Il Servizio di continuità assistenziale ospedale-territorio: punti di forza e di debolezza di un nuovo percorso per la non autosufficienza


A partire dal 1° febbraio 2010, nelle Unità operative di geriatria, medicina 1, medicina 2 e ortopedia dell’ospedale “Misericordia e Dolce” di Prato è stato introdotto il Servizio di continuità assistenziale ospedale-territorio (Scaht). Si tratta di un servizio la cui attività viene svolta prevalentemente attraverso una figura infermieristica che prende il nome di Infermiere della continuità assistenziale. Questo ha un ruolo centrale: si occupa di supportare il personale della degenza nell’identificazione dei soggetti con bisogno di continuità di cure (indice di Brass); esegue una prima valutazione dei bisogni dei pazienti segnalati dal team della degenza; contatta i Mmg per segnalare l’attivazione del servizio e, in quanto facilitatore dell’intero percorso, rappresenta un punto di riferimento per pazienti e caregiver. L’attività dell’Infermiere dello Scaht viene coadiuvata da un assistente sociale, nel caso di un bisogno complesso (socio-sanitario) e da un medico di comunità per la valutazione multidimensionale.
La funzione ultima del servizio è l’individuazione del percorso da attivare al momento della dimissione: si tratta di un progetto personalizzato che viene proposto all’assistito e che può comprendere tutta una serie di risposte assistenziali, quali l’inserimento in Rsa o centro diurno, l’assistenza domiciliare, l’erogazione di contributi di cura, altro.

Quale bilancio?
Trattandosi di una prima sperimentazione, a distanza di sei mesi dall’attivazione dell’infermiere di continuità, si è proceduto ad un bilancio valutando la soddisfazione degli operatori sanitari e dell’utenza per elaborare proposte di miglioramento.
L’indagine qualitativa è stata effettuata mediante un approccio partecipativo ovvero una metodologia che implica il coinvolgimento attivo degli attori che hanno preso parte alle diverse fasi di un percorso, nel nostro caso quello della Continuità assistenziale. Un approccio “dal basso” si dimostra efficace nel migliorare la qualità dei progetti per due ragioni principali: da un lato appare chiaro che per individuare le reali esigenze dell’utenza occorre prima di tutto comprenderne il punto di vista; dall’altro lato l’approccio partecipativo crea tra gli attori un senso di appartenenza al progetto, incrementando la percezione della sua utilità e la volontà di impegnarsi per migliorarlo, fornendo ognuno il proprio contributo. Si tratta quindi di suscitare la condivisione di informazioni, percezioni, esigenze, visioni per farle diventare ‘patrimonio di progetto’. Il percorso porta, in sintesi, da un primo allineamento delle visioni ad una vera progettazione partecipativa delle strategie di intervento.
Per condurre il nostro bilancio sono stati organizzati due incontri così strutturati: il primo ha visto lo svolgimento di un focus group con alcuni infermieri dello Scaht; il secondo richiedeva la partecipazione dei caregiver di pazienti per i quali era stato attivato il servizio, strutturato sul modello del metaplan di Schnelle. La scelta del metaplan come modalità operativa è stata dettata dalla necessità di utilizzare un metodo snello e facilmente comprensibile per gli utenti chiamati ad intervenire.

Focus Group
Sono stati invitati a partecipare infermieri provenienti dalle unità operative in cui è attivo lo Scaht.
La discussione è stata guidata da due moderatori (due medici di comunità), moderatamente strutturata così da incoraggiare il libero flusso delle idee e la condivisione delle informazioni. Gli argomenti sono stati trattati in un gruppo interattivo, in cui i partecipanti erano liberi di comunicare con gli altri membri del gruppo.
Nel corso del focus group è stato chiesto agli operatori sanitari intervenuti di riferire gli aspetti positivi del nuovo servizio e di far emergere i punti per i quali la procedura risultava ancora carente: nello specifico se a loro parere il servizio appariva efficiente; come veniva percepita la figura dell’infermiere della continuità assistenziale e quali sono stati i reali cambiamenti avvenuti dall’introduzione dello Scaht.
Infine è stato chiesto se ci sono stati dei riscontri provenienti dai familiari dei pazienti, soprattutto in termini di soddisfazione e interessamento.

Metaplan
Sono stati invitati a partecipare i caregiver di sei pazienti presi in carico dallo Scaht. Essendo il metaplan una tecnica di discussione visualizzata, è stata messa a disposizione dei partecipanti una serie di materiali di lavoro: figure geometriche piane di carta, di diverso colore e dimensione, pennarelli colorati, bollini adesivi. Tutti sono stati fatti sedere in semicerchio, intorno ad un pannello di lavoro.
Il moderatore della discussione ha inizialmente spiegato la motivazione dell’incontro e definito gli obiettivi da raggiungere ovvero la necessità di conoscere il punto di vista degli utenti riguardo al nuovo percorso di continuità assistenziale nel quale sono stati inseriti, con l’intento finale di migliorare il servizio. Quindi si è occupato di illustrare ai partecipanti il percorso e di gestire il gruppo di lavoro durante tutto il percorso.
Per prima cosa i partecipanti sono stati esortati a condividere in gruppo la loro esperienza personale relativa al Servizio di continuità assistenziale ospedale-territorio, esprimendo le proprie idee ed impressioni generali a riguardo. Contemporaneamente il moderatore si è occupato di trascrivere brevemente i concetti principali espressi e le parole chiave emerse dal dibattimento su dei cartoncini, affissi poi sul pannello di lavoro.
Successivamente è stato chiesto loro di concentrare la propria attenzione prima sui punti in cui la procedura dello Scaht risulta ancora carente, in modo da far emergere gli aspetti migliorabili del percorso, poi sugli aspetti ritenuti positivi del percorso. Quindi i familiari sono stati invitati a trascrivere brevemente tali aspetti su cartoncini colorati e ad attaccarli al pannello centrale, così da renderli visibili a tutti. A questo punto si è proceduto ad aggregare le opinioni espresse in tre gruppi, attribuendo a ciascuno un titolo appropriato. Questo ha reso possibile l’individuazione delle più importanti categorie di problematiche riscontrate dall’utenza.
L’uso del pannello quale strumento di visualizzazione ha in effetti permesso al gruppo di avere sempre visibile il percorso logico della trattazione.

Dati emersi dal focus group
Dal dibattito condotto all’interno del focus group, al quale, come ricordiamo, hanno preso parte i rappresentanti degli infermieri provenienti dalle unità in cui è presente lo Scaht, sono emersi i seguenti fattori positivi:

  • la velocità con la quale il servizio interviene dopo la segnalazione è buona: viene svolta rapidamente la valutazione del caso e viene individuata subito la soluzione che più si adatta alla persona;
  • il progetto viene portato avanti con molta professionalità dagli operatori preposti. La figura dell’infermiere della continuità assistenziale è molto presente;
  • dall’attivazione del servizio si sono ridotte le giornate di degenza dei pazienti con necessità di continuità assistenziale;
  • mentre in passato era tutto lasciato in sospeso, non si sapeva a chi era affidato il paziente né a chi ci si doveva rivolgere, ad oggi lo Scaht funge da mediatore nel percorso;
  • si è ridotto il carico di lavoro degli infermieri della degenza, che non devono più occuparsi personalmente di seguire il percorso di continuità delle cure;
  • gli operatori dello Scaht agiscono da collante tra i vari professionisti, soprattutto tra il medico ospedaliero ed il medico di base;
  • il tempo impiegato per compilare l’indice di Brass è di pochi minuti.

I fattori negativi riscontrati sono stati:

  • non vi è stata risposta dalle strutture esterne per mancanza di disponibilità di posti letto e, quando queste rappresentano la migliore opzione per il paziente preso in carico, quest’ultimo si trova a dover rimanere in degenza a lungo, in attesa;
  • nonostante le indicazioni, l’indice di Brass viene utilizzato solo per pazienti selezionati e non viene applicato a tutti: ciò comporterebbe, a parere degli operatori sanitari, un’eccessiva dispersione.

Dati emersi dal Metaplan
Il Servizio di continuità assistenziale ospedale–territorio è stato valutato globalmente in maniera positiva: i partecipanti al Metaplan hanno riconosciuto la validità del progetto e la reale utilità del servizio relativamente ai loro casi.
Hanno espresso la loro soddisfazione circa:

– la figura dell’infermiere dello Scaht;
– l’assistenza domiciliare;
– le strutture di accoglienza;
– i servizi sociali;
– la capacità di ascolto degli operatori del servizio;
– la disponibilità e la professionalità con la quale svolgono la loro attività.

In questo ambito si è delineata tuttavia una richiesta di maggiore disponibilità oraria e telefonica da parte del servizio e una certa insofferenza per la modalità “su appuntamento” poiché, come affermato da un utente “i problemi non vengono su appuntamento”.
Le maggiori problematiche segnalate riguardano invece quella che potremmo definire “la terra di passaggio” tra l’ospedale ed il territorio, o meglio la fase di attivazione del servizio di continuità dell’assistenza.
Le principali criticità segnalate dai partecipanti sono state:

  • difficoltà ad ottenere informazioni univoche sullo Scaht in ospedale;
  • mancanza di comunicazione tra gli operatori ospedalieri e quelli del servizio;
  • scarsa sensibilità degli operatori ospedalieri, che non hanno tenuto in considerazione l’aspetto psicologico della malattia e le problematiche organizzative dei familiari di persone con problemi di salute.

I dati emersi dal Metaplan sono stati raccolti interamente nel pannello di lavoro utilizzato come strumento di visualizzazione per tutta la durata dell’incontro (Figura 1).

Figura 1 – Pannello di lavoro

 

Conclusioni
Preoccupandoci di creare servizi, di valutare gli esiti degli interventi, di monitorare i bilanci, si rischia di mettere in secondo piano che i servizi dovrebbero essere costruiti intorno ai cittadini, tenendo conto delle loro esigenze e non sulla base dell’organizzazione aziendale o delle modalità operative correnti.
Interpellare i familiari ha reso possibile osservare lo Scaht da tutt’altra prospettiva rispetto a quella tradizionale, ha fatto emergere questioni non considerate in precedenza nell’analisi del servizio.
Il vero punto di forza dello Scaht, ribadito più volte dai caregiver interpellati, è la capacità di ascolto degli operatori del servizio, specialmente della figura dell’infermiere di riferimento (Infermiere della continuità assistenziale). I familiari hanno enfatizzato soprattutto l’importanza di una comunicazione chiara e di una relazione basata sulla fiducia con professionisti competenti e disponibili.
Merita una riflessione il confronto fra i punti di debolezza riconosciuti distintamente dai familiari convocati per il Metaplan e gli infermieri partecipanti al focus group: questi ultimi hanno riferito, come principale punto debole del processo di continuità delle cure, la costante indisponibilità di posti letto in struttura extraospedaliera per i pazienti che hanno terminato il loro percorso di cura in ospedale e dovrebbero essere dimessi; i familiari invece hanno fatto emergere la loro insoddisfazione circa una carente capacità empatica degli stessi operatori ospedalieri, conferendo, come si poteva presumere, maggiore importanza agli aspetti relazionali. A favore degli operatori sanitari ospedalieri si deve evidenziare che, svolgendo la loro attività in un setting così complesso, hanno un carico di lavoro notevole e possono avere difficoltà a seguire il percorso della continuità assistenziale proposto dallo Scaht con lo stesso interesse dei diretti interessati, cioè dei pazienti e dei familiari.
Bisognerebbe lavorare per convincere gli operatori, coinvolti in vario modo nel nuovo progetto, che impegnarsi per raggiungere la continuità assistenziale non è fine a se stesso, ma porterà ad un miglioramento della qualità della vita dei pazienti, una riduzione delle disabilità, una maggiore qualità percepita, un’aumentata soddisfazione dell’utenza in relazione al mantenimento o miglioramento dello stato di salute, un sensibile decremento dei costi, una diminuzione degli accessi in ospedale e una riduzione del carico di lavoro per coloro che vi operano.
 

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Bibliografia

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