ha pubblicato le Linee guida per gestire e comunicare gli eventi avversi in sanità, dove vengono descritte due fasi:

  • Fase 1, caratterizzata dall’analisi dell’evento per identificarne i fattori causali e/o contribuenti ed individuare le azioni utili a tutela della salute pubblica e a garanzia della sicurezza del sistema sanitario. All’interno di questa fase vengono descritte le ‘Raccomandazione per l’analisi dell’evento avverso’;
  • Fase 2, nella quale si individuano le azioni di comunicazione e di contenimento del danno e/o di ripristino, per le quali sono descritte ‘Raccomandazione per la comunicazione ai pazienti degli eventi avversi’; ‘Raccomandazione per attivare azioni di sostegno per gli operatori sanitari coinvolti in un evento avverso’; ‘Raccomandazione per la comunicazione esterna in caso di eventi avversi nelle strutture sanitarie’.

In considerazione delle riflessioni qui esposte, si è ritenuto opportuno avviare un’indagine conoscitiva focalizzando l’attenzione sulla Fase 2 e più precisamente sulle ‘Raccomandazioni per la comunicazione ai pazienti degli eventi avversi’. L’ obiettivo è stato quello di valutare la conoscenza e le principali difficoltà dei professionisti operanti presso le strutture del Presidio ospedaliero S. Giovanni Bosco – Torino nord emergenza, rispetto la modalità di segnalazione e comunicazione degli errori.

Come viene gestito nel nostro ospedale?
Attraverso l’utilizzo di un questionario appositamente predisposto, sono stati interpellati i 65 operatori (5 per struttura) operanti nei servizi del Presidio ospedaliero S. Giovanni Bosco – Torino nord emergenza, con una adesione del 92,3%. Tra i compilatori, gli infermieri risultano la categoria di professionisti maggiormente rappresentata, proporzionalmente a quanto si riscontra nei team dei servizi. L’età anagrafica evidenzia una prevalenza di operatori sanitari tra i 26 e i 35 anni.
I professionisti si sono formati sui temi del rischio clinico e della gestione e comunicazione dell’evento avverso: il 58,3% afferma di aver partecipato a corsi di formazione organizzati dall’Asl, mentre il 21,7%, pur essendo a conoscenza delle iniziative di aggiornamento, non ha potuto partecipare. Il 16,6% dichiara di non esserne venuto a conoscenza e un limitato 3,3% afferma che l’azienda in cui lavora non ha promosso corsi sul tema.
Il 41,6% dei professionisti riferisce di aver partecipato a corsi sulla gestione e comunicazione dell’evento avverso: di questi, il 76% che ha risposto in modo affermativo sono infermieri, il 20% sono medici e il 4% tecnici di radiologia, mentre ben il 58,3% dichiara di non aver partecipato a percorsi del genere.
Circa la segnalazione di un evento avverso, il 66,7% dei professionisti dichiara di seguire le indicazioni fornite dalla procedura aziendale, il 25% afferma di non sapere come comportarsi, mentre l’8,3% dichiara che non vi sono procedure aziendali.
Successivamente si è indagato se vi siano state occasioni in cui si doveva segnalare un evento avverso, e nel caso a chi e con quale modalità: i risultati ottenuti mettono in evidenza che il 78,3% non ha avuto occasione di segnalare un evento avverso, mentre il 21,6% dichiara di averlo segnalato, più precisamente a: alla Direzione sanitaria (41%), all’Ufficio gestione del rischio clinico (27,3%), al Servizio delle professioni (13,6%) e al Direttore di struttura (9%). La modalità più frequentemente usata per la segnalazione è stata per il 57,1% una procedura aziendale.
Ulteriormente si è individuato se il timore di conseguenze medico-legali rappresenti un fattore di resistenza per l’operatore: il 43,3% degli intervistati si è espresso in accordo a questa evenienza, mentre il 45% dichiara il proprio accordo solo in parte. L’11,6% ha dichiarato invece la propria contrarietà all’incidenza di questi timori.
Quale strategia può essere adottata per supportare l’operatore nel gestire al meglio il percorso della segnalazione dell’evento? Il 28% dei rispondenti centra sulla formazione, il 16% invece individua le procedure come vincenti, il 12% sceglie invece gli incontri per analizzare l’accaduto e la collaborazione. In misura più modesta sono stati indicati anche: l’anonimato, il supporto psicologico e informazioni corrette e capillari, il supporto medico-legale, l’elaborazione del vissuto negativo, l’adozione di strumenti informatici, un ambiente favorevole, una fitta rete di solidarietà tra gli operatori e i superiori, il riscontro di azioni correttive conseguenti all’evento avverso, la sensibilizzazione affinché si abbandoni una mentalità che tende a colpevolizzare, una migliore copertura assicurativa, un maggior supporto da parte dell’Ufficio gestione del rischio.
Quando poi si indaga sulla necessità di informare il paziente/parente in caso di errore o situazione in cui si è verificato un danno, il 71,6% ritiene di dover sempre informare il paziente/parente, il 16,7% riferisce di volerlo fare solo quando il danno è grave, il 10% indica invece che in caso di errore o situazione in cui si è verificato un danno, non è mai necessario informare il paziente/parente. Gli operatori che ritengono non sia mai necessario sono rappresentati per il 33,3% da medici, per il 50% da infermieri, per il 16,6% da tecnici di radiologia. Le competenze ritenute necessarie per comunicare al paziente/parente sono individuate per il 36,7% nelle capacità tecniche-comunicative, per il 14,3% nelle capacità relazionali e, a parità di percentuale, per il 10,2% nelle conoscenze tecnico-scientifiche e competenze di ruolo. La figura competente per comunicare al parente/paziente un errore vede identificato: chi è stato coinvolto nell’errore insieme ad un’altra figura di supporto (32,2%), il Direttore di struttura e il medico (24,8%), mentre il 16,5% afferma che debba essere l’infermiere. Su quali risorse aggiuntive siano risultate carenti nella propria esperienza, i rispondenti hanno individuato per il 38,8% un ambiente dedicato alla comunicazione, per il 33,3% delle competenze comunicative e per il 27,8% una figura di supporto.
Circa i fattori che causano o portano all’errore, per il 65,7% sono identificati in quelli organizzativi (carenza di comunicazione, carenza di protocolli, ruoli non chiari, volumi di attività eccessivi), per il 28,8% in fattori umani (carenza di abilità, conoscenze, difficoltà nei rapporti interpersonali); solo per il 5,4% sono in causa i fattori tecnologici (carenza di manutenzione, istruzioni operative, obsolescenza).

Un bilancio
L’indagine condotta nel Presidio ospedaliero S. Giovanni Bosco – Torino nord emergenza mette in evidenza il fatto che gli operatori, pur avendo partecipato a percorsi formativi aziendali sul rischio clinico, non hanno ancora aderito a corsi di formazione in specifico sulla gestione e comunicazione di un evento avverso. Il comportamento adottato nella segnalazione di un evento mette in evidenza la consapevolezza da parte degli operatori di seguire le indicazioni fornite dalla procedura aziendale. Una parte del campione intervistato, però, non saprebbe ancora come comportarsi: infatti, l’analisi condotta mostra in modo evidente come siano poche le segnalazioni di un evento avverso o "mancato incidente". In particolare un’ampia maggioranza dichiara di non essere mai stata coinvolta attivamente nella comunicazione di un evento. Sicuramente la paura di conseguenze medico-legali produce, in buona parte degli operatori, resistenze a segnalare l’errore.
La formazione non può essere che l’unica leva su cui agire per la diffusione delle conoscenze, sebbene sia proprio con questa e con l’esperienza che si possa arrivare a migliorare, per esempio per acquisire quelle capacità comunicative e relazionali che rappresentano il fulcro per comunicare un errore. Prescindendo dalle competenze comunicative, assume molta importanza anche l’ambiente dedicato per la comunicazione di un evento. I fattori organizzativi (carenza di comunicazione, carenza di protocolli, ruoli non chiari, volumi di attività eccessivi) sono considerati dagli operatori la principale causa di errori.
Se si vuole ottenere un cambiamento culturale, esso deve iniziare da coloro che sono chiamati a prendere decisioni strategiche, da cui poi dipende la gestione e l’organizzazione dei servizi.
 

STAMPA L'ARTICOLO

Bibliografia

– Buscemi A et al. (2009). Il risk management in sanità, Milano, Franco Angeli.
– Confortini M C, Patrini E (2006). Manuale di risk management in sanità: processi e strumenti di implementazione, Milano, Il Sole 24 ore – Sanità.
– Cinotti R (2004). La gestione del rischio nelle organizzazioni sanitarie, Roma, Il Pensiero scientifico editore.
– Ministero della salute (2011). Linee guida per gestire e comunicare gli eventi avversi in sanità. Roma.
– Poletti P (2008). La comunicazione dell’errore. Decidere in medicina. Ottobre 2008; Anno VIII, n. 5 2-4.